PISTOIA TRIBUNALE AVVOCATO ESPERTO SUCCESSIONI

PISTOIA TRIBUNALE AVVOCATO ESPERTO SUCCESSIONI

AVVOCATO A BOLOGNA ESPERTO CAUSE EREDITARIE SUCCESSIONI PISTOIA PRATO

Non si ritiene di far luogo ad alcun aumento né per numero di parti, poiché in realtà pur essendo numerosi i soggetti coinvolti gli stessi sono espressione di un unico e medesimo interesse (le attrici e le intervenute con intervento adesivo volontario), né per complessità delle questioni giuridiche trattate poiché invero la questione da affrontare era una sola, afferente l’interpretazione dell’istituzione a eredi dei nipoti del de cuius e inerente aspetti strettamente ed esclusivamente di diritto.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Tribunale di Pistoia

Il Tribunale in composizione collegiale, in persone dei magistrati:

Maria Iannone – Presidente

Lucia Leoncini – Giudice rel.

Elena Piccinni – Giudice

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa n. 3228/2018 tra le parti:

B.R. (cf (…)), E.R. (cf (…)), F.R. (cf (…)), N.R. (cf (…)), P.R. (cf (…)), L.V. (cf (…)), con gli avv. MEACCI ILARIA (cf (…)) e SANTANGELO MARIA ROSARIA (cf (…))

ATTORI

G.B. (cf (…)), con gli avv. BONACCHI STEFANO (cf (…)) e FAGNI ALESSANDRO (cf (…));

A.B. (cf (…)), C.B. (cf (…)), con l’avv. FAGNI ALESSANDRO (cf (…))

CONVENUTE

G.G.S.G., con l’avv. PANELLI FABIO (cf (…))

TERZE INTERVENUTE

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

.1. Agiscono in giudizio B.R., E.R., F.R., adia R., P.R., L.V., E.R. (quest’ultimo oi rinunciatario agli atti del giudizio per la propria posizione) chiedendo preliminarmente accertarsi e dichiararsi la reale consistenza del patrimonio del defunto A.R. al momento dell’apertura della successione e

accertarsi e dichiararsi che gli attori, nonché le convenute C.B. e A.B., sono nipoti del de cuius in quanto figli dei fratelli e sorelle di costui; in via principale, accertare e dichiarare le effettive volontà testamentarie del de cuius espresse nel testamento olografo del 16.10.2014 e, in particolare, esplicitare il significato del termine “fabbisogno” in esso menzionato, ancora accertare e dichiarare che gli attori oltre a C.B. e A.B., in quanto nipoti del de cuius, sono chiamati alla successione del medesimo e dunque accertare e dichiarare la qualità di eredi degli attori e a quale titolo, con quali diritti e in quali quote gli stessi sono stati chiamati all’eredità del de cuius, conseguentemente disporre in loro favore il rilascio dei beni ereditari nella misura che sarà accertata in corso di causa.

A fondamento di tali domande, gli attori propongono un’interpretazione della scheda testamentaria redatta dal de cuius nel senso che alla compagna di costui, convenuta nel presente giudizio, G.B. debba essere attribuito quanto necessario per il proprio sostentamento (“fabbisogno”, secondo l’espressione utilizzata dal testatore) mentre l’eccedenza sia da ripartire fra gli altri chiamati all’eredità ossia appunto i nipoti.

I.2. Si costituisce in giudizio la convenuta B., contestando le avverse domande e l’altrui interpretazione dell’atto testamentario e avanzando domanda riconvenzionale per il rimborso delle spese già versate per oneri successori e da gravare sulla massa ereditaria nonché per ottenere, pendente il giudizio, le somme necessarie per il proprio sostentamento come da volontà espressa dal de cuius ed ex adverso, in parte qua, non contestata: conclude quindi, in via preliminare, per l’emissione di ordinanza-ingiunzione ex art. 186ter c.p.c. per il rimborso delle spese riguardanti il passivo ereditario nell’importo di Euro 20.129,00 e per l’autorizzazione al prelievo dall’eredità della somma di Euro 3.000,00 mensili o altra ritenuta di giustizia per il proprio sostentamento, nel merito in tesi per essere dichiarata unica erede universale del de cuius ovvero, in ipotesi, essere dichiarata usufruttuaria con diritto di disporre fino alla propria morte dei beni ereditari anche con atti inter vivos.

I.3. Si costituiscono altresì, con autonoma e medesima comparsa, le altre convenute C.B. e A.B., aderendo all’interpretazione testamentaria data dalla convenuta B. con conseguente richiesta di rigetto delle domande attoree ovvero, in ipotesi e in caso di non accoglimento da parte del Tribunale di siffatta interpretazione, chiedendo di estendere a se medesime le richieste degli attori sia in punto di accertamento della propria qualità di eredi di A.R., sia in punto di determinazione delle quote a sé spettanti.

I.4. Si costituiscono altresì, con comparsa di intervento volontario adesivo delle ragioni attoree ex art. 105 co. 2 c.p.c., G.G. e S.G., chiedendo accertarsi e dichiararsi anche la propria qualità di chiamate all’eredità, con richiesta di estensione a se medesime di ogni effetto della sentenza da pronunciarsi in favore degli attori, in forza di relatio operata dal testatore nella scheda testamentaria del 16.10.2014 ad altra precedente scrittura nella quale sono menzionate quali nipoti anche le terze intervenute.

I.5. Accolto con ordinanza collegiale 11.10.2019 ricorso cautelare ex art. 700 c.p.c. in corso di causa promosso dalla convenuta B. e assegnati alle parti nel procedimento principale i termini di cui all’art. 183 co. 6 c.p.c., la causa viene ritenuta matura per la decisione su base documentale (respinte le istanze istruttorie formulate dalla sola parte attrice) e viene rimessa al Collegio sulle conclusioni delle parti come in epigrafe riportate, con assegnazione alle stesse dei termini di legge per il deposito di scritti conclusivi.

  1. Per la definizione della controversia, occorre muovere dal testo della scheda testamentaria datata 16.10.2014, non fatta oggetto di alcuna impugnativa e relativamente alla quale non v’è contestazione fra le parti che costituisca il valido atto di espressione delle ultime volontà del de cuius, anche in sostituzione di altre scritture dallo stesso redatte in precedenza.

Ivi si legge letteralmente:

“In data odierna nella mia piena facoltà di intendere e volere decido di sostituire tutti gli scritti da me fatti in data 31-07-09-10-10-11 e 10-10-2012 dopo le mie valutazioni oltre queste date. per comportamenti ricevuti dagli aventi diritto dei miei beni.

Io A.R. da oggi intendo che i miei beni alla mia morte siano così ripartiti Se dovessi mancare prima della mia suocera A.P. e della mia compagna B.G. i beni miei dovranno servire per il loro fabbisogno fino alle loro morti, se al momento di questi due decessi ci rimaranno dei beni da gestire voglio che siano suddivisi per tutti i miei nipoti maschi o femmine in parti uguali.

I nomi dei nipoti sono già riportati nella scrittura del 10-10-2012.

Sono contento di tutto quello che la vita mi a dato come sapete non credo q nulla pertanto ricordatemi se volete per quello che sono stato

A.”.

