Separazione e Divorzio Troppo Spesso Confusi

Separazione e Divorzio Troppo Spesso Confusi

Ulteriore elemento che porta a ritenere come la legge 24/2017 possa trovare immediata applicazione è rappresentato dall'espressa previsione di un'entrata in vigore differita ad opera di una norma (art. 12) che introduce un nuovo diritto (l'azione diretta del danneggiato nei confronti dell'impresa di assicurazione).
Ulteriore elemento che porta a ritenere come la legge 24/2017 possa trovare immediata applicazione è rappresentato dall’espressa previsione di un’entrata in vigore differita ad opera di una norma (art. 12) che introduce un nuovo diritto (l’azione diretta del danneggiato nei confronti dell’impresa di assicurazione).
  • Molto spesso una coppia di coniugi entra in crisi, la separazione rappresenta, appunto, il primo passo. La separazione sancisce la prima “rottura” ufficiale tra loro.
  • Solo dalla separazione ufficiale sono autorizzati a vivere separati  anche se una separazione di fatto può esserci già stata – essi sono autorizzati ufficialmente a vivere separati.
  • La separazione è la prima occasione di ufficializzazione della crisi. Il recarsi in Tribunale o in Comune fa fare un salto di qualità alla rottura tra i coniugi. Rottura che, dalla sfera privata, si trasferisce alla sfera pubblica. Viene, come dicevo, ufficializzata per la prima volta.
  • Succede spesso che un avvocato divorzista  si trovi a spiegare quali siano le principali differenze tra separazione e divorzio, termini il cui significato, con una certa frequenza, viene sovrapposto, creando confusione in una materia che, al contrario, richiederebbe la massima chiarezza, soprattutto perché investe aspetti estremamente delicati e complessi per la vita delle persone coinvolte.
  • Occorre premettere alcune osservazioni in punto di diritto sui presupposti dell’addebito della separazione. Orbene, va considerato che, per consolidato insegnamento della Suprema Corte, la dichiarazione di addebito della separazione implica la prova che la irreversibile crisi coniugale sia ricollegabile esclusivamente al comportamento volontariamente e consapevolmente contrario ai doveri nascenti dal matrimonio di uno o di entrambi i coniugi, ovverosia che sussista un nesso di causalità tra i comportamenti addebitati ed il determinarsi dell’intollerabilità della ulteriore convivenza. Pertanto, in caso di mancato raggiungimento della prova che il comportamento contrario ai predetti doveri tenuto da uno dei coniugi, o da entrambi, sia stato la causa efficiente del fallimento della convivenza, legittimamente viene pronunciata la separazione senza addebito (cfr., tra le numerose,
  • Cass. civ. n. 14042/2008; Cass. civ. n. 2740/2008; Cass. civ. n. 279/2000). La violazione degli obblighi di natura imperativa derivanti dal rapporto coniugale determina normalmente l’intollerabilità della prosecuzione della convivenza e costituisce, di regola, causa della separazione personale, addebitabile al coniuge che ne è responsabile, sempre che non si constati la mancanza di un nesso di causalità tra detta violazione e la crisi coniugale, mediante un accertamento rigoroso e una valutazione complessiva e comparativa del comportamento di entrambi i coniugi, da cui risulti la preesistenza di una rottura già irrimediabilmente in atto, in un contesto caratterizzato da una convivenza meramente formale; gli atti contrari ai doveri nascenti dal matrimonio, dunque, devono presumersi cause efficienti del formarsi o del consolidarsi di una situazione di definitiva intollerabilità della prosecuzione della convivenza, a meno che non si constati la mancanza di nesso eziologico con la crisi coniugale mediante un accertamento attento e rigoroso. Al riguardo, si è recentemente statuito come vada riconosciuta l’irrilevanza, ai fini dell’addebito, delle condotte sopravvenute in un contesto di disgregazione della comunione spirituale e materiale quale rispondente al dettato normativo ed al comune sentire, in una situazione ormai stabilizzata di reciproca, sostanziale, autonomia di vita, non caratterizzata da “affectio coniugalis” (si vedano, Cass. Civ. Sez. VI 27.06.2013 n. 16285; Cass. civ. 30.01.2013, n. 2183; Cass. civ. 21.03.2011, n. 2011; Cass. civ. 09.10.2007, n. 21099).

