INFORTUNIO MORTALE LAVORO DANNO

 

 

 

INFORTUNIO MORTALE LAVORO DANNO

Tenuto poi conto della necessità di capitalizzare il risarcimento, occorre moltiplicare tali somme per un coefficiente di capitalizzazione delle rendite vitalizie corrispondente, nel rapporto tra la vittima e del coniuge, all’età del più giovane tra i due, e, nel rapporto tra la vittima e ciascuno dei figli, al numero presumibile di anni per i quali si sarebbe protratto il sussidio paterno (Cass. n. 6619/2018), con esclusione in ogni caso dei coefficienti di capitalizzazione di cui al r.d. numero 1403/1922 i quali, a causa dell’innalzamento della durata media della vita e dell’abbassamento dei saggi di interesse non garantiscono l’integrale ristoro del danno, e con esso il rispetto della regola di cui all’articolo 1223 c.c. (Cass. n. 20615/2015, Cass. n. 18093/2020); a tale riguardo risultano invece legittimamente utilizzabili coefficienti di capitalizzazione di maggiore affidamento, in quanto aggiornati e scientificamente corretti, quali, ad esempio, quelli approvati con provvedimenti normativi per la capitalizzazione delle rendite previdenziali o assistenziali oppure quelli elaborati specificamente della materia del danno aquiliano (Cass. n. 10499/2017).avvocato-erede-legittimo-10

Ritiene questa Corte che i coefficienti da utilizzare ai fini che qui interessano possono essere tratti dalla tavola 7 di cui alle tabelle per il calcolo di capitali attuali delle rendite di inabilità e di quelli a favore dei superstiti dei lavoratori deceduti a causa dell’evento lesivo (Gazzetta Ufficiale del 19 dicembre 2006), che applicano, con riferimento all’età del superstite al momento dell’evento (nel caso di specie verificatosi nel 2008) per il coniuge XX (nata nel 1978) il coefficiente di 29,6328 (30 anni), per il figlio J (nato nel 2002) il coefficiente di 12,2674 (6 anni), per la figlia W (nata nel 2005) il coefficiente di 14,2829: moltiplicando la quota di reddito spettante a ciascuno per il rispettivo coefficiente si ottiene € 296,328,00 per la moglie, € 61.337,00 per il figlio J ed € 71.414,50 per la figlia W.

Al danno patrimoniale così determinato con riferimento alla data dell’evento mortale deve — per ciascuno degli attori — aggiungersi il danno non patrimoniale per la perdita del rapporto parentale, liquidato dal primo giudice in € 326.000,00 (importo non contestato sotto alcun profilo) e deve, poi, detrarsi l’importo di € 198.157,00 (incontestatamente determinato dal primo giudice per quanto ricevuto dagli attori da parte di altri responsabili e dall’assicuratore sociale INAIL): il credito risarcitorio ammonta quindi ad € 424.171,00 per la moglie, € 189.180,00 per il figlio J ed € 199.257,50 per la figlia W.

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

CORTE DI APPELLO DI BOLOGNA

SECONDA SEZIONE CIVILE

La Corte di Appello nelle persone dei seguenti magistrati:

dott. Giampiero Maria Fiore – Presidente

dott. Antonella Palumbi – Consigliere Relatore

dott. Mariacolomba Giuliano – Consigliere

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa civile in grado di appello iscritta al n. r.g. 836/2014 promossa da:

ALFA SOCIETA’ COOPERATIVA AGRICOLA (c.f. omissis), con il patrocinio dell’avv. Mauro Brighi e dell’avv. Antonio Trentin (c.f. omissis) Via San Petronio Vecchio, 4/2 Bologna;

APPELLANTE

contro

XX in proprio e per i figli minori J e W (c.f. omissis), con il patrocinio dell’avv. Andrea Fabozzo e dell’avv. Andrea Assogna (c.f. omissis) presso l’avv. Andrea Fabozzo – Via Castiglione, 24 Bologna;

