Responsabilità sanitaria – Parto cesareo non più procrastinabile – Intervento non tempestivo

Responsabilità sanitaria – Parto cesareo non più procrastinabile – Intervento non tempestivo

la CTU aveva ritenuto che la gestante era stata colpita da 

preemclapsia

insorgenza precoce, comunemente associata alla grave disfunzione placentare (p. 16, p. 18), poco prima (p. 15), pero’, aveva scritto “non risulta emergere alcuna patologia ne’ del liquido amniotico, ne’ della placenta”; non solo: a p. 2 aveva giustificato il comportamento attendista dell’ostetrico, in base al tracciato della puerpera; in altra parte aveva scritto: “tali evidenze erano suggestive di un feto ipossico tale da consigliare la esecuzione di un taglio cesareo non ulteriormente procrastinabile”. Aveva concluso, poi, che non erano individuabili comportamenti omissivi da parte della struttura ospedaliera e che erano state adottate tutte le precauzioni necessarie, pur rilevando che non era stata eseguita alcuna ecografia ostetrica, ne’ lo studio del flusso dell’arteria cerebrale del cervello fetale che avrebbe potuto fornire elementi per definire l’urgenza del taglio cesareo; precisava, inoltre, che non erano stati eseguiti altri esami strumentali, quali l’emogas arterioso, l’ecoencefalo, RMN encefalo, e che il tracciato non era stato refertato.

 

  • La preeclampsia può provocare distacco di placenta e/o parto pretermine, aumentando il rischio di problemi del neonato subito dopo il parto.

    I sintomi sono gonfiore delle mani, delle dita, del collo e/o dei piedi e, in caso di preeclampsia grave e non trattata, convulsioni (eclampsia) o danno d”organo.

    A seconda della gravità della preeclampsia, il trattamento può consistere in modifica dell’attività (riposo a letto), ricovero in ospedale, farmaci per ridurre la pressione o parto.

Corte di Cassazione|Sezione 3|Civile|Ordinanza|20 maggio 2021| n. 13920

Data udienza 1 dicembre 2020

Integrale

Responsabilità sanitaria – Parto cesareo non più procrastinabile – Intervento non tempestivo – Referto di Ctu – Prova – Rilevanza – Responsabilità sanitaria – Sussistenza

Responsabilità sanitaria – Parto cesareo non più procrastinabile – Intervento non tempestivo – Referto di Ctu – Prova – Rilevanza – Responsabilità sanitaria – Sussistenza

 

Responsabilità sanitaria – Parto cesareo non più procrastinabile – Intervento non tempestivo – Referto di Ctu – Prova – Rilevanza – Responsabilità sanitaria – Sussistenza

 

Responsabilità sanitaria – Parto cesareo non più procrastinabile – Intervento non tempestivo – Referto di Ctu – Prova – Rilevanza – Responsabilità sanitaria – Sussistenza

 

 

 

Con il primo motivo i ricorrenti deducono, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione dell’articolo 132 c.p.c., comma 2, n. 4, per avere il giudice a quo pretestuosamente affermato, data l’indisponibilita’ dei fascicoli di parte degli appellanti, di non avere, dovendo decidere allo stato degli atti, la documentazione necessaria, e per avere con l’ordinanza con cui aveva rigettato la istanza di rinnovazione della CTU affermato “esaminati gli atti del giudizio… la causa puo’ essere decisa sulla base della CTU medica e della documentazione in atti” – circostanza confermata esplicitamente anche dal controricorso di (OMISSIS) (p. 5 del controricorso), salvo poi rigettare nel merito l’appello ritenendo non disponibili sufficienti elementi di giudizio, gli stessi evidentemente su cui si era basata o avrebbe dovuto basarsi per disattendere la richiesta di CTU, ritenendola “scollegata dalla realta’”.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere

Dott. FIECCONI Francesca – Consigliere

Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere

Dott. GORGONI Marilena – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

(OMISSIS), E (OMISSIS), in proprio e quali esercenti la responsabilita’ genitoriale nei confronti del minore (OMISSIS), rappresentati e difesi dall’AVV. (OMISSIS), domiciliati in Roma presso la Cancelleria della Corte di Cassazione;

– ricorrenti –

contro

AZIENDA SANITARIA LOCALE TARANTO (ASL TA), in persona del Commissario straordinario, Dott. (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’Avv. (OMISSIS), con domicilio eletto in Roma presso lo (OMISSIS);

– controricorrente –

contro

(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avv. (OMISSIS), che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 138/2018 della Corte d’Appello di Lecce, sezione distaccata di Taranto, depositata il 27/03/2018;

Udita la relazione svolta nella Camera di Consiglio del 1 dicembre 2020 dal Consigliere Dott. Marilena Gorgoni.

