OMICIDIO STRADALE AVVOCATO ESPERTO RIMINI FORLI CESENA

OMICIDIO STRADALE AVVOCATO ESPERTO RIMINI FORLI CESENA IMOLA BOLOGNA REATO – Nesso di causalità – Concorso di cause – Causa sopravvenuta – Omicidio colposo da incidente stradale – Errore nella prestazione delle cure alla vittima dell’incidente – Interruzione del nesso di causalità – Esclusione. (Cp, articoli 40, 41, comma 2, 589)

AVVOCATOESPERTO INCIDENTI GRAVI E MROTALI BOLOGNA RAVENNA FORLI REGGIO EMILIA CESENA RIMINI
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L’eventuale errore dei sanitari nella prestazione delle cure alla vittima di un incidente stradale non può ritenersi causa autonoma e indipendente, tale da interrompere il nesso causale tra il comportamento di colui che ha causato l’incidente e la successiva morte del ferito: ciò in quanto l’errore medico non costituisce un accadimento al di fuori di ogni immaginazione, a maggior ragione nel caso in cui l’aggravamento della situazione clinica del ferito e la necessità di interventi chirurgici complessi risultino preventivabili in ragione della gravità delle lesioni determinate dall’incidente stradale. Piuttosto, l’interruzione del nesso causale tra condotta ed evento può configurarsi solo quando la causa sopravvenuta innesca un rischio nuovo e del tutto eccentrico rispetto a quello originario attivato dalla prima condotta, ma ciò non può affermarsi quando – come nella specie, caratterizzata da gravi lesioni subite dalla vittima dell’incidente stradale – l’eventuale comportamento negligente di un terzo soggetto trovi la sua origine e spiegazione nella condotta colposa altrui.

Omicidio – Stradale – Nuova disciplina – Attenuanti generiche, equivalenti all’aggravante di cui al previgente terzo comma dell’art. 589 c.p. – Applicabilità del comma 7° dell’art. 589 bis c.p. – Esclusione.

Il reato di omicidio stradale (art. 589 bis c.p.), introdotto dall’art. 1, comma 1°, della legge 23 marzo 2016 n. 41, costituisce una figura autonoma di reato e non una fattispecie circostanziata del comune reato di omicidio colposo, la cui applicabilità come norma sopravvenuta più favorevole nel caso di cui al comma VII, (che prevede la riduzione fino alla meta della pena ordinaria della reclusione da due a sette anni “qualora l’evento non sia esclusiva conseguenza dell’azione o dell’omissione del colpevole”) non potrebbe tuttavia aver luogo nell’ipotesi che siano state riconosciute al colpevole le attenuanti generiche, valutate come equivalenti all’aggravante di cui all’allora vigente terzo comma dell’art. 589 c.p., giacche per effetto di tali attenuanti la pena minima applicabile sarebbe quella di mesi sei di reclusione, prevista per il reato non aggravato dal primo comma di detto ultimo articolo, mentre quella applicabile ai sensi del comma VII dell’art. 689 bis sarebbe quella di mesi otto.

OMICIDIO STRADALE AVVOCATO ESPERTO RIMINI FORLI CESENA
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 gli estremi edittali della fattispecie contestata (articolo 589-bis c.p., comma 1) sono compresi fra due e sette anni di reclusione, esattamente come quelli stabiliti dall’articolo 589 c.p., comma 2, nel testo vigente prima dell’entrata in vigore della citata L. n. 41 del 2016 con riferimento al delitto di omicidio colposo commesso con violazione delle norme sulla circolazione stradale.

Ma, mentre in quest’ultimo caso era configurabile una circostanza aggravante del delitto di omicidio colposo di cui al primo comma dell’articolo 589 c.p. (circostanza aggravante che, si badi, era soggetta a giudizio di bilanciamento,

atteso che il previgente testo dell’articolo 590-ter c.p. qualificava come aggravante rinforzata, sottratta come tale alla comparazione di cui all’articolo 69 c.p., solo quella di cui all’articolo 589, comma 3), nel caso di cui all’articolo 589-bis c.p., comma 1, deve parlarsi di ipotesi autonoma di reato (cfr. sul punto Sez. 4, n. 29721 del 01/03/2017, Venni, Rv. 270918). Cio’ del resto trova rispondenza, nel caso di specie, come si ricava dai passaggi attraverso i quali si e’ giunti alla determinazione della pena patteggiata: il computo delle circostanze attenuanti generiche ha infatti determinato una diminuzione di un terzo rispetto alla pena minima edittale (passata da due anni e un anno e quattro mesi di reclusione), laddove, qualora le suddette attenuanti ex articolo 62-bis c.p. fossero state applicate al previgente articolo 589 c.p., comma 2, per effetto del giudizio di comparazione la pena minima applicabile sarebbe stata quella dell’ipotesi-base di cui al primo comma dello stesso articolo, ossia sei mesi di reclusione in caso di giudizio di equivalenza, che sarebbero potuti scendere a quattro mesi nel caso di giudizio di prevalenza delle attenuanti generiche.

