SEPARAZIONE BOLOGNA PROVVEDIMENTI RIGUARDO AI FIGLI  ART 155 Codice civile In caso di separazione, riguardo ai figli, si applicano le disposizioni contenute nel Capo II del titolo IX

SEPARAZIONE BOLOGNA PROVVEDIMENTI RIGUARDO AI FIGLI  ART 155 Codice civile

In caso di separazione, riguardo ai figli, si applicano le disposizioni contenute nel Capo II del titolo IX

Per realizzare la finalità indicata dal primo comma, il giudice che pronuncia la separazione personale dei coniugi adotta i provvedimenti relativi alla prole con esclusivo riferimento all’interesse morale e materiale di essa. Valuta prioritariamente la possibilità che i figli minori restino affidati a entrambi i genitori oppure stabilisce a quale di essi i figli sono affidati, determina i tempi e le modalità della loro presenza presso ciascun genitore, fissando altresì la misura e il modo con cui ciascuno di essi deve contribuire al mantenimento, alla cura, all’istruzione e all’educazione dei figli. Prende atto, se non contrari all’interesse dei figli, degli accordi intervenuti tra i genitori. Adotta ogni altro provvedimento relativo alla prole .

AFFIDO FIGLI -AVVOCATO A BOLOGNA

L’impianto della legge n. 54 del 2006 è stato sostanzialmente mantenuto dal d. legisl. n. 154 del 2013 che, in seguito alla riforma dell’istituto della filiazione (6), ha abrogato l’art. 155 c.c. sostituendolo con l’art. 337-ter c.c. La ripartizione dei compiti genitoriali si riflette nell’esercizio della responsabilità genitoriale (7) che deve essere esercitata da entrambi (art. 337- ter, comma 3), anche se opportunamente la stessa norma prevede che il giudice possa stabilire che la responsabilità genitoriale venga esercitata separatamente per le questioni di ordinaria amministrazione; ovverosia, può essere concesso a ciascun genitore di adottare autonomamente le decisioni di natura routinaria.

  1. Va sottolineato, inoltre, che l’art. 337-ter, comma 3, privilegia in materia di affidamento la soluzione concertata tra i genitori; infatti, il giudice deve prendere atto degli accordi dei genitori, purché non siano in contrasto con l’interesse superiore dei figli .
  2. Il comma 4 dell’art. 337-ter c.c. dispone che ciascuno dei genitori debba provvedere al mantenimento dei figli in misura proporzionale al proprio reddito, considerando i seguenti elementi: 
  3. 1) le attuali esigenze del figlio; 
  4. 2) il tenore di vita goduto in costanza di convivenza con entrambi i genitori; 

3) i tempi di permanenza presso ciascun genitore; 

4) le risorse economiche di entrambi i genitori; 

5) la valenza economica dei compiti domestici e di cura assunti da ciascun genitore (22). 

  • La potestà genitoriale  è esercitata da entrambi i genitori. Le decisioni di maggiore interesse per i figli relative all’istruzione, all’educazione e alla salute sono assunte di comune accordo tenendo conto delle capacità, dell’inclinazione naturale e delle aspirazioni dei figli. In caso di disaccordo la decisione è rimessa al giudice. Limitatamente alle decisioni su questioni di ordinaria amministrazione, il giudice può stabilire che i genitori esercitino la potestà separatamente.
  • Salvo accordi diversi liberamente sottoscritti dalle parti, ciascuno dei genitori provvede al mantenimento dei figli in misura proporzionale al proprio reddito; il giudice stabilisce, ove necessario, la corresponsione di un assegno periodico al fine di realizzare il principio di proporzionalità, da determinare considerando:

1) le attuali esigenze del figlio;

2) il tenore di vita goduto dal figlio in costanza di convivenza con entrambi i genitori

3) i tempi di permanenza presso ciascun genitore;

4) le risorse economiche di entrambi i genitori;

5) la valenza economica dei compiti domestici e di cura assunti da ciascun genitore.

L’assegno è automaticamente adeguato agli indici ISTAT in difetto di altro parametro indicato dalle parti o dal giudice.

La regola dell’affidamento condiviso dei figli ad entrambi i genitori, prevista dall’art. 155 c.c.

ASSEGNO DIVORZILE BOLOGNA
ASSEGNO DIVORZILE BOLOGNA

 con riferimento alla separazione personale dei coniugi, non esclude che il minore sia collocato presso uno dei genitori (nella specie, la madre) e che sia stabilito uno specifico regime di visita con l’altro genitore.

Tribunale|Bari|Decreto|6 ottobre 2010

Filiazione – Filiazione naturale – Affidamento e mantenimento dei figli – Criteri di quantificazione – Situazione reddituale dei genitori – Unico parametro – Esclusione – Esigenze attuali dei figli – Rilevanza.