    Ancora, quanto alla violazione del dovere di fedeltà coniugale, che costituisce oggetto di una norma di condotta imperativa, mette conto evidenziare come la sua violazione determini normalmente l’intollerabilità della prosecuzione della convivenza e costituisca, di regola, causa della separazione personale, addebitabile al coniuge che ne è responsabile, sempre che non si constati la mancanza di un nesso di causalità tra l’infedeltà e la crisi coniugale, mediante un’accurata e rigorosa verifica (cfr., Cass. civ. Sez. I, 17.01.2014, n. 929; Cass. civ. n. 25618/2007; Cass. civ. Sez. I, 12.06.2006, n. 13592; Cass. Civ. Sez. I, 14.11.2001 n. 14162; vedasi anche la più recente Cass. civ. Sez. I, n. 11448/2017 ove si è chiaramente affermato che “in tema di separazione personale dei coniugi, la pronuncia di addebito non può fondarsi sulla sola violazione dei doveri che l’art. 143 cod. civ pone a carico dei coniugi, essendo, invece, necessario accertare se tale violazione abbia assunto efficacia causale nella determinazione della crisi coniugale, ovvero se essa sia intervenuta quando era già maturata una situazione di intollerabilità della convivenza“).

    E’ noto che già da qualche anno la giurisprudenza ha ritenuto la configurabilità degli illeciti endofamiliari, che si hanno allorquando i comportamenti tenuti sono illeciti solo perché commessi da persone legate da vincoli famigliari, mentre non lo sarebbero nel caso di commissione da parte di persone non legate da tali vincoli.

    In particolare, è stato spiegato che i doveri che derivano ai coniugi dal matrimonio, quali quelli previsti dall’articolo 143 c.c. in tema di collaborazione, coabitazione, assistenza e fedeltà (i primi tre estesi alle unioni civili dall’art. 1 comma 11 L. n. 76/2016), hanno natura giuridica vera e propria.

    Pertanto, viene superata la tesi per cui la violazione dei doveri coniugali è sanzionabile solo con i rimedi tipici del diritto di famiglia (ad esempio, articoli 129 bis, 151, 156342 ter c.c.; 709 ter c.p.c.; 570 c.p.; 12 sexies L. n. 898/1970): dalla natura giuridica degli obblighi suddetti discende infatti che la relativa violazione, ove cagioni la lesione di diritti costituzionalmente protetti, possa integrare gli estremi dell’illecito civile e dare quindi luogo al risarcimento dei danni non patrimoniali ai sensi dell’articolo 2059 c.c., senza che la mancanza di pronuncia di addebito in sede di separazione sia preclusiva dell’azione di risarcimento (cfr. ex pluribus Cass. n. 4470/2018, Cass. n. 8862/2012, Cass. n. 610/2012, Cass. n. 18853/2011, Cass. n. 17193/2011, Cass. n. 15557/2008, Cass. n. 13431/2008, Cass. n. 9801/2005).

    La giurisprudenza ha però precisato che il risarcimento di tale danno può essere effettuato solo nel caso in cui venga violato un diritto fondamentale di rango costituzionale, quale la dignità della persona, e la violazione sia di particolare gravità, essendo posta in essere con modalità insultante, ingiuriosa ed offensiva.