Ora, evidente che le parole usate dal testatore devono essere lette e interpretate alla luce del contesto familiare e culturale di appartenenza, andando a ricercare nel concreto la reale volontà del de cuius sottesa alle espressioni utilizzate senza ricercare in esse tecnicismi giuridici che non possono pretendersi da non professionisti della materia, dal dato testuale della scrittura in analisi possono desumersi quantomeno taluni dati chiari e indubbi ossia che:

– se il de cuius dovesse morire prima della suocera e della compagna, i suoi beni andranno a costoro e dovranno servire per il loro fabbisogno;

– se anche alla morte della suocera e della compagna dovessero residuare dei beni, gli stessi dovranno essere suddivisi in parti uguali fra tutti i nipoti del de cuius, maschi o femmine, come indicati nella scrittura del 10.10.2012.

A quest’ultimo proposito, le intervenienti G.G. e S.G. hanno dedotto e documentato (cfr. deposito documentale in sede di udienza 24.9.2019) come la scrittura 10.10.2012, cui per relationem si riferisce il testamento 16.10.2014 per l’individuazione dei nipoti del testatore, indichi costoro in R.E., R.F., R.B., R.P., R.A., R.N., G.G., G.S., V.

L., B.C., B.A..

È convinzione di questo Collegio che l’atto di intervento volontario spiegato dalle pretese chiamate all’eredità G.G. e S.G. sia legittimo, radicandosi la legitimatio ad causam delle intervenienti nella relatio contenuta nel testamento 16.10.2014 ad altra precedente scrittura recante indicazione dei “nipoti” come intesi dal de cuius. Al riguardo, non si ritiene infatti possibile sostenere che, essendo stato quel precedente testamento del 10.10.2012 revocato dallo stesso testatore in forza di testamento successivo, esso non possa rivestire più alcun valore: certamente non può valere quale atto contenente le ultime volontà del de cuius, ma nulla vieta che possa avere una qualche rilevanza ad altri fini – come appunto, nella specie, ai fini dell’individuazione dei nipoti che il testatore ha inteso chiamare alla sua eredità (indipendentemente dalla problematica afferente la validità o meno della chiamata, di cui si tratterà in seguito) – allorquando sia stato lo stesso testatore ad attribuire un simile rilievo.

Né con ciò può dirsi che non sussista valida revoca del testamento 10.10.2012 avendo ad esso il testatore fatto riferimento nella successiva scheda testamentaria del 16.10.2014, atteso che la relatio contenuta in quest’ultima attiene non propriamente e direttamente alla volontà dispositiva del testatore ma semplicemente all’individuazione di un elemento (destinatari delle ultime volontà del de cuius) che ben può essere integrato da dati esterni al testamento purché definibili e accertabili come espressione delle intenzioni del de cuius. Aspetto, questo, che nella vicenda qui in decisione ricorre senz’altro, in quanto l’elemento estrinseco alla scheda testamentaria cui questa opera formale relatio consiste in documento scritto dal testatore stesso, non contraddetto né superato in parte qua dal testamento redatto in epoca successiva.

A ciò si aggiunga, a conforto, che l’individuazione dei “nipoti” operata dal de cuius appare anche ragionevole, posto che essa comprende sia i nipoti in senso giuridico ossia legati da rapporti di parentela in sensi stresso, sia nipoti c.d. “acquisiti” (le nipoti della moglie del de cuius, come pacifico oltre che documentato in causa, cfr. documentazione allegata alla mem. 183 co. 6 n. 2 c.p.c. delle parti intervenute) che quindi, nella mentalità comune, rientrano parimenti nel novero dei nipoti.

Fatta chiarezza su questo profilo e venendo alla quaestio controversa fra le parti, su cui si innervano le plurime domande variamente azionate in causa, ossia il corretto inquadramento giuridico delle ultime volontà espresse dal de cuius, reputa il Collegio dirimente la circostanza per cui l’attribuzione dei beni ai nipoti è subordinata alla previa morte dei soggetti indicati come primi beneficiari, ossia la suocera e la compagna del testatore.

Anche ponendosi nell’ottica esegetica della ricerca dell’intentio testatoris al di là di quanto strettamente risultante dalla scheda testamentaria e dunque valorizzando elementi esterni ad essa, non può farsi a meno di rilevare come anche nel precedente testamento olografo 10.10.2012 poi annullato il de cuius avesse ben chiaramente stabilito la suddetta successione cronologica, trovandosi scritto “Alla mia morte deve essere tutelata con imiei beni se ci saranno la signora A.P. e la signora B.G. fino alla loro morte nei modi e maniere in cui abbiano portato la vita fino al mio decesso. Alla morte delle signore sopracitate i beni restanti sempre se ci saranno dovranno essere così suddivisi: Alla nipote G.G. il 5% (cinque percento) del totale rimasto, il rimanente valore suddiviso in parti uguali a tutti i nipoti G.G. compresa R.E., R.F., R.B., R.P., R.N., R.A., G.G.G.S., V.L., B.C., B.A.” (cfr. deposito documentale delle terze intervenute in sede di udienza 24.9.2019).

Ne risulta quindi confermata la volontà del testatore di attribuire i propri beni in prima battura alla suocera e alla compagna, ove questa siano ancora in vita alla sua morte, e di attribuire ai nipoti i beni rimanenti solo dopo la morte anche della suocera e della compagna.

Del resto, pur dovendosi procedere all’interpretazione della volontà testamentaria anche “oltre” il dato letterale delle espressioni utilizzate dal de cuius alla ricerca dall’effettiva volontà di questi e nell’ottica di conservazione del testamento, non è però certo consentito andare “contro” la littera testamentis poiché ciò significherebbe, piuttosto che valorizzare l’effettiva volontà del testatore, mettere a tacere la stessa indebitamente.

Ebbene, come detto, nel testamento del 16.10.2014 e già in quello precedente del 10.10.2012 – a conferma di una continuità nell’intenzione dispositiva del testatore che rinsalda la stessa e la corrobora, anche dal punto di vista probatorio processuale – il de cuius si è inequivocabilmente espresso nel senso che la devoluzione dei propri beni ai nipoti debba avvenire sui beni in ipotesi rimanenti alla morte delle prime beneficiarie, ossia la suocera e la moglie.

Trattasi di aspetto indubbio e imprescindibile ai fini della soluzione della controversia che ci occupa.

Difatti, pur volendo aderire per un momento alla prospettazione attorea per cui, valorizzando il termine “fabbisogno” utilizzato dal testatore in riferimento alle prime beneficiarie A. e B., si sarebbe di fronte all’attribuzione alle predette A. e B. di un diritto di usufrutto sub specie di usufrutto vitalizio, con nuda proprietà a favore dei nipoti (o altra similare fattispecie non meglio identificata ex parte actoris e lasciata al potere interpretativo e qualificatorio del Tribunale), ci si scontra tuttavia con il dato oggettivo e insuperabile – oltre che, si ripete, presente in tutte le schede testamentarie nel tempo redatte dal R.A. – della delazione successiva (devoluzione dei beni ereditari ai nipoti dopo la morte delle prime chiamate all’eredità A. e B.) e avente ad oggetto solo i beni residui se ancora sussistenti alla morte delle prime chiamate all’eredità; laddove l’elaborazione interpretativa è costante nel ritenere incompatibile l’istituzione di eredi tributari del diritto di usufrutto e di eredi tributari del diritto di nuda proprietà qualora tali istituzioni non siano contestuali, ma appunto in ordine successivo esattamente come avvenuto nel caso di specie.