In tema di mantenimento dei figli, il criterio della proporzione dell’assegno rispetto alla situazione reddituale dei genitori non costituisce l’unico parametro per la sua determinazione, occorrendo, innanzitutto, chiedersi quale sia la somma necessaria a garantire il soddisfacimento dei bisogni del figlio, come enucleati negli articoli 147 e 148 del Cc, e tenuto conto dei parametri di cui all’articolo 155, comma 4, del Codice civile. 

  • Separazione – Casa coniugale – Trascrizione del provvedimento di assegnazione e di revoca – Effetti rispetto al creditore ipotecario.
  • L’articolo 155-quater del Cc, laddove prevede che «il provvedimento di assegnazione e quello di revoca sono trascrivibili ed opponibili a terzi ai sensi dell’art. 2643» va interpretato nel senso che questi provvedimenti non hanno effetto riguardo al creditore ipotecario che abbia acquistato il suo diritto sull’immobile in base a un atto iscritto anteriormente alla trascrizione del provvedimento di assegnazione e che perciò può far vendere coattivamente l’immobile come libero. 
  • Famiglia – Matrimonio – Rapporti patrimoniali tra coniugi – Fondo patrimoniale – In genere atto di costituzione del fondo – Figli minori – Atti di disposizione dei beni – Autorizzazione ex art. 169 c.c. – Necessità – Esclusione – Condizioni – Clausola espressa di deroga.
  • diritto di famiglia

In tema di fondo patrimoniale, pur in presenza di figli minori, la preventiva autorizzazione del giudice al compimento di atti di disposizione,indicati nell’art. 169 c.c., è applicabile solo in mancanza di un’espressa pattuizione in deroga contenuta nell’atto di costituzione del fondo.

Famiglia – Matrimonio – Separazione personale dei coniugi – Competenza del giudice della separazione – Provvedimenti per i figli – Accordi tra i coniugi – Non vincolanti

In tema di separazione personale tra coniugi e di divorzio –  ed anche con riferimento ai figli di genitori non coniugati – il criterio fondamentale cui devono ispirarsi i relativi provvedimenti è rappresentato dall’esclusivo interesse morale e materiale dei figli (previsto in passato dall’art. 155 c.c. e ora dall’art. 337-ter c.c.) con la conseguenza che il giudice non è vincolato alle richieste avanzate ed agli accordi intercorsi tra le parti e può quindi pronunciarsi anche “ultra petitum”. Invero, e va sottolineato, anche un formale accordo intervenuto tra i genitori, pur sintomatico della positiva collaborazione tra gli stessi, non potrebbe essere trasfuso nel provvedimento giudiziale relativo alla prole se non previa verifica della rispondenza all’interesse del figlio.

 

 

 

 

La legittimazione del genitore a richiedere “iure proprio” all’ex coniuge separato o divorziato la revisione del contributo per il mantenimento del figlio maggiorenne,

non ancora autosufficiente economicamente, va esclusa in difetto del requisito della coabitazione con il figlio, la quale sussiste solo in presenza di un collegamento stabile di questi con l’abitazione del genitore, compatibile con l’assenza anche per periodi non brevi, purché, tuttavia, si ravvisi la prevalenza temporale dell’effettiva presenza, in relazione all’unità di tempo considerata. (Nella specie, la S.C. ha rigettato il motivo di ricorso avverso la decisione della corte di merito, che aveva ritenuto cessato il requisito della coabitazione per effetto del trasferimento del figlio maggiorenne, per ragioni di studio, in altra località, ove aveva preso in locazione un appartamento).

(Cassazione civile, Sez. I, sentenza n. 18075 del 25 luglio 2013)

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Hanno aderito alla tesi esposta da Cass.20319/04 (cui ha aderito Cass. 22.4.2016 n. 8202) secondo la quale: ‘L’assegnazione della casa familiare ad uno dei coniugi, cui l’immobile non appartenga in via esclusiva, instaura un vincolo (opponibile anche ai terzi per nove anni, e, in caso di trascrizione, senza limite di tempo) che oggettivamente comporta una decurtazione del valore della proprietà, totalitaria o parziaria, di cui è titolare l’altro coniuge, il quale da quel vincolo rimane astretto, come i suoi aventi causa, fino a quando il provvedimento non venga eventualmente modificato. Ne consegue che di tale decurtazione deve tenersi conto indipendentemente dal fatto che il bene venga attribuito in piena proprietà all’uno o all’altro coniuge, ovvero venduto a terzi in caso di sua infrazionabilità in natura’.

