AUTORICICLAGGIO AVVOCATO DIFENDE  BOLOGNA VICENZA PADOVA

AUTORICICLAGGIO AVVOCATO DIFENDE  BOLOGNA VICENZA PADOVA TREVISO RAVENNA MILANO BERGAMO Reati contro il patrimonio – Trasferimento fraudolento di valori – Art. 12 quinquies, comma primo, d.l. n. 306 del 1992, conv. con modifiche in l. n. 356 del 1992 – Concorso con il delitto di cui all’art. 648 ter 1 cod. pen. – Configurabilità – Ragioni.

Il 1° gennaio 2015 è entrata in vigore la legge 15 dicembre 2014, n. 186, intitolata «Disposizioni in materia di rientro di capitali dall’estero e di autoriciclaggio», pubblicata in Gazzetta Ufficiale 17 dicembre 2014, n. 292.

Più segnatamente, l’impiego, la sostituzione, il trasferimento in attività economiche, finanziarie, imprenditoriali o speculative dei beni di provenienza illecita costituiscono le modalità alternative di realizzazione di un unico reato che, però, può ritenersi sussistente solo a condizione che siffatti comportamenti siano tali «da ostacolare concretamente l’identificazione della loro provenienza delittuosa». Stante la tassatività e la pluralità delle condotte previste, è d’uopo, a questo punto, un approfondimento tecnico delle medesime, mediante il richiamo ai principi ermeneutici pronunciati dal Supremo Consesso in ordine agli elementi specializzanti le ipotesi delittuose di riciclaggio (art. 648 bis c.p.: «fuori dei casi di concorso nel reato, chiunque sostituisce o trasferisce denaro, beni o altre utilità provenienti da delitto non colposo, ovvero compie in relazione a essi altre operazioni, in modo da ostacolare l’identificazione della loro provenienza delittuosa, è punito con la reclusione da quattro a dodici anni e con la multa da euro 1.032 a euro 15.493. La pena è aumentata quando il fatto è commesso nell’esercizio di un’attività professionale. La pena è diminuita se il denaro, i beni o le altre utilità provengono da delitto per il quale è stabilita la pena della reclusione inferiore nel massimo a cinque anni. Si applica l’ultimo comma dell’art. 648») e di impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita (art. 648 ter c.p.: «chiunque, fuori dei casi di concorso nel reato e dei casi previsti dagli artt. 648 e 648 bis, impiega in attività economiche o finanziarie denaro, beni o altre utilità provenienti da delitto, è punito con la reclusione da quattro a dodici anni e con la multa da milletrentadue euro a quindicimilaquattrocentonovantatre euro. La pena è aumentata quando il fatto è commesso nell’esercizio di un’attività professionale. La pena è diminuita nell’ipotesi di cui al secondo comma dell’art. 648. Si applica l’ultimo comma dell’art. 648».

Siffatto provvedimento normativo reca disposizioni volte all’emersione e al rientro di capitali detenuti all’estero, nonché alla soppressione di condotte illecite realizzabili nell’ambito della circolazione di beni e servizi.

Va osservato, infine, che, al di la’ della formula tralaticia adoperata dalla giurisprudenza nella descrizione della struttura dell’articolo 48 c.p., in realta’, poi, nei rari casi in cui si e’ posto il problema delle conseguenze pratiche dell’accogliere l’una o l’altra tesi, di fatto, si e’ finito per optare per la teoria della concorsualita’: infatti, ad es., proprio in tema di tentativo, e’ stato ritenuto che “presupposto della responsabilita’ dell’autore mediato e’ che un fatto costituente reato sia stato commesso materialmente, nella forma del reato consumato o di quello tentato, dall’autore immediato, onde e’ sempre all’azione di quest’ultimo che bisogna aver riguardo per stabilire se essa integri la fattispecie di un determinato delitto consumato o tentato. Pertanto, nessuna rilevanza penale puo’ attribuirsi all’azione di un soggetto (salvo che essa non costituisca di per se’ reato) che abbia tentato di determinare altro soggetto a commettere un reato, mediante atti idonei diretti ad indurlo in errore, ove non si sia verificata l’induzione in errore e per effetto di questa non sia stata realizzata, almeno nella forma del tentativo, la fattispecie legale del reato ad opera dell’autore immediato”: Cass. 2097/1971 Rv. 120883.

Ed ancora, a livello processuale, si e’ stabilito che “non da luogo a violazione del principio di correlazione fra accusa e sentenza (articolo 521 c.p.p.) ed e’ quindi legittima la riqualificazione giuridica del fatto, originariamente contestato all’imputato per avere tratto in inganno e indotto in errore gli autori della condotta di falso, (articoli 48 e 479 c.p.), ai sensi invece dell’articolo 110 c.p., ossia come commesso a titolo di concorso personale con gli stessi autori” e cio’ perche’, non vi e’ dubbio che il comportamento del determinatore dell’altrui inganno “realizzi un particolare e qualificato comportamento di induzione alla commissione dell’illecito, il quale e’ del tutto compatibile con il contributo sotteso dalla formula dell’articolo 110 c.p.”: Cass. 27133/2006 Rv. 235010; Cass. 35884/2009 riv 244920.