OMICIDIO STRADALE AVVOCATO ESPERTO RIMINI FORLI CESENA
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E’ noto che, secondo un’impostazione tradizionale risalente ai primi anni di operativita’ del codice di rito oggi vigente, si affermava che la sentenza che recepisce l’intesa raggiunta dalle parti sul quantum della pena da applicarsi in concreto e’ ricorribile per Cassazione, oltre che per errores in procedendo, per mancato proscioglimento – ricorrendone le condizioni – ai sensi dell’articolo 129 c.p.p. (Sez. F, n. 2692 del 14/09/1990, Lofti Ben T., Rv. 185716).

Progressivamente si ammise che il ricorso per cassazione avverso sentenza di patteggiamento potesse essere presentato anche in relazione a pena illegale, ma cio’ essenzialmente con riferimento al caso in cui il risultato finale del calcolo non risultasse conforme a legge (cfr. ad es. Sez. 6, n. 18385 del 19/02/2004, Obiapuna, Rv. 228047; e, piu’ di recente, Sez. F, n. 38566 del 26/08/2014, Yossef, Rv. 261468).

Negli ultimi anni, tuttavia, la nozione di pena illegale (oggi espressamente menzionata fra i casi in cui e’ ammesso il ricorso per cassazione avverso la sentenza a pena patteggiata, in base all’articolo 448 c.p.p., comma 2-bis, introdotto dalla L. 23 giugno 2017, n. 103, articolo 1, comma 50) ha subito un’evoluzione che ne ha esteso la portata, anche con riguardo all’ammissibilita’ del ricorso per cassazione contro la sentenza di applicazione di pena ex articolo 444 c.p.p.. Soprattutto in seguito al mutamento del quadro edittale relativo ai reati in materia di stupefacenti (determinato sia dalle conseguenze della sentenza n. 32/2014 della Corte Costituzionale, sia dall’entrata in vigore del Decreto Legge 20 marzo 2014, n. 36, conv. con mod. dalla L. 16 maggio 2014, n. 79), la Corte di legittimita’ ha avuto modo di affermare, a piu’ riprese e anche a Sezioni Unite, che e’ affetta da illegalita’ sopravvenuta la pena applicata sul consenso delle parti in base a parametri edittali successivamente modificati da una legge penale piu’ favorevole, o colpiti da declaratoria d’illegittimita’ costituzionale, anche quando la pena concretamente irrogata sia compresa entro i limiti edittali nella specie applicabili.

Basti qui ricordare la sentenza a Sezioni Unite Jazouli, che, con riferimento a un ricorso avverso sentenza di patteggiamento, ha affermato l’illegalita’ della pena determinata attraverso un procedimento di commisurazione che si sia basato, per le droghe cosiddette “leggere”, sui limiti edittali del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73 come modificato dalla L. n. 49 del 2006, in vigore al momento del fatto, ma dichiarato successivamente incostituzionale con sentenza n. 32 del 2014, anche nel caso in cui la pena concretamente inflitta sia compresa entro i limiti edittali previsti dall’originaria formulazione del medesimo articolo, prima della novella del 2006, rivissuto per effetto della stessa sentenza di incostituzionalita’ (Sez. U, n. 33040 del 26/02/2015, Jazouli, Rv. 264205 e 264206).

Analogamente la sentenza a Sezioni Unite Marcon ha affermato che la pena applicata con la sentenza di patteggiamento avente ad oggetto uno o piu’ delitti previsti dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73 relativi alle droghe c.d. leggere, divenuta irrevocabile prima della sentenza n. 32 del 2014 della Corte costituzionale, deve essere rideterminata in sede di esecuzione in quanto pena illegale, e cio’ anche nel caso in cui la pena concretamente applicata sia compresa entro i limiti edittali previsti dall’originaria formulazione del medesimo articolo, prima della novella del 2006, rivissuto per effetto della stessa sentenza di incostituzionalita’. (Sez. U, n. 37107 del 26/02/2015, Marcon, Rv. 264857).

In altre pronunzie l’illegalita’ della pena patteggiata e’ stata affermata anche per i reati commessi prima della data di entrata in vigore del Decreto Legge 20 marzo 2014, n. 36, conv. con mod. dalla L. 16 maggio 2014, n. 79, che ha ridotto i limiti edittali della sanzione irrogabile per il fatto di lieve entita’ di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 5, anche qualora la pena determinata in concreto sia compresa all’interno della forbice edittale (cfr. Sez. 2, Sentenza n. 2702 del 18/11/2015, dep. 2016, Nuti, Rv. 265822; Sez. 4, n. 49531 del 21/11/2014, Loconte, Rv. 261074).

