SUCCESSIONI TESTAMENTO TRIB RAVENNA VALIDITA’ DEL TESTAMENTO

SUCCESSIONI TESTAMENTO TRIB RAVENNA

VALIDITA’ DEL TESTAMENTO

  • Deve in primo luogo rilevarsi la validità delle disposizioni testamentarie invocate dall’attore, nonostante l’indeterminatezza dei beneficiari delle medesime, in quanto gli stessi appaiono individuabili in base a criteri oggettivi stabiliti dalla testatrice, sia pure facendo riferimento a situazioni future rispetto all’epoca della redazione del testamento.

  • Va ricordato che la giurisprudenza ha qualificato come disposizione testamentaria a titolo universale l’attribuzione di tutti i beni residui, dei quali il testatore non abbia già disposto a titolo particolare (v. Cass. 26/5/1989 n. 2556).
  • Le domande del X vanno pertanto rigettate, mentre deve trovare accoglimento la domanda riconvenzionale delle L.A. diretta a far dichiarare la devoluzione a loro favore dell’eredità di L. R., comprensiva dei due appartamenti di Lido Adriano.
AVVOCATO-ESPERTO
  • In questo senso si è pronunciata la Suprema Corte con riferimento ad una disposizione testamentaria analoga a quelle in esame (“lascio tutto quel che possiedo a chi mi curerà”), cassando la sentenza impugnata secondo la quale detta disposizione non forniva parametri utili all’individuazione del soggetto beneficiario, e doveva pertanto ritenersi nulla a norma dell’art. 628 c.c., stante l’assoluta incertezza se attribuire la qualifica di erede a chi avrebbe garantito un’assistenza materiale non specialistica, a casa o in un centro ospedaliero, o al medico curante o a chi avrebbe assicurato sostegno morale o spirituale.
  • Secondo la Suprema Corte, infatti, “tale convincimento non può essere condiviso in quanto frutto di una valutazione astratta della disposizione della testatrice che ha precluso in radice di accertare la possibilità di identificare il beneficiario (o i beneficiari) della disposizione stessa. Invero il riferimento della C. a “chi mi curerà” consente di affermare che ella ha inteso richiamarsi, quanto a detta identificazione, non alla situazione in essere all’atto della redazione del testamento in oggetto, bensì a quella che si sarebbe via via realizzata fino alla sua morte in evidente relazione alle sue future esigenze di assistenza, cosicché il criterio indicato, ai fini di poter verificare se esso fornisse univoci dati oggettivi per la determinazione del beneficiario, avrebbe dovuto essere applicato con specifico riferimento alla situazione esistente al momento dell’apertura della successione (vedi in tal senso Cass. 8-2-1962 n. 2629); in altri termini, poiché la volontà del testatore ai sensi dell’art. 628 c.c., deve essere almeno determinabile, è possibile che il “de cuius” faccia riferimento ad una delineata futura situazione di fatto dalla cui realizzazione emerga in termini inequivocabili l’individuazione del soggetto beneficiario (anche qualora si tratti di persona neppure conosciuta dal testatore), come appunto nella fattispecie, dove occorre verificare la sussistenza o meno di persone che si siano prese cura della C. dall’epoca di redazione del testamento fino alla sua morte” (Cass. 03/03/2011 n. 5131).
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE DI RAVENNA
in composizione monocratica, nella persona del Giudice dott. Massimo Vicini, ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile di I Grado iscritta al n. R.G. 4030/2018 promossa
da:
X con il patrocinio dell’avv. TOMASI MARCO,
elettivamente domiciliato in VIA C. 44022 COMACCHIO (FE) presso il difensore avv. TOMASI MARCO
ATTORE
contro
L.A. con il patrocinio dell’avv. PALMIERI LUCA,
elettivamente domiciliata in PIAZZA F. T. 48022 LUGO (RA) presso il difensore avv. PALMIERI LUCA E.A. con il patrocinio dell’avv. PALMIERI LUCA, elettivamente domiciliata in PIAZZA F. T. 48022 LUGO (RA) presso il difensore avv. PALMIERI LUCA
CONVENUTE
CONCLUSIONI
Le parti hanno concluso come da fogli allegati al verbale d’udienza di precisazione delle conclusioni.
MOTIVI DELLA DECISIONE
X, qualificandosi come successore testamentario della defunta L. R. (deceduta in data ..), ha promosso il presente giudizio nei confronti di L.A. ed E.A., nipoti della R., per fare accertare nei loro confronti la propria qualità di proprietario delle unità immobiliari site in Lido Adriano (RA), Via G., appartenute alla defunta e possedute dalle convenute, e per sentir condannare queste ultime a lasciare immediatamente detti beni liberi da persone e cose nella piena disponibilità dell’attore.
