MORTALI INCIDENTI Risarcimento COME OTTENERLO

MORTALI INCIDENTI Chi ha diritto al Risarcimento COME OTTENERLO

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QUESTO ARTICOLO VIENE SCRITTO CON MASSIMA FINALITA’ DI UTILITA’ PER IL LETTORE

Quando in un incidente sinistro stradale vi è il terribile evento morte dovrà risarcire chiunque sia legato da un solido e duraturo legame affettivo .

Sia dalle norme che da  molta giurisprudenza viene riconosciuto il diritto al risarcimento del danno per incidente stradale mortale a tutti i prossimi congiunti ossia: coniuge, figli, genitori fratelli e sorelle anche non conviventi.

parenti della vittima di un sinistro stradale che è morta o ha riportato delle macro-lesioni, possono chiedere il risarcimento danni, ma hanno l’onere di provare in concreto l’esistenza di rapporti costanti e caratterizzati da reciproco affetto e solidarietà con il familiare deceduto.

Secondo una recente giurisprudenza, l’individuazione dei soggetti a cui riconoscere il risarcimento può prescindere sia dal rapporto di stretta parentela, sia dal rapporto di convivenza, se viene provata la concreta esistenza della relazione affettiva.

Risarcimento danni incidente stradale mortale
E’ necessario provare qualcosa in sede giudiziale?

La sussistenza del danno non patrimoniale è sorretta dalla presunzione iuris tantum anche se è sempre opportuno

Afferma la giurisprudenza

MORTALI INCIDENTI Risarcimento COME OTTENERLO
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“La circostanza che la vittima di lesioni sia stata sottoposta ad un intervento chirurgico nel lasso di tempo intercorso tra l’evento lesivo e l’exitus, “esclude che la vittima abbia potuto coscientemente percepire il proprio stato acquisendo consapevolezza dell’imminenza della morte o della gravissima entità delle lesioni patite” (così Sez. 3, Sentenza n. 909 del 17.1.2018, in motivazione). In ragione di ciò, correttamente il giudice di merito ha negato, che la vittima potesse avere avuto, nelle due ore di sopravvivenza, la consapevolezza della propria sorte, e quindi di aver provato la formido mortis.

Alla luce dei suddetti principi già affermati in precedenti pronunce dalla Cassazione, il risarcimento del danno non patrimoniale provocato dalla paura della morte imminente, non è dovuto se la vittima non era lucida e cosciente. I ricorrenti non hanno dimostrato che la vittima era consapevole o che aveva provato tale timore, essendo la stessa giunta in ospedale non cosciente ed essendo stata sedata subito dopo, per l’operazione chirurgica a cui è stata sottoposta.

Per tali ragioni, la Suprema Corte ha rigettato il ricorso con condanna alle spese di lite e ad un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione.”

, in sede giudiziale, offrire la prova – in concreto – dell’esistenza di rapporti costanti di reciproco affetto e solidarietà con il familiare defunto; cfr. Cass. III, 24/04/2019, n. 11200.

A TAL PROPOSITO LA CASSAZIONE AFFERMA

“Che la relazione di parentela non possa costituire “ex se” prova del danno da perdita del rapporto parentale, da intendersi quale venire meno della comunanza spirituale con il vittima che implica, non necessariamente la convivenza (cfr. Corte cass. Sez. 3 -, Sentenza n. 21230 del 20/10/2016), ma certamente la prova del concreto atteggiarsi dei rapporti e delle relazioni effettivamente intrattenute dal familiare con la vittima. In caso di fatto illecito plurioffensivo, determinato dalla lesione del rapporto parentale, ciascuno dei familiari superstiti è, infatti, titolare di un autonomo diritto all’integrale risarcimento del pregiudizio subito, ed ha diritto ad una liquidazione inclusiva di tutto il danno non patrimoniale subito, ma condizionatamente in proporzione alla durata ed intensità del vissuto, nonchè alla composizione del restante nucleo familiare in grado di prestare assistenza morale e materiale, avuto riguardo all’età della vittima ed a quella dei familiari danneggiati, alla personalità individuale di costoro, alla loro capacità di reazione e sopportazione del trauma e ad ogni altra circostanza del caso concreto, da allegare e dimostrare (anche presuntivamente, secondo nozioni di comune esperienza) da parte di chi agisce in giudizio, spettando alla controparte la prova contraria di situazioni che compromettono l’unità, la continuità e l’intensità del rapporto familiare (cfr. Corte cass. Sez. 3, Sentenza n. 9231 del 17/04/2013; id. Sez. L -, Sentenza n. 14655 del 13/06/2017). La mera relazione di consanguineità non è quindi da sola sufficiente ad integrare il danno risarcibile, gravando sui congiunti l’onere di provare in concreto l’esistenza di rapporti costanti di reciproco affetto e solidarietà con il familiare defunto (cfr. Corte cass. Sez. 3, Sentenza n. 19402 del 22/08/2013; id. Sez. 3, Sentenza n. 16992 del 20/08/2015; id. Sez. 3 -, Sentenza n. 21230 del 20/10/2016).