In precedenza la Corte (Cass. 11630/01) aveva ritenuto che: ‘La assegnazione della casa familiare, di cui i coniugi siano comproprietari, al coniuge affidatario dei figli non ha più ragion d’essere e, quindi, il diritto di abitazione, che ne scaturisce, viene meno nel momento in cui il coniuge, cui la casa sia stata assegnata, ne chiede, nel corso del giudizio per lo scioglimento della comunione conseguente (nel caso di specie) a divorzio, l’assegnazione in proprietà, acquisendo così, attraverso detta assegnazione, anche la quota dell’altro coniuge. In tal caso, il diritto di abitazione (che è un atipico diritto personale di godimento e non un diritto reale) non può essere preso in considerazione, al fine di determinare il valore di mercato dell’immobile, sia perché è un diritto che l’art. 155, comma quarto, c.c. prevede nell’esclusivo interesse dei figli e non nell’interesse del coniuge affidatario degli stessi, sia perché, intervenuto lo scioglimento della comunione a seguito di separazione personale o di divorzio, non può più darsi rilievo, per la valutazione dell’immobile, ad un diritto, che, con l’assegnazione della casa familiare in proprietà esclusiva al coniuge affidatario dei figli, non ha più ragione di esistere’.

Il Collegio ritiene superfluo investire del contrasto le Sezioni Unite, poiché, rammentati i principi posti da Cass. 18-09-2013, n. 21334 in tema di assegnazione della casa coniugale, reputa corretto l’orientamento manifestatosi nel 2001 e rinvigorito dalla sentenza n. 27128/2014, sempre di questa sezione, la quale ha osservato che: ‘Il diritto di abitazione della casa familiare è un atipico diritto personale di godimento (e non un diritto reale), previsto nell’esclusivo interesse dei figli (art. 155 c.c., comma 5) e non nell’interesse del coniuge affidatario, che viene meno con l’assegnazione della casa familiare in proprietà esclusiva al coniuge affidatario dei figli, non avendo più ragione di esistere’.

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Ha aggiunto che ‘ove si operasse la decurtazione dal valore in considerazione del diritto di abitazione, il coniuge non assegnatario verrebbe ingiustificatamente penalizzato con la corresponsione di una somma che non sarebbe rispondente alla metà dell’effettivo valore venale del bene: il che è comprovato dalla considerazione che, qualora intendesse rivenderlo a terzi, l’assegnatario in proprietà esclusiva potrebbe ricavare l’intero prezzo di mercato, pari al valore venale del bene, senza alcuna diminuzione’.

 

Il dovere di mantenere, istruire ed educare la prole, stabilito dall’art. 147 c.c., obbliga i coniugi a far fronte ad una molteplicità di esigenze dei figli, non riconducibili al solo obbligo alimentare,

 ma estese all’aspetto abitativo, scolastico, sportivo, sanitario, sociale, all’assistenza morale e materiale, alla opportuna predisposizione – fino a quando la loro età lo richieda – di una stabile organizzazione domestica, adeguata a rispondere a tutte le necessità di cura e di educazione. Tale principio trova conferma nel nuovo testo dell’art. 155 c.c., come sostituito dall’art. 1 legge 8 febbraio 2006, n. 54, il quale, nell’imporre a ciascuno dei coniugi l’obbligo di provvedere al mantenimento dei figli in misura proporzionale al proprio reddito, individua, quali elementi da tenere in conto nella determinazione dell’assegno, oltre alle esigenze del figlio, il tenore di vita dallo stesso goduto in costanza di convivenza e le risorse economiche dei genitori, nonché i tempi di permanenza presso ciascuno di essi e la valenza economica dei compiti domestici e di cura da loro assunti.

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La condotta antidoverosa del coniuge, cui va riferito l’addebito della separazione, non contrasta in alcun modo con la collocazione del minore presso lo stesso, tenuto conto che la violazione dei doveri del matrimonio (nella specie, per condotte aggressive, irrispettose ed infedeli della moglie verso il marito) può non tradursi anche in un pregiudizio per l’interesse del minore, non nuocendo al suo corretto sviluppo psico-fisico, né compromettendo il suo rapporto con il genitore.

(Cassazione civile, Sez. I, sentenza n. 17089 del 10 luglio 2013)

L’assegnazione al coniuge affidatario dei figli,

 in sede di separazione, del godimento dell’immobile di proprietà esclusiva dell’altro non impedisce al creditore di quest’ultimo di pignorarlo e di determinarne la vendita coattiva.

(Cassazione civile, Sez. III, sentenza n. 12466 del 19 luglio 2012)

 

 

 

In tema di separazione personale, la mera conflittualità tra i coniugi, che spesso connota i procedimenti separatizi,

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 non preclude il ricorso al regime preferenziale dell’affidamento condiviso solo se si mantenga nei limiti di un tollerabile disagio per la prole, mentre assume connotati ostativi alla relativa applicazione, ove si esprima in forme atte ad alterare e a porre in serio pericolo l’equilibrio e lo sviluppo psico-fisico dei figli, e, dunque, tali da pregiudicare il loro interesse.