Le domande attoree si fondano su un testamento olografo della defunta L. R. datato 19/11/2014, pubblicato in data 13/12/2017, e precisamente su due disposizioni in esso contenute, del seguente tenore:
“a chi si occuperà, quotidianamente, in questo luogo, del mio Gatto Romeo (alimentandolo col cibo urinary ed obesity) lascio l’appartamento al civico 55 di via G. a Lido Adriano (Ra).
A chi si sarà occupato, fino alla fine, della mia persona, l’appartamento al civico 53 di via G. a Lido Adriano (Ra), lasciando prelevare dal medesimo, alla mia amica M. T. di San Giovanni Persiceto (Bo) oggetti, libri, gioielli (in cassaforte) che saranno di suo gradimento”.
Il X sostiene infatti di avere conosciuto la R. nella primavera del 2015 tramite un’agenzia matrimoniale, e di avere intrapreso con lei una relazione sentimentale ininterrotta, durata fino al decesso della compagna, rimanendole vicino più di ogni altra persona e rappresentando per lei una comunione di vita materiale e spirituale; afferma inoltre di avere manifestato la volontà di prendersi cura del gatto Romeo nel luogo indicato nel testamento, ma di non aver potuto attuare tale volontà perché l’animale, già nell’immediatezza del decesso della R., venne allontanato dall’abitazione di Lido Adriano ove avrebbe dovuto essere accudito.
Le L.A., ritualmente costituitesi in giudizio, contestano la fondatezza delle domande attoree, esponendo che:
– alla morte della R. L. provvide a prelevare il gatto Romeo e a portarlo presso la propria abitazione in Bologna, dove l’animale è stato ed è tuttora accudito in modo da assicurargli affetto e benessere materiale, conformemente alla volontà testamentaria della de cuius;
– il X, residente a Lugo, non ha chiarito con quali modalità avrebbe voluto prendersi cura del predetto felino presso l’immobile di Lido Adriano;
– il X non si era occupato della R. fino alla fine, avendo intrattenuto con lei solo una relazione di amicizia, non continuativa e sicuramente terminata almeno sei mesi prima del decesso della donna;
– il testamento della R. individuava come eredi L. ed E.A. nel caso in cui nessuno si fosse occupato della testatrice fino al suo ultimo giorno di vita.
Le convenute chiedono pertanto di essere dichiarate, previo rigetto delle domande attoree, uniche destinatarie della volontà della de cuius.
Esaminati gli atti e i documenti prodotti, il Tribunale osserva quanto segue.
Il testamento olografo datato 19/11/2014, sul quale si fondano le domande attoree (doc. 2 allegato all’atto di citazione), contiene le seguenti disposizioni, oltre a quelle sopra riportate:
“Io sottoscritta R. L., nata il .. a San Giovanni in Persiceto (Bo) e residente in Ravenna, via G., con la presente, annullo ogni mio precedente testamento.
Nomino come esecutrici testamentarie Lorena ed Elena L.A. residenti a Bologna.
A loro divisi in parti uguali destino i soldi rimasti dopo aver eseguito le mie volontà.
A mio cognato G.A. euro quindicimila per la mia cremazione e sistemazione nella tomba di mia madre L. R. nel cimitero di Anzola dell’Emilia (Bo).
Dispongo che la proprietà di via L. in Anzola, venga venduta e sia estinto il mutuo in essere sul 55 di Via G.
Tutti sono da considerarsi eredi ed il rimanente va alle esecutrici”.
Deve in primo luogo rilevarsi la validità delle disposizioni testamentarie invocate dall’attore, nonostante l’indeterminatezza dei beneficiari delle medesime, in quanto gli stessi appaiono individuabili in base a criteri oggettivi stabiliti dalla testatrice, sia pure facendo riferimento a situazioni future rispetto all’epoca della redazione del testamento.
In questo senso si è pronunciata la Suprema Corte con riferimento ad una disposizione testamentaria analoga a quelle in esame (“lascio tutto quel che possiedo a chi mi curerà”), cassando la sentenza impugnata secondo la quale detta disposizione non forniva parametri utili all’individuazione del soggetto beneficiario, e doveva pertanto ritenersi nulla a norma dell’art. 628 c.c., stante l’assoluta incertezza se attribuire la qualifica di erede a chi avrebbe garantito un’assistenza materiale non specialistica, a casa o in un centro ospedaliero, o al medico curante o a chi avrebbe assicurato sostegno morale o spirituale.