    Coerentemente con tale assunto e con specifico riferimento al danno non patrimoniale da adulterio, anche recentissimamente la Suprema Corte ne ha sancito la risarcibilità, alla condizione però dell’avvenuta lesione di un diritto inviolabile della persona, costituzionalmente protetto, e sempre purché la lesione superi la soglia della tollerabilità (Cass. n. 6598/2019; in termini anche Cass. n. 8862/2012)

     

    In base alla normativa vigente, il giudice della separazione personale ‘adotta i provvedimenti relativi alla prole con esclusivo riferimento all’interesse morale e materiale di essa’ valutando prioritariamente la possibilità che i figli minori restino affidati a entrambi i genitori; in assenza di indicazioni fornite dal legislatore su quali siano le cause di esclusione dal coaffido, rimane in capo al giudice la valutazione discrezionale della contrarietà all’interesse del minore, indicata dall’art.337 quater c.c. come regola per l’affidamento ad un solo genitore … L’ipotesi più frequente è, però, quella della conflittualità dei coniugi, ravvisabile anche nel rapporto fra i genitori di S..

    In giurisprudenza, da una parte si sostiene che la conflittualità, pur accesa, non può essere motivo ostativo all’applicazione dell’affidamento condiviso (ad es. App. Bologna 17 maggio 2006) per altra parte, invece, la conflittualità rimane uno degli elementi ostativi, quando in concreto non vi è possibilità di condivisione della responsabilità genitoriale, quando cioè non vi è possibilità di dialogo alcuno tra i genitori, circostanza che, in concreto, renderebbe privo di significato l’affido condiviso, inteso appunto come condivisione della responsabilità … Il criterio a cui, quindi, in concreto ci si deve attenere a seguito della riforma, è quello della rilevanza dei contrasti e della incomunicabilità tra i genitori non di per sé, ma solo se tale situazione, una volta verificato che non sia percorribile la L. di una adeguata loro corresponsabilizzazione, ricade effettivamente e significativamente sui rapporti della prole con loro, integrando quella condizione di pregiudizio per l’interesse del minore che giustifica la deviazione dalla regola della bigenitorialità” (così Trib.Modena 17 settembre 2008 e App. Bologna 21 novembre 2008).

     

    È noto che la Cassazione a Sezioni Unite nel 2018 é intervenuta sul tema, offrendo con la sentenza n. 18287 dell’ 11.7.2018 una rilettura fedele del dato normativo, che si pone sostanzialmente come una “terza via” rispetto al diritto vivente formatosi a partire dalle prime pronunce del 1990 e all’arresto del 2017.

    Superando la rigida distinzione tra criteri attributivi e criteri determinativi dell’assegno divorzi le, le Sezioni Unite del 2018 hanno rimarcato la necessità di una valutazione equiordinata di tutti gli indicatori dell’art. 5 L. div. (condizioni dei coniugi, ragioni della decisione, contributo personale ed economico alla vita familiare, reddito delle parti, durata del matrimonio, età del richiedente). individuando la rullo della attribuzione dell’emolumento in questione nella solidarietà post coniugale che, in presenza di una disparità economico-patrimoniale causalmente riconducibile a scelte di conduzione della vita familiare adottate e condivise in costanza di matrimonio, diviene fattore ri-equilibratore dell’apporto dato dal coniuge richiedente al menage familiare, ferma restando l’indiscussa non ultrattività del vincolo matrimoniale.

    Nella ricostruzione ermeneutica dell’istituto delineata dalle Sezioni Unite del 2018, dunque, l’assegno divorzile ha riacquisito le plurime funzioni sue proprie, ovvero quella assistenziale (in caso di assenza di reddito e di mezzi adeguati in capo al coniuge richiedente), quella compensativa (correlata al contributo dato dal richiedente alla formazione del “capitale invisibile” della famiglia. costituito dalle capacità professionali e di reddito che uno dei coniugi abbia conseguito in costanza di matrimonio grazie all’apporto fornito dall’altro, anche in rapporto alla durata del matrimonio). quella perequativa (quale ristoro dei sacrifici e delle rinunce condivise cui il coniuge richiedente è andato irreversibilmente incontro, anche tenuto conto dell’età), e, infine, quella risarcitoria (qualora risulti da imputare al coniuge “forte”, ovvero quello in posizione economica migliore, la parte cui è da ascrivere la responsabilità della definitiva crisi coniugale).