Come si puo’ notare, la giurisprudenza, pare adoperare il sintagma “autore mediato” a fini meramente descrittivi dell’istituto disciplinato dall’articolo 48 c.p., rifuggendo, pertanto, da rigidi inquadramenti dogmatici, attenendosi al dato normativo per la soluzione delle diverse questioni sorte in specie, in ordine ai rapporti fra l’articolo 48 e le ipotesi di cui all’articolo 116 c.p. (Cass. 15481/2004 riv. 229240) e articolo 117 c.p. (ex plurimis Cass. 36166/2004 riv. 229948; Cass. 11413/1985 riv 171232), e finendo per accogliere, di fatto, la tesi della concorsualita’ nel caso del tentativo (Cass. 2097/1971 Rv. 120883) e della violazione del principio di correlazione fra accusa e sentenza (Cass. 27133/2006 Rv. 235010).

Dal punto di vista fiscale, la legge in parola, ha introdotto nell’ordinamento la disciplina della collaborazione volontaria (cd. voluntary disclosure): trattasi, in estrema sintesi, della possibilità concessa a chi abbia commesso violazioni di natura tributaria (a livello statale e/o internazionale) di regolarizzare la propria posizione mediante l’autodenuncia.

Il delitto di trasferimento fraudolento di valori, di cui all’art. 12-quinquies del D.L. 8 giugno 1992, n. 306 (convertito, con modificazioni, in l. 7 agosto 1992, n. 356), concorre con il delitto previsto dall’art. 648-ter1 cod. pen., in quanto la condotta di autoriciclaggio non presuppone e non implica che l’autore di essa ponga in essere anche un trasferimento fittizio ad un terzo dei cespiti rivenienti dal reato presupposto. (In motivazione, la S.C. ha altresì osservato che il coinvolgimento necessario di un soggetto “prestanome” impedisce di ricomprendere tale ulteriore condotta in quelle operazioni idonee ad ostacolare l’identificazione della provenienza delittuosa dei beni, indicate nel predetto art. 648-ter1 e riferibili al solo soggetto agente del reato di autoriciclaggio o a chi si muova per lui senza aver ricevuto autonoma investitura formale).

la norma sull’autoriciclaggio punisce soltanto quelle attività di impiego, sostituzione o trasferimento di beni od altre utilità commesse dallo stesso autore del delitto presupposto che abbiano però la caratteristica precipua di essere idonee ad ‘ostacolare concretamente l’identificazione della loro provenienza delittuosa’.

Il dettato normativo, dunque, induce a ritenere che si tratti di fattispecie di pericolo concreto, dal momento che esso non lascia dubbi circa la necessità che il giudice penale sia costretto a valutare l’idoneità specifica della condotta posta in essere dall’agente ad impedire l’identificazione della provenienza delittuosa dei beni. Ne consegue, che per la configurabilità del reato di autoriciclaggio, si richiede una condotta dotata di particolare capacità dissimulatoria, idonea a provare che l’autore del delitto presupposto abbia effettivamente voluto attuare un impiego finalizzato ad occultare l’origine illecita del denaro o dei beni oggetto del profitto, sicché vengono in rilievo tutte le condotte di sostituzione che avvengono attraverso la reimmissione nel circuito economico-finanziario ovvero imprenditoriale del denaro o dei beni di provenienza illecita, finalizzate a conseguire un concreto effetto dissimulatorio che sostanzia il quid pluris o ‘segmento ulteriore’ che differenzia la condotta di godimento personale, insuscettibile di sanzione, dell’occultamento del profitto illecito, penalmente rilevante (cfr., Sez. 2, n. 30401 del 07/06/2018, Ceoldo, Rv. 272970).

3.1.2. La riprova della necessità di questo quid pluris si ricava in modo plastico osservando proprio i rapporti tra autoriciclaggio e bancarotta: come già affermato dalla giurisprudenza, il ritenere punibile come autoriciclaggio il mero trasferimento delle somme distratte verso imprese (sul solo presupposto della fisiologica destinazione delle medesime all’operatività aziendale di queste ultime), finirebbe per sanzionare penalmente due volte la stessa condotta quando le somme sottratte alla garanzia patrimoniale dei creditori sociali siano dirette verso imprenditori, generando, rispetto a tale situazione specifica, un’ingiustificata sovrapposizione punitiva tra la norma sulla bancarotta e quella di cui all’art. 648-ter. 1 c.p. (Sez. 5, n. 8851 del 01/02/2019, Petricca, Rv. 275495).

3.2. Sotto altro profilo, va evidenziato come la condotta di autoriciclaggio descritta dal pubblico ministero, oltre a tradursi in una non consentita operazione di duplicazione del reato presupposto, non appare ossequiosa del disposto dell’art. 2 c.p..

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