Secondo la Suprema Corte, infatti, “tale convincimento non può essere condiviso in quanto frutto di una valutazione astratta della disposizione della testatrice che ha precluso in radice di accertare la possibilità di identificare il beneficiario (o i beneficiari) della disposizione stessa. Invero il riferimento della C. a “chi mi curerà” consente di affermare che ella ha inteso richiamarsi, quanto a detta identificazione, non alla situazione in essere all’atto della redazione del testamento in oggetto, bensì a quella che si sarebbe via via realizzata fino alla sua morte in evidente relazione alle sue future esigenze di assistenza, cosicché il criterio indicato, ai fini di poter verificare se esso fornisse univoci dati oggettivi per la determinazione del beneficiario, avrebbe dovuto essere applicato con specifico riferimento alla situazione esistente al momento dell’apertura della successione (vedi in tal senso Cass. 8-2-1962 n. 2629); in altri termini, poiché la volontà del testatore ai sensi dell’art. 628 c.c., deve essere almeno determinabile, è possibile che il “de cuius” faccia riferimento ad una delineata futura situazione di fatto dalla cui realizzazione emerga in termini inequivocabili l’individuazione del soggetto beneficiario (anche qualora si tratti di persona neppure conosciuta dal testatore), come appunto nella fattispecie, dove occorre verificare la sussistenza o meno di persone che si siano prese cura della C. dall’epoca di redazione del testamento fino alla sua morte” (Cass. 03/03/2011 n. 5131).
Ciò premesso, deve però rilevarsi che nessuna delle parti in causa può essere individuata come beneficiaria delle disposizioni testamentarie aventi ad oggetto specifico i due appartamenti siti in Lido Adriano.
Ciò è del tutto evidente per quanto riguarda la disposizione relativa all’appartamento posto al civico 55 di Via G., poiché dopo la morte della R. la cura quotidiana del gatto Romeo avrebbe dovuto essere prestata presso la residenza della defunta (“in questo luogo”), e ciò non risulta essere mai avvenuto, essendo stato l’animale sempre accudito da L.A. presso la propria abitazione a Bologna; né è stato chiarito dal X come e quando avrebbe manifestato la volontà di prendersi cura del felino nel luogo indicato dalla testatrice, e tanto meno con quali modalità avrebbe voluto provvedervi.
Quanto alla disposizione relativa all’altro appartamento di Lido Adriano, va osservato che non è in contestazione la circostanza che il X abbia intrattenuto una relazione sentimentale o comunque affettiva con la defunta L. R. (conosciuta nella primavera del 2015 tramite un’agenzia matrimoniale), così come è pacifico che detta relazione non è mai sfociata in un rapporto di stabile convivenza o coabitazione.
Ciò che rileva ai fini dell’individuazione del beneficiario, però, non è la semplice esistenza di una relazione con la de cuius, bensì il fatto di essersi concretamente occupato della sua persona fino al momento della sua morte, cioè di essersi preso cura di lei prestandole un’assistenza materiale e morale adeguata alle sue esigenze, certamente accresciutesi negli ultimi mesi di vita, quando la R. si è vista colpita da una grave patologia, che l’ha condotta dapprima ad un ricovero ospedaliero e poi al decesso.
E’ evidente, quindi, che grava sull’attore un preciso onere assertivo, oltre che probatorio, avente ad oggetto tempi, modi e circostanze di tale assistenza materiale e morale.
Orbene, l’esposizione contenuta a tale proposito nell’atto di citazione e nella prima memoria attorea (che costituisce il limite temporale oltre il quale l’attività assertiva deve ritenersi preclusa) appare assolutamente insufficiente, essendo costituita unicamente da affermazioni generiche, non supportate da precisi e pertinenti riferimenti fattuali (“i due hanno intrapreso una relazione sentimentale ininterrotta, che durerà fino al decesso della compagna”; “è evidente la volontà della donna di attribuire la proprietà di uno dei suoi immobili alla persona che, più di altri, le sarebbe stata vicina da lì al decesso”, persona da identificare “nella figura del compagno che, negli ultimi anni di vita, ha rappresentato per lei, certamente, una comunione di vita materiale e spirituale”; “la presunta fine della relazione è sconfessata dai documenti prodotti dalla controparte … la signora, già in condizioni gravi, manifesta la volontà di annoverare il sig. X tra le persone a lei più vicine in quel momento”).
Deve rilevarsi, in particolare, che l’attore nulla riferisce (se non con le fumose espressioni sopra riportate) circa il proprio comportamento durante il periodo di malattia della R., nemmeno per quanto riguarda la fase terminale di tale periodo, quando la de cuius, ricoverata in ospedale, aveva massima necessità di aiuto e conforto.
