RESPONSABILITA’ DEI GENITORI SU FIGLIO INCAPACE COME QUANDO

IL FATTO L.R.R. nel 2007 citò in giudizio dinanzi al Tribunale di Alessandria i coniugi F.G. e M.S. , chiedendo che fossero condannati a risarcirgli i danni patiti in conseguenza dell’uccisione del fratello L.R.G. da parte del figlio maggiorenne dei convenuti, F.S. , infermo di mente e socialmente pericoloso, che essi non avevano sottoposto ad adeguata sorveglianza. Il F. , già sottoposto a procedimento penale in relazione alla morte del L.R. per i reati di omicidio volontario e occultamento di cadavere aggravati dalla futilità dei motivi, era stato assolto perché incapace di intendere e di volere al momento dei fatti, a causa della sua infermità mentale.

Il trasferimento del dovere di sorveglianza, avvenuto tra i genitori dell’incapace, entrambi informati e consapevoli delle problematiche mentali del figlio, esclude in radice la responsabilità della M. , la quale, diversamente da quanto opinato dal ricorrente, non era tenuta a fornire la prova liberatoria di cui all’art. 2047 c.c., in quanto tale onere probatorio – funzionale a superare la presunzione di colpa mediante la dimostrazione di aver avere adottato tutte le cautele normalmente appropriate in relazione allo stato e alle condizioni dell’incapace – presuppone la titolarità attuale, in capo all’onerato, del dovere di sorveglianza, mentre, nel caso di specie, tale dovere non incombeva sulla madre dell’incapace, per essersene essa legittimamente spogliata mediante affidamento ad altra persona, ragionevolmente reputata idonea con valutazione ex ante prima del compimento dell’illecito. Il ricorso va pertanto rigettato Ricostruisce come responsabilità diretta per colpa l’ipotesi di responsabilità disciplinata dall’art. 2047 c.c., che pone una presunzione di responsabilità a carico dei soggetti tenuti alla sorveglianza dell’incapace, sulla scorta di una consolidata giurisprudenza di legittimità. Richiama altresì l’orientamento giurisprudenziale, che richiede una rigorosa prova liberatoria a carico del soggetto tenuto alla sorveglianza ex art. 2047 c.c., ovvero la prova di non aver potuto impedire il danno per un ‘fatto impeditivo assoluto’.
Sostiene che dal soggetto tenuto alla sorveglianza si richiede una diligenza ben superiore alla media, anche nel momento in cui intenda spogliarsi del dovere di sorveglianza, trasferendolo a terzi. Sostiene altresì, contrariamente a quanto affermato nella sentenza impugnata, che: 1) non sempre il venir meno della convivenza faccia venir meno l’obbligo di sorveglianza; 2) il trasferimento da un soggetto all’altro o la cessazione dell’obbligo di vigilanza in capo ad uno dei genitori non possono ritenersi avvenuti automaticamente col trasferimento del figlio presso il padre, in quanto sarebbe stata necessaria da parte della madre una attenta e preliminare verifica circa l’idoneità del padre (che non frequentava il figlio da dieci anni e non si era mai curato di lui) ad esercitare per il futuro la sorveglianza sull’incapace. Aggiunge che queste circostanze di fatto, riportate nella sentenza di primo grado, non sono state in realtà contestate dalla M. , che si è limitata a dire che, venuta meno la convivenza, fosse venuta meno la sua responsabilità, e pertanto si dovrebbero ritenere acquisite.
Denuncia la violazione del principio di diritto fissato da Cass. n. 1148 del 2005: ‘Qualora la responsabilità del genitore per il danno cagionato da fatto illecito del figlio minore trovi fondamento, essendo il minore incapace di intendere e volere al momento del fatto, nella fattispecie autonoma di cui all’art, 2047 cod. civ. e non in quella di cui all’art. 2048 cod. civ., incombe sul genitore del danneggiale la prova dell’affidamento ad altro soggetto della sorveglianza dell’incapace. Detta prova è particolarmente rigorosa, dovendo egli provare di non aver potuto impedire il fatto e quindi dimostrare un fatto impeditivo assoluto. (Nella specie, relativa all’infortunio occorso ad un minore colpito con un ceppo di legno da altro fanciullo di sette anni che giocava con lui, la S. C. ha cassato la sentenza di merito che aveva escluso la responsabilità dei genitori del danneggiale, essendo presente al gioco il padre del danneggiato, assumendo che la madre del primo, allontanatasi, aveva ritenuto tacitamente delegata all’altro adulto rimasto la sorveglianza del proprio figlio minore)’. Con il secondo motivo il fratello del defunto L.R. denuncia la insufficiente o contraddittoria motivazione della sentenza di appello per aver la corte ritenuto che la volontà della madre di abbandonare il figlio equivalesse a dismissione della responsabilità e con il terzo motivo denuncia l’omessa motivazione per non aver minimamente affrontato il profilo della omessa verifica da parte della M. della adeguatezza delle collocazione del figlio presso il padre, che non lo vedeva e non lo frequentava da dieci anni.
