Titolare conto corrente – Decesso – Delegati – Esecuzione di operazioni bancarie in danno dell’unico erede legittimo

Titolare conto corrente – Decesso – Delegati – Esecuzione di operazioni bancarie in danno dell’unico erede legittimo

AVVOCATO ESPERTO BOLOGNA VICENZA MILANO VENEZIA TREVISO ROVIGO PADOVA  SEDE BOLOGNA  051 6447838 

 

Tribunale|Milano|Sezione 6|Civile|Sentenza|4 giugno 2015| n. 6955

Risarcimento danni – Titolare conto corrente – Decesso – Delegati – Esecuzione di operazioni bancarie in danno dell’unico erede legittimo – Risarcimento

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE ORDINARIO DI MILANO

SESTA SEZIONE CIVILE

Il Tribunale, nella persona del giudice dott. Antonio S. Stefani, ha pronunciato ex art. 281 – sexies c.p.c. la seguente

SENTENZA

nella causa civile di I grado iscritta al n. r.g. 79999/2013 promossa da:

CA.MA. (…), con il patrocinio dell’avv. CA.MA., domiciliato in VIA (…) 20155 MILANO

– parte attrice –

contro:

IN.SA. S.p.A. (…), con il patrocinio dell’avv. PI.VI., domiciliato in VIA (…) 20121 MILANO

– parte convenuta –

e con la chiamata in causa di:

Li.Ad., Li.Ir. E Pi.Br., con il patrocinio dell’avv. An.Ma.

parte terza chiamata

CONCISA ESPOSIZIONE DEI MOTIVI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE

  1. Parte attrice, Ca.Ma., ha chiesto di condannare IN.SA. S.p.A. al risarcimento del danno subito per aver permesso a Li.Ad., Li.Ir. e Pi.Br., di effettuare dei prelievi e in data 29/4/2008 disporre la chiusura del conto corrente n. (…) e del deposito amministrato n. (…), intestati a Pi.Gi., all’epoca in essere presso la filiale di Cesano Maderno della predetta Banca.

Secondo la ricostruzione dei fatti operata da parte attrice, l’istituto di credito avrebbe permesso a Li.Ad., anche per conto di Li.Ir. e Pi.Br., di disporre del denaro e dei titoli presenti sui conti intestati a Gi.Pi., in virtù di deleghe invalide e comunque in assenza di potere in occasione della chiusura dei rapporti, attesa la morte di Gi.Pi., intervenuta due giorni prima (v. dichiarazione di successione, doc. 1 att.).

L’unico erede di Pi.Gi. è – circostanza pacifica – lo stesso Ma.Ca., quale erede testamentario di BI.An., deceduta il 27/3/2009, a sua volta unica erede legittima di PI. Conseguentemente, alla data del 29/4/2008 le somme prelevate dai terzi chiamati presso la Banca erano, in realtà, già di spettanza dell’attore. Questi prelievi indebiti avrebbero comportato per CA. un danno patrimoniale al verificarsi del quale avrebbe concorso anche la condotta tenuta dalla Banca connotata, a dire dell’attore, da colpa grave.

  1. I terzi chiamati hanno allegato e documentato che fra gli stessi e Mario Ca. è intervenuto, nel marzo 2011, un accordo transattivo atto a comporre una controversia instaurata nei loro confronti dall’odierno attore e avente ad oggetto “le operazioni bancarie eseguite da Li.Ad., Li.Ir. e Pi.Br. in qualità di delegati di Pi.Gi. mi rapporti di quest’ultimo con la Ba.In. ora SA.” (v. pagg.7 e 8 docc. di parte chiamata, senza numero).

Sia la parte terza chiamata che parte convenuta hanno dichiarato di volersi avvalere di detta transazione ai fini della presente causa, ai sensi e per gli effetti dell’art. 1304 c.c. E’ pacifico, altresì, che seguito di detto accordo, l’attore ha già ricevuto in via transattiva dai terzi chiamati la somma di Euro 130.000,00 per le operazioni bancarie di cui sopra “a tacitazione, transazione e stralcio di ogni pretesa derivante dalla sua qualità di erede testamentario di Bi.An. e della sua successione legittima di Pi.Gi. a quest’ultima premorto”.