La sentenza impugnata omette qualsiasi considerazione giustificativa – diversa dalla relazione di parentela – della esistenza ed entità del danno non patrimoniale riconosciuto a ciascuno dei parenti, liquidando il “quantum” in una misura standard eguale per ciascun familiare in base esclusivamente alla astratta relazione di parentela anagrafica, con ciò pronunciando in modo difforme dal principio di diritto enunciato da questa Corte secondo cui, in materia risarcitoria, la liquidazione del danno non patrimoniale subito dai congiunti in conseguenza dell’uccisione del familiare non integra un danno “in re ipsa” ma deve essere provato in concreto dal danneggiato e la liquidazione deve avvenire in base a valutazione equitativa, vertendosi in tema di lesione di valori inerenti alla persona, in quanto tali privi di contenuto economico, e deve tener conto dell’intensità del vincolo familiare, della situazione di convivenza e di ogni ulteriore utile circostanza, quali la consistenza più o meno ampia del nucleo familiare, le abitudini di vita, l’età della vittima e dei singoli superstiti (cfr. Corte cass. Sez. 3, Sentenza n. 1410 del 21/01/2011. Vedi Corte cass. Sez. U, Sentenza n. 26972 del 11/11/2008; id. Sez. 3, Sentenza n. 16018 del 07/07/2010).”

MORTALI INCIDENTI Risarcimento COME OTTENERLO
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Danni esistenziali e/o da perdita parentale (art. 2059 cod. civ.) Rappresentano quei danni subiti dai prossimi congiunti a seguito dell’evento morte.

Secondo giurisprudenza :

n materia di danno non patrimoniale, in caso di morte cagionata da un illecito, il pregiudizio conseguente è costituito dalla perdita della vita, bene giuridico autonomo rispetto alla salute, fruibile solo in natura dal titolare e insuscettibile di essere reintegrato per equivalente, sicchè, ove il decesso si verifichi immediatamente o dopo brevissimo tempo dalle lesioni personali, deve escludersi la risarcibilità iure haereditatis di tale pregiudizio, in ragione – nel primo caso – dell’assenza del soggetto al quale sia collegabile la perdita del bene e nel cui patrimonio possa essere acquisito il relativo credito risarcitorio, ovvero – nel secondo – della mancanza di utilità di uno spazio di vita brevissimo).

Viceversa, nel caso in cui tra la lesione e la morte si interponga un apprezzabile lasso di tempo, tale periodo giustifica il riconoscimento, in favore del danneggiato, del c.d. danno biologico terminale, cioè il danno biologico stricto sensu (ovvero danno al bene salute), al quale, nell’unitarietà del genus del danno non patrimoniale, può aggiungersi un danno morale peculiare improntato alla fattispecie (“danno morale terminale”), ovvero il danno da percezione, concretizzabile sia nella sofferenza fisica derivante dalle lesioni, sia nella sofferenza psicologica (agonia) derivante dall’avvertita imminenza dell’exitus, se nel tempo che si dispiega tra la lesione ed il decesso la persona si trovi in una condizione di “lucidità agonica”, in quanto in grado di percepire la sua situazione e in particolare l’imminenza della morte, essendo quindi irrilevante, a fini risarcitori, il lasso di tempo intercorso tra la lesione personale e il decesso nel caso in cui la persona sia rimasta “manifestamente lucida”.

Il Danno Terminale, fattispecie tipizzata dalla Corte di Cassazione con sentenza n.15350/2015. È importante sottolineare che la risarcibilità di questo danno, è molto dibattuta in giurisprudenza e tendenzialmente se ne esclude il ristoro essendo il bene “vita” fruibile solo dal titolare, esso risulta quindi insuscettibile di essere liquidato per equivalente (sul tema Cass. Civ. 22 luglio 2015 n. 15350).

