Responsabilita’ medica malasanita’ ravenna cesena forli AUSL

AUSL MALASANITA’ :Responsabilita’ medica malasanita’ danno bologna ravenna cesena forli condanna ausl CORTE APPELLO BOLOGNA CONDANNA AUSL PER MALASANITA
 Responsabilita’ medica malasanita’ danno bologna ravenna cesena forli condanna ausl CORTE APPELLO BOLOGNA CONDANNA AUSL PER MALASANITA
Responsabilita’ medica malasanita’ danno bologna ravenna cesena forli condanna ausl CORTE APPELLO BOLOGNA CONDANNA AUSL PER MALASANITA
Responsabilita’ medica malasanita’ danno bologna ravenna cesena forli condanna ausl
RESPONSABILITA’ MEDICA MALASANITA’- AUSL MALASANITA’ 
concetto di responsabilità medica- AUSL MALASANITA’ 
AUSL MALASANITA’ è riferito compiutamente all’azione di un sistema composito in cui il soggetto è destinatario di prestazioni mediche di ogni tipo (diagnostiche, preventive, ospedaliere, terapeutiche, chirurgiche, estetiche, assistenziali, ecc.) svolte da medici e personale con diversificate qualificazioni, quali infermieri, assistenti sanitari, tecnici di radiologia medica, tecnici di riabilitazione, ecc.
DIRITTO ALLA SALUTE -AUSL MALASANITA’

La tutela del diritto alla salute non può non subire i condizionamenti che lo stesso legislatore incontra nel distribuire le risorse finanziarie delle quali dispone, con la precisazione che le esigenze della finanza pubblica non possono assumere, nel bilanciamento del legislatore, un peso talmente preponderante da comprimere il nucleo irriducibile del diritto alla salute protetto dalla Costituzione come ambito inviolabile della dignità umana […]. In questi termini, nell’ambito della tutela costituzionale accordata al “diritto alla salute” dall’art. 32 della Costituzione, il diritto a trattamenti sanitari è garantito a ogni persona come un diritto costituzionale condizionato dall’attuazione che il legislatore ordinario ne dà attraverso il bilanciamento dell’interesse tutelato da quel diritto con gli altri interessi costituzionalmente protetti, tenuto conto dei limiti oggettivi che lo stesso legislatore incontra nella sua opera di attuazione in relazione alle risorse organizzative e finanziarie di cui dispone al momento […]».

