SAI QUALI SONO I TUOI DIRITTI IN CASO DI SEPARAZIONE? SAI A CHI VA L’ADDEBITO SE VI E’ ADDEBITO? SA A CHI VA LA CASA CONIUGALE? SAI COME OTTENR EL’ASSEGNO DI MANTENIMENTO E QUANDO NE HAI DIRITTO?
Come è noto, in Italia, la giurisprudenza è orientata a ritenere tali accordi, assunti prima del matrimonio o magari in sede di separazione consensuale, e in vista del futuro divorzio, nulli per illiceità della causa, perché in contrasto con i principi di indisponibilità degli status e dello stesso assegno di divorzio (per tutte, Cass. n. 6857 del 1992).
Tale orientamento è criticato da parte della dottrina, in quanto trascurerebbe di considerare adeguatamente non solo i principi del sistema normativo, ormai orientato a riconoscere sempre più ampi spazi di autonomia ai coniugi nel determinare i propri rapporti economici, anche successivi alla crisi coniugale. E’ assai singolare che invece siano stati ritenuti validi accordi in vista di una dichiarazione di nullità del matrimonio, perché sarebbero correlati ad un procedimento dalle forti connotazioni inquisitorie, volto ad accertare l’esistenza o meno di una causa di invalidità del matrimonio, fuori da ogni potere negoziale di disposizione degli status: tra le altre, Cass. n. 248 del 1993).
Giurisprudenza più recente di questa Corte ha invece sostenuto che tali accordi non sarebbero di per sé contrari all’ordine pubblico; più specificamente il principio dell’indisponibilità preventiva dell’assegno di divorzio dovrebbe rinvenirsi nella tutela del coniuge economicamente più debole, e l’azione di nullità (relativa) sarebbe proponibile soltanto da questo (al riguardo, tra le altre, Cass. n. 8109 del 2000; n. 2492 del 2001; n. 5302/2006).
‘La assegnazione della casa familiare, di cui i coniugi siano comproprietari, al coniuge affidatario dei figli non ha più ragion d’essere e, quindi, il diritto di abitazione, che ne scaturisce, viene meno nel momento in cui il coniuge, cui la casa sia stata assegnata, ne chiede, nel corso del giudizio per lo scioglimento della comunione conseguente (nel caso di specie) a divorzio, l’assegnazione in proprietà, acquisendo così, attraverso detta assegnazione, anche la quota dell’altro coniuge. In tal caso, il diritto di abitazione (che è un atipico diritto personale di godimento e non un diritto reale) non può essere preso in considerazione, al fine di determinare il valore di mercato dell’immobile, sia perché è un diritto che l’art. 155, comma quarto, c.c. prevede nell’esclusivo interesse dei figli e non nell’interesse del coniuge affidatario degli stessi, sia perché, intervenuto lo scioglimento della comunione a seguito di separazione personale o di divorzio, non può più darsi rilievo, per la valutazione dell’immobile, ad un diritto, che, con l’assegnazione della casa familiare in proprietà esclusiva al coniuge affidatario dei figli, non ha più ragione di esistere’.
Il Collegio ritiene superfluo investire del contrasto le Sezioni Unite, poiché, rammentati i principi posti da Cass. 18-09-2013, n. 21334 in tema di assegnazione della casa coniugale, reputa corretto l’orientamento manifestatosi nel 2001 e rinvigorito dalla sentenza n. 27128/2014, sempre di questa sezione, la quale ha osservato che: ‘Il diritto di abitazione della casa familiare è un atipico diritto personale di godimento (e non un diritto reale), previsto nell’esclusivo interesse dei figli (art. 155 c.c., comma 5) e non nell’interesse del coniuge affidatario, che viene meno con l’assegnazione della casa familiare in proprietà esclusiva al coniuge affidatario dei figli, non avendo più ragione di esistere’.
