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Quando il danno derivato da un incidente stradale è particolarmente grave, l’assicurazione è tenuta a risarcire non solo l’automobilista che si è fatto male, ma anche i suoi familiari. E ciò vale, ancor di più, nel triste caso di morte del primo.

La Corte ricorda che per “persona danneggiata” si intende non solo la vittima diretta dell’incidente, ma anche i prossimi congiunti (i familiari) o gli aventi causa della stessa (ossia gli eredi, in caso di decesso).

Non solo. I danni non vanno necessariamente risarciti tutti nell’ambito del massimale; al contrario il limite del risarcimento è quello previsto per ciascuna persona danneggiata, distintamente per ciascun danno, salvo il limite del massimale cosiddetto “catastrofale” .

 

 

I DANNI RISARCIBILI NEGLI INCIDENTI MORTALI

 

Va riconosciuto il diritto al risarcimento dei danni patrimoniali e morali a tutti i parenti conviventi della vittima di un incidente stradale mortale: per il ristoro devono essere valutati “l’an e il quantum” del danno de quo compresi nella domanda introduttiva del giudizio.

 

 

Il danno morali, per la reale sofferenza e il turbamento conseguenti alla morte del congiunto;

I danni patrimoniali: ad esempio dalle spese funerarie al danno lucro cessante cioè il mancato redddito che i congiunti avranno dalla morte del famigliare

Il danno da morte “iure hereditatis” : consiste nel risarcimento per il danno biologico e morale subito dal defunto e trasmissibile agli eredi, per la durata del periodo intercorso tra il sinistro ed il decesso, nel caso in cui la morte non sia sopravvenuta immediatamente al fatto ma solo in seguito, tale danno comprende anche le conseguenti spese mediche, ospedaliere, di trasporto, di esami specialistici, ecc. che i familiari hanno dovuto sostenere tra l’occorso e la morte del congiunto;

 

RECENTEMENTE LA CASSAZIONE CON SENTENZA Cass.civ. sez. III ord. 8 aprile 2020 n. 774 HA AFFERMATO IL SEGUENTE PRINCIPIO :

“in caso di domanda di risarcimento del danno non patrimoniale “da uccisione”, proposta “iure proprio” dai congiunti dell’ucciso, questi ultimi devono provare la effettività e la consistenza della relazione parentale, rispetto alla quale il rapporto di convivenza non assurge a connotato minimo di esistenza, ma può costituire elemento probatorio utile a dimostrarne l’ampiezza e la profondità, e ciò anche ove l’azione sia proposta dal nipote per la perdita del nonno; infatti, non essendo condivisibile limitare la “società naturale”, cui fa riferimento l’art. 29 Cost., all’ambito ristretto della sola cd. “famiglia nucleare”, il rapporto nonni-nipoti non può essere ancorato alla convivenza, per essere ritenuto giuridicamente qualificato e rilevante, escludendo automaticamente, nel caso di non sussistenza della stessa, la possibilità per tali congiunti di provare in concreto l’esistenza di rapporti costanti di reciproco affetto e solidarietà con il familiare defunto” (da ultimo, Cass. Sez. 3, n. 29332 del 07/12/2017);

 

 

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In tema di risarcibilità dei danni conseguiti da fatto illecito (o da inadempimento, nell’ipotesi di responsabilità contrattuale) il nesso di causalità va inteso in modo da ricomprendere nel risarcimento anche i danni indiretti e mediati che si presentino come effetto normale secondo il principio della cd. regolarità causale”. Cass. Civ. III sez. 4/07/2006 n.15274

Detto principio va applicato e correlato alla normativa codicistica in materia di assicurazione automobilistica obbligatoria, ovvero alle norme di cui agli artt. 145-148-149 del  C.d.Ass..

Come è noto la procedura di liquidazione del danno da parte della compagnia del responsabile civile, o dell’assicuratore del danneggiato stesso in caso di “indennizzo diretto”, sono regolamentate dagli articoli su indicati, che pongono a carico del danneggiato precise modalità di richiesta danni.

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  • Purtroppo quando a un nostro parente o famigliare stretto capita un incidente con esiti mortali, sui viene presi da uno stato assoluto di disperazione e impotenza.

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Contro la morte nessuno puo’ fare nulla”!!

I famigliari potranno avere il danno morale e eventualmente il danno biologico jure ereditatis e il danno patrimoniale da mancato reddito a seguito della morte del famigliare.