RESPONSABILITA’ MEDICA MALASANITA’ concetto di responsabilità medica è riferito compiutamente all'azione di un sistema composito in cui il soggetto è destinatario di prestazioni mediche di ogni tipo (diagnostiche, preventive, ospedaliere, terapeutiche, chirurgiche, estetiche, assistenziali, ecc.) svolte da medici e personale con diversificate qualificazioni, quali infermieri, assistenti sanitari, tecnici di radiologia medica, tecnici di riabilitazione, ecc. DIRITTO ALLA SALUTE La tutela del diritto alla salute non può non subire i condizionamenti che lo stesso legislatore incontra nel distribuire le risorse finanziarie delle quali dispone, con la precisazione che le esigenze della finanza pubblica non possono assumere, nel bilanciamento del legislatore, un peso talmente preponderante da comprimere il nucleo irriducibile del diritto alla salute protetto dalla Costituzione come ambito inviolabile della dignità umana […]. In questi termini, nell’ambito della tutela costituzionale accordata al “diritto alla salute” dall’art. 32 della Costituzione, il diritto a trattamenti sanitari è garantito a ogni persona come un diritto costituzionale condizionato dall’attuazione che il legislatore ordinario ne dà attraverso il bilanciamento dell’interesse tutelato da quel diritto con gli altri interessi costituzionalmente protetti, tenuto conto dei limiti oggettivi che lo stesso legislatore incontra nella sua opera di attuazione in relazione alle risorse organizzative e finanziarie di cui dispone al momento […]». La casistica degli interventi medico-sanitari è comprensibilmente ampia perché certamente indirizzata anche a porre in essere tutte quelle metodiche finalizzate ad esempio a lenire la condizione di un malato incurabile o, per ipotesi meno infauste, a prevenire l'insorgenza di possibili patologie con la direzione e diffusione di pratiche di natura sanitaria dimostratesi efficaci nell'esperienza e osservazione quotidiana. La Corte poi precisa che la valutazione del giudice di merito deve vertere sul grado di colpa, a fronte di “linee guida che comunque operino come direttiva scientifica per gli esercenti le professioni sanitarie”, valutazione che non può avere riguardo esclusivamente a profili di imperizia della condotta tenuta dall’agente, ma che deve guardare alla “misura della divergenza tra la condotta effettivamente tenuta e quella che era da attendersi, sulla base della norma cautelare che si doveva osservare”. La Corte a questo proposito disattende l’indirizzo di alcune decisioni più risalenti e afferma che non è possibile ravvisare nelle linee guida (“raccomandazioni di comportamento clinico, elaborate mediante un processo di revisione sistematica della letteratura e delle opinioni scientifiche, al fine di aiutare medici e pazienti a decidere le modalità assistenziali più appropriate in specifiche situazioni cliniche”) solo regole di perizia. Al contrario si rileva come “la limitazione di responsabilità in caso di colpa lieve prevista dall’art. 3 del d.l. 13 settembre 2012, n. 158, convertito in legge 8 novembre 2012, n.189, pur trovando terreno d’elezione nell’ambito dell’imperizia, può tuttavia venire in rilievo anche quando il parametro valutativo della condotta dell’agente sia quello della diligenza”. Infatti può darsi il caso che linee guida approntino regole che attengono più alla sfera della diligenza e dell’accuratezza che a quella della adeguatezza professionale. Viene quindi affermato un secondo principio di diritto: “la limitazione di responsabilità, in caso di colpa lieve, può operare, per le condotte professionali conformi alle linee guida ed alle buone pratiche, anche in caso di errori che siano connotati da profili di colpa generica diversi dalla imperizia” (punto 4 in diritto della decisione). Quando tuttavia gli effetti conseguiti non sono quelli sperati è possibile che ai sanitari possano essere attribuiti, secondo le ipotesi più frequenti, errori diagnostici, terapeutici o da omessa vigilanza e conseguentemente la sussistenza di una responsabilità penale o civile per l'aggravamento della situazione del paziente o addirittura per la sua morte.
RESPONSABILITA’ MEDICA MALASANITA’ concetto di responsabilità medica è riferito compiutamente all’azione di un sistema