    È sulla base delle approfondite argomentazioni qui sinteticamente richiamate, ritenute coerenti anche con il quadro normativo europeo ed extraeuropeo. che le Sezioni Unite del 2018 sono pervenute, quindi, all’affermazione del principio di diritto enunciato conclusivamente,: “Ai sensi dell’art. 5 e. 6 della I. n. 898 del 1970, dopo le modifiche introdotte con la l. n. 74 del 1987, il riconoscimento dell’assegno di divorzio, cui deve attribuirsi una funzione assistenziale ed in pari misura compensativa e perequativa, richiede l’accertamento dell’inadeguatezza dei mezzi o comunque dell’impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive. attraverso l’applicazione dei criteri di cui alla prima parte della norma i quali costituiscono il parametro di cui si deve tenere conto per la relativa attribuzione e determinazione. ed in particolare, alla luce della valutazione comparativa delle condizioni economico patrimoniali delle parti, in considerazione del contributo fornito dal richiedente alla conduzione della vita. familiare e alla. formazione del patrimonio comune e personale di ciascuno degli ex coniugi, in relazione alla durata del matrimonio e all’età dell’avente diritto

    E’ noto che già da qualche anno la giurisprudenza ha ritenuto la configurabilità degli illeciti endofamiliari, che si hanno allorquando i comportamenti tenuti sono illeciti solo perché commessi da persone legate da vincoli famigliari, mentre non lo sarebbero nel caso di commissione da parte di persone non legate da tali vincoli.

    In particolare, è stato spiegato che i doveri che derivano ai coniugi dal matrimonio, quali quelli previsti dall’articolo 143 c.c. in tema di collaborazione, coabitazione, assistenza e fedeltà (i primi tre estesi alle unioni civili dall’art. 1 comma 11 L. n. 76/2016), hanno natura giuridica vera e propria.

    Pertanto, viene superata la tesi per cui la violazione dei doveri coniugali è sanzionabile solo con i rimedi tipici del diritto di famiglia (ad esempio, articoli 129 bis, 151, 156342 ter c.c.; 709 ter c.p.c.; 570 c.p.; 12 sexies L. n. 898/1970): dalla natura giuridica degli obblighi suddetti discende infatti che la relativa violazione, ove cagioni la lesione di diritti costituzionalmente protetti, possa integrare gli estremi dell’illecito civile e dare quindi luogo al risarcimento dei danni non patrimoniali ai sensi dell’articolo 2059 c.c., senza che la mancanza di pronuncia di addebito in sede di separazione sia preclusiva dell’azione di risarcimento (cfr. ex pluribus Cass. n. 4470/2018, Cass. n. 8862/2012, Cass. n. 610/2012, Cass. n. 18853/2011, Cass. n. 17193/2011, Cass. n. 15557/2008, Cass. n. 13431/2008, Cass. n. 9801/2005).

    La giurisprudenza ha però precisato che il risarcimento di tale danno può essere effettuato solo nel caso in cui venga violato un diritto fondamentale di rango costituzionale, quale la dignità della persona, e la violazione sia di particolare gravità, essendo posta in essere con modalità insultante, ingiuriosa ed offensiva.

    Coerentemente con tale assunto e con specifico riferimento al danno non patrimoniale da adulterio, anche recentissimamente la Suprema Corte ne ha sancito la risarcibilità, alla condizione però dell’avvenuta lesione di un diritto inviolabile della persona, costituzionalmente protetto, e sempre purché la lesione superi la soglia della tollerabilità (Cass. n. 6598/2019; in termini anche Cass. n. 8862/2012).

    Tanto premesso in linea di diritto, si osserva in fatto che, nel pur estremamente schematico atto introduttivo, l’attore ha effettivamente dedotto l’esistenza di un comportamento della ex moglie astrattamente idoneo ad essere qualificato come fonte di danno endofamiliare, ed in particolare quello di avere “celato all’istante che la propria gravidanza e la nascita del figlio era dovuta ad un rapporto con un altro uomo” (pag. 1 citazione).