Peraltro l’istituto dell’usufrutto o dell’usufrutto vitalizio si profila, nella concreta vicenda successoria al nostro esame, contrastante con il tenore testuale della scheda testamentaria, nella quale la devoluzione ai nipoti concerne i beni ereditari eventualmente ancora sussistenti al momento della morte delle chiamate all’eredità A. e B. (“se al momento di questi due decessi ci rimarranno dei beni da gestire voglio che siano suddivisi per tutti i miei nipoti…”), dal che si desume l’assenza in capo alle istituite A. e B. dei limiti all’utilizzo dei beni che sono invece propri dell’usufruttuario.

Posto un simile contesto, ritiene allora il Tribunale di condividere l’interpretazione propugnata dalle parti convenute e suffragata da copiosa giurisprudenza di legittimità espressasi in argomento, la quale concordemente ravvisa nella c.d. delazione successiva una sostituzione fedecommissaria vietata a mente dell’art. 692 co. 5 c.c. stante da un lato l’indubbia non ricorrenza nel caso de quo delle circoscritte ipotesi in cui un tale istituto è consentito ove avente finalità assistenziali (cfr. art. 692 co. 1 c.c.), dall’altro lato e inoltre l’assenza dell’obbligo per l’istituito di “conservare e restituire alla sua morte i beni” a favore dei sostituiti come previsto invece per la sostituzione fedecommissaria lecita ex art. 692 co. 1 c.c.: nella vicenda qui in disamina, infatti, non solo non sussistono in capo a istituiti e sostituiti le qualifiche soggettive in presenza delle quali l’istituto successorio di cui si discetta è considerato lecito, ma manca altresì l’obbligazione principe posta a carico degli istituiti atteso che alle chiamate all’eredità A. e B. non è posto alcun obbligo di conservazione dei beni per poi poterli devolvere, alla loro morte, ai nipoti del de cuius, né un simile obbligo è desumibile dalla lettura complessiva del testamento o da elementi estrinseci ad esso non avendo le parti allegato né dimostrato alcunché sul punto, ma anzi nella scheda testamentaria è chiaramente detto che alla morte delle prime beneficiarie A. e B. dovrà essere devoluto ai nipoti del R. solo quanto rimanente e se ci sarà del rimanente, avendo quindi il testatore preso in considerazione come del tutto possibile anche il caso in cui niente dei bene ereditari sopravviva alle sig.re A. e B. secondo quanto risultante dalla chiara espressione del testamento 16.10.2014 “se al momento di questi due decessi ci saranno dei beni da gestire…”.

A conforto della tesi qui sostenuta, sulla scorta del tenore letterale del testamento in analisi e in mancanza, come detto, di indici anche esterni significanti una diversa o difforme volontà del testatore (i quali, per vero, si porrebbero in contrasto con quanto chiaramente espresso nella scheda testamentaria e dunque in conflitto anche con la direttiva principe in materia successoria di favor testamenti e tutela della volontà del disponente), possono citarsi le seguenti pronunce di legittimità, tutte per diversi aspetti perfettamente attagliate alla vicenda oggi in decisione:

Cass. ord. n. 25698/2018, in massima “L’interpretazione di una disposizione testamentaria volta a determinare se il testatore abbia voluto disporre una sostituzione fedecommissaria o una costituzione testamentaria di usufrutto deve muovere dalla ricerca della effettiva volontà del “de cuius”, attraverso l’analisi delle finalità che il testatore intendeva perseguire, oltre che mediante il contenuto testuale della scheda testamentaria; ne consegue che la disposizione con la quale il “de cuius” lascia a persone diverse rispettivamente l’usufrutto e la nuda proprietà di uno stesso bene (o dell’intero complesso dei beni ereditari) non integra gli estremi della sostituzione fedecommissaria (ma quelli di una formale istituzione di erede) quando le disposizioni siano dirette e simultanee e non in ordine successivo, i chiamati non succedano l’uno all’altro, ma direttamente al testatore, e la consolidazione tra usufrutto e nuda proprietà costituisca un effetto non della successione, ma della “vis espansiva” della proprietà”; conf. Cass. n. 2172/2011, Cass. n. 4435/2009;

Cass. n. 5604/2001 per cui “è ipotizzabile una istituzione con sostituzione fedecommissaria qualora il testatore, pur adoperando la terminologia corrispondente ad una attribuzione separata di usufrutto e di nuda proprietà, abbia attribuito all’onorato dell’usufrutto diritti ed obblighi incompatibili con la qualità di usufruttuario e spettanti invece all’erede oppure abbia condizionato l’acquisto della qualità di erede del secondo alla sopravvivenza al primo”.

Quanto sopra conduce dunque a ravvisare, nel testamento in analisi, una non consentita sostituzione fedecommissaria c.d. de residuo, nulla ex art. 692 u.c. c.c. senza che ciò invalidi – interpretazione granitica sul punto – l’intera scheda testamentaria, in virtù dei principi cardini di conservazione del testamento (mutuato ex art. 1367 c.c.) e di tutela della volontà del testatore: ché infatti ciò che rende illecito l’istituto in parola (sostituzione fedecommissaria ex art. 692 co. 5 c.c.) è la circostanza che, tramite esso, si pretenderebbe coartare la volontà del soggetto chiamato all’eredità del de cuius, qualora si consentisse a quest’ultimo di stabilire a chi debbano essere devoluti i beni ereditari al momento della morte dell’erede istituito, dovendo invece essere preservata anche la legittima volontà testamentaria di costui il quale, una volta ereditati determinati beni, deve essere libero di disporne anche tramite i propri atti di ultima volontà.

D’altronde, se per un verso – come detto – non può sostenersi che una clausola testamentaria nulla quale quella istituente un fedecommesso de residuo vietato renda nullo tutto il testamento, sia alla luce del principio di conservazione degli atti di ultima volontà sia in forza del disposto testuale dell’art. 692 u.c. c.c. che espressamente sanziona con la nullità esclusivamente la “sostituzione” e non il testamento che la contiene, per altro verso neppure è possibile sanare una clausola nulla ex lege in forza del principio di conservazione della volontà del testatore, quasi che tale volontà soggettiva potesse superare i divieti di legge ciò che verrebbe a configurare un’insanabile contraddizione ordinamentale: tanto più in riferimento ad un divieto, come quello di cui si tratta, posto a tutela di principi di ordine pubblico quale preservare la libertà e volontà testamentaria con riguardo, in specifico, all’erede istituito che non può essere sostituito dal proprio dante causa nella designazione dei propri eredi al momento della propria morte.

All’occorrenza, si conferma in questa sede la valutazione di inammissibilità delle istanze istruttorie attoree siccome, in punto di prova per testi, vertenti su capitoli genericamente formulati e in parte anche valutativi, in punto di c.t.u. e ordine di esibizione superflue e per certi versi esplorative, stante l’interpretazione della voluntas testatoris come emergente dall’atto di ultime volontà che conduce ad escludere le attrici (così come le convenute B. e le terze intervenuti) dal novero dei chiamati all’eredità per insanabile nullità della relativa istituzione.