La casistica degli interventi medico-sanitari è comprensibilmente ampia perché certamente indirizzata anche a porre in essere tutte quelle metodiche finalizzate ad esempio a lenire la condizione di un malato incurabile o, per ipotesi meno infauste, a prevenire l’insorgenza di possibili patologie con la direzione e diffusione di pratiche di natura sanitaria dimostratesi efficaci nell’esperienza e osservazione quotidiana. 
AUSL MALASANITA’ COME CHIEDERE IL DANNO?
La Corte poi precisa che la valutazione del giudice di merito deve vertere sul grado di colpa, a fronte di “linee guida che comunque operino come direttiva scientifica per gli esercenti le professioni sanitarie”, valutazione che non può avere riguardo esclusivamente a profili di imperizia della condotta tenuta dall’agente, ma che deve guardare alla “misura della divergenza tra la condotta effettivamente tenuta e quella che era da attendersi, sulla base della norma cautelare che si doveva osservare”. La Corte a questo proposito disattende l’indirizzo di alcune decisioni più risalenti e afferma che non è possibile ravvisare nelle linee guida (“raccomandazioni di comportamento clinico, elaborate mediante un processo di revisione sistematica della letteratura e delle opinioni scientifiche, al fine di aiutare medici e pazienti a decidere le modalità assistenziali più appropriate in specifiche situazioni cliniche”) solo regole di perizia. Al contrario si rileva come “la limitazione di responsabilità in caso di colpa lieve prevista dall’art. 3 del d.l. 13 settembre 2012, n. 158, convertito in legge 8 novembre 2012, n.189, pur trovando terreno d’elezione nell’ambito dell’imperizia, può tuttavia venire in rilievo anche quando il parametro valutativo della condotta dell’agente sia quello della diligenza”. Infatti può darsi il caso che linee guida approntino regole che attengono più alla sfera della diligenza e dell’accuratezza che a quella della adeguatezza professionale. Viene quindi affermato un secondo principio di diritto: “la limitazione di responsabilità, in caso di colpa lieve, può operare, per le condotte professionali conformi alle linee guida ed alle buone pratiche, anche in caso di errori che siano connotati da profili di colpa generica diversi dalla imperizia” (punto 4 in diritto della decisione).
Quando tuttavia gli effetti conseguiti non sono quelli sperati è possibile che ai sanitari possano essere attribuiti, secondo le ipotesi più frequenti, errori diagnostici, terapeutici o da omessa vigilanza e conseguentemente la sussistenza di una responsabilità penale o civile per l’aggravamento della situazione del paziente o addirittura per la sua morte.
CORTE APPELLO BOLOGNA CONDANNA AUSL PER MALASANITA- AUSL MALASANITA’ 
Muovendo dal canone sistematico indicato da Sez. 3, Sentenza n. 19133 del 20/09/2011 laddove si afferma che «..in tema di risarcimento del danno non patrimoniale, quando all’estrema gravità delle lesioni, segua, dopo un intervallo temporale brevissimo (nella specie due giorni), la morte, non può essere risarcito il danno biologico “terminale” connesso alla perdita della vita come massima espressione del bene salute, ma esclusivamente il danno morale, dal primo ontologicamente distinto, fondato sull’intensa sofferenza d’animo conseguente alla consapevolezza delle condizioni cliniche seguite al sinistro..», si osserva: 
  • Come la estrema prossimità temporale tra l’arresto cardiocircolatorio ed il decesso osti al riconoscimento di un danno biologico in capo a T(omissis) M(omissis)
  • Come del pari debba escludersi la ricorrenza di un danno morale a carico del paziente, atteso come egli non abbia mai ripreso conoscenza dall’inizio dell’intervento sino al decesso.
Si riconosce viceversa il fondamento della domanda risarcitoria avente ad oggetto il danno da perdita del rapporto parentale.
La giovane età del paziente e la indole assolutamente imprevedibile del decesso, elementi che hanno sconvolto sia l’equilibrio affettivo degli attori che la loro pianificazione di vita familiare futura, inducono a fare luogo alla liquidazione di tale voce di danno muovendo da valori prossimi al massimo previsto nelle tabelle redatte per l’anno 2018 dall’osservatorio della giustizia civile del Tribunale di Milano, per un importo pari ad euro 310.000,00 per ciascuno degli attori.
Tale importo viene devalutato alla data del sinistro per essere quindi rivalutato e maggiorato degli interessi al saggio legale sulla somma annualmente rivalutata, per un importo liquidato alla attualità — con conversione in credito di valuta — in euro 458.522,30.
 