  1. In riferimento a ciò, parte attrice ha tuttavia contestato la qualifica della Banca quale debitore solidale con i terzi chiamati ed ha dunque contestato la possibilità per la stessa di avvalersi della citata transazione. In particolare, secondo parte attrice, oggetto della presente controversia sarebbe un’obbligazione del tutto diversa da quella dedotta nel contratto transattivo, del quale peraltro la Banca non è parte. Tale difesa non è però condivisibile.

Il danno provocato a Ca.Ma. dai terzi chiamati è il medesimo che la Banca avrebbe concorso a provocare, a dire dell’attore, con la propria condotta connotata da grave colpa nell’aver permesso ai terzi di operare sui predetti rapporti.

E’ lo stesso attore che a pag. 2 della propria memoria n. 1 ex art. 183, sesto comma, c.p.c. circoscrive il motivo del contendere nell’aver la Banca consentito “operazioni che hanno depauperato il patrimonio del dante causa dell’attore, che ne è l’erede”. In punto di fatto, le operazioni che hanno depauperato il patrimonio di Ca. sono le medesime, sia che si faccia riferimento alla condotta tenuta dai terzi chiamati, sia che si faccia riferimento alla condotta tenuta dalla Banca, di modo che In.Sa., Li.Ad., Li.Ir. e Pi.Br. non possono che porsi all’interno di un unico rapporto di coobbligazione solidale.

In argomento, la giurisprudenza di legittimità (v. Cass. 7618/2010) ha espressamente statuito che “quando un medesimo danno è provocato da più soggetti, per inadempimenti di contratti diversi, intercorsi rispettivamente tra ciascuno di essi e il danneggiato, tali soggetti debbono essere considerati corresponsabili in solido; (…) sia in tema di responsabilità contrattuale che di responsabilità extracontrattuale, se un unico evento dannoso è imputabile a più persone, al fine di ritenere la responsabilità di tutte nell’obbligo risarcitorio, è sufficiente, in base ai principi che regolano il nesso di causalità ed il concorso di più cause efficienti nella produzione dell’evento (dei quali, del resto, l’art. 2055 costituisce un’esplicitazione), che le azioni od omissioni di ciascuno abbiano concorso in modo efficiente a produrlo”.

In altri termini, quando il fatto generatore del danno è unico, tutti coloro che vi hanno concorso, a qualsiasi titolo, sono responsabili in solido per il risarcimento. Pertanto la volontà espressa dalla Banca di avvalersi della predetta transazione è del tutto valida ed efficace, attesa la sua qualità di debitore solidale con i terzi chiamati. L’attore ha già ricevuto integrale soddisfazione per il danno in questione, come attestato dalla transazione sottoscritta. Ne deriva che l’ulteriore domanda azionata nel presente giudizio da Ma.Ca. nei confronti della Banca deve essere dichiarata inammissibile per carenza di interesse ad agire.

Non vi è luogo, quindi, a provvedere sulla domanda di manleva svolta dalla Banca.

  1. Nel caso di specie non vi è soccombenza reciproca, né ricorrono le altri ipotesi previste nell’art.92 c.p.c.per derogare al principio della soccombenza per la liquidazione delle spese, operata in dispositivo in base ai parametri medi indicati dal d.m. 55/2014. La liquidazione tiene conto della limitata attività istruttoria e della forma orale della decisione. Il rimborso concerne anche le spese dei terzi, la cui chiamata in giudizio era giustificata alla luce dell’azione intrapresa dall’attore.

Per questi motivi il Tribunale di Milano in composizione monocratica sesta sezione civile definitivamente pronunciando, disattesa ogni altra domanda ed eccezione, così provvede:

1) dichiara inammissibile la domanda di parte attrice – CA.MA.;

2) dichiara che non vi è luogo a provvedere sulla domanda di manleva svolta da parte convenuta;

3) condanna parte attrice a rimborsare in favore di parte convenuta e di parte terza chiamata, le spese di giudizio, che liquida in Euro 6.000,00 per compensi, oltre 15% per spese generali, CPA ed IVA per ciascuna;

4) distrae il pagamento delle spese per i terzi chiamati in favore del difensore.

Sentenza resa ex articolo 281 – sexies c.p.c., pubblicata mediante lettura alle parti presenti ed allegazione al verbale.

Così deciso in Milano il 4 giugno 2015.

Depositata in Cancelleria il 4 giugno 2015.