RILEVATO

che:

(OMISSIS) e (OMISSIS), in proprio e quali titolari della responsabilita’ genitoriale nei confronti di (OMISSIS), ricorrono per la cassazione della sentenza n. 138/2020, emessa dalla Corte d’Appello di Lecce, sez. distaccata di Taranto, resa pubblica il 27/03/2018, notificata lo stesso giorno, articolando tre motivi.

Resistono con separati controricorsi l’Azienda Sanitaria Locale Taranto (Asl TA) e (OMISSIS). Quest’ultimo si avvale della facolta’ di depositare memoria.

I ricorrenti, assumendone la responsabilita’ per aver provocato, in occasione del parto, l’insorgenza di dannicerebrali a (OMISSIS), a causa del colpevole ritardo nella diagnosi di sofferenza fetale, citavano in giudizio, dinanzi al Tribunale di Taranto, (OMISSIS), l’ostetrico di turno, e la struttura ospedaliera (OMISSIS), chiedendone la condanna risarcitoria, in solido, al pagamento di Euro 2.500.000,00.

Il Tribunale, con sentenza n. 1896/2018, respingeva la domanda attorea, affidandosi alla CTU che aveva individuato la causa delle patologie riportate da (OMISSIS) ad una preeclampsia cronica (gestosi ipertensiva), occorsa in fase prenatale.

La Corte d’Appello, con la sentenza oggetto dell’odierno ricorso, investita del gravame dagli attori soccombenti, rigettava nel merito l’appello “per non essere agli atti la documentazione probatoria fondante l’appello e quindi la domanda”, assumendo che: a) gli appellanti non avevano restituito il fascicolo di causa di primo e secondo grado, dopo averlo ritirato all’udienza di precisazione delle conclusioni; b) la sentenza di prime cure era rinvenibile nei fascicoli d’ufficio delle parti appellate; c) era suo obbligo decidere nel merito sulla base degli atti disponibili; d) la documentazione medica prodotta dagli appellanti in primo grado era solo in parte riprodotta nella CTU; e) le osservazioni dei consulenti di parte non erano rinvenibili nei fascicoli di causa delle parti appellate; f) la conoscenza integrale e diretta sia della documentazione medica che delle conclusioni dei CC.TT.PP. costituiva presupposto imprescindibile per esprimere un giudizio di merito, atteso che i motivi di appello era stati fondati sulla documentazione medica e sulle osservazioni dei CC.TT.PP.

CONSIDERATO

che:

  1. Con il primo motivo i ricorrenti deducono, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione dell’articolo 132 c.p.c., comma 2, n. 4, per avere il giudice a quo pretestuosamente affermato, data l’indisponibilita’ dei fascicoli di parte degli appellanti, di non avere, dovendo decidere allo stato degli atti, la documentazione necessaria, e per avere con l’ordinanza con cui aveva rigettato la istanza di rinnovazione della CTU affermato “esaminati gli atti del giudizio… la causa puo’ essere decisa sulla base della CTU medica e della documentazione in atti” – circostanza confermata esplicitamente anche dal controricorso di (OMISSIS) (p. 5 del controricorso), salvo poi rigettare nel merito l’appello ritenendo non disponibili sufficienti elementi di giudizio, gli stessi evidentemente su cui si era basata o avrebbe dovuto basarsi per disattendere la richiesta di CTU, ritenendola “scollegata dalla realta’”.

  2. Con il secondo motivo i ricorrenti rimproverano alla Corte d’Appello di avere omesso l’esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, costituito dalle vistose contraddizioni della CTU che la rendevano inidonea a “consacrare la verita’ sulla eziologia della patologia e sulle eventuali omissioni del medico e della struttura ospedaliera”.