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Ha aggiunto che ‘ove si operasse la decurtazione dal valore in considerazione del diritto di abitazione, il coniuge non assegnatario verrebbe ingiustificatamente penalizzato con la corresponsione di una somma che non sarebbe rispondente alla metà dell’effettivo valore venale del bene: il che è comprovato dalla considerazione che, qualora intendesse rivenderlo a terzi, l’assegnatario in proprietà esclusiva potrebbe ricavare l’intero prezzo di mercato, pari al valore venale del bene, senza alcuna diminuzione’. a assegnazione della casa familiare, di cui i coniugi siano comproprietari, al coniuge affidatario dei figli non ha più ragion d’essere e, quindi, il diritto di abitazione, che ne scaturisce, viene meno nel momento in cui il coniuge, cui la casa sia stata assegnata, ne chiede, nel corso del giudizio per lo scioglimento della comunione conseguente (nel caso di specie) a divorzio, l’assegnazione in proprietà, acquisendo così, attraverso detta assegnazione, anche la quota dell’altro coniuge.
In tal caso, il diritto di abitazione (che è un atipico diritto personale di godimento e non un diritto reale) non può essere preso in considerazione, al fine di determinare il valore di mercato dell’immobile, sia perché è un diritto che l’art. 155, comma quarto, c.c. prevede nell’esclusivo interesse dei figli e non nell’interesse del coniuge affidatario degli stessi, sia perché, intervenuto lo scioglimento della comunione a seguito di separazione personale o di divorzio, non può più darsi rilievo, per la valutazione dell’immobile, ad un diritto, che, con l’assegnazione della casa familiare in proprietà esclusiva al coniuge affidatario dei figli, non ha più ragione di esistere’.
l’obbligo di assistenza materiale trova di regola attuazione nel riconoscimento di un assegno di mantenimento in favore del coniuge che versa in una posizione economica deteriore e non è in grado, con i propri redditi, di mantenere un tenore di vita analogo a quello offerto dalle potenzialità economiche dei coniugi. Sotto tale profilo, secondo il consolidato orientamento di questa Corte, con l’espressione “redditi adeguati” la norma ha inteso riferirsi al tenore di vita consentito dalle possibilità economiche dei coniugi (Cass., 24 aprile 2007, n. 9915); tale dato, non ricorrendo la condizione ostativa dell’addebito della separazione, richiede un’ulteriore verifica per appurare se i mezzi economici di cui dispone il coniuge richiedente gli consentano o meno di conservare tale tenore di vita. L’esito negativo di detto accertamento impone, poi, di procedere a una valutazione comparativa dei mezzi di cui dispone ciascun coniuge, nonchè di particolari circostanze (cfr. art. 156 c.c. , comma 2), quali, ad esempio, la durata della convivenza.
secondo cui il parametro indispensabile di riferimento per la valutazione di congruità dell’assegno è costituito dal tenore di vita di cui i coniugi hanno goduto nel corso della convivenza, quale elemento condizionante la qualità e la quantità delle esigenze del richiedente, al cui accertamento il giudice di merito deve procedere verificando le disponibilità patrimoniali dell’onerato, senza limitarsi a considerare il reddito emergente dalla documentazione fiscale prodotta, ma tenendo conto anche degli altri elementi di ordine economico, o comunque apprezzabili in termini economici, suscettibili di incidere sulle condizioni delle parti, quali la disponibilità di un consistente patrimonio e la conduzione di uno stile di vita particolarmente agiato e lussuoso (cfr. ex plurimis, Cass., Sez. I, 11 luglio 2013, n. 17199; 24 aprile 2007, n. 9915; 27 giugno 2006, n. 14840).
Tale valutazione non si pone in alcun modo in contrasto con l’efficacia probatoria delle dichiarazioni dei redditi, la cui funzione, tipicamente fiscale, esclude la possibilità di attribuirvi portata vincolante al di fuori delle controversie riguardanti rapporti tributari, restando il loro apprezzamento rimesso alla discrezionalità del giudice, il quale è libero di andare il proprio convincimento su altre risultanze probatorie (cfr. Cass., Sez. VI, 16 settembre 2015, n. 18196; Cass., Sez. 1, 12 giugno 2006, n. 13592; 28 aprile 2006, n. 9876).