 

 

 

La nozione di convivenza rilevante agli effetti dell’assegnazione della casa familiare comporta la stabile dimora del figlio presso l’abitazione di uno dei genitori,

 con eventuali, sporadici allontanamenti per brevi periodi, e con esclusione, quindi, della ipotesi di saltuario ritorno presso detta abitazione per i fine settimana, ipotesi nella quale si configura invece un rapporto di mera ospitalità; deve, pertanto, sussistere un collegamento stabile con l’abitazione del genitore, benché la coabitazione possa non essere quotidiana, essendo tale concetto compatibile con l’assenza del figlio anche per periodi non brevi per motivi di studio o di lavoro, purchè egli vi faccia ritorno regolarmente appena possibile; quest’ultimo criterio, tuttavia, deve coniugarsi con quello della prevalenza temporale dell’effettiva presenza, in relazione ad una determinata unità di tempo (anno, semestre, mese).

 

 

Il grave conflitto fra i genitori non è, di per sé solo, idoneo ad escludere l’affidamento condiviso,

che il legislatore ha mostrato di ritenere il regime ordinario. (Nella specie, la consulenza tecnica espletata aveva concluso, pur in presenza di difficoltà di relazione, per l’affidamento ad entrambi i genitori).

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L’art. 1, comma primo, della legge 8 febbraio 2006, n. 54, che ha novellato l’art. 155 c.c., nel prevedere il diritto dei minori,

figli di coniugi separati, di conservare rapporti significativi con gli ascendenti (ed i parenti di ciascun ramo genitoriale), non attribuisce ad essi un autonomo diritto di visita, ma affida al giudice un elemento ulteriore di indagine e di valutazione nella scelta e nell’articolazione di provvedimenti da adottare in tema di affidamento, nella prospettiva di una rafforzata tutela del diritto ad una crescita serena ed equilibrata. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha ritenuto non censurabile la motivazione della corte territoriale che, provvedendo alla concreta regolazione di tale questione nella suddetta prospettiva, ha ritenuto idonea a realizzare, nella specie, l’interesse della minore la possibilità per la medesima di vedere i nonni paterni in occasione delle visite al padre, anche tenuto conto della attiguità delle rispettive abitazioni).

(Cassazione civile, Sez. I, sentenza n. 17191 del 11 agosto 2011)

 

COMUNIONE E DIVISIONE EREDITARIA RISOLVI ORA AVVOCATO ESPERTO BOLOGNA
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Il raggiungimento della maggiore età del figlio minore non può determinare, nel coniuge separato o divorziato,

tenuto a contribuire al suo mantenimento, il diritto a procedere unilateralmente alla riduzione od eliminazione del contributo o a far valere tale condizione in sede di opposizione all’esecuzione, essendo necessario, a tal fine, procedere all’instaurazione di un giudizio volto alla modifica delle condizioni di separazione o divorzio.

(Cassazione civile, Sez. III, sentenza n. 13184 del 16 giugno 2011)

L’art. 156, secondo comma, c.c. stabilisce che il giudice debba determinare la misura dell’assegno “in relazione alle circostanze ed ai redditi dell’obbligato”, mentre l’assegnazione della casa familiare,

 

 

 

prevista dall’art. 155 quater c.c., è finalizzata unicamente alla tutela della prole e non può essere disposta come[wpforms id=”21592″]se fosse una componente dell’assegno previsto dall’art. 156 c.c.; tuttavia, allorché il giudice del merito abbia revocato la concessione del diritto di abitazione nella casa coniugale (nella specie, stante la mancanza di figli della coppia), è necessario che egli valuti, una volta in tal modo modificato l’equilibrio originariamente stabilito fra le parti e venuta meno una delle poste attive in favore di un coniuge, se sia ancora congrua la misura dell’assegno di mantenimento originariamente disposto.

(Cassazione civile, Sez. I, sentenza n. 9079 del 20 aprile 2011)

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In sede di modifica delle condizioni di separazione personale dei coniugi, rientra nei poteri ufficiosi del giudice rimodulare

 i periodi in cui il genitore può tenere presso di sé il figlio di cui è disposto l’affidamento condiviso, in relazione alla nuova situazione determinatasi. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto non viziato da extrapetizione il provvedimento della corte di merito che, in sede di reclamo avverso il provvedimento di modifica delle condizioni della separazione, aveva confermato l’affido condiviso della figlia minore e che, tenuto conto dell’intervenuto trasferimento per motivi di lavoro della madre, aveva disposto il collocamento presso quest’ultima, nella sua nuova residenza, della predetta, rimodulando, in relazione alla nuova situazione determinatasi, il regime di incontri della minore con il padre, congruamente motivando al riguardo).

(Cassazione civile, Sez. I, sentenza n. 6339 del 21 marzo 2011)