VICENZA DIRITTO PENALE Peculato

  • VICENZA DIRITTO PENALE Peculato – Titolare di una tabaccheria – Incaricato di pubblico servizio – Abilitazione al rilascio delle marche da bollo – Omesso versamento del relativo importo – Integrazione del peculato – Ratio
    • TRIBUNALE APPELLO CASSAZIONE AVVOCATO PENALISTA DIFENDE  0516447838
  • Nel caso in cui il pagamento non venga effettuato, l’Agenzia fa confluire una segnalazione relativa alle settimane contabili non regolarmente pagate, dall’intermediario; in tal caso, quest’ultimo viene contattato per le vie brevi e sollecitato al pagamento in via bonaria entro il termine ordinario di 5 giorni.
  • Decorso tale termine, l’Agenzia costituisce in mora l’intermediario con atto notificato con raccomandata con ricevuta di ritorno; decorso l’ulteriore termine di 5 giorni dalla messa in mora, l’Agenzia inoltra una segnalazione alla Procura della Repubblica ed alla Procura Regionale presso la Corte dei Conti ed il rapporto con l’intermediario viene risolto.
  • Passando all’esame del caso relativo all’imputata, il teste ha riferito che – con riferimento alla settimana contabile dal 5 6. al 3.9 2013 – l’ufficio da lui diretto effettuò l’avviso bonario all’imputata e il successivo atto di costituzione in mora; l’atto fu ricevuto.
  • Non essendo intervenuto alcun pagamento venne inviata la comunicazione della notizia di reato.
  • Tanto premesso in fatto, deve valutarsi in diritto se la condotta, accertata e attribuita con certezza all’odierna imputata, integri il reato contestato alla stessa. A questo fine bisogna subito ribadire che come ha avuto modo di affermare la Suprema Corte, vedi Sez. 6, Sentenza n. 11417 del 2003, “al fine di individuare se l’attività svolta da un soggetto possa essere qualificata come pubblica, ai sensi e per gli effetti di cui agli artt. 357 e 358 c.p., è necessario verificare se essa sia o meno disciplinata da norme di diritto pubblico o da atti autoritativi, non rilevando invece la forma giuridica dell’ente e la sua costituzione secondo le norme del diritto pubblico, né lo svolgimento della sua attività in regime di monopolio, né tanto meno il rapporto di lavoro subordinato con l’organismo datore di lavoro.
  • Nell’ambito dei soggetti che svolgono pubbliche funzioni, la qualifica di pubblico ufficiale è poi riservata a coloro che formano o concorrano a formare la volontà della pubblica amministrazione o che svolgono tale attività per mezzo di poteri autoritativi o certificativi, mentre quella di incaricato di pubblico servizio è assegnata dalla legge in via residuale a coloro che non svolgono pubbliche funzioni ma che non curino neppure mansioni di ordine o non prestino opera semplicemente materiale”.

  • Il servizio pubblico di riscossione dei valori bollati è disciplinato da una normativa pubblicistica e persegue finalità pubbliche anche se attuato per il tramite di strumenti privatistici.
  • La natura privatistica del rapporto dell’incaricato alla riscossione con l’Ente pubblico non incide sul carattere pubblicistico dell’attività posta in essere nell’espletamento del servizio.
  • Il fatto appropriativo da parte dell’imputata è fuori discussione, la stessa era incaricata 1 di pubblico servizio in quanto abilitata alla emissione di contrassegni sostitutivi di marche da bollo; infatti, in base alla formulazione dell’art. 358 c.p., è incaricato di pubblico servizio chi in concreto lo esercita, indipendentemente anche da qualsiasi V rapporto di impiego con un determinato ente pubblico.
  • Il legislatore ha privilegiato il criterio funzionale, che trova riscontro sia nel confronto tra il vecchio e nuovo testo dell’art. 358 c.p., dal quale ultimo è stato espunto ogni riferimento al rapporto di impiego con lo Stato o altro ente pubblico, contenuto invece nella norma previgente, sia nella presenza della locuzione “a qualunque titolo” contenuta nella disposizione vigente.
  • Il servizio pubblico ha natura funzionale ed oggettiva, nel senso che è tale quello che realizzi direttamente finalità pubbliche.
  • La ricezione di somme a titolo di pagamento di valori di bollo ha dunque determinato in capo all’imputata il possesso di denaro in ragione del servizio, e il suo omesso versamento ha certamente integrato, di conseguenza, un peculato (in relazione ai titolari di tabaccheria delegati alla emissioni di contrassegni di valori di bollo, la SC ha chiarito che essi “vanno considerati incaricati di pubblico servizio poiché, per le incombenze loro affidate, subentrano nella posizione della P.A. e svolgono mansioni che ineriscono al corretto e puntuale svolgimento della riscossione medesima” Cass. Sez. VI, 11.6.13 n. 28974; Cass. Sez. II. 22.3.11 n. 17109).
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  • la sussistenza dell’indebita appropriazione non può essere desunta dall’importo “eccessivo” delle spese di rappresentanza di cui l’avente diritto ha chiesto il rimborso, allorquando la tipologia e l’importo delle spese siano stati prospettati all’ente chiamato al rimborso in maniera trasparente, senza che vi siano state condotte volte ad occultare od impedire il controllo sulla congruità delle stesse. (In motivazione, la Corte ha precisato che il rimborso di una spesa eccessiva può, al più, dar luogo a responsabilità contabile, senza che per ciò solo risulti configurato il reato di peculato).