APPELLATI-APPELLANTI INCIDENTALI

YY (c.f. omissis)

APPELLATO contumace

in punto a

“appello avverso sentenza n. 1016/2013 Tribunale Forlì”

CONCLUSIONI

Le parti hanno concluso come da note scritte depositate per l’udienza cartolare del 10.11.2020.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE

Con sentenza n. 1016/2013 il Tribunale di Forlì, pronunciando nella causa promossa da XX, in proprio e quale esercente la potestà sui figli minori J e W, dichiarava la responsabilità del convenuto YY, nella veste di legale rappresentante della società ‘Alfa’ Società Cooperativa Agricola, per la morte di B. S., avvenuta in data 29 giugno 2008 presso la sede della predetta società, col concorso di colpa della vittima in misura di 1/3; condannava il convenuto a pagare a titolo di risarcimento dei danni, oltre interessi legali dalla data della sentenza al saldo, € 402.562,00 a XX in proprio nonché € 178.562,00 per ciascuno dei figli minori J e W, condannava inoltre la terza chiamata ‘Alfa’ Soc. Coop Agr.la a tenere indenne il convenuto YY delle somme da questa dovute agli attori; condannava il convenuto e la terza chiamata a pagare in solido agli attori le spese del grado, compensandole invece tra il convenuto e la terza chiamata.

Riteneva il Tribunale che il convenuto, nella veste di legale rappresentante della terza chiamata ‘Alfa’ Soc. Coop Agr.la, era responsabile per la mancata adozione delle misure di prevenzione specificamente indicate dall’articolo 83 D.lgs. n. 81/2008 (avvertimento dell’esistenza nell’impianto elettrico su cui operava B. S. di parti attive non protette) nonché per la mancata predisposizione di apposito piano di lavoro attesa la natura complessa dell’intervento eseguito dal B. S., responsabilità ascrivibile, ai sensi dell’articolo 26 del citato decreto legislativo, alla società ‘Alfa’ Soc. Coop Agr.la quale committente del lavoro; che la vittima B. S., essendosi imprudentemente accostato ai terminali dell’interruttore generale rimasti attivi, aveva concorso alla causazione dell’evento mortale in misura pari a 1/3; che il pregiudizio patito dagli attori per la scomparsa del marito (XX) e del padre (J e W) aveva natura sia patrimoniale che non patrimoniale; che, avuto riguardo al reddito medio annuo di cui la vittima era titolare (€ 42.000,00), alla presumibile durata della sua attività lavorativa (34 anni), alla percentuale del reddito di cui i congiunti avrebbero goduto (1/3 alla moglie per 34 anni, 1/6 a ciascuno dei figli per 20 anni), agli importi massimi stabiliti dalle tabelle del Tribunale di Milano nel 2013 per il danno non patrimoniale da perdita del rapporto parentale, detratto quanto già ricevuto aliunde per il medesimo titolo (€ 198.157,00 per ciascuno degli attori) e tenuto conto del concorso di responsabilità della vittima pari a 1/3, a XX residuava un credito di € 402.562,00 ed a ciascuno dei figli un credito di € 178.562,00 mentre non venivano calcolati gli accessori sulle predette somme, tenuto conto, quanto al danno non patrimoniale, dell’applicazione delle tabelle relative all’epoca della sentenza e non già all’epoca del decesso e, quanto al danno patrimoniale, dell’avvenuto arrotondamento del reddito annuo della vittima; che, in assenza di contestazioni al riguardo, il convenuto aveva diritto a farsi indennizzare dalla società di cui era legale rappresentante.

Avverso questa sentenza proponeva appello ‘Alfa’ Soc. Coop Agr.la, affidato a unico motivo di impugnazione con cui denunciava l’eccessività della liquidazione del danno patrimoniale, in quanto basata sul reddito imponibile anziché sul reddito netto (detratte cioè le imposte e ritenute di legge) e senza applicare, inoltre, il correttivo del coefficiente per la costituzione delle rendite temporanee e dello scarto tra vita lavorativa e aspettativa di vita.