In definitiva quindi, non essendovi altra possibilità di diversamente interpretare la indubbia devoluzione successiva operata dal testatore A.R. se non con una invalida sostituzione fedecommissaria, deve essere dichiarata la nullità del testamento in parte qua, ossia laddove intende istituire i nipoti quali eredi dei beni rimanenti alla morte delle istituite A. e B.: mentre il testamento resta valido per il resto, dovendo quindi essere individuata – stante l’avvenuto decesso della chiamata all’eredità P.A. anteriormente al decesso del de cuius – l’unica erede testamentaria nella persona di G.B..

Ciò determina il rigetto tanto delle domande attoree, quanto delle domande adesive delle terze intervenute, assorbite invece le domande svolte in subordine dalle convenute C.B. e A.B. stante l’accoglimento della loro domanda principale, ossia di rigetto delle pretese degli attori.

La decisione assunta determina altresì l’assorbimento delle ulteriori pretese avanzate in via riconvenzionale dalla convenuta B., per il rimborso delle spese sostenute per il pagamento di passivi ereditari e per il riconoscimento del diritto a prelevare dalla massa ereditaria quanto necessario per il proprio sostentamento, domanda quest’ultima già accolta in sede di procedimento cautelare in corso di causa nel quale del resto nessuna delle controparti si è costituita nulla avendo opposto alla pretesa della convenuta B. in tal senso (il che è coerente con la prospettazione giuridica propugnata dagli attori e dalle intervenute, ossia con il riconoscimento alla convenuta B. del diritto di prelevare dall’eredità quanto occorrente per il proprio fabbisogno, con devoluzione del residuo ai nipoti): difatti, il riconoscimento della convenuta B. quale unica erede testamentaria conferisce alla stessa l’esclusività dei diritti sulla massa ereditaria e la piena disponibilità di questa.

Occorre solo, da ultimo, spendere due parole sulla domanda, formulata dalle terze intervenute per la prima volta in sede di memoria ex art. 183 co. 6 n. 1 c.p.c. e reiterata in fase conclusionale, di condanna degli eredi alla refusione delle spese sostenute dalle predette per la pubblicazione dei testamenti olografi 10.10.2011 e 10.10.2012; oltre al profilo della novità e tardività della domanda al di là del limite dell’emendatio libelli, a destituire di fondamento la pretesa delle terze intervenute conduce il rilievo per cui la pubblicazione di cui le stesse chiedono il rimborso è stata operata dalle medesime nel loro esclusivo interesse, specificamente al fine di comprovare la propria legittimazione ad intervenire quali chiamate all’eredità del de cuius, ma non essendo stata accolta la loro domanda di accertamento della loro qualità di eredi certamente dette spese non possono gravare sulla massa ereditaria ovvero sull’unica erede riconosciuta G.B. che in niente ha beneficiato da simili esborsi essendo per la stessa sufficiente, al fine di dimostrare la propria qualità di legittima erede del de cuius, la pubblicazione del solo testamento del 16.10.2014.

III. Quanto alle spese di lite, stante la soccombenza delle attrici e delle terze intervenute costoro devono essere chiamate tutte, in solido, alla refusione delle spese in favore di tutte le convenute, avendo anche le convenute B. aderito alla prospettazione della convenuta B. e chiesto in via principale il rigetto delle domande attoree.

Non viene chiamato a concorrere alle spese l’attore rinunciatario E.R. pur in assenza di accettazione espressa delle altre parti alla rinuncia, non potendosi dire detta accettazione necessaria non ravvisandosi a monte un interesse di nessuna delle altre parti contrario alla rinuncia stessa ovvero un interesse a che la causa proseguisse anche da e nei confronti del rinunciatario (cfr. art. 306 co. 1 c.p.c.): tanto più che la rinuncia di esso non ha fatto venir meno il contenzioso e quindi la possibilità per le controparti di recuperare dagli attori non rinunciatari le spese sostenute per la propria difesa.

In punto di liquidazione dei compensi, che viene operata a mente del D.M. n. 55 del 2014 in base al valore della lite indeterminabile di complessità media, ritiene il Collegio di dover tenere in conto la consistenza dell’attività processuale svolta giustificandosi al riguardo per la posizione della convenuta B. la riduzione dei compensi per la fase istruttoria limitata al deposito di due brevissime memorie ex art. 183 co. 6 n. 1 e n. 3 c.p.c. (rispettivamente di una e di due pagine), per la posizione delle convenute B. la riduzione dei compensi per le fasi di studio e introduttiva, essendosi le predette costituite a mezzo il medesimo procuratore della convenuta B. con atti di adesione alla tesi di questa e ricalcati sulla di lei comparsa costitutiva, nonché per la fase decisionale per i medesimi motivi e l’eliminazione dei compensi per la fase istruttoria, non avendo le convenute B. depositato alcuna memoria ex art. 183 co. 6 c.p.c..

Non si ritiene di far luogo ad alcun aumento né per numero di parti, poiché in realtà pur essendo numerosi i soggetti coinvolti gli stessi sono espressione di un unico e medesimo interesse (le attrici e le intervenute con intervento adesivo volontario), né per complessità delle questioni giuridiche trattate poiché invero la questione da affrontare era una sola, afferente l’interpretazione dell’istituzione a eredi dei nipoti del de cuius e inerente aspetti strettamente ed esclusivamente di diritto.

A carico delle sole parti attrici vengono poste le spese del subprocedimento cautelare azionato dalla convenuta B. in quanto, pur non essendosi in esso le attrici costituite e dunque non essendosi formalmente opposte al relativo accoglimento, tuttavia con l’introduzione del giudizio di merito hanno dato causa all’introduzione del procedimento cautelare da parte della chiamata all’eredità B. cui, pendente giudizio, era preclusa la disponibilità dei beni ereditari: non sono invece considerate le terze intervenute, che si sono costituite in senso adesivo solo nel giudizio principale senza aver dato causa esse stesse al contenzioso. Per il subprocedimento cautelare la liquidazione, a mente del D.M. n. 55 del 2014, tiene conto del valore della controversia cautelare come risultante dal decisum e del fatto che la decisione è stata assunta allo stato degli atti sulla base del solo ricorso introduttivo ex art. 700 c.p.c., assenti fase istruttoria e fase propriamente decisionale, senza riconoscimento di alcun aumento in assenza di questioni di particolare complessità e vista anche la contumacia delle controparti.

P.Q.M.

Il Tribunale di Pistoia in composizione collegiale, definitivamente pronunciando, ogni contraria o diversa istanza ed eccezione disattesa o assorbita, così provvede:

1) respinge le domande attoree;

2) respinge le domande delle terze intervenute;

3) dichiara estinto il giudizio nei confronti di E.R. ai sensi dell’art. 306 c.p.c.;

4) in accoglimento della domanda riconvenzionale di parte convenuta B., dichiara G.B. erede universale del de cuius A.R.; 5) condanna le attrici (ad eccezione del rinunciatario E.R.) e le terze intervenute, in solido, alla refusione delle spese di lite in favore della convenuta B., che liquida nella misura di Euro 9.275,00 oltre rimborso forfettario al 15%, IVA e Cpa di legge;

6) condanna le attrici (ad eccezione del rinunciatario E.R.) e le terze intervenute, in solido, alla refusione delle spese di lite in favore delle convenute A.B. e C.B., che liquida nell’importo di Euro 3.393,00 per compensi, oltre rimborso forfettario al 15%, IVA e Cpa di legge;

7) condanna le attrici (ad eccezione del rinunciatario E.R.) in solido alla refusione, in favore di parte convenuta B., delle spese del subprocedimento cautelare che liquida nell’importo di Euro 3.000,00 per compensi, oltre rimborso forfettario al 15%, IVA e Cpa di legge.