Ne deriva una nozione di pena illegale che, lungi dal riferirsi esclusivamente al trattamento sanzionatorio che si collochi al di fuori della misura determinata dalla legge, e’ comprensiva anche dell’ipotesi in cui la pena applicata in concreto rientra in tale misura, ma si fonda su parametri astratti che nel frattempo sono stati modificati; e cio’ pur quando il trattamento sanzionatorio sia frutto della volonta’ delle parti formalizzata attraverso il patteggiamento.

Nel caso oggetto del presente giudizio, la pena era stata pattuita in misura tale da rientrare sia all’interno dei limiti edittali in vigore al momento dell’evento (ossia del decesso della persona offesa (OMISSIS), intervenuto il 28 agosto 2016, quando era gia’ in vigore l’articolo 589-bis c.p., oggetto di imputazione e introdotto con la L. n. 41 del 2016), sia all’interno dei limiti edittali piu’ favorevoli vigenti al momento della condotta (ossia il 20 gennaio 2016, quando l’imputato, alla guida dell’autovettura di cui all’imputazione, cagiono’ per colpa l’incidente da cui consegui’ la morte del pedone).

 

Articolo 589 bis 

Omicidio stradale

Testo in vigore dal 25 marzo 2016

Chiunque cagioni per colpa la morte di una persona con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale è punito con la reclusione da due a sette anni.

Chiunque, ponendosi alla guida di un veicolo a motore in stato di ebbrezza alcolica o di alterazione psicofisica conseguente all’assunzione di sostanze stupefacenti o psicotrope ai sensi rispettivamente degli articoli 186, comma 2, lettera c), e 187 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, cagioni per colpa la morte di una persona, è punito con la reclusione da otto a dodici anni.

La stessa pena si applica al conducente di un veicolo a motore di cui all’articolo 186-bis, comma 1, lettere b), c) e d), del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, il quale, in stato di ebbrezza alcolica ai sensi dell’articolo 186, comma 2, lettera b), del medesimo decreto legislativo n. 285 del 1992, cagioni per colpa la morte di una persona.

Salvo quanto previsto dal terzo comma, chiunque, ponendosi alla guida di un veicolo a motore in stato di ebbrezza alcolica ai sensi dell’articolo 186, comma 2, lettera b), del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, cagioni per colpa la morte di una persona, è punito con la reclusione da cinque a dieci anni.

La pena di cui al comma precedente si applica altresì:

1) al conducente di un veicolo a motore che, procedendo in un centro urbano ad una velocità pari o superiore al doppio di quella consentita e comunque non inferiore a 70 km/h, ovvero su strade extraurbane ad una velocità superiore di almeno 50 km/h rispetto a quella massima consentita, cagioni per colpa la morte di una persona;

2) al conducente di un veicolo a motore che, attraversando un’intersezione con il semaforo disposto al rosso ovvero circolando contromano, cagioni per colpa la morte di una persona;

3) al conducente di un veicolo a motore che, a seguito di manovra di inversione del senso di marcia in prossimità o in corrispondenza di intersezioni, curve o dossi o a seguito di sorpasso di un altro mezzo in corrispondenza di un attraversamento pedonale o di linea continua, cagioni per colpa la morte di una persona.

Nelle ipotesi di cui ai commi precedenti la pena è aumentata se il fatto è commesso da persona non munita di patente di guida o con patente sospesa o revocata, ovvero nel caso in cui il veicolo a motore sia di proprietà dell’autore del fatto e tale veicolo sia sprovvisto di assicurazione obbligatoria.

Nelle ipotesi di cui ai commi precedenti, qualora l’evento non sia esclusiva conseguenza dell’azione o dell’omissione del colpevole, la pena è diminuita fino alla metà.

Nelle ipotesi di cui ai commi precedenti, qualora il conducente cagioni la morte di più persone, ovvero la morte di una o più persone e lesioni a una o più persone, si applica la pena che dovrebbe infliggersi per la più grave delle violazioni commesse aumentata fino al triplo, ma la pena non può superare gli anni diciotto.