Secondo il consolidato insegnamento della giurisprudenza della Corte, la categoria generale del danno non patrimoniale – che attiene alla lesione di interessi inerenti alla persona non connotati da valore di scambio – presenta natura composita, articolandosi in una serie di aspetti (o voci) aventi funzione meramente descrittiva, quali il danno morale (identificabile nel paterna d’animo o sofferenza interiore subiti dalla vittima dell’illecito, ovvero nella lesione arrecata alla dignità o integrità morale, quale massima espressione della dignità umana), quello biologico (inteso come lesione del bene salute) e quello esistenziale (costituito dallo sconvolgimento delle abitudini di vita del soggetto danneggiato), dei quali – ove essi ricorrano cumulativamente – occorre tenere conto in sede di liquidazione del danno, in ossequio al principio dell’integralità del risarcimento, senza che a ciò osti il carattere unitario della liquidazione, da ritenere violato solo quando lo stesso aspetto (o voce) venga computato due (o più) volte sulla base di diverse, meramente formali, denominazioni (cfr. Sez. 3, Sentenza n. 1361 del 23/01/2014, Rv. 629364 – 01).

Sul piano strettamente operazionale, muovendo dalla considerazione del danno alla salute (o biologico), il compito cui è chiamato il giudice ai fini della relativa liquidazione, va distinto concettualmente in due fasi: la prima, volta a individuare le conseguenze ordinarie inerenti al pregiudizio, cioè quelle che qualunque vittima di lesioni analoghe subirebbe (tenuto conto che, secondo la definizione di cui all’art. 138, il danno biologico s’intende come la lesione temporanea o permanente all’integrità psicofisica della persona suscettibile di accertamento medico-legale che esplica un’incidenza negativa sulle attività quotidiane e sugli aspetti dinamico-relazionali della vita del danneggiato, indipendentemente da eventuali ripercussioni sulla sua capacità di produrre reddito); la seconda, volta a individuare le eventuali conseguenze peculiari, cioè quelle che non sono immancabili, ma che si sono verificate nel caso specifico. Le prime vanno monetizzate con un criterio uniforme; le seconde con criterio ad hoc scevro da automatismi (cfr. Sez. 3, Sentenza n. 16788 del 13/08/2015, Rv. 636384 – 01).

Da tali premesse discende che, ai fini della c.d. personalizzazione del danno non patrimoniale forfettariamente individuato (in termini monetari) attraverso i meccanismi tabellari cui la sentenza abbia fatto riferimento (e che – occorre ribadire – devono ritenersi destinati alla riparazione delle conseguenze ordinarie inerenti ai pregiudizi che qualunque vittima di lesioni analoghe normalmente subirebbe), spetta al giudice far emergere e valorizzare, in coerenza alle risultanze argomentative e probatorie obiettivamente emerse ad esito del dibattito processuale, le specifiche circostanze di fatto, peculiari al caso sottoposto ad esame, che valgano a superare le conseguenze ordinarie già previste e compensate dalla liquidazione forfettizzata del danno non patrimoniale assicurata dalle previsioni tabellari; da esse distinguendosi siccome legate all’irripetibile singolarità dell’esperienza di vita individuale nella specie considerata, caratterizzata da aspetti legati alle dinamiche emotive della vita interiore, o all’uso del corpo e alla valorizzazione dei relativi aspetti funzionali, di per sè tali da presentare obiettive e riconoscibili ragioni di apprezzamento (in un’ottica che, ovviamente, superi la dimensione economicistica dello scambio di prestazioni), meritevoli di tradursi in una differente (più ricca e, dunque, individualizzata) considerazione in termini monetari, rispetto a quanto suole compiersi in assenza di dette peculiarità.

Tale personalizzazione del danno legato agli aspetti immediatamente riferiti al pregiudizio della salute della vittima è quindi caratterizzata da un’opportuna rivisitazione, e da un aggiuntivo adeguamento monetario, alla luce delle ulteriori circostanze di fatto al cui rilievo e alla cui valorizzazione il giudice è tenuto a provvedere (come già avvertito, sulla base delle risultanze argomentative e probatorie obiettivamente emerse ad esito del dibattito processuale) là dove si profilino aspetti che attengano a una specifica e particolare sofferenza interiore patita dalla vittima dell’illecito (che, in ossequio al linguaggio tradizionale, si traduce con l’espressione che allude al c.d. danno morale soggettivo), e/o alla sofferenza derivante dallo sconvolgimento delle abitudini di vita del soggetto danneggiato che siano ricollegabili (non già al rilievo di aspetti idiosincratici, di comune riferibilità, o di non apprezzabile considerazione, in una prospettiva di solidarietà relazionale, bensì) alla lesione di interessi che assumano consistenza sul piano del disegno costituzionale della vita della persona.

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Il risarcimento previsto dalle tabelle del tribunale di Milano adottate in tutta Italia sono per il coniuge, i figli, i genitori e i fratelli!

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Normalmente ai figli coniuge e genitori viene liquidata una soma dai 150 ai trecentomila euro di danno morale .

Ai fratelli dai 20 agli 80 mila euro, ma è ben difficile arrivare agli ottantamila in sede stragiudiziale con le assicurazioni.