Conclusione

Così deciso in Pistoia nella camera di consiglio dell’11 febbraio 2021.

Depositata in Cancelleria il 15 febbraio 2021.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Tribunale di Pistoia

Il Tribunale in composizione collegiale, in persone dei magistrati:

Maria Iannone – Presidente

Lucia Leoncini – Giudice rel.

Elena Piccinni – Giudice

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa n. 3228/2018 tra le parti:

B.R. (cf (…)), E.R. (cf (…)), F.R. (cf (…)), N.R. (cf (…)), P.R. (cf (…)), L.V. (cf (…)), con gli avv. MEACCI ILARIA (cf (…)) e SANTANGELO MARIA ROSARIA (cf (…))

ATTORI

G.B. (cf (…)), con gli avv. BONACCHI STEFANO (cf (…)) e FAGNI ALESSANDRO (cf (…));

A.B. (cf (…)), C.B. (cf (…)), con l’avv. FAGNI ALESSANDRO (cf (…))

CONVENUTE

G.G.S.G., con l’avv. PANELLI FABIO (cf (…))

TERZE INTERVENUTE

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

.1. Agiscono in giudizio B.R., E.R., F.R., adia R., P.R., L.V., E.R. (quest’ultimo oi rinunciatario agli atti del giudizio per la propria posizione) chiedendo reliminarmente accertarsi e dichiararsi la reale consistenza del patrimonio el defunto A.R. al momento dell’apertura della successione e

accertarsi e dichiararsi che gli attori, nonché le convenute C.B. e A.B., sono nipoti del de cuius in quanto figli dei fratelli e sorelle di costui; in via principale, accertare e dichiarare le effettive volontà testamentarie del de cuius espresse nel testamento olografo del 16.10.2014 e, in particolare, esplicitare il significato del termine “fabbisogno” in esso menzionato, ancora accertare e dichiarare che gli attori oltre a C.B. e A.B., in quanto nipoti del de cuius, sono chiamati alla successione del medesimo e dunque accertare e dichiarare la qualità di eredi degli attori e a quale titolo, con quali diritti e in quali quote gli stessi sono stati chiamati all’eredità del de cuius, conseguentemente disporre in loro favore il rilascio dei beni ereditari nella misura che sarà accertata in corso di causa.

A fondamento di tali domande, gli attori propongono un’interpretazione della scheda testamentaria redatta dal de cuius nel senso che alla compagna di costui, convenuta nel presente giudizio, G.B. debba essere attribuito quanto necessario per il proprio sostentamento (“fabbisogno”, secondo l’espressione utilizzata dal testatore) mentre l’eccedenza sia da ripartire fra gli altri chiamati all’eredità ossia appunto i nipoti.

I.2. Si costituisce in giudizio la convenuta B., contestando le avverse domande e l’altrui interpretazione dell’atto testamentario e avanzando domanda riconvenzionale per il rimborso delle spese già versate per oneri successori e da gravare sulla massa ereditaria nonché per ottenere, pendente il giudizio, le somme necessarie per il proprio sostentamento come da volontà espressa dal de cuius ed ex adverso, in parte qua, non contestata: conclude quindi, in via preliminare, per l’emissione di ordinanza-ingiunzione ex art. 186ter c.p.c. per il rimborso delle spese riguardanti il passivo ereditario nell’importo di Euro 20.129,00 e per l’autorizzazione al prelievo dall’eredità della somma di Euro 3.000,00 mensili o altra ritenuta di giustizia per il proprio sostentamento, nel merito in tesi per essere dichiarata unica erede universale del de cuius ovvero, in ipotesi, essere dichiarata usufruttuaria con diritto di disporre fino alla propria morte dei beni ereditari anche con atti inter vivos.

I.3. Si costituiscono altresì, con autonoma e medesima comparsa, le altre convenute C.B. e A.B., aderendo all’interpretazione testamentaria data dalla convenuta B. con conseguente richiesta di rigetto delle domande attoree ovvero, in ipotesi e in caso di non accoglimento da parte del Tribunale di siffatta interpretazione, chiedendo di estendere a se medesime le richieste degli attori sia in punto di accertamento della propria qualità di eredi di A.R., sia in punto di determinazione delle quote a sé spettanti.

I.4. Si costituiscono altresì, con comparsa di intervento volontario adesivo delle ragioni attoree ex art. 105 co. 2 c.p.c., G.G. e S.G., chiedendo accertarsi e dichiararsi anche la propria qualità di chiamate all’eredità, con richiesta di estensione a se medesime di ogni effetto della sentenza da pronunciarsi in favore degli attori, in forza di relatio operata dal testatore nella scheda testamentaria del 16.10.2014 ad altra precedente scrittura nella quale sono menzionate quali nipoti anche le terze intervenute.

I.5. Accolto con ordinanza collegiale 11.10.2019 ricorso cautelare ex art. 700 c.p.c. in corso di causa promosso dalla convenuta B. e assegnati alle parti nel procedimento principale i termini di cui all’art. 183 co. 6 c.p.c., la causa viene ritenuta matura per la decisione su base documentale (respinte le istanze istruttorie formulate dalla sola parte attrice) e viene rimessa al Collegio sulle conclusioni delle parti come in epigrafe riportate, con assegnazione alle stesse dei termini di legge per il deposito di scritti conclusivi.

  1. Per la definizione della controversia, occorre muovere dal testo della scheda testamentaria datata 16.10.2014, non fatta oggetto di alcuna impugnativa e relativamente alla quale non v’è contestazione fra le parti che costituisca il valido atto di espressione delle ultime volontà del de cuius, anche in sostituzione di altre scritture dallo stesso redatte in precedenza.

Ivi si legge letteralmente:

“In data odierna nella mia piena facoltà di intendere e volere decido di sostituire tutti gli scritti da me fatti in data 31-07-09-10-10-11 e 10-10-2012 dopo le mie valutazioni oltre queste date. per comportamenti ricevuti dagli aventi diritto dei miei beni.

Io A.R. da oggi intendo che i miei beni alla mia morte siano così ripartiti Se dovessi mancare prima della mia suocera A.P. e della mia compagna B.G. i beni miei dovranno servire per il loro fabbisogno fino alle loro morti, se al momento di questi due decessi ci rimaranno dei beni da gestire voglio che siano suddivisi per tutti i miei nipoti maschi o femmine in parti uguali.

I nomi dei nipoti sono già riportati nella scrittura del 10-10-2012.

Sono contento di tutto quello che la vita mi a dato come sapete non credo q nulla pertanto ricordatemi se volete per quello che sono stato

A.”.

Ora, evidente che le parole usate dal testatore devono essere lette e interpretate alla luce del contesto familiare e culturale di appartenenza, andando a ricercare nel concreto la reale volontà del de cuius sottesa alle espressioni utilizzate senza ricercare in esse tecnicismi giuridici che non possono pretendersi da non professionisti della materia, dal dato testuale della scrittura in analisi possono desumersi quantomeno taluni dati chiari e indubbi ossia che:

– se il de cuius dovesse morire prima della suocera e della compagna, i suoi beni andranno a costoro e dovranno servire per il loro fabbisogno;

– se anche alla morte della suocera e della compagna dovessero residuare dei beni, gli stessi dovranno essere suddivisi in parti uguali fra tutti i nipoti del de cuius, maschi o femmine, come indicati nella scrittura del 10.10.2012.