Si costituiva XX, in proprio e quale esercente la potestà genitoriale sui figli minori J e W, chiedendo il rigetto dell’appello e svolgendo appello incidentale avverso il riconoscimento del concorso di responsabilità a carico della vittima, statuizione di cui rilevava l’illogicità rispetto all’affermazione, pure presente in sentenza, della complessità dell’intervento eseguito da B. S., della “..difficoltà obiettiva nell’individuare le parti rimaste in tensione nonostante che il trasformatore fosse fuori servizio..”, della non abnormità e non eccezionalità della manovra eseguita in concreto dal lavoratore, della regolarità e della prevedibilità del rischio, poi effettivamente realizzatosi, mediante quelle condotte la cui omissione è stata ascritta a responsabilità del YY, nella cennata qualità di legale rappresentante ‘Alfa

Rimaneva contumace YY.

La causa veniva posta in decisione sulle conclusioni precisate dalle parti con note scritte depositate per l’udienza del 10/11/2020 trattata con le modalità di cui all’articolo 83 comma 7 lettera h, D.L. n. 18/2020, essendo scaduti all’8.2.20221 i termini per le comparse conclusionali e le memorie di replica.

***

Preliminarmente, si osserva che le deduzioni ed argomentazioni difensive svolte dall’appellante nella comparsa conclusionale risultano ammissibili solo nei limiti in cui sono dirette a contrastare l’appello incidentale (volto ad escludere il concorso di responsabilità in capo alla vittima), ma non anche ai fini del riesame dell’accertamento di responsabilità in capo ad ‘Alfa’ Soc. Coop Agr.la (di cui la difesa fa, infatti, questione), in quanto tale punto avrebbe dovuto essere oggetto di specifica censura da formularsi con l’atto d’appello, nel quale invece, come si è rilevato, viene contestata unicamente la liquidazione del danno patrimoniale (quantum), con conseguente acquiescenza riguardo all’accertamento predetto (an).

***

Quanto alle questioni che questa Corte è chiamata a riesaminare, risulta preliminare valutare in primis il motivo su cui si basa l’appello incidentale.

Il motivo è fondato.

La concorrente responsabilità attribuita alla vittima è incoerente con le premesse e la descrizione dei fatti, quali incontestatamente ricostruiti nella gravata sentenza con riferimento, non censurato da nessuna delle parti, al rapporto degli ispettori AUSL e ai testi sentiti.

Infatti, nel rapporto risulta che l’impianto elettrico della centrale frigorifera, il cui guasto ha reso necessario l’intervento eseguito da B. S., era privo dei requisiti richiesti dall’art. 340.1 della norma CEI 64-8/3, in quanto non disponeva di un sistema di alimentazione di riserva, sicché l’alimentazione provvisoria (realizzata prima dell’intervento del B. S. per evitare il deterioramento degli alimenti conservati nella cella frigorifera per il tempo necessario a riparare il guasto) aveva cambiato sostanzialmente la configurazione dell’impianto mettendo in tensione quelle parti di esso che diversamente, in condizioni di normale fuori servizio del trasformatore, non sarebbero state attive ed il cui contatto da parte del B. S. ne ha provocato la morte per folgorazione; le parti predette erano costituite dai terminali dell’interruttore, posti in ambiente scarsamente illuminato e non facilmente riconoscibili dal B. S. che operava in prossimità; risultavano inoltre assenti tanto il piano di lavoro che il piano di intervento, entrambi invece necessari attesa la tipologia e la natura del lavoro che il B. S. doveva eseguire; risultava infine assente qualunque cartello monitore di avvertimento della presenza di parti attive nonostante il fuori servizio del trasformatore, avvertimento che avrebbe reso il B. S. consapevole del rischio che correva.

