separazione assegno  figli- e con figli piccolissimi

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Il comma 4 dell’art. 337-ter c.c. dispone che ciascuno dei genitori debba provvedere al mantenimento dei figli in misura proporzionale al proprio reddito, considerando i seguenti elementi: 

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1) le attuali esigenze del figlio;

2) il tenore di vita goduto in costanza di convivenza con entrambi i genitori; 

3) i tempi di permanenza presso ciascun genitore

4) le risorse economiche di entrambi i genitori; 

5) la valenza economica dei compiti domestici e di cura assunti da ciascun genitore .

La separazione comporta la prima rottura del vincolo matrimoniale, il primo passo verso il divorzio  .

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  2.  qui nascono le problematiche, spesso i coniugi non vogliono cedere, ma oggi esiste l’affido ocndiviso ,che è la prassi-
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  5. La Corte di Cassazione, con ordinanza n. 32529/18, ha affermato che l’eventuale rinuncia del figlio al mantenimento, anche a prescindere dalla sua invalidità, dovuta alla indisponibilità del relativo diritto, non può in nessun caso spiegare effetto sulla posizione giuridico – soggettiva del genitore affidatario quale autonomo destinatario dell’assegno.
  6. La  necessità  di  perequare  le  risorse  dei  genitori  sussiste  ed  è  pertanto  obbligatorio  prevedere  un assegno di mantenimento per i figli: 1.ove vi siano differenze tra le risorse (ricchezza potenziale) dei due genitori e/o 2.se il tempo di permanenza della prole con ciascun genitore crea una sperequazione di dette risorse.

L’obbligo di mantenere il figlio, infatti, non cessa automaticamente con il raggiungimento della maggiore età, ma si protrae, qualora questi, senza sua colpa, divenuto maggiorenne, sia tuttavia ancora dipendente dai genitori.

Il coniuge separato o divorziato, già affidatario, è quindi legittimato, “iure proprio” (in via concorrente con il figlio), ad ottenere dall’altro coniuge un contributo per il mantenimento del figlio maggiorenne.

E’ appena il caso di ricordare le c.d. coordinate per il riconoscimento e per la determinazione di detto assegno sulla base dei quali è stato espresso il suesposto principio:1)le attuali esigenze del figlio ;2) il tenore di vita goduto dallo stesso in costanza di convivenza con entrambi i genitori;3) i tempi di permanenza presso ciascun genitore ;4) le risorse economiche di entrambi ; 5) la valenza economica dei compiti domestici assunti da ciascun genitore.

I primi due criteri, non a caso collocati ai primi posti, assumono preminente valore mentre l’aumento delle esigenze economiche del figlio, essendo notoriamente legato alla crescita, non ha bisogno di specifica dimostrazione.
V’è da dire, inoltre, che una stratificata giurisprudenza (v. da ultimo Cass. 16.05.2017 n. 12063) da tempo ritiene che l’obbligo di mantenimento cessa con il raggiungimento della autosufficienza economica del minore divenuto maggiorenne : condizione ricorrente anche se lo stesso allo stato sia disoccupato ma in passato abbia iniziato ad espletare una attività lavorativa dimostrando il raggiungimento di una adeguata capacità, idonea quindi a determinare la cessazione del corrispondente obbligo di mantenimento (se previsto) ad opera del genitore, non assumendo rilievo il sopravvenire di circostanze ulteriori ( ad es. il licenziamento, come nella vicenda decisa con la pronuncia appena ricordata, ma anche lo svolgimento di un rapporto di lavoro a tempo determinato, come nel caso deciso da Cass. 22.11.2010 n.23590), le quali non possono far risorgere un obbligo di mantenimento i cui presupposti siano già venuti meno. 

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La legge dice che i bambini,

la separazione dei genitori, hanno “il DIRITTO di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno di essi, di ricevere cura, educazione e istruzione da entrambi e di conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale”. 
Allora, i genitori, che hanno “l’obbligo di mantenere, istruire ed educare la prole tenendo conto delle capacità, dell’inclinazione naturale e delle aspirazioni dei figli” (art. 147 codice civile), quando si separano, hanno il DOVERE, nonostante la separazione, DI COLLABORARE nella cura, educazione ed istruzione dei figli, secondo le regole convenute o date dal giudice della separazione, e queste regole devono essere osservate.


Se un genitore si disinteressa del figlio, non può pretendere l’affidamento condiviso. Per esempio, è stato disposto l’affido esclusivo alla madre di una figlia, poiché era emerso nel giudizio che il padre non la vedeva da oltre due anni, si era disinteressato completamente di lei, non provvedeva al suo mantenimento, teneva condotte di ostacolo alle iniziative della madre. 

Sempre in merito ai principali elementi ritenuti dalla pronuncia della Suprema Corte, i giudici sottolineano come in tema di affidamento dei figli minori, il giudizio prognostico del giudice – che non potrà che avere come esclusivo interesse morale e materiale quello della prole – deve operare circa le capacità dei genitori di crescere e di educare il figlio nella nuova situazione determinata dalla disgregazione dell’unione, e debba essere formulato tenendo in considerazione, sulla base di concreti elementi, del modo in cui i genitori hanno precedentemente svolto i propri compiti, delle rispettive capacità di relazione affettiva, attenzione, comprensione, educazione e disponibilità ad un assiduo rapporto, nonché della personalità del genitore, delle sue consuetudini di vita e dell’ambiente sociale e familiare che è in grado di garantire al minore.

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