 Responsabilita’ medica malasanita’ danno bologna ravenna cesena forli condanna ausl CORTE APPELLO BOLOGNA CONDANNA AUSL PER MALASANITA
Responsabilita’ medica malasanita’ danno bologna ravenna cesena forli condanna ausl CORTE APPELLO BOLOGNA CONDANNA AUSL PER MALASANITA
 
REPUBBLICA ITALIANA -AUSL MALASANITA’ 
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Corte D’Appello di Bologna
SEZIONE SECONDA CIVILE
La Corte di appello di Bologna, seconda sezione civile, nella persona dei Giudici
Dott.ssa Paola Montanari – Presidente
Dott. Giampiero Maria Fiore – Consigliere
Dott. Enrico Saracini – Consigliere Relatore
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile di II Grado iscritta al n. r.g. 2362/2009 promossa da:
XX (c.f. …omissis…), con il patrocinio dell’avv. Roberta Zama e dell’avv. Salvatore Barrale (c.f. …omissis…) Via Mandricelli, 1, Belmonte Mezzagno, (Palermo); elettivamente domiciliato in Via G. Oberdan, 19, Bologna, presso il difensore avv. Roberta Zama 
YY (c.f. …omissis…), con il patrocinio dell’avv. Salvatore Barrale; elettivamente domiciliato in Via Mandricelli, 1 Belmonte Mezzagno, (Palermo), presso il difensore avv. Salvatore Barrale 
APPELLANTI 
contro
PRESIDIO OSPEDALIERO DI (omissis)
AZIENDA USL BOLOGNA NORD, con il patrocinio dell’avv. Giuseppe Coliva; elettivamente domiciliato in Via Galliera, 19, Bologna, presso il difensore avv. Giuseppe Coliva
APPELLATI
CONCLUSIONI
Le parti hanno concluso come da atti che qui si intendono richiamati e sono illustrati in motivazione.
MOTIVI DELLA DECISIONE
XX, in proprio e quale genitore esercente la potestà sul minore YY, conveniva avanti al Tribunale di Bologna il presidio ospedaliero di (omissis) assumendo
  • che nel febbraio 1996 T(omissis) M(omissis), marito della attrice e padre del minore attore, veniva ricoverato presso la struttura convenuta al fine di subire un intervento chirurgico di correzione funzionale del setto nasale
  • che in tale contesto il T(omissis) aveva ad informare gli anestesisti di una propria ipersensibilità alla anestesia
  • che ugualmente il T(omissis) veniva anestetizzato mediante ricorso ad alotano anestetico e trendate beta-bloccante
  • che in conseguenza dell’impiego di tali farmaci, il T(omissis) entrava in coma da arresto circolatorio intraoperatorio e rimaneva in stato di coma profondo fino al decesso avvenuto pochi giorni dopo l’intervento.
Concludevano gli attori chiedendo la condanna di controparte al risarcimento del danno patrimoniale, consistente nell’essere venuta meno l’unica fonte di reddito della famiglia, e non patrimoniale conseguente al decesso del congiunto.
Si costituiva la AUSL Bologna nord, cui appartiene il presidio ospedaliero convenuto, resistendo ed assumendo
  • la assenza di responsabilità alcuna ascrivibile al personale sanitario impegnato nell’intervento sul Tomasi
  • comunque la indole ingiustificata ed eccessiva della richiesta risarcitoria articolata da controparte.
La causa veniva istruita mediante:
  1. produzione documentale
  2. ctu medico legale.
Il Tribunale di Bologna, con la sentenza n. 3194/08 r.sent., del 17 gennaio 2008, depositata il giorno 11 dicembre 2008, respingeva la domanda di parte attrice con compensazione delle spese di lite.
Il Tribunale faceva proprie le conclusioni cui era pervenuto il ctu nel corso del giudizio civile, secondo il quale il comportamento dei sanitari andava esente da censure, potendosi ipotizzare una duplice alternativa possibile causa del decesso del T(omissis) — una tromboembolia polmonare, ritenuta la causa più verosimile del decesso, oppure una reazione tossica ai farmaci anestetici, valutata quale causa meno probabile — ma in entrambi i casi il decesso costituiva evento assolutamente imprevedibile ed inevitabile.
Avverso tale sentenza propongono appello gli originari attori in primo grado, dolendosi della erroneità della stessa laddove il giudice di primo grado ha acriticamente recepito le conclusioni cui è pervenuto il ctu, senza riscontrare le critiche ad esse articolate dai consulenti di parte attrice.
Concludono gli attori chiedendo la condanna di controparte al risarcimento del danno — rimettendo al giudicante la indole contrattuale o extracontrattuale della responsabilità, ciò che assorbe i rilievi sviluppati in conclusionale da parte appellata — nella misura articolata in primo grado.

Si costituisce la AUSL convenuta — della quale il presidio ospedaliero di (omissis) costituisce una articolazione — resistendo ed assumendo 

  • la esaustività e correttezza delle conclusioni assolutorie dei sanitari, cui sono giunti sia in sede civile che penale i consulenti e periti incaricati
  • la non necessità di una ulteriore consulenza tecnica di ufficio
  • la infondatezza della domanda di parte appellante
  • comunque la indole eccessiva della domanda risarcitoria.

Alla udienza del 4 aprile 2017 le parti precisavano le rispettive conclusioni e la causa veniva ritenuta in decisione.