avvocato a bologna
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Il conducente di un veicolo a motore che, messosi alla guida con un tasso di alcool nel sangue maggiore di 0,8 g/l, causa un incidente con morti o feriti gravi, risponde unicamente delle relative fattispecie aggravate di omicidiostradale o lesioni personali stradali gravi e gravissime, previste rispettivamente dagli articoli 589bis e 590bis del codice penale, e non anche della contravvenzione di guida in stato di ebbrezza, di cui all’articolo 186 del Cds. la L. n. 41 del 2016 ha introdotto nel codice penale una nuova e autonoma figura di reato, l’omicidio stradale di cui all’articolo 589 bis cod. pen., la cui condotta ha caratteristiche specifiche e specializzanti rispetto all’omicidio colposo di cui all’articolo 589 cod. pen. (Sez. 4 n. 29721 del 1.03.2017 rv. 270918). La nuova fattispecie normativa ha previsto poi ipotesi aggravate che hanno a riferimento un’articolata disciplina per chi guida in stato di alterazione alcolica o da stupefacenti causi l’evento mortale. In particolare l’articolo 589bis c.p., comma 4, fa riferimento alla condotta chi ponendosi alla guida di un veicolo a motore in stato di ebbrezza alcolica ai sensi dell’articolo 186 C.d.S., comma 2, lettera b) (tasso alcolemico superiore a 0.8 e non superiore a 1,5 g/l) del Decreto Legislativo n. 285 del 1992 cagioni per colpa la morte di una persona e prevede la pena da cinque a dieci anni di reclusione.

La pena prevista e’ da otto a dodici anni di reclusione quando il tasso oltrepassi 1,4 gr/l o vi sia stata assunzione di sostanze stupefacenti o psicotrope (articolo 589 bis c.p., comma).

E’ previsto infine un cumulo giuridico di pene per l’ipotesi di morte di piu’ persone ovvero morte di una o piu’ persone e lesioni a una o piu’ persone. In questo caso la pena riguarda la violazione piu’ grave innalzata fino al triplo, con il limite massimo di diciotto anni.

Analoga disciplina e’ prevista per gli articoli 590 bis e 590 ter cod. pen..

E’ chiaro che la nuova fattispecie aggravata, applicabile solo al conducente di un veicolo a motore, si pone come assorbente rispetto all’illecito contravvenzionale di cui all’articolo 186 citato (cfr. Sez.4 26857 del 29.05.2018 n.m).

Invero la nuova formulazione normativa tratteggia una chiara sovrapposizione soggettiva e oggettiva delle condotte punite; il fatto stigmatizzato dalla contravvenzione puo’ dirsi assorbito dalla specifica circostanza aggravante prevista nel reato di omicidio stradale che si configura cosi’ come reato complesso.

La disciplina del reato complesso di cui all’articolo 84 cod. pen. definisce e consacra un principio fondamentale del moderno ordinamento democratico e cioe’ quello di non addebitare piu’ volte all’imputato lo stesso fatto storico

purche’ esso sia il momento di emersione di un’unica contrapposizione cosciente e consapevole dell’individuo alle regole che disciplinano la vita dei consociati e che sostanzia il c.d. ne bis in idem sostanziale. Pare chiaro che a livello di fattispecie astratta la tipizzazione del delitto di omicidio stradale aggravato, cosi’ come configurato dal legislatore, prende in considerazione un fatto, l’azione di chi guida in stato di ebbrezza, autonomamente punito dal codice della strada, con la finalita’ di unificare in una sola fattispecie criminosa la condotta di chi con tale comportamento causa un evento mortale, prevedendo anche un trattamento sanzionatorio diversificato a seconda che si tratti di ebbrezza grave o intermedia. In tema di omicidio colposo, in relazione alla formulazione dell’art. 589 cod. pen. come risultante dal d.l. 23 maggio 2008, n. 92, conv. in legge 24 luglio 2008, n. 125 – anteriore all’introduzione, ex art. 1, comma 1 e 2, legge 23 marzo 2016, n. 41, delle nuove fattispecie autonome dell’omicidio stradale e delle lesioni personali stradali gravi e gravissime – è configurabile il concorso materiale tra l’omicidio colposo qualificato dalla circostanza aggravante della violazione di norme sulla circolazione stradale, quando detta violazione dia di per sé luogo ad un illecito contravvenzionale, e le contravvenzioni di guida in stato di ebbrezza o sotto l’influenza di sostanze stupefacenti.

L’eventuale negligenza o imperizia dei sanitari nella prestazione delle cure alla vittima di un incidente stradale,

 ancorchè di elevata gravità, non può ritenersi causa autonoma ed indipendente, tale da interrompere il nesso causale tra il comportamento di colui che ha causato l’incidente e la successiva morte del ferito. (Nella specie, la Corte ha escluso l’interruzione del nesso di causalità in relazione al decesso della vittima per insufficienza cardiocircolatoria con coma da shock emorragico in soggetto politraumatizzato da lesioni stradali, intervenuto a circa un mese di distanza dal sinistro, rilevando che i potenziali errori di cura costituiscono, rispetto al soggetto leso, un fatto tipico e prevedibile, mentre, ai fini della esclusione del nesso di causalità, occorre un errore del tutto eccezionale, abnorme, da solo determinante l’evento letale).