 

Erede legittimo che agisce – Legittimario leso – Soggetto terzo

Corte d’Appello|Milano|Sezione 2|Civile|Sentenza|7 novembre 2012| n. 3543

Simulazione – Prova – Compravendita dissimulante donazione – Erede legittimo che agisce – Legittimario leso – Soggetto terzo – È tale

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE D’APPELLO DI MILANO

SEZIONE II CIVILE

Il Collegio composto da:

Luigi de Ruggiero – Presidente

Nicoletta Ongania – Consigliere

Maria Caterina Chiulli – Consigliere relatore

SENTENZA

Nella causa civile iscritta al n. 3581/07 r.g.

Promossa da:

Cr.Va. e Ru.Pa., entrambi rappresentati e difesi dall’Avv. An.Ro. del Foro di Voghera, unitamente e disgiuntamente con l’avvocato Et.Ni., presso il cui studio in Milano, sono elettivamente domiciliati;

Appellanti

Contro

Cr.Iv., rappresentato e difeso dall’avv. Pi.Go., presso il cui studio in Milano, è elettivamente domiciliato;

Appellato

Ca.Ma.

Cr.De.

Appellate contumaci

Conclusioni come da fogli allegati

MOTIVI DELLA DECISIONE

In primo grado il signor Iv.Cr. conveniva in giudizio Ma.Ca., Va.C., Pa.Ru. e De.Cr. affinché, tra l’altro, venisse dichiarata la simulazione dell’atto di compravendita di un immobile sito in Cornale, meglio specificato in atti, in quanto dissimulava una donazione, e per l’effetto che l’intero immobile rientrava nell’asse ereditario, e conseguentemente accertare la lesione in danno del legittimario Iv.Cr., disponendo la riduzione della disposizione testamentaria e delle donazioni, reintegrandolo nella sua quota.

A sostegno della propria domanda l’attore asseriva che in data 6 gennaio 2000 era deceduto il padre, An.Cr., che con testamento olografo aveva istituito come eredi universali la moglie Ma.Ca., il figlio Va.Cr. e la nipote De.Cr., negandogli così la quota di legittima.

Lamentava Iv.Cr. che in vita il de cuius aveva favorito la moglie, il figlio Va. e la nuora Pa.Ru. con donazioni dirette e indirette, lesive della sua quota di legittima.

Si costituivano in giudizio Ma.Ca., Va.Cr. e Pa.Ru., contestavano le domande dell’attore ed esperivano domanda riconvenzionale volta ad accertare la donazione da parte del de cuius della somma di lire 70 milioni, nonché la simulazione dell’atto di compravendita del 2 febbraio 1989.

Con sentenza non definitiva il Tribunale di Voghera si pronunciava, tra l’altro, dichiarando la simulazione dell’atto di compravendita dell’Immobile sito in Cornale, in quanto dissimulante una donazione, e per l’effetto dichiarava che l’intero immobile doveva rientrare nell’asse ereditario, unitamente ad altri titoli e somme in danaro contante, mentre rigettava ogni altra domanda, comprese quindi le domande riconvenzionali, rimettendo le parti in istruttoria per il prosieguo relativo alla valutazione dell’asse ereditario e alla stima del patrimonio ai fini della domanda di reintegra di legittima.

Avverso tale sentenza parziale Va.Cr. e Pa.Ru. proponevano appello immediato, chiedendo la riforma della predetta relativamente alla declaratoria di simulazione dell’atto di compravendita dell’Immobile sito in Cornale, nonché per la parte relativa al rigetto della domanda della avvenuta donazione da parte del de cuius al figlio Iv. della somma di lire 71.450.000, nonché di quella di lire 1.000.000, somme tutte da far rientrare nell’asse ereditario.

Gli appellati sostenevano che la sentenza di primo grado dovesse essere riformata in quanto i predetti avevano provato che il prezzo per l’acquisto dell’immobile era stato pagato mediante assegni bancari staccati dal compratore Va.Cr. a favore del venditore An.Cr.

Era da escludere che la provvista si fosse formata con denari del de cuius, in quanto sul punto la difesa di Iv.Cr. non aveva che portato che mere presunzioni, fatte proprie dal Tribunale.

Quanto alla domanda riconvenzionale di accertamento della donazione di lire 71.450.000, la decisione del Tribunale non risultava adeguatamente motivata posto che le parti avevano dimostrato il versamento del danaro attraverso la produzione delle matrici autentiche degli assegni.