Con successiva ordinanza 9 ottobre 2017 la Corte revocava il provvedimento di assunzione della causa in decisione facendo luogo alla nomina di un collegio peritale affinché rispondesse al seguente quesito:

  • Accertamento della causa del decesso di T(omissis) M(omissis)
  • Accertamento — in caso di positivo accertamento della ricorrenza di una reazione tossica ai farmaci anestetici — della eventuale ricorrenza di profili di responsabilità in capo ai medici anestesisti, segnatamente sotto il profilo di una non corretta valutazione della anamnesi precedentemente riferita e della brachicardia diagnosticata.

Alla udienza del 17 luglio 2018 le parti precisavano le rispettive conclusioni e la causa veniva nuovamente ritenuta in decisione

Osserva la Corte

quanto segue.

L’appello è fondato e va accolto, nei termini che seguono.
T(omissis) M(omissis), trentenne in buone condizioni fisiche, veniva sottoposto presso il reparto di otorinolaringoiatria dell’Ospedale di (omissis) ad un intervento chirurgico di correzione funzionale del setto nasale. Durante l’intervento si verificava un arresto cardiaco in conseguenza del quale, se pure rianimato, dopo alcuni giorni il paziente decedeva.
Muove la Corte dagli esiti della ctu disposta nel presente grado di giudizio, che si stima attendibile siccome 
  • Redatta all’esito di indagini, anche specialistiche, approfondite e nel confronto con i consulenti di parte
  • Priva di lacune ovvero di profili di contraddizione
  • In grado di spiegare in maniera logica e convincente la eziologia del decesso di T(omissis) M(omissis).
Anche il Collegio peritale individua quali possibili cause del decesso una tromboembolia polmonare oppure una reazione tossica ai farmaci anestetici, ma, a differenza del ctu di primo grado, ritiene la prima ipotesi meno attendibile.

Nel senso di una minore attitudine probabilistica, secondo il collegio peritale, militano

  • il difetto di evidenza alcuna in tale senso, né alla stregua del decorso clinico, né alla stregua dell’esame obbiettivo, né alla stregua degli esiti degli esami compiuti sul paziente
  • il fatto che le diagnosi dei sanitari di due diverse strutture ospedaliere che ebbero in cura il paziente, mai accennarono alla ipotesi di una tromboembolia polmonare
  • il fatto che, a differenza di quanto ritenuto dal ctu che operò nel giudizio di primo grado, “..il riscontro all’interno degli alveoli polmonari di cellule alveolari desquamate commiste a macrofagi ripieni di pigmento emosiderinico è un segno che non ha nulla a che vedere con una diagnostica di tromboembolismo venoso (…) si tratta invece di un segno morfologico di insufficienza cardiaca, che nel caso in esame si è sicuramente verificata, posto che l’arresto cardiaco intra-operatorio ebbe una durata di circa un’ora e mezza e la funzione emodinamica venne poi sostenuta farmacologicamente..”. (pagg. 25 e 26 consulenza di secondo grado)
Il collegio peritale invece censura — quale espressione di colpa medica — la condotta dei sanitari quanto alla gestione della anestesia generale.
Osservano i consulenti di ufficio (pagg. 27 e segg.):
  1. che per la anestesia generale furono impiegati alotano e labetololo 
  2. che “..la somministrazione dei due farmaci richiede la massima attenzione, in modo da intervenire rapidamente in caso di pericolo..”
  3. che “..dalla lettura della scheda anestesiologica si evince invece che la sospensione del labetololo è stata fatta alle ore 12.50, orario in cui era già in essere una situazione di marcatissima ipotensione e assenza di polsi periferici..”
  4. che “..in pratica si è verificato un effetto sinergico e sommatorio dell’alotano e del labetololo e una brachicardia con ipotensione arteriosa severe, con esito nell’arresto cardio-circolatorio. la correzione di tale situazione non è stata tempestiva e certamente la sospensione del labetalolo è stata tardiva..”
  5. che “..non si sa quanto labetololo sia stato effettivamente infuso dal momento che la somministrazione è avvenuta in modo molto empirico. Non risulta peraltro che sia stato almeno utilizzato un semplice sistema “dial-a-flo” all’epoca molto utilizzato, un contagocce che avrebbe consentito una infusione più precisa..”
  6. che “..emergono quindi profili di responsabilità professionale, posto che una più precoce sospensione del labetololo ed una più rapida correzione della situazione di ipotensione e brachicardia ingravescenti avrebbero probabilmente evitato l’arresto cardiaco intra-operatoro e, di conseguenza, il decesso..”.
I consulenti di parte convenuta appellata non concordano con le conclusioni sopra riassunte, affermando che la gestione anestesiologia dei sanitari sarebbe scevra da censure, pure concordando con la ricostruzione della dinamica dei fatti e della causa del decesso. Essi affermano: “..se alle ore 12.55 la situazione emodinamica era sotto controllo (…) e poco prima delle 13 abbiamo l’arresto cardiaco con immediato inizio delle manovre rianimatorie, non si vede il paventato ritardo assistenziale..”.