I danni non patrimoniali risarcibili sono:

  • Danni Iure hereditatis: è la liquidazione del danno biologico da corrispondere in favore degli eredi della vittima a condizione che dall’evento dannoso alla morte sia trascorso un apprezzabile lasso di tempo sufficiente a permettere un consolidamento di tale danno. In altre parole raffigura il risarcimento spettante alla vittima che, di rimbalzo, viene destinato agli eredi del defunto;
  • Danni Iure proprio: sono categorie di danni anche detti danni esistenziali e/o da perdita parentale (art. 2059 cod. civ.). Si tratta dei danni subiti dai parenti più stretti a seguito della morte di un caro. Sono danni non patrimoniali come il danno biologico cui si lega strettamente in forza del fatto che tanto più grave è l’entità delle lesioni psicofisiche tanto più grave è la sofferenza ed il dolore dei congiunti. Per questa ragione quando si valuta l’entità del risarcimento si tiene conto di fattori specifici riguardanti o alla vittima (età, handicap, patologie preesistenti, condizione di figlio unico) o ai congiunti della stessa (possibilità di avere altri figli, condizione di orfano di entrambe i genitori).
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Viene liquidato nella sola ipotesi in cui le lesioni mortali alla vittima non determinino la morte nell’immediato ma intervenga ad un apprezzabile lasso di tempo dalle lesioni stesse.

Il Calcolo del Danno

Per determinare il risarcimento all’interno del minimo o massimo vengono valutati questi ulteriori parametri:
l’età della vittima e del congiunto
lo stato di convivenza o meno con la vittima
l’esistenza in vita di altri parenti con lo stesso grado di parentela
altri criteri

Come ottenere il Risarcimento

In caso di sinistro mortale in cui sia responsabile, anche solo parzialmente, un soggetto terzo, i prossimi congiunti o gli aventi diritto hanno diritto ad ottenere il risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali.
In un incidente  mortale viene aperto anche un processo penale quindi utile anzi direi indispensabile nominare un avvocato difensore di fiducia  o cinematiche finalizzate a determinare il nesso di causa tra incidente e decesso e per stabilire l’esatta dinamica dell’incidente stradale.
Parallelamente sarà necessario mettere in mora la compagnia di assicurazioni di controparte al fine di attivare un dialogo tra la stessa e l’avvocato in rappresentanza degli aventi diritto al risarcimento. Questa fase rappresenterà l’inizio della trattativa per ottenere il risarcimento.

Danno patrimoniale

il danno emergente, consistente in spese causate dal decesso del parente, ad es. spese funerarie, risarcito se rigorosamente provato pro quota agli eredi;

il danno c.d. da lucro cessante, consistente nella perdita di utilità economiche che, per legge o per solidarietà familiare, sarebbero state conferite dal soggetto scomparso.

PER GLI EREDI (IURE HEREDITATIS)

Danno patrimoniale

Perdita di beni che si sarebbero potuti ereditare (ad es. l’autovettura distrutta in un incidente.

Com’è risarcito il danno da perdita parentale?

Ricordiamo che il danno da perdita del congiunto consiste nella sofferenza patita per la perdita di una persona cara avvenuta a causa di un fatto illecito.
Ciò premesso, la Suprema Corte intende dare continuità ad una recente pronuncia (Cass. 10579/2021) e afferma che le tabelle meneghine non rispondono ai criteri indicati dalla giurisprudenza con riferimento al danno da perdita del rapporto parentale. Esse, infatti, nella liquidazione del pregiudizio in oggetto, non seguono la tecnica del punto, ma individuano un tetto minimo ed un tetto massimo, fra i quali ricorre una significativa differenza. Ad esempio, per la morte del coniuge, è prevista una forbice che varia da circa da 168 mila euro a 336 mila euro e manca l’indicazione di criteri determinati per stabilire quale importo liquidare. In tal modo, manca la “forma di concretizzazione tipizzata” offerta dalla tabella fondata sul punto variabile.

Una volta acclarata la sussistenza di una relazione affettiva con la vittima, infatti, occorre considerare degli aspetti che sono importanti per determinare la liquidazione del danno tra cui:

il rapporto di parentela esistente tra la vittima e il congiunto avente diritto al risarcimento, potendosi presumere che il danno sia maggiore quanto più stretto il rapporto;

l’età del congiunto: il danno è tanto maggiore quanto minore è l’età del congiunto superstite;

l’età della vittima: anche in questo caso è ragionevole ritenere che il danno sia inversamente proporzionale all’età della vittima, in considerazione del progressivo avvicinarsi al naturale termine del ciclo della vita;

la convivenza tra la vittima e il congiunto superstite, dovendosi presumere che il danno sarà tanto maggiore quanto più costante e assidua è stata la frequentazione tra la vittima ed il superstite;

la presenza all’interno del nucleo familiare di altri conviventi o di altri familiari non conviventi fino al 4°, inclusi, quindi, i cugini. Infatti, il danno derivante dalla perdita è sicuramente maggiore se il congiunto superstite rimane solo e privo di ogni assistenza morale e materiale.