La causa è stata assegnata in decisione alla udienza del 20/6/2012 con contestuale assegnazione dei termini per il deposito di comparse conclusionali e memorie di replica.

Preliminarmente si deve rilevare che in data 14 dicembre 2010 il procedimento davanti alla Corte d’appello veniva interrotto a seguito della morte dell’ allora procuratore dell’odierno appellato, Iv.Cr., l’avvocato Pa.Ba., ed a seguito di ciò gli appellanti provvedevano a presentare ricorso in riassunzione il 29 dicembre 2010.

Il nuovo difensore costituito, con la comparsa conclusionale, sosteneva l’intervenuta estinzione del processo per tardiva riassunzione.

Il termine per la riassunzione del processo non doveva decorrere dal giorno in cui era stata dichiarata l’interruzione, ma bensì da quello in cui il procuratore della parte appellante aveva avuto conoscenza della scomparsa dell’avvocato Ba.Pr., circostanza verificatasi all’udienza dell’8 aprile 2009, tenutasi innanzi al Tribunale di Voghera, in relazione al procedimento numero 1254/2007 pendente tra le medesime parti.

Difatti il presente procedimento nasce dall’ appello immediato sulla sentenza non definitiva nell’ambito del procedimento su indicato n. 1254/07.

La Corte di Cassazione (sentenza 3085/2010) ha sostenuto che il termine per la riassunzione deve decorrere da quello in cui una delle parti abbia avuto di tale evento conoscenza legale, non essendo sufficiente la conoscenza aliunde acquisita e che grava sulla parte che eccepisce l’intempestività della riassunzione la prova della legale conoscenza dell’evento in data anteriore al semestre precedente la riassunzione.

Nel caso di specie l’evento interruttivo che aveva colpito la persona del procuratore legale di Iv.Cr. era già emerso nel corso dell’udienza del giorno 8 aprile 2009 davanti al Tribunale di Voghera, ma la parte non era in grado di valutare se alla udienza che si sarebbe tenuta davanti alla Corte il 14/12/2010 Iv.Cr. si sarebbe già costituito con nuovo difensore cosicché nel predetto procedimento non sarebbe intervenuta alcun causa di interruzione del processo.

Pertanto sino a quella data, nella quale il decesso dell’avvocato Ba.Pr. è stato dichiarato, nessun termine per la riassunzione poteva decorrere.

Poiché la causa è poi stata riassunta con istanza depositata dalla difesa degli appellanti il 29/12/2010, il termine di cui all’art. 303 cpc è stato pienamente rispettato.

Quanto al merito, la sentenza di primo grado resiste alle censure.

Premesso che la domanda svolta dall’appellante in merito alla restituzione da parte di Iv.Cr. della somma di lire 1.000.000 costituisce domanda nuova e come tale inammissibile, l’appello relativamente alla parte in cui la sentenza di primo grado ha accolto la domanda di simulazione della compravendita dell’appartamento in Cornale, nonché il rigetto della domanda riconvenzionale tendente a far accertare la donazione della somma di lire 70.000.000 che il de cuis avrebbe versato al figlio Iv., appare destituito di valido fondamento.

Si deve condividere la motivazione del giudice di prime cure laddove rileva che la documentazione prodotta dalla difesa di Iv.Cr., e segnatamente gli estratti conto bancari intestati al de cuius An.Cr. e dalla moglie Ma.Ca. nonché le copie degli assegni circolari versati da Va.Cr., evidenziano una significativa coincidenza tra i prelevamenti in contanti effettuati da An.Cr. per consistenti importi e i versamenti immediatamente successivi effettuati con assegni circolari a nome di Va.Cr.

Sottolineava il Tribunale che la sequenza non risultava estemporanea e casuale ma si ripeteva per ben tre volte nell’arco di due mesi, con le cadenze temporali riportate nella sentenza impugnata a pagina otto.

Sulla base di tali risultanze documentali il Tribunale correttamente aveva ritenuto provato che la somma versata da Va.Cr., che doveva apparentemente costituire il corrispettivo della compravendita, in realtà è stata messa a disposizione dallo stesso de cuius che aveva costituito con cospicui versamenti la provvista per l’effettuazione delle dazioni eseguite dal figlio Va.