In particolare, la CTU aveva ritenuto che la gestante era stata colpita da preemclapsia ad insorgenza precoce, comunemente associata alla grave disfunzione placentare (p. 16, p. 18), poco prima (p. 15), pero’, aveva scritto “non risulta emergere alcuna patologia ne’ del liquido amniotico, ne’ della placenta”; non solo: a p. 2 aveva giustificato il comportamento attendista dell’ostetrico, in base al tracciato della puerpera; in altra parte aveva scritto: “tali evidenze erano suggestive di un feto ipossico tale da consigliare la esecuzione di un taglio cesareo non ulteriormente procrastinabile”. Aveva concluso, poi, che non erano individuabili comportamenti omissivi da parte della struttura ospedaliera e che erano state adottate tutte le precauzioni necessarie, pur rilevando che non era stata eseguita alcuna ecografia ostetrica, ne’ lo studio del flusso dell’arteria cerebrale del cervello fetale che avrebbe potuto fornire elementi per definire l’urgenza del taglio cesareo; precisava, inoltre, che non erano stati eseguiti altri esami strumentali, quali l’emogas arterioso, l’ecoencefalo, RMN encefalo, e che il tracciato non era stato refertato.

  1. Con il terzo motivo il ricorrente lamenta, invocando l’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione degli articoli 1218 e 2697 c.c., per avere la sentenza impugnata invertito l’onere della prova, esonerando la ASL TA dall’onere di provare di avere correttamente adempiuto a tutte le obbligazioni assunte ovvero che il pregiudizio fosse dipeso da cause di forza maggiore.

  2. A giudizio del Collegio merita accoglimento, per quanto di ragione, il secondo motivo.

Detto accoglimento richiede preliminarmente che, all’esito della lettura della illustrazione, la Corte, alla stregua di Cass., Sez. Un., 24/07/2013 n. 17931, provveda alla esatta qualificazione del mezzo impugnatorio.

L’illustrazione a supporto del motivo, infatti, non e’ conforme al paradigma dell’articolo 360 c.p.c., n. 5, evocato nella intestazione dello stesso, ma consente, appunto, secondo i principi indicati dalla evocata decisione a Sezioni Unite, di intendere che la censura alla sentenza impugnata si sostanzi in una violazione dell’articolo 132 c.p.c., comma 2, n. 4, commessa dal giudice a quo sotto il profilo della contraddittorieta’ della motivazione.

Per dar conto di quanto appena rilevato e’ sufficiente richiamare gli addebiti di contraddittorieta’ ed illogicita’ della CTU che, anziche’ giustificare una sua rinnovazione, erano stati interamente condivisi dal giudice a quo.

I ricorrenti hanno sottoposto all’attenzione di Collegio, soddisfacendo le prescrizioni di cui all’articolo 366 c.p.c., n. 6, le plurime contraddizioni della CTU e poiche’ la Corte d’Appello ha recepito integralmente le dette risultanze peritali, facendo proprie le conclusioni e le argomentazioni formulate dal CTU, accettando e condividendo in pieno anche la illogica, abnorme e contraddittoria posizione assunta nei confronti della ipossia del feto e della necessita’ di intervenire tempestivamente con parto cesareo, ed ha rigettato l’istanza di rinnovazione dell’esame peritale, appare incontestabile la sussistenza del vizio argomentativo che ridonda in iure in una motivazione inesistente per irriducibile contraddittorieta’.

A fronte di tale obiettiva deficienza del criterio logico che ha indotto il giudice alla formulazione del proprio convincimento, occorre ribadire il consolidato indirizzo giurisprudenziale, secondo cui, nel caso in cui il giudice del merito abbia deciso sulla base delle conclusioni del consulente tecnico di ufficio, infirmate per la presenza di affermazioni illogiche, i vizi della consulenza si riflettono sulla sentenza inficiandola sotto il profilo motivazionale (cfr. Cass. 05/05/2020, n. 8461).

La sentenza dev’essere, dunque, cassata per violazione dell’articolo 132 c.p.c., comma 2, n. 4, in quanto risulta aver reso una motivazione per relationem rispetto all’elaborato della CTU che esprime la sua stessa intrinseca contraddittorieta’ e, dunque, ridonda in una motivazione nuovamente inesistente.

4.Gli altri motivi restano assorbiti.

5.Ne consegue che il ricorso deve essere accolto in relazione al secondo motivo; la sentenza va cassata con rinvio alla Corte d’Appello di Lecce, sezione distaccata di Taranto, in diversa composizione che provvedera’ anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimita’.

P.Q.M.

La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso per quanto di ragione; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa, anche per le spese del presente giudizio di legittimita’, alla Corte d’Appello di Lecce, sezione distaccata di Taranto, in diversa composizione.

In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalita’ e gli altri dati identificativi, a norma del Decreto Legislativo n. 196 del 2003, articolo 52 in quanto imposto dalla legge.

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