A quest’ultimo proposito, le intervenienti G.G. e S.G. hanno dedotto e documentato (cfr. deposito documentale in sede di udienza 24.9.2019) come la scrittura 10.10.2012, cui per relationem si riferisce il testamento 16.10.2014 per l’individuazione dei nipoti del testatore, indichi costoro in R.E., R.F., R.B., R.P., R.A., R.N., G.G., G.S., V.

L., B.C., B.A..

È convinzione di questo Collegio che l’atto di intervento volontario spiegato dalle pretese chiamate all’eredità G.G. e S.G. sia legittimo, radicandosi la legitimatio ad causam delle intervenienti nella relatio contenuta nel testamento 16.10.2014 ad altra precedente scrittura recante indicazione dei “nipoti” come intesi dal de cuius. Al riguardo, non si ritiene infatti possibile sostenere che, essendo stato quel precedente testamento del 10.10.2012 revocato dallo stesso testatore in forza di testamento successivo, esso non possa rivestire più alcun valore: certamente non può valere quale atto contenente le ultime volontà del de cuius, ma nulla vieta che possa avere una qualche rilevanza ad altri fini – come appunto, nella specie, ai fini dell’individuazione dei nipoti che il testatore ha inteso chiamare alla sua eredità (indipendentemente dalla problematica afferente la validità o meno della chiamata, di cui si tratterà in seguito) – allorquando sia stato lo stesso testatore ad attribuire un simile rilievo.

Né con ciò può dirsi che non sussista valida revoca del testamento 10.10.2012 avendo ad esso il testatore fatto riferimento nella successiva scheda testamentaria del 16.10.2014, atteso che la relatio contenuta in quest’ultima attiene non propriamente e direttamente alla volontà dispositiva del testatore ma semplicemente all’individuazione di un elemento (destinatari delle ultime volontà del de cuius) che ben può essere integrato da dati esterni al testamento purché definibili e accertabili come espressione delle intenzioni del de cuius. Aspetto, questo, che nella vicenda qui in decisione ricorre senz’altro, in quanto l’elemento estrinseco alla scheda testamentaria cui questa opera formale relatio consiste in documento scritto dal testatore stesso, non contraddetto né superato in parte qua dal testamento redatto in epoca successiva.

A ciò si aggiunga, a conforto, che l’individuazione dei “nipoti” operata dal de cuius appare anche ragionevole, posto che essa comprende sia i nipoti in senso giuridico ossia legati da rapporti di parentela in sensi stresso, sia nipoti c.d. “acquisiti” (le nipoti della moglie del de cuius, come pacifico oltre che documentato in causa, cfr. documentazione allegata alla mem. 183 co. 6 n. 2 c.p.c. delle parti intervenute) che quindi, nella mentalità comune, rientrano parimenti nel novero dei nipoti.

Fatta chiarezza su questo profilo e venendo alla quaestio controversa fra le parti, su cui si innervano le plurime domande variamente azionate in causa, ossia il corretto inquadramento giuridico delle ultime volontà espresse dal de cuius, reputa il Collegio dirimente la circostanza per cui l’attribuzione dei beni ai nipoti è subordinata alla previa morte dei soggetti indicati come primi beneficiari, ossia la suocera e la compagna del testatore.

Anche ponendosi nell’ottica esegetica della ricerca dell’intentio testatoris al di là di quanto strettamente risultante dalla scheda testamentaria e dunque valorizzando elementi esterni ad essa, non può farsi a meno di rilevare come anche nel precedente testamento olografo 10.10.2012 poi annullato il de cuius avesse ben chiaramente stabilito la suddetta successione cronologica, trovandosi scritto “Alla mia morte deve essere tutelata con imiei beni se ci saranno la signora A.P. e la signora B.G. fino alla loro morte nei modi e maniere in cui abbiano portato la vita fino al mio decesso. Alla morte delle signore sopracitate i beni restanti sempre se ci saranno dovranno essere così suddivisi: Alla nipote G.G. il 5% (cinque percento) del totale rimasto, il rimanente valore suddiviso in parti uguali a tutti i nipoti G.G. compresa R.E., R.F., R.B., R.P., R.N., R.A., G.G.G.S., V.L., B.C., B.A.” (cfr. deposito documentale delle terze intervenute in sede di udienza 24.9.2019).

Ne risulta quindi confermata la volontà del testatore di attribuire i propri beni in prima battura alla suocera e alla compagna, ove questa siano ancora in vita alla sua morte, e di attribuire ai nipoti i beni rimanenti solo dopo la morte anche della suocera e della compagna.

Del resto, pur dovendosi procedere all’interpretazione della volontà testamentaria anche “oltre” il dato letterale delle espressioni utilizzate dal de cuius alla ricerca dall’effettiva volontà di questi e nell’ottica di conservazione del testamento, non è però certo consentito andare “contro” la littera testamentis poiché ciò significherebbe, piuttosto che valorizzare l’effettiva volontà del testatore, mettere a tacere la stessa indebitamente.

Ebbene, come detto, nel testamento del 16.10.2014 e già in quello precedente del 10.10.2012 – a conferma di una continuità nell’intenzione dispositiva del testatore che rinsalda la stessa e la corrobora, anche dal punto di vista probatorio processuale – il de cuius si è inequivocabilmente espresso nel senso che la devoluzione dei propri beni ai nipoti debba avvenire sui beni in ipotesi rimanenti alla morte delle prime beneficiarie, ossia la suocera e la moglie.

Trattasi di aspetto indubbio e imprescindibile ai fini della soluzione della controversia che ci occupa.

Difatti, pur volendo aderire per un momento alla prospettazione attorea per cui, valorizzando il termine “fabbisogno” utilizzato dal testatore in riferimento alle prime beneficiarie A. e B., si sarebbe di fronte all’attribuzione alle predette A. e B. di un diritto di usufrutto sub specie di usufrutto vitalizio, con nuda proprietà a favore dei nipoti (o altra similare fattispecie non meglio identificata ex parte actoris e lasciata al potere interpretativo e qualificatorio del Tribunale), ci si scontra tuttavia con il dato oggettivo e insuperabile – oltre che, si ripete, presente in tutte le schede testamentarie nel tempo redatte dal R.A. – della delazione successiva (devoluzione dei beni ereditari ai nipoti dopo la morte delle prime chiamate all’eredità A. e B.) e avente ad oggetto solo i beni residui se ancora sussistenti alla morte delle prime chiamate all’eredità; laddove l’elaborazione interpretativa è costante nel ritenere incompatibile l’istituzione di eredi tributari del diritto di usufrutto e di eredi tributari del diritto di nuda proprietà qualora tali istituzioni non siano contestuali, ma appunto in ordine successivo esattamente come avvenuto nel caso di specie.

Peraltro l’istituto dell’usufrutto o dell’usufrutto vitalizio si profila, nella concreta vicenda successoria al nostro esame, contrastante con il tenore testuale della scheda testamentaria, nella quale la devoluzione ai nipoti concerne i beni ereditari eventualmente ancora sussistenti al momento della morte delle chiamate all’eredità A. e B. (“se al momento di questi due decessi ci rimarranno dei beni da gestire voglio che siano suddivisi per tutti i miei nipoti…”), dal che si desume l’assenza in capo alle istituite A. e B. dei limiti all’utilizzo dei beni che sono invece propri dell’usufruttuario.