ASSEGNO PER I FIGLI NELLA SEPARAZIONE
AVVOCATO SEPARAZIONI
È stato, infatti, affermato il principio secondo cui (Cass., 10 dicembre 2014, n. 26060; Cass., 29 luglio 2011, n. 16376; Cass., 18 agosto 2006 n. 18187) l’affidamento congiunto dei figli ad entrambi i genitori – previsto dalla legge sul divorzio, art. 6 (1 dicembre 1970, n. 898, come sostituito dalla L. 6 marzo 1987, n. 74, art. 11), analogicamente applicabile anche alla separazione personale dei coniugi – è istituto che, in quanto fondato sull’esclusivo interesse del minore, non fa venir meno l’obbligo patrimoniale di uno dei genitori di contribuire, con la corresponsione di un assegno, al mantenimento dei figli, in relazione alle loro esigenze di vita, sulla base del contesto familiare e sociale di appartenenza, rimanendo per converso escluso che l’istituto stesso implichi, come conseguenza ‘automatica’, che ciascuno dei genitori debba provvedere paritariamente, in modo diretto ed autonomo, alle predette esigenze. È stato altresì precisato che il richiamato principio trova conferma nelle nuove previsioni in tema di affido condiviso di cui alla L. n. 54 del 2006.
6 – È stato poi precisato che l’assegno disposto in favore del genitore presso il quale la prole è prevalentemente collocata non contrasta con il contenuto dell’art. 155 cod. civ., che fornisce alcune indicazioni sui presupposti e caratteri dell’assegno, introducendo il principio generale, già elaborato dalla giurisprudenza di questa Corte, per cui ciascun genitore provvede al mantenimento dei figli in misura proporzionale al proprio reddito. L’ulteriore previsione che il giudice possa disporre, ove necessario, la corresponsione di un assegno periodico, al fine di realizzare tale principio di ‘proporzionalità’, esclude che la Corte territoriale abbia violato detta disposizione, in quanto la previsione di un assegno si rivela quantomeno opportuna, se non necessaria, quando, come nella specie, l’affidamento condiviso preveda un collocamento prevalente presso uno dei genitori: assegno da porsi a carico del genitore non collocatario. Del resto il ricordato art. 155 c.c., fornisce indicazioni specifiche sulla determinazione dell’assegno, considerando, tra l’altro, ‘i tempi di permanenza presso ciascun genitore’.
Questa Corte ha per altro precisato (Cass., 4 novembre 2009, n. 23411) che il genitore collocatario, essendo più ampio il tempo di permanenza presso di lui, avrà necessità di gestire, almeno in parte, il contributo al mantenimento da parte dell’altro genitore, dovendo provvedere in misura più ampia alle spese correnti e all’acquisto di beni durevoli che non attengono necessariamente alle spese straordinarie (indumenti, libri, ecc.).
l’obbligo di assistenza materiale trova di regola attuazione nel riconoscimento di un assegno di mantenimento in favore del coniuge che versa in una posizione economica deteriore e non è in grado, con i propri redditi, di mantenere un tenore di vita analogo a quello offerto dalle potenzialità economiche dei coniugi. Sotto tale profilo, secondo il consolidato orientamento di questa Corte, con l’espressione “redditi adeguati” la norma ha inteso riferirsi al tenore di vita consentito dalle possibilità economiche dei coniugi (Cass., 24 aprile 2007, n. 9915)
AVVOCATO SEPARAZIONI BOLOGNA
051 6447838
In tal caso, il diritto di abitazione (che è un atipico diritto personale di godimento e non un diritto reale) non può essere preso in considerazione, al fine di determinare il valore di mercato dell’immobile, sia perché è un diritto che l’art. 155, comma quarto, c.c. prevede nell’esclusivo interesse dei figli e non nell’interesse del coniuge affidatario degli stessi, sia perché, intervenuto lo scioglimento della comunione a seguito di separazione personale o di divorzio, non può più darsi rilievo, per la valutazione dell’immobile, ad un diritto, che, con l’assegnazione della casa familiare in proprietà esclusiva al coniuge affidatario dei figli, non ha più ragione di esistere’.
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