    In sostanza, il comportamento violativo di un diritto fondamentale della persona e la sua incisione con particolare gravità, vengono ricondotti non già alla mera e semplice violazione del dovere di fedeltà e quindi alla esistenza di una relazione extraconiugale, ciò che sarebbe rilevante ex articolo 143 c.c. nell’ambito del diritto di famiglia, ma non potrebbe di per sé fondare una domanda di risarcimento del danno ex art. 2059 c.c. in assenza di modalità insultante ed ingiuriosa; ma vengono correttamente ricondotti alla diversa e distinta situazione di nascondere al marito che la gravidanza era dovuta ad rapporto con un altro uomo.

     

     

     

  • DIFFERENZE EREDITARIE
SEPARAZIONI BOLOGNA DIVORZI BOLOGNA SEPARAZIONI PROVINCIA DI BOLOGNA
ASEPARAZIONI BOLOGNA DIVORZI BOLOGNA SEPARAZIONI PROVINCIA DI BOLOGNA

– separazione: il matrimonio non è venuto meno e pertanto al coniuge separato spettano pieni diritti successori. In caso di separazione con addebito, al coniuge superstite spetterà un assegno vitalizio ma solo qualora in vita gli fosse stato riconosciuto il diritto agli alimenti

– divorzio: Il coniuge superstite avrà diritto ad un assegno periodico solo nel caso in cui versi in uno stato di bisogno e con la sentenza di divorzio era stato riconosciuto il suo diritto a percepire un assegno divorzile

Separazione e divorzio sono due istituti susseguenti e sinallagmaticamente uniti. Prima di addivenire al divorzio è necessario che vi sia un preventivo periodo di separazione, al termine di quella la coppia può decidere di far cessare gli effetti del matrimonio.

Purtroppo a volte la coppia viveperiodo di crisi, prima di poter chiedere il divorzio, deve passare un periodo di tempo stabilito e devono ricorrere determinate condizioni normativamente previste.

avvocato matrimonialista bologna
avvocato matrimonialista bologna

La “separazione” possiamo definirla una condizione temporanea e mutabile, che dura per ben tre anni, com’è stato stabilito dalla legge, e che non annulla il matrimonio, infatti si è di fatto e di diritto ancora marito e moglie, ma ne sospende solo gli effetti nell’attesa di un possibile riavvicinamento o del provvedimento di divorzio.

Effetti sul matrimonio

La separazione fa venir meno:

il dovere di coabitazione

di fedeltà

di collaborazione ossia di contribuzione a tutto ciò che serve per lo svolgimento organizzativo della vita della famiglia

di assistenza morale ossia in quell’insieme di comportamenti che hanno permesso alla coppia di costruire il proprio legame affettivo e sostenersi reciprocamente durante il matrimonio.

La prima cosa da dire, per porre le basi di un successivo approfondimento, è che la separazione è concepita dalla legge come una situazione transitoria, dovuta ad una crisi, anche gravissima in alcuni casi, della coppia.

La separazione, anche se può durare anni, non è mai definitiva e ha sempre, come orizzonte, la scelta della coppia tra la riconciliazione e il divorzio. Solo con quest’ultimo, infatti, il matrimonio verrà sciolto nei suoi effetti civili e potrà dirsi del tutto concluso.

DIVORZIO BREVE

Procedura per ottenere un divorzio Breve, come funziona nel Dettaglio.

Il divorzio breve introdotto dalla legge del 26 maggio 2015 numero 55 ha introdotto il divorzio Breve. Vengono così ridotti sia i tempi che i costi e la procedura si semplifica parecchio. Ma esattamente come funziona? Quali sono le procedure per ottenere il divorzio Breve in comune, senza supporto legale, la negoziazione assistita. [wpforms id=”21592″]

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