Come funziona la divisione ereditaria giudiziale

Come funziona la divisione ereditaria giudiziale
Come funziona la divisione ereditaria giudiziale

La divisione ereditaria giudiziale non è altro che la divisione dei beni ereditari: si tratta, in sostanza, dello strumento attraverso il quale è possibile sciogliere la comunione ereditaria che riguarda tutto il patrimonio del soggetto defunto, che comprende non solo i crediti al netto dei debiti, ma anche i diritti sui beni. Il riferimento normativo in proposito va individuato nel titolo IV del libro II, che disciplina la divisione dei beni ereditari e regolamenta le successioni per causa di morte. Nel momento in cui interviene un procedimento di divisione ereditaria, si concretizza l’esclusiva intestazione di singoli diritti per ciascuno degli eredi in una misura proporzionale rispetto al valore della quota che deriva dallo stato di indivisione. Per evitare situazioni spiacevoli, con liti o malintesi tra gli eredi, non è da escludere l’opportunità di ricorrere a un avvocato divisione ereditaria.

Cosa prevede il codice civile

  1. L’articolo 727 del codice civile prevede la necessità di eseguire la stima dei beni del soggetto defunto, includendo una quantità di crediti, di immobili e di mobili di uguale qualità e natura; a quel punto è possibile procedere con la formazione della porzione che spetta a ciascun erede. Nel caso in cui del patrimonio ereditario facciano parte proprietà immobili che non possono essere divise agevolmente, tali immobili devono essere compresi interamente all’interno della porzione che spetta al coerede che dispone nella quota maggiore; se più coeredi ne hanno chiesto l’attribuzione in maniera congiunta, invece, le proprietà immobili vanno incluse nella loro porzione. Se ciò non è possibile o fattibile, l’immobile deve essere venduto, in virtù di quanto previsto dall’articolo 720 del codice civile. Attenzione, però: la vendita costituisce solo l’extrema ratio, un’ipotesi che deve essere presa in considerazione unicamente nel caso in cui le altre non si possano verificare.

    Se i coeredi sono il coniuge e i figli del soggetto defunto (siano essi naturali o legittimi, inclusi i loro discendenti naturali e legittimi), essi sono tenuti ad attuare la collazione: vuol dire che nell’asse ereditario deve essere conferito quello che hanno ricevuto eventualmente per donazione dal de cuius quando era in vita. Come si può notare, la divisione ereditaria non è semplice: ecco perché può essere indispensabile la consulenza di un avvocato divisione ereditaria, magari come quella che si può ottenere contattando lo Studio dell’Avvocato Sergio Armaroli.
    Vale la pena di ricordare che per la divisione dei beni ereditari è prevista la retroattività: in altri termini, i beni si considerano pervenuti direttamente non in forza di divisione – giudiziale o convenzionale che sia – ma per causa di morte. Sono tre le modalità differenti attraverso le quali è possibile procedere alla suddivisione dei beni ereditari: per testamento, per divisione contrattuale o per divisione giudiziale ereditaria. Nel caso della divisione contrattuale, è indispensabile un accordo tra i coeredi, mentre nel caso della divisione giudiziale ereditaria ciascun coerede ha la facoltà di promuovere il giudizio di divisione dell’eredità cui tutti i condividenti sono sottoposti.

La divisione ereditaria giudiziale

La divisione ereditaria giudiziale entra in gioco nel momento in cui il de cuius non ha indicato in maniera precisa e accurata quali beni vanno attribuiti a ogni soggetto chiamato all’eredità, o più semplicemente nel caso in cui gli eredi non riescono a trovare un accordo a proposito della ripartizione dei beni. A questo punto il giudice provvede allo scioglimento della comunione e alla ripartizione dell’eredità; l’intervento del giudice può essere richiesto e diventare effettivo anche per iniziativa di un solo coerede.
In questo caso il procedimento giudiziale viene avviato solo dopo che di fronte a un organismo di conciliazione riconosciuto dal Ministero è stata tentata la mediazione. Se questa non ha successo, ecco che prende il via il procedimento nel tribunale del luogo in cui la successione è stata aperta. Lo scopo è quello di sciogliere la comunione ereditaria: è sufficiente un ricorso sottoscritto dagli interessati, con la divisione che viene delegata a un avvocato o a un notaio. L’assistenza di un avvocato è sempre obbligatoria.
Sono due i momenti nei quali si svolge il procedimento di divisione ereditaria giudiziale. In una prima fase si verifica il diritto ereditario di ogni coerede (ci pensa il giudice), mentre nella fase successiva si formano le singole porzioni (ci pensa un notaio, che definisce la massa che deve essere divisa, forma i lotti e assegna ogni porzione a un coerede). Se le porzioni sono della stessa entità, si può ricorrere a un sorteggio per l’attribuzione a ciascun coerede.

Nell’adìre il giudice per la divisione di comunione ereditaria, è indispensabile l’allegazione alla domanda dei certificati storici catastali e della documentazione concernente le iscrizioni e le trascrizioni relativamente ai beni nell’ultimo ventennio, quanto meno della relazione notarile in sostituzione, attestante le risultanze delle visure catastali e dei registri immobiliari. Ciò per consentire al giudice di verificare la presenza di condizioni ostative dell’azione divisoria, quali quelle afferenti alla sussistenza del diritto dominicale in capo alle parti del giudizio, nonché l’esistenza eventuale di altri litisconsorti necessari (creditori o aventi causa da un partecipante alla comunione) a norma degli artt. 1113 c.c e 784 c.p.c.

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