Ad abundantiam si osserva che appaiono del tutto insufficienti anche le prove offerte dal X a sostegno della propria tesi.
I documenti prodotti a tal fine dall’attore (un bigliettino privo di data recante la firma “L. S.”, contenente espressioni affettuose nei confronti di una persona non nominata; un dipinto privo di data raffigurante una donna ed un gatto; una lettera datata 6 marzo 2017 e recante la firma “L. R.”, indirizzata ad un amico di nome Luigi, nella quale la scrivente riferisce di un suo felice rapporto sentimentale con “una bella persona, che dipinge, fa sculture e canta”, e conclude con la frase “Saluti e baci dalla famiglia X”; un altro dipinto non datato, presumibilmente allegato alla lettera, raffigurante tre persone ed un gatto) dimostrano tutt’al più l’esistenza di un legame sentimentale-affettivo tra la R. ed il X fino al mese di marzo del 2017, >ma nulla provano relativamente all’effettiva presenza dell’attore nella vita della de cuius nei mesi successivi, e in particolare nel periodo di maggior bisogno di tale presenza.
Quanto alla prova per testi dedotta dall’attore sulla sua relazione con la R., non ammessa con l’ordinanza istruttoria del 30/11/2019, non può che ribadirsi l’inammissibilità e/o inutilità della stessa per il contenuto palesemente generico e/o ininfluente dei relativi capitoli.
Appare inammissibile, per il suo evidente carattere esplorativo, anche l’istanza di esibizione avente ad oggetto i dati relativi al traffico telefonico, in entrata e in uscita, sull’utenza in uso alla de cuius.
Vi è comunque motivo di ritenere che negli ultimi mesi prima del decesso della R. la presenza dell’odierno attore nella sua vita sia venuta del tutto a mancare, o sia risultata assolutamente marginale, considerato che:
– dalla cartella infermieristica relativa al predetto ricovero ospedaliero risulta che la R. indicò come referenti per i medici il cognato G. ed un’amica, con i relativi numeri di telefono; solo nel modulo di consenso al trattamento dei dati sensibili figura anche il nome “G.” (dopo quello del cognato), con il relativo numero di telefono (doc. 8 allegato alla comparsa di costituzione e risposta);
– prima del ricovero la R. aveva affidato la propria carta bancomat, con l’incarico di effettuare alcuni pagamenti, alla vicina di casa F. P., e non al X (doc. 10 allegato alla seconda memoria per la convenuta).
In definitiva, quindi, nessuna delle parti in causa può essere individuata come beneficiaria delle due disposizioni a favore di persone non determinate, contenute nel testamento olografo di L. R., né risulta l’esistenza di altre persone individuabili come tali, con la conseguenza che i due appartamenti oggetto di tali disposizioni devono ritenersi compresi nell’eredità devoluta alle convenute in virtù dell’ultima disposizione testamentaria (“il rimanente va alle esecutrici”), che deve intendersi come una disposizione residuale, avente ad oggetto tutti i beni non assegnati per qualsiasi ragione con le precedenti disposizioni.
Va ricordato che la giurisprudenza ha qualificato come disposizione testamentaria a titolo universale l’attribuzione di tutti i beni residui, dei quali il testatore non abbia già disposto a titolo particolare (v. Cass. 26/5/1989 n. 2556).
Le domande del X vanno pertanto rigettate, mentre deve trovare accoglimento la domanda riconvenzionale delle L.A. diretta a far dichiarare la devoluzione a loro favore dell’eredità di L. R., comprensiva dei due appartamenti di Lido Adriano.
Le spese di lite seguono la soccombenza.
Non si ravvisano i presupposti per una condanna dell’attore al risarcimento dei danni ex art. 96 c.p.c.
P.Q.M.
il Tribunale, definitivamente pronunciando sulle domande oggetto del presente giudizio, così provvede:
1) respinge le domande proposte da X nei confronti di L.A. ed E.A.;
2) accerta e dichiara che L.A. ed E.A. sono eredi testamentarie della defunta L.R., e che nell’eredità devoluta alle stesse sono compresi anche i due appartamenti siti in località Lido Adriano del Comune di Ravenna, Via G.;
3) condanna X a rifondere alle convenute le spese del presente giudizio, che liquida in € 12.000,00 per compenso professionale, oltre a rimborso forf. spese generali nella misura del 15%, I.V.A. e C.P.A.;
4) respinge la domanda di risarcimento ex art. 96 c.p.c. proposta dalle convenute.
Così deciso in Ravenna, il giorno 15/03/2021.
Il Giudice
(dott. Massimo Vicini)
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