    Il delitto di peculato per omesso versamento, da parte dal concessionario del servizio di ricevitoria del lotto, delle giocate riscosse per conto dell’Azienda Autonoma Monopoli di Stato si consuma allo spirare del termine indicato nella intimazione che l’amministrazione è tenuta ad inviare, realizzandosi in tale momento la certa interversione del titolo del possesso. (In motivazione, la Corte ha precisato che detto delitto di peculato si pone in rapporto di progressione criminosa con il diverso reato, conseguentemente assorbito, di cui all’art.8 della legge 19 aprile 1990, n.85, che si configura nel caso di iniziale ritardo del versamento oltre il termine di giovedì della settimana successiva a quella della raccolta delle giocate).

    la minima entità del danno patrimoniale arrecato alla pubblica amministrazione non esclude la configurabilità del reato, poiché l’atto appropriativo integra di per sè la condotta tipica, mentre, nel caso di peculato d’uso, la destinazione solo momentanea del bene a finalità diverse da quelle pubblicistiche richiede anche l’idoneità della condotta a determinare una apprezzabile lesione patrimoniale. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto integrato il reato di peculato a fronte dell’appropriazione da parte del pubblico agente di un quantitativo minimo di carburante).

    Risponde del reato di peculato e non di furto aggravato

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     il cassiere dell’ufficio postale che, mediante l’utilizzo indebito dei codici di accesso al servizio on-line, si appropri del denaro versato sul libretto di deposito. (In motivazione la Corte ha precisato che la proprietà delle somme depositate dal titolare del libretto spetta all’istituto di credito, ai sensi dell’art.1834 cod.civ., mentre il depositante ha solo il diritto alla restituzione).

    Integra il reato di peculato e non quello di indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato la condotta del consigliere regionale che utilizza, per finalità estranee all’esercizio del mandato, fondi pubblici assegnati al proprio gruppo consiliare, dal momento che il predetto, avendo la giuridica disponibilità di tali fondi, senza necessità di compiere alcuna attività per conseguirla, se ne appropria illecitamente con il mero ordine di spesa. (Fattispecie relativa all’erogazione di contributi ai gruppi consiliari della Regione Lombardia sulla base della legge regionale n. 17 del 7 maggio 1992, che prevede la presentazione, da parte dei consiglieri, di documentazione giustificativa della spesa già sostenuta e riserva ai presidenti dei gruppi consiliari la sola rendicontazione annuale).

    Il dipendente in servizio presso un ufficio postale che svolge attività di tipo bancario/finanziario (cosiddetto “bancoposta”) non riveste la qualità di persona incaricata di pubblico servizio, in quanto le relative attività sono chiaramente distinte dai servizi postali, sia perché disciplinate da differenti e specifiche normative di settore, sia perché separate dal punto di vista organizzativo e contabile, sicché l’appropriazione di somme di denaro dei clienti commessa con abuso del ruolo integra il reato di appropriazione indebita e non quello di peculato. (La Corte ha espresso il suddetto principio in relazione all’appropriazione di somme pagate tramite bollettino postale alla società Postel s.p.a., come rata di un finanziamento).

    Integra il reato di cui all’art. 314 cod. pen. la condotta del pubblico agente che consenta a terzi l’utilizzo di un bene pubblico per finalità personali qualora ciò determini una lesione dell’interesse al buon andamento della P.A., anche se la condotta non ha determinato alcun danno patrimoniale per l’ente. (Fattispecie relativa alla consegna a terzi di un lameggiante blu in uso alle autovetture dell’autorità giudiziaria, in tal modo consentendo ad un soggetto non autorizzato l’impiego di un dispositivo finalizzato ad identificare i mezzi impiegati in pubblici servizi) .

    Non è configurabile il reato di peculato nell’uso episodico ed occasionale di un’autovettura di servizio, quando la condotta abusiva non abbia leso la funzionalità della pubblica amministrazione e non abbia causato un danno patrimoniale apprezzabile. (Fattispecie in cui la Corte ha annullato senza rinvio la sentenza di condanna di un appartenente alla polizia di Stato che aveva utilizzato la vettura di servizio per accompagnare un amico, essendosi l’uso indebito del mezzo protratto per circa mezz’ora senza l’abbandono del percorso prestabilito per la sorveglianza di obiettivi sensibili).

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