Il collegio peritale sul punto afferma (pagg. 30 e 31): “..dobbiamo invece ribadire che sarebbe stato possibile evitare l’arresto cardiaco intra-operatorio (e, di conseguenza, il successivo decesso) con una più precoce sospensione del labetololo ed una più rapida correzione della situazione di ipotensione e brachicardia ingravescenti. In altri termini, le osservazioni dei CCTTPP in merito alla correttezza della procedura ed alla tempestività delle manovre contrastanti la ingravescente defaillance cardio-circolatoria, non trovano adeguato supporto documentale. Dalla disamina della documentazione, emerge infatti che la brachicardia e la ipotensione arteriosa hanno avuto decorso progressivamente ingravescente fino all’arresto, senza essere adeguatamente contrastate in un paziente in cui era in corso la contemporanea somministrazione di alotano e labetololo (che hanno effetto sinergico sullo scadimento dell’emodinamica)..”.

Il collegio peritale, dunque, conclude nel senso di una responsabilità colposa dei medici nei termini sopra indicati, in rapporto di causalità con il decesso. Su tale ultimo punto si disattende la allegazione difensiva della Azienda convenuta in punto difetto di prova del nesso causale: i periti hanno all’evidenza ritenuto che un tempestivo e corretto intervento dei sanitari, diretto a contrastare nei termini indicati dai consulenti la ingravescenza delle condizioni del paziente, ne avrebbe salvato la vita in termini di “più probabile che non“.
Tale convincimento del collegio peritale appare condivisibile — e preferibile rispetto alle conclusioni dei consulenti di parte convenuta, in ragione di un duplice ordine di rilievi:
  1. Alle ore 12.50 viene sospesa la infusione di labetololo, in un quadro clinico del paziente sostanzialmente non difforme dalla situazione che si era registrata già alle 12.40. Posto come si versasse già in una condizione di “..marcatissima ipotensione e assenza di polsi periferici..” (pag. 27 ctu), ragionevole è ritenere che tale operazione di emergenza avrebbe dovuto essere posta in essere quantomeno alle 12.40, cioè 10 minuti prima
  2. Non si contrasta da parte dei consulenti di parte convenuta il rilievo dei ccttu allorché essi affermano: “..non si sa quanto labetololo sia stato effettivamente infuso dal momento che la somministrazione è avvenuta in modo molto empirico. Non risulta peraltro che sia stato almeno utilizzato un semplice sistema “dial-a-flo” all’epoca molto utilizzato, un contagocce che avrebbe consentito una infusione più precisa..”. In un contesto di responsabilità contrattuale, insiste sul convenuto provare la correttezza del proprio adempimento. Posto come il labetololo “..rischia di favorire una riduzione importante della portata cardiaca..” e la sua somministrazione — in un contesto quale quello che occupa, in cui si faceva luogo a sommatoria di effetti anestesiologici con altri farmaci — “..richiede dunque la massima attenzione, in modo da intervenire rapidamente in caso di pericolo..”, la oggettiva incertezza dell’esatto quantitativo somministrato esprime un autonomo profilo di negligente gestione della anestesia, avuto segnatamente riguardo al repentino ed importante calo dei valori di pressione e frequenza cardiaca del paziente nell’immediato post
Quanto alla liquidazione del danno risarcibile si osserva quanto segue.
Nulla circa la richiesta di risarcimento del danno patrimoniale indicato dagli attori appellanti quale perdita dell’unica fonte di reddito familiare, atteso come non siano rinvenute in atti le copia delle buste paga di T(omissis) M(omissis) che gli attori affermano avere prodotto allegandole alla memoria autorizzata 14 – 21 maggio 2001.
In tale assetto, non è dato ritenere raggiunta la prova di un reddito percepito dal paziente.