Il risarcimento del danno da perdita parentale è effettuato:

determinando il corrispettivo economico del danno patito;

attribuendo un punteggio numerico che ne consideri l’entità;

moltiplicando tale punteggio per una somma rappresentativa del valore ideale del singolo punto;

facendo la sommatoria dei punti previsti per ciascuna delle 5 ipotesi sopra indicate.

 

CONVIVENZA  RISARICMENTO AI OCNVIVENTI LA CASSAZIOEN:

In tema di illecito plurioffensivo, ciascun danneggiato – in forza di quanto previsto dalla Cost., artt. 2, 29, 30 e 31, nonché degli artt. 8 e 12 della Convenzione Europea dei diritti dell’uomo e dell’art. 1 della cd. “Carta di Nizza” – è titolare di un autonomo diritto all’integrale risarcimento del pregiudizio subito, comprensivo, pertanto, sia del danno morale (da identificare nella sofferenza interiore soggettiva patita sul piano strettamente emotivo, non solo nell’immediatezza dell’illecito, ma anche in modo duraturo, pur senza protrarsi per tutta la vita) che di quello “dinamico-relazionale” (consistente nel peggioramento delle condizioni e abitudini, interne ed esterne, di vita quotidiana). Ne consegue che, in caso di perdita definitiva del rapporto matrimoniale e parentale, ciascuno dei familiari superstiti ha diritto ad una liquidazione comprensiva di tutto il danno non patrimoniale subito, in proporzione alla durata e intensità del vissuto, nonché alla composizione del restante nucleo familiare in grado di prestare assistenza morale e materiale, avuto riguardo all’età della vittima e a quella dei familiari danneggiati, alla personalità individuale di costoro, alla loro capacità di reazione e sopportazione del trauma e ad ogni altra circostanza del caso concreto, da allegare e provare (anche presuntivamente, secondo nozioni di comune esperienza) da parte di chi agisce in giudizio, spettando alla controparte la prova contraria di situazioni che compromettono l’unità, la continuità e l’intensità del rapporto familiare (Cass. n. 9231/2013). Si è anche affermato che la convivenza non può assurgere a connotato minimo attraverso cui si esteriorizza l’intimità dei rapporti parentali ovvero a presupposto dell’esistenza del diritto in parola, ma che la stessa costituisce elemento probatorio utile, unitamente ad altri elementi, a dimostrare l’ampiezza e la profondità del vincolo affettivo che lega tra loro i parenti e a determinare anche il quantum debeatur. In ogni caso non è condivisibile limitare la “società naturale”, cui fa riferimento la Cost., art. 29, all’ambito ristretto della sola cd. “famiglia nucleare” (Cass. n. 21230/2016).

Quindi i congiunti devono provare la effettività e la consistenza della relazione parentale rispetto alla quale il rapporto di convivenza non assurge a connotato minimo di esistenza, ma può costituire elemento probatorio utile a dimostrarne l’ampiezza e la profondità.

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RISARCIMENTO PEDONE INVESTITO RESPONSABILITA’ ESCLUSIVA DEL PEDONE SE ATTRAVERSA CON IL ROSSO edone investito a4 pedone investito bologna pedone investito con semaforo rosso pedone investito da auto in retromarcia pedone investito e risarcimento pedone investito pedone investito giurisprudenza pedone investito ha sempre ragione pedone investito in autostrada pedone investito ladispoli pedone investito mancato attraversamento strisce pedonali pedone investito che non attraversa sulle strisce pedone investito onere della prova pedone investito prescrizione pedone investito querela pedone investito risarcimento diretto pedone investito su strisce pedonali risarcimento pedone investito tangenziale edone investito a4 pedone investito bologna pedone investito con semaforo rosso pedone investito da auto in retromarcia pedone investito e risarcimento pedone investito fiorello pedone investito giurisprudenza pedone investito ha sempre ragione pedone investito in autostrada pedone investito ladispoli pedone investito mancato attraversamento strisce pedonali pedone investito che non attraversa sulle strisce pedone investito onere della prova pedone investito prescrizione pedone investito querela pedone investito risarcimento diretto pedone investito su strisce pedonali risarcimento pedone investito tangenziale
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