Si deve poi rilevare che l’erede legittimo deve essere considerato terzo ai fini della prova della simulazione, con conseguente ammissibilità senza limiti della stessa, allorquando agisca contestualmente per far dichiarare non solo la simulazione e l’accertamento della donazione, ma anche la sua qualità di legittimario leso dall’atto dissimulato.

Pertanto correttamente il giudice di primo grado ha ritenuto che l’atto di compravendita datato 18 ottobre 1999 concreti in realtà una donazione sulla quale legittimamente Iv.Cr. ha esplicato azione di riduzione per la reintegra della propria quota ereditaria.

La sentenza di primo grado deve essere confermata anche per quanto riguarda il rigetto della domanda riconvenzionale di accertamento della avvenuta donazione da parte del padre in favore di Iv.Cr. della somma di lire 71.450.000.

Infatti per un verso si deve rilevare come la difesa di Iv.Cr. abbia sin dal primo atto successivo alla costituzione dei convenuti in primo grado contestato l’autenticità della grafia del de cuius, sostenendo che le matrici degli assegni con i quali sarebbero stati consegnati gli importi contestati potrebbero essere state compilate da chiunque, anche in funzione strumentale rispetto al giudizio di prime cure.

Per altro verso si deve condividere la motivazione della sentenza impugnata laddove rileva che si tratta documenti unilateralmente predisposti, anche qualora fossero stati effettivamente compilati dal de cuius, privi di efficacia probatoria quanto all’effettiva consegna dei titoli corrispondenti, nonché dell’effettivo incasso degli stessi da parte del fratello Iv.

D’altro canto la produzione di tali matrici, sulle quali bisogna ribadire come sin dalle prime difese l’attuale appellato abbia contestato l’autenticità della grafia, poteva al più costituire un elemento indiziario della supposta donazione in favore di Iv. qualora supportata da altri riscontri probatori che non sono stati offerti dalla parte che richiedeva l’accertamento della donazione delle predette somme.

La sentenza di primo grado quindi deve essere confermata anche sul punto del rigetto della domanda riconvenzionale tendente a far accertare la donazione degli importi di cui sopra si è detto in favore di Iv.Cr.

La condanna alle spese segue la soccombenza in applicazione del disposto dell’art. 91 cpc, in riferimento al presente grado di giudizio.

Le stesse sulla base dei parametri indicati dal DM 140/12 in vigore nonché della natura e della relativa complessità della controversia vengono liquidate come da dispositivo quanto ai compensi professionali.

Non vengono riconosciute voci di spesa in quanto né richieste né documentate.

P.Q.M.

La Corte, definitivamente pronunciando nel contraddittorio fra le parti, ogni contraria istanza, domanda, eccezione disattesa, così decide:

Rigetta l’appello e per l’effetto conferma integralmente la sentenza non definitiva n. 279/07 del Tribunale di Voghera.

Condanna parte appellante alla rifusione delle spese di lite sostenute da parte appellata, che si liquidano per il presente grado in euro 10.000 per compensi professionali, oltre ad Iva e Cpa.

Così deciso in Milano, in Camera di Consiglio il 2 ottobre 2012.

Depositata in Cancelleria il 7 novembre 2012.

Corte di Cassazione|Sezione 6 3|Civile|Ordinanza|15 ottobre 2018| n. 25635

Polizza vitalizia – Successione ereditaria – Designazione dei beneficiari mediante il riferimento alla categoria degli eredi legittimi o testamentari – Applicazione delle regole sulla successione ereditaria – Esclusione

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere

Dott. POSITANO Gabriele – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 4085/2017 proposto da:

(OMISSIS) SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

(OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS);

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 170/2016 della CORTE D’APPELLO di TRENTO SEZIONE DISTACCATA DI BOLZANO, depositata il 10/12/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 27/06/2018 dal Consigliere Dott. GABRIELE POSITANO.