Per contro, nessun rilievo è formulato nel rapporto riguardo alla condotta della vittima.

Questa essendo la ricostruzione dei fatti, non è possibile ravvisare alcuna violazione di norme di prudenza, specifica o generica, da parte della vittima, la quale operava ritenendo (erroneamente ma incolpevolmente, proprio per il legittimo affidamento ingenerato dalla mancanza di cartelli monitori) che non vi fosse tensione elettrica in nessuna delle parti dell’impianto su cui doveva intervenire.

Di conseguenza, nessuna efficienza causale nella verificazione dell’evento mortale è ascrivibile al B. S. e nessuna decurtazione è applicabile alla liquidazione del danno spettante alla vedova ed ai figli di B. S.

***

Quanto al motivo di impugnazione formulato dall’appellante principale, esso è fondato per quanto attiene alla base reddituale rispetto alla quale può calcolarsi il danno patrimoniale da lucro cessante rappresentato dal venir meno del contributo economico di cui la moglie ed i figli del defunto avrebbero usufruito ove il congiunto non fosse morto.

«In caso di morte del danneggiato, anche il risarcimento dei danni patrimoniali derivanti ai congiunti postula l’adozione di un metodo di calcolo funzionale all’accertamento del reddito netto su cui determinare il danno futuro subito dagli eredi, sulla base della detrazione, dal reddito stesso, sia del relativo carico fiscale, sia della cosiddetta “quota sibi” (della parte, cioè, del reddito che il defunto avrebbe speso per sé), quota che può legittimamente quantificarsi come percentuale del reddito complessivo al lordo delle imposte e delle contribuzioni..» (Cass. numero 6321/2000, conforme Cass. n. 11007/2003, Cass. n. 4186/2004, Cass. n. 10.304/2009, Cass. n. 10.853/2012): il principio è consolidato e costantemente ribadito dalla Suprema Corte, sicché, risultando ad essa contraria la scelta del Tribunale di prendere in esame invece il reddito imponibile, la sentenza va sul punto riformata, prendendo in considerazione il reddito medio netto quale evincibile dalle dichiarazioni fiscali della vittima prodotte in causa.

Da esse risulta un reddito netto per l’anno di imposta 2006 pari ad € 23.020,00, per l’anno 2007 pari ad € 35.095,00 e per l’anno 2008 pari ad € 31.771,00 sicché, essendo pari ad € 29.962,00 la media di essi, il reddito netto da prendere in considerazione ai fini che qui interessano può farsi pari ad € 30.000,00 (importi, questi, esposti anche in atto d’appello e non contestati dagli appellati).

Quanto alla cosiddetta “quota sibi”, il Tribunale ne ha correttamente tenuto conto laddove ha determinato la quota del reddito della vittima che sarebbe andata a beneficio dei congiunti superstiti in misura pari ad 1/3 per la moglie e ad 1/6 per ciascuno dei figli, così risultando, per differenza, pari a 1/3 la “quota sibi”: determinazione che va confermata in assenza di specifica censura da parte dell’appellante principale.

Pertanto, la base di calcolo per il risarcimento del danno patrimoniale patito dai congiunti di B. S. per la perdita delle elargizioni che sarebbero state loro erogate dal defunto risulta pari, quanto alla moglie, ad € 10.000,00 e, quanto a ciascuno dei figli, ad € 5.000,00.