Posto un simile contesto, ritiene allora il Tribunale di condividere l’interpretazione propugnata dalle parti convenute e suffragata da copiosa giurisprudenza di legittimità espressasi in argomento, la quale concordemente ravvisa nella c.d. delazione successiva una sostituzione fedecommissaria vietata a mente dell’art. 692 co. 5 c.c. stante da un lato l’indubbia non ricorrenza nel caso de quo delle circoscritte ipotesi in cui un tale istituto è consentito ove avente finalità assistenziali (cfr. art. 692 co. 1 c.c.), dall’altro lato e inoltre l’assenza dell’obbligo per l’istituito di “conservare e restituire alla sua morte i beni” a favore dei sostituiti come previsto invece per la sostituzione fedecommissaria lecita ex art. 692 co. 1 c.c.: nella vicenda qui in disamina, infatti, non solo non sussistono in capo a istituiti e sostituiti le qualifiche soggettive in presenza delle quali l’istituto successorio di cui si discetta è considerato lecito, ma manca altresì l’obbligazione principe posta a carico degli istituiti atteso che alle chiamate all’eredità A. e B. non è posto alcun obbligo di conservazione dei beni per poi poterli devolvere, alla loro morte, ai nipoti del de cuius, né un simile obbligo è desumibile dalla lettura complessiva del testamento o da elementi estrinseci ad esso non avendo le parti allegato né dimostrato alcunché sul punto, ma anzi nella scheda testamentaria è chiaramente detto che alla morte delle prime beneficiarie A. e B. dovrà essere devoluto ai nipoti del R. solo quanto rimanente e se ci sarà del rimanente, avendo quindi il testatore preso in considerazione come del tutto possibile anche il caso in cui niente dei bene ereditari sopravviva alle sig.re A. e B. secondo quanto risultante dalla chiara espressione del testamento 16.10.2014 “se al momento di questi due decessi ci saranno dei beni da gestire…”.

A conforto della tesi qui sostenuta, sulla scorta del tenore letterale del testamento in analisi e in mancanza, come detto, di indici anche esterni significanti una diversa o difforme volontà del testatore (i quali, per vero, si porrebbero in contrasto con quanto chiaramente espresso nella scheda testamentaria e dunque in conflitto anche con la direttiva principe in materia successoria di favor testamenti e tutela della volontà del disponente), possono citarsi le seguenti pronunce di legittimità, tutte per diversi aspetti perfettamente attagliate alla vicenda oggi in decisione:

Cass. ord. n. 25698/2018, in massima “L’interpretazione di una disposizione testamentaria volta a determinare se il testatore abbia voluto disporre una sostituzione fedecommissaria o una costituzione testamentaria di usufrutto deve muovere dalla ricerca della effettiva volontà del “de cuius”, attraverso l’analisi delle finalità che il testatore intendeva perseguire, oltre che mediante il contenuto testuale della scheda testamentaria; ne consegue che la disposizione con la quale il “de cuius” lascia a persone diverse rispettivamente l’usufrutto e la nuda proprietà di uno stesso bene (o dell’intero complesso dei beni ereditari) non integra gli estremi della sostituzione fedecommissaria (ma quelli di una formale istituzione di erede) quando le disposizioni siano dirette e simultanee e non in ordine successivo, i chiamati non succedano l’uno all’altro, ma direttamente al testatore, e la consolidazione tra usufrutto e nuda proprietà costituisca un effetto non della successione, ma della “vis espansiva” della proprietà”; conf. Cass. n. 2172/2011, Cass. n. 4435/2009;

Cass. n. 5604/2001 per cui “è ipotizzabile una istituzione con sostituzione fedecommissaria qualora il testatore, pur adoperando la terminologia corrispondente ad una attribuzione separata di usufrutto e di nuda proprietà, abbia attribuito all’onorato dell’usufrutto diritti ed obblighi incompatibili con la qualità di usufruttuario e spettanti invece all’erede oppure abbia condizionato l’acquisto della qualità di erede del secondo alla sopravvivenza al primo”.

Quanto sopra conduce dunque a ravvisare, nel testamento in analisi, una non consentita sostituzione fedecommissaria c.d. de residuo, nulla ex art. 692 u.c. c.c. senza che ciò invalidi – interpretazione granitica sul punto – l’intera scheda testamentaria, in virtù dei principi cardini di conservazione del testamento (mutuato ex art. 1367 c.c.) e di tutela della volontà del testatore: ché infatti ciò che rende illecito l’istituto in parola (sostituzione fedecommissaria ex art. 692 co. 5 c.c.) è la circostanza che, tramite esso, si pretenderebbe coartare la volontà del soggetto chiamato all’eredità del de cuius, qualora si consentisse a quest’ultimo di stabilire a chi debbano essere devoluti i beni ereditari al momento della morte dell’erede istituito, dovendo invece essere preservata anche la legittima volontà testamentaria di costui il quale, una volta ereditati determinati beni, deve essere libero di disporne anche tramite i propri atti di ultima volontà.

D’altronde, se per un verso – come detto – non può sostenersi che una clausola testamentaria nulla quale quella istituente un fedecommesso de residuo vietato renda nullo tutto il testamento, sia alla luce del principio di conservazione degli atti di ultima volontà sia in forza del disposto testuale dell’art. 692 u.c. c.c. che espressamente sanziona con la nullità esclusivamente la “sostituzione” e non il testamento che la contiene, per altro verso neppure è possibile sanare una clausola nulla ex lege in forza del principio di conservazione della volontà del testatore, quasi che tale volontà soggettiva potesse superare i divieti di legge ciò che verrebbe a configurare un’insanabile contraddizione ordinamentale: tanto più in riferimento ad un divieto, come quello di cui si tratta, posto a tutela di principi di ordine pubblico quale preservare la libertà e volontà testamentaria con riguardo, in specifico, all’erede istituito che non può essere sostituito dal proprio dante causa nella designazione dei propri eredi al momento della propria morte.

All’occorrenza, si conferma in questa sede la valutazione di inammissibilità delle istanze istruttorie attoree siccome, in punto di prova per testi, vertenti su capitoli genericamente formulati e in parte anche valutativi, in punto di c.t.u. e ordine di esibizione superflue e per certi versi esplorative, stante l’interpretazione della voluntas testatoris come emergente dall’atto di ultime volontà che conduce ad escludere le attrici (così come le convenute B. e le terze intervenuti) dal novero dei chiamati all’eredità per insanabile nullità della relativa istituzione.

In definitiva quindi, non essendovi altra possibilità di diversamente interpretare la indubbia devoluzione successiva operata dal testatore A.R. se non con una invalida sostituzione fedecommissaria, deve essere dichiarata la nullità del testamento in parte qua, ossia laddove intende istituire i nipoti quali eredi dei beni rimanenti alla morte delle istituite A. e B.: mentre il testamento resta valido per il resto, dovendo quindi essere individuata – stante l’avvenuto decesso della chiamata all’eredità P.A. anteriormente al decesso del de cuius – l’unica erede testamentaria nella persona di G.B..