FATTO E DIRITTO

Rilevato che:

con atto di citazione del 30 gennaio 2014 (OMISSIS) evocava in giudizio, davanti al Tribunale di Bolzano la societa’ (OMISSIS) S.p.A. chiedendo dichiararsi il proprio diritto, quale erede universale di (OMISSIS) e, comunque, a qualsiasi titolo, alle prestazioni derivanti dalla polizza assicurativa. Deduceva che in data 3 giugno 2004 la (OMISSIS) aveva stipulato con (OMISSIS) S.p.A. un contratto di assicurazione sulla vita per il capitale di Euro 35.000 nel quale venivano indicati quali beneficiari gli “eredi legittimi”. A causa del successivo decesso della contraente, si apprendeva della stesura di un testamento olografo, nel quale (OMISSIS) veniva designata erede

universale dell’assicurata, senza alcun riferimento all’esistenza

dell’assicurazione sulla vita sottoscritta dalla de cuius. Si costituiva (OMISSIS) S.p.A. chiedendo il rigetto della domanda;

il Tribunale di Bolzano con sentenza del 15 aprile 2015 accoglieva le domande condannando la compagnia al pagamento della somma di Euro 50.000 corrispondente al capitale investito oltre rivalutazione e interessi. Il primo giudice riteneva che l’attrice, quale erede universale della assicurata, istituita con testamento olografo del 30 agosto 2010, integrasse la qualita’ di un unico “erede legittimo” indicato nella polizza quale beneficiario;

con atto di citazione del 27 luglio 2015 la Compagnia impugnava la decisione del Tribunale rilevando che il diritto del beneficiario aveva natura contrattuale e non successoria e che l’istituzione di (OMISSIS) quale erede testamentario non attribuiva alla stessa il diritto alla corresponsione della somma, in quanto tale importo non rientrava nell’asse ereditario. Si costituiva l’appellata contestando i motivi di impugnazione;

la Corte d’Appello di Trento, Sezione Distaccata di Bolzano, con sentenza del 10 dicembre 2016 rigettava l’appello proposto da (OMISSIS) S.p.A. con condanna al pagamento delle spese di lite;

avverso tale decisione propone ricorso per cassazione (OMISSIS) S.p.A. affidandosi ad un motivo che illustra con memoria ex articolo 380 bis c.p.c..

esiste con controricorso (OMISSIS).

Considerato che:

(OMISSIS) S.p.A. lamenta la violazione degli articoli 1362, 1363, 1367, 1920 e 1921 c.c., rilevando che la Corte aveva errato nell’applicazione dei criteri ermeneutici contrattuali. In particolare, l’interpretazione del contratto avrebbe dovuto imporre la corretta applicazione delle norme in tema di assicurazione (articoli 1920 e 1921 c.c.) secondo cui la disciplina in tema di assicurazione a favore del terzo si applica a quella sulla vita, per cui il diritto del beneficiario alla prestazione dell’assicuratore trova fondamento nel contratto, con la conseguenza che diverrebbe irrilevante la successiva istituzione, quale erede universale, di (OMISSIS) la cui differente qualifica (da terza estranea, a erede universale), non sposterebbe l’individuazione contrattuale dei beneficiari, nelle persone degli eredi legittimi. La volonta’ contrattuale della assicurata (OMISSIS) sarebbe chiara nell’individuazione dei beneficiari negli eredi legittimi. Al contrario non vi sarebbe alcuna revoca di tale indicazione nel testamento olografo, che non menziona la polizza. Pertanto, vi era stata una violazione degli articoli 1362 e seguenti c.c. perche’ la Corte territoriale aveva equiparato la revoca delle precedenti disposizioni testamentarie, alla revoca della individuazione del beneficiario del contratto di assicurazione. In ogni caso, non ricorrerebbe una revoca esplicita la quale, ai sensi dell’articolo 1921 c.c., deve essere contenuta in una successiva dichiarazione scritta contrattuale o nel testamento. Secondo la Corte territoriale, invece, l’istituzione di un erede testamentario universale integrerebbe la revoca della precedente designazione del beneficiario nella persona degli eredi legittimi;

Osserva il collegio che la Corte d’Appello di Trento, Sezione Distaccata di Bolzano, adotta una doppia e autonoma motivazione. In primo luogo e in maniera piu’ diffusa (pagine 5, 6 e 7 della sentenza) richiama l’orientamento tradizionale della giurisprudenza di legittimita’ per evidenziare che il termine “eredi legittimi” utilizzato dall’assicurata, assumeva la sola funzione di individuare la categoria delle persone beneficiarie dell’indennizzo, i quali acquistano certamente iure proprio il diritto, con la precisazione che la concreta individuazione del beneficiario che potra’ pretendere la liquidazione dell’indennizzo, rimane ignota sino alla data del decesso dell’assicurata. Con seconda ed autonoma motivazione rileva (pagina 8) che l’articolo 1921 c.c., consente all’assicurato di revocare la designazione del beneficiario attraverso il testamento;