Nulla circa la richiesta di risarcimento iure hereditario del danno biologico e del danno morale.
Muovendo dal canone sistematico indicato da Sez. 3, Sentenza n. 19133 del 20/09/2011 laddove si afferma che «..in tema di risarcimento del danno non patrimoniale, quando all’estrema gravità delle lesioni, segua, dopo un intervallo temporale brevissimo (nella specie due giorni), la morte, non può essere risarcito il danno biologico “terminale” connesso alla perdita della vita come massima espressione del bene salute, ma esclusivamente il danno morale, dal primo ontologicamente distinto, fondato sull’intensa sofferenza d’animo conseguente alla consapevolezza delle condizioni cliniche seguite al sinistro..», si osserva: 
  • Come la estrema prossimità temporale tra l’arresto cardiocircolatorio ed il decesso osti al riconoscimento di un danno biologico in capo a T(omissis) M(omissis)
  • Come del pari debba escludersi la ricorrenza di un danno morale a carico del paziente, atteso come egli non abbia mai ripreso conoscenza dall’inizio dell’intervento sino al decesso.
Si riconosce viceversa il fondamento della domanda risarcitoria avente ad oggetto il danno da perdita del rapporto parentale.
La giovane età del paziente e la indole assolutamente imprevedibile del decesso, elementi che hanno sconvolto sia l’equilibrio affettivo degli attori che la loro pianificazione di vita familiare futura, inducono a fare luogo alla liquidazione di tale voce di danno muovendo da valori prossimi al massimo previsto nelle tabelle redatte per l’anno 2018 dall’osservatorio della giustizia civile del Tribunale di Milano, per un importo pari ad euro 310.000,00 per ciascuno degli attori.
Tale importo viene devalutato alla data del sinistro per essere quindi rivalutato e maggiorato degli interessi al saggio legale sulla somma annualmente rivalutata, per un importo liquidato alla attualità — con conversione in credito di valuta — in euro 458.522,30.
Tale ultimo importo, liquidato in favore di ciascuno degli attori a titolo di ristoro onnicomprensivo del danno non patrimoniale iure proprio, dovrà essere maggiorato degli interessi al saggio legale dalla pubblicazione della sentenza al saldo.
Le spese dei due gradi di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
Le spese delle ctu di entrambi i gradi di giudizio sono definitivamente poste a carico della Azienda USL di Bologna nord.
  1. Q. M.
La Corte di appello di Bologna, sezione seconda civile, definitivamente pronunciando nella causa n. 2362/2009 r.g., in riforma della sentenza del Tribunale di Bologna n. 3194/08 r.sent, del 17 gennaio 2008, depositata il giorno 11 dicembre 2008, ogni diversa istanza disattesa,
I – Dichiara tenuta e condanna la Azienda USL di Bologna nord, in persona del legale rappresentante, al pagamento in favore di XX e di YY della somma di euro 458.522,30 ciascuno da maggiorarsi degli interessi al saggio legale dalla pubblicazione della sentenza al saldo
II – condanna la Azienda USL di Bologna nord, in persona del legale rappresentante, alla rifusione in favore di controparte delle spese di lite che si liquidano
  • quanto al giudizio di primo grado in complessivi euro 13.340,00 di cui euro 12.000,00 per onorario ed euro 1.340,00 per diritti di avvocato oltre ad accessori di legge
  • quanto al giudizio di secondo grado in complessivi euro 11.500,00 oltre a spese generali ed accessori di legge
III – pone definitivamente a carico della Azienda USL di Bologna nord le spese di ctu di entrambi i gradi di giudizio.
Così deciso in Bologna, nella camera di consiglio della seconda sezione civile, il 22 gennaio 2019
Il Presidente
Paola Montanari
L’estensore 
Enrico Saracini 
Depositata in Cancelleria il Pubblicazione del 6 Marzo 2019
SOLUZIONE RISARICMENTO DANNI MALASANITA’ AUSL AUSL MALASANITA’
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