Tenuto poi conto della necessità di capitalizzare il risarcimento, occorre moltiplicare tali somme per un coefficiente di capitalizzazione delle rendite vitalizie corrispondente, nel rapporto tra la vittima e del coniuge, all’età del più giovane tra i due, e, nel rapporto tra la vittima e ciascuno dei figli, al numero presumibile di anni per i quali si sarebbe protratto il sussidio paterno (Cass. n. 6619/2018), con esclusione in ogni caso dei coefficienti di capitalizzazione di cui al r.d. numero 1403/1922 i quali, a causa dell’innalzamento della durata media della vita e dell’abbassamento dei saggi di interesse non garantiscono l’integrale ristoro del danno, e con esso il rispetto della regola di cui all’articolo 1223 c.c. (Cass. n. 20615/2015, Cass. n. 18093/2020); a tale riguardo risultano invece legittimamente utilizzabili coefficienti di capitalizzazione di maggiore affidamento, in quanto aggiornati e scientificamente corretti, quali, ad esempio, quelli approvati con provvedimenti normativi per la capitalizzazione delle rendite previdenziali o assistenziali oppure quelli elaborati specificamente della materia del danno aquiliano (Cass. n. 10499/2017).

Ritiene questa Corte che i coefficienti da utilizzare ai fini che qui interessano possono essere tratti dalla tavola 7 di cui alle tabelle per il calcolo di capitali attuali delle rendite di inabilità e di quelli a favore dei superstiti dei lavoratori deceduti a causa dell’evento lesivo (Gazzetta Ufficiale del 19 dicembre 2006), che applicano, con riferimento all’età del superstite al momento dell’evento (nel caso di specie verificatosi nel 2008) per il coniuge XX (nata nel 1978) il coefficiente di 29,6328 (30 anni), per il figlio J (nato nel 2002) il coefficiente di 12,2674 (6 anni), per la figlia W (nata nel 2005) il coefficiente di 14,2829: moltiplicando la quota di reddito spettante a ciascuno per il rispettivo coefficiente si ottiene € 296,328,00 per la moglie, € 61.337,00 per il figlio J ed € 71.414,50 per la figlia W.

Al danno patrimoniale così determinato con riferimento alla data dell’evento mortale deve — per ciascuno degli attori — aggiungersi il danno non patrimoniale per la perdita del rapporto parentale, liquidato dal primo giudice in € 326.000,00 (importo non contestato sotto alcun profilo) e deve, poi, detrarsi l’importo di € 198.157,00 (incontestatamente determinato dal primo giudice per quanto ricevuto dagli attori da parte di altri responsabili e dall’assicuratore sociale INAIL): il credito risarcitorio ammonta quindi ad € 424.171,00 per la moglie, € 189.180,00 per il figlio J ed € 199.257,50 per la figlia W.

Null’altro è dovuto a titolo di rivalutazione ed interessi compensativi, non essendo stata contestata la relativa statuizione del primo giudice a riguardo.

Sono invece dovuti gli interessi legali, riconosciuti nella gravata sentenza dal 24/12/2013 al saldo.

Nulla è dovuto in restituzione dagli appellati all’appellante, attesa la maggior liquidazione (seppur di poco) riconosciuta in questa sede.

Tenuto conto dell’esito del giudizio, si ravvisa un’ipotesi di soccombenza reciproca che giustifica la compensazione integrale delle spese del grado.

PQM

La Corte, in parziale accoglimento dell’appello principale e dell’appello incidentale, e per l’effetto, la sentenza n. 1016/2013 del tribunale di Forlì che per il resto:

1) dichiara la responsabilità di YY per la morte di B. S., con esclusione di qualsivoglia concorso di colpa di quest’ultimo;

2) condanna YY pagare, titolo di risarcimento dei danni, le seguenti somme, cui dovranno aggiungersi gli interessi legali dal 24/12/2013 al saldo: a) € 424.171,00 a XX in proprio, b) € 189.180,00 a XX quale genitore esercente la potestà sul figlio J, c) € 199.257,00 a XX quale genitore esercente la potestà sulla figlia W;

3) compensa integralmente le spese del grado tra l’appellante principale e gli appellanti incidentali.

Bologna, nella camera di consiglio della seconda sezione civile, il 12.3.2021

Il Consigliere estensore

dott. Antonella Palumbi

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