sia la prima, che la seconda motivazione sono errate. Quanto alla prima, secondo la Corte territoriale, in sostanza, il riferimento alla categoria degli eredi non consente di distinguere tra quelli testamentari o legittimi, poiche’ costituisce un semplice criterio per la concreta, ma futura, individuazione dei beneficiari. Pertanto, nel momento in cui l’assicurata opta per la successione testamentaria, quel criterio di individuazione consente di escludere la categoria degli eredi legittimi, incompatibile con la presenza di un testamento e individua l’unica erede testamentaria, nell’odierna controricorrente;

tale impostazione e’ contraria ai principi affermati da questa Corte in materia. Nel contratto di assicurazione per il caso di morte, il beneficiario designato acquista, ai sensi dell’articolo 1920 c.c., comma 3, un diritto proprio che trova la sua fonte nel contratto e che non entra a far parte del patrimonio ereditario del soggetto stipulante e non puo’, quindi, essere oggetto delle sue (eventuali) disposizioni testamentarie ne’ di devoluzione agli eredi secondo le regole della successione legittima; sicche’ la designazione dei terzi beneficiari del contratto, mediante il riferimento alla categoria degli eredi legittimi o testamentari, non vale ad assoggettare il rapporto alle regole della successione ereditaria, trattandosi di una mera indicazione del criterio per la individuazione dei beneficiari medesimi in funzione della loro astratta appartenenza alla categoria dei successori indicata nel contratto, in modo che qualora i beneficiari siano individuati, come nella specie, negli eredi legittimi, gli stessi sono da identificarsi con coloro che, in linea teorica e con riferimento alla qualita’ esistente al momento della morte dello stipulante, siano i successibili per legge, indipendentemente dalla loro effettiva chiamata all’eredita’ (Cass. Sez. 2 n. 26606 del 21/12/2016 e Cass. n. 9388 del 1994 Rv. 488508 – 01, Cass. n. 6531 del 2006 Rv. 594102);

nel momento in cui l’assicurato individua il beneficiario, questi acquista un diritto iure proprio (giurisprudenza costante), ma nello stesso tempo la liquidazione dell’indennizzo da parte dell’assicuratore non fara’ piu’ parte del patrimonio dell’assicurato, al momento della morte di questi. Residua in capo all’assicurato un unico potere, quello previsto dall’articolo 1921 c.c., di revocare la designazione del beneficiario. Ma la designazione del beneficiario non si realizza attraverso la modificazione della generica categoria degli eredi legittimi, ma attraverso una specifica individuazione di un nuovo soggetto beneficiario. Quest’ultimo, infatti, acquista un diritto iure proprio del tutto autonomo rispetto alle vicende successorie. La polizza e’ un contratto a favore del terzo, dal quale deriva il diritto del beneficiario al pagamento dell’indennita’; la designazione puo’ essere compiuta con il contratto o con il testamento; nella specie la designazione a favore degli eredi legittimi contenuta in contratto era una modalita’ per individuare i beneficiari fra i quali andava divisa l’indennita’ prevista nel contratto, restando esclusa l’applicabilita’ delle norme sulla successione ereditaria; la revoca deve avvenire nelle stesse forme della designazione; nella specie il testamento non contiene pacificamente alcuna revoca;

la questione risolutiva concerne la interpretazione della clausola apposta nel contratto di assicurazione in caso di morte dell’assicurata, laddove individua i beneficiari negli eredi legittimi. Escluso, come si e’ detto, che l’attribuzione del diritto avvenga in applicazione e per effetto della disciplina che regola la successione ereditaria, il riferimento contenuto in tale clausola alla qualita’ di eredi (legittimi) integra un criterio di determinazione per relationem dei beneficiari in funzione della loro appartenenza alla categoria dei successori indicata nel contratto, non incidendo sulla fonte del diritto (che, come si e’ detto, e’ l’atto inter vivos). Peraltro, la individuazione dei soggetti designati – seppure va compiuta necessariamente al momento della morte dell’assicurato – non postula che i medesimi si identifichino, come invece sostenuto in sentenza, con coloro che siano effettivamente chiamati all’eredita’: nell’ipotesi in cui siano individuati con riferimento alla categoria degli eredi legittimi, gli stessi sono da identificarsi con coloro che in astratto, seppure con riferimento alla qualita’ esistente al momento della morte, siano i successibili per legge, e cio’ indipendentemente dalla effettiva vocazione e anche se poi interviene una successione testamentaria;