Ciò determina il rigetto tanto delle domande attoree, quanto delle domande adesive delle terze intervenute, assorbite invece le domande svolte in subordine dalle convenute C.B. e A.B. stante l’accoglimento della loro domanda principale, ossia di rigetto delle pretese degli attori.

La decisione assunta determina altresì l’assorbimento delle ulteriori pretese avanzate in via riconvenzionale dalla convenuta B., per il rimborso delle spese sostenute per il pagamento di passivi ereditari e per il riconoscimento del diritto a prelevare dalla massa ereditaria quanto necessario per il proprio sostentamento, domanda quest’ultima già accolta in sede di procedimento cautelare in corso di causa nel quale del resto nessuna delle controparti si è costituita nulla avendo opposto alla pretesa della convenuta B. in tal senso (il che è coerente con la prospettazione giuridica propugnata dagli attori e dalle intervenute, ossia con il riconoscimento alla convenuta B. del diritto di prelevare dall’eredità quanto occorrente per il proprio fabbisogno, con devoluzione del residuo ai nipoti): difatti, il riconoscimento della convenuta B. quale unica erede testamentaria conferisce alla stessa l’esclusività dei diritti sulla massa ereditaria e la piena disponibilità di questa.

Occorre solo, da ultimo, spendere due parole sulla domanda, formulata dalle terze intervenute per la prima volta in sede di memoria ex art. 183 co. 6 n. 1 c.p.c. e reiterata in fase conclusionale, di condanna degli eredi alla refusione delle spese sostenute dalle predette per la pubblicazione dei testamenti olografi 10.10.2011 e 10.10.2012; oltre al profilo della novità e tardività della domanda al di là del limite dell’emendatio libelli, a destituire di fondamento la pretesa delle terze intervenute conduce il rilievo per cui la pubblicazione di cui le stesse chiedono il rimborso è stata operata dalle medesime nel loro esclusivo interesse, specificamente al fine di comprovare la propria legittimazione ad intervenire quali chiamate all’eredità del de cuius, ma non essendo stata accolta la loro domanda di accertamento della loro qualità di eredi certamente dette spese non possono gravare sulla massa ereditaria ovvero sull’unica erede riconosciuta G.B. che in niente ha beneficiato da simili esborsi essendo per la stessa sufficiente, al fine di dimostrare la propria qualità di legittima erede del de cuius, la pubblicazione del solo testamento del 16.10.2014.

III. Quanto alle spese di lite, stante la soccombenza delle attrici e delle terze intervenute costoro devono essere chiamate tutte, in solido, alla refusione delle spese in favore di tutte le convenute, avendo anche le convenute B. aderito alla prospettazione della convenuta B. e chiesto in via principale il rigetto delle domande attoree.

Non viene chiamato a concorrere alle spese l’attore rinunciatario E.R. pur in assenza di accettazione espressa delle altre parti alla rinuncia, non potendosi dire detta accettazione necessaria non ravvisandosi a monte un interesse di nessuna delle altre parti contrario alla rinuncia stessa ovvero un interesse a che la causa proseguisse anche da e nei confronti del rinunciatario (cfr. art. 306 co. 1 c.p.c.): tanto più che la rinuncia di esso non ha fatto venir meno il contenzioso e quindi la possibilità per le controparti di recuperare dagli attori non rinunciatari le spese sostenute per la propria difesa.

In punto di liquidazione dei compensi, che viene operata a mente del D.M. n. 55 del 2014 in base al valore della lite indeterminabile di complessità media, ritiene il Collegio di dover tenere in conto la consistenza dell’attività processuale svolta giustificandosi al riguardo per la posizione della convenuta B. la riduzione dei compensi per la fase istruttoria limitata al deposito di due brevissime memorie ex art. 183 co. 6 n. 1 e n. 3 c.p.c. (rispettivamente di una e di due pagine), per la posizione delle convenute B. la riduzione dei compensi per le fasi di studio e introduttiva, essendosi le predette costituite a mezzo il medesimo procuratore della convenuta B. con atti di adesione alla tesi di questa e ricalcati sulla di lei comparsa costitutiva, nonché per la fase decisionale per i medesimi motivi e l’eliminazione dei compensi per la fase istruttoria, non avendo le convenute B. depositato alcuna memoria ex art. 183 co. 6 c.p.c..

Non si ritiene di far luogo ad alcun aumento né per numero di parti, poiché in realtà pur essendo numerosi i soggetti coinvolti gli stessi sono espressione di un unico e medesimo interesse (le attrici e le intervenute con intervento adesivo volontario), né per complessità delle questioni giuridiche trattate poiché invero la questione da affrontare era una sola, afferente l’interpretazione dell’istituzione a eredi dei nipoti del de cuius e inerente aspetti strettamente ed esclusivamente di diritto.

A carico delle sole parti attrici vengono poste le spese del subprocedimento cautelare azionato dalla convenuta B. in quanto, pur non essendosi in esso le attrici costituite e dunque non essendosi formalmente opposte al relativo accoglimento, tuttavia con l’introduzione del giudizio di merito hanno dato causa all’introduzione del procedimento cautelare da parte della chiamata all’eredità B. cui, pendente giudizio, era preclusa la disponibilità dei beni ereditari: non sono invece considerate le terze intervenute, che si sono costituite in senso adesivo solo nel giudizio principale senza aver dato causa esse stesse al contenzioso. Per il subprocedimento cautelare la liquidazione, a mente del D.M. n. 55 del 2014, tiene conto del valore della controversia cautelare come risultante dal decisum e del fatto che la decisione è stata assunta allo stato degli atti sulla base del solo ricorso introduttivo ex art. 700 c.p.c., assenti fase istruttoria e fase propriamente decisionale, senza riconoscimento di alcun aumento in assenza di questioni di particolare complessità e vista anche la contumacia delle controparti.

P.Q.M.

Il Tribunale di Pistoia in composizione collegiale, definitivamente pronunciando, ogni contraria o diversa istanza ed eccezione disattesa o assorbita, così provvede:

1) respinge le domande attoree;

2) respinge le domande delle terze intervenute;

3) dichiara estinto il giudizio nei confronti di E.R. ai sensi dell’art. 306 c.p.c.;

4) in accoglimento della domanda riconvenzionale di parte convenuta B., dichiara G.B. erede universale del de cuius A.R.; 5) condanna le attrici (ad eccezione del rinunciatario E.R.) e le terze intervenute, in solido, alla refusione delle spese di lite in favore della convenuta B., che liquida nella misura di Euro 9.275,00 oltre rimborso forfettario al 15%, IVA e Cpa di legge;

6) condanna le attrici (ad eccezione del rinunciatario E.R.) e le terze intervenute, in solido, alla refusione delle spese di lite in favore delle convenute A.B. e C.B., che liquida nell’importo di Euro 3.393,00 per compensi, oltre rimborso forfettario al 15%, IVA e Cpa di legge;

7) condanna le attrici (ad eccezione del rinunciatario E.R.) in solido alla refusione, in favore di parte convenuta B., delle spese del subprocedimento cautelare che liquida nell’importo di Euro 3.000,00 per compensi, oltre rimborso forfettario al 15%, IVA e Cpa di legge.

Conclusione

Così deciso in Pistoia nella camera di consiglio dell’11 febbraio 2021.

Depositata in Cancelleria il 15 febbraio 2021.

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