questa Corte ha precisato che quando la designazione sia avvenuta con il contratto di assicurazione, che e’ stato stipulato in epoca anteriore alla redazione del testamento, la volonta’ negoziale va correttamente interpretata, ritenendo che i beneficiari dovessero identificarsi negli eredi ab intestato, cosi’ da escludere rilevanza alla successiva istituzione testamentaria dell’attrice (odierna ricorrente), quale erede universale: infatti, “deve negarsi che, in difetto di alcun riferimento alla designazione formulata nel contratto, tale disposizione testamentaria possa di per se sola integrare univoca manifestazione di volonta’ di revoca, anche tacita, della (ovvero che sia incompatibile con la) designazione avvenuta nel contratto di assicurazione”, atteso che, per quel che si e’ detto, il diritto azionato dall’attrice trova fonte nel contratto di assicurazione stipulato dal(la) de cuius a favore dei terzi ivi indicati e pertanto, al momento della morte dell’assicurata, non rientra nel patrimonio ereditario;

sulla base di quanto precede la prima motivazione della sentenza della Corte di Trento e’ errata, perche’ fondata sulla rilevanza della successiva istituzione testamentaria dell’attrice quale erede universale;

con la seconda motivazione (pagina 8) la Corte territoriale rileva che l’articolo 1921 c.c., consente all’assicurato di revocare la designazione del beneficiario attraverso il testamento e osserva che la redazione di un testamento successivo alla stipula del contratto di assicurazione con istituzione di un erede assume “chiara valenza di revoca dell’originario beneficiario, individuato negli “eredi legittimi”;

anche questa seconda motivazione e’ in contrasto con il citato orientamento secondo cui “in difetto di alcun riferimento alla designazione formulata nel contratto, tale disposizione testamentaria possa di per se sola integrare univoca manifestazione di volonta’ di revoca”;

e’ evidente che la volonta’ dell’assicurato e’ quella di beneficiare chi le e’ stato vicino, ma tale parametro riguarda la volonta’ del testatore, piu’ che quella del contraente, rispetto alla quale operano i principi affermati dalla giurisprudenza sopra indicata, secondo cui, una cosa e’ il contratto di assicurazione per la vita, altra cosa e’ la regola della successione legittima e testamentaria. L’articolo 1920 c.c., consente di legare i due ambiti, prevedendo che la revoca della indicazione del beneficiario possa essere fatta con successiva dichiarazione scritta, cioe’ negoziale, o per testamento. Nell’ipotesi in esame non vi e’ una revoca esplicita, essendo pacifico e sufficientemente allegato che il testamento non tratta dell’assicurazione sulla vita e la motivazione della Corte e’ esclusivamente sostanziale (pagina 8) laddove si limita a precisare che una delle forme di revoca della designazione del beneficiario e’ il testamento (ma la dichiarazione di revoca va interpretata con i criteri stabiliti dall’articolo 1362 e seguenti c.c. e non con le norme in tema di successione testamentaria, con il favor testamenti). Pertanto, c’e’ un salto logico laddove la Corte afferma che “la stessa redazione di un testamento successivo alla stipula del contratto di assicurazione, che contenga l’istituzione di erede, assume chiara valenza di revoca dell’originario beneficiario, individuato negli “eredi legittimi”. In sostanza la Corte non interpreta il contenuto del testamento, per individuare una implicita dichiarazione di revoca della designazione del beneficiario, ma erroneamente considera il fatto storico dell’esistenza in se’ di un testamento, che quindi sostituisce la categoria degli eredi legittimi, con quella degli eredi testamentari, quale elemento che “assume chiara valenza di revoca”;

ne consegue che il ricorso per cassazione deve essere accolto; la sentenza va cassata con rinvio, atteso che la decisione impugnata non ha osservato i principi sopra illustrati in materia di interpretazione negoziale. Ad essi dovra’ evidentemente attenersi il giudice di rinvio.

P.T.M.

La Corte accoglie il ricorso;

cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa, anche per le spese del presente giudizio di legittimita’, alla Corte d’Appello di Trento, Sezione Distaccata di Bolzano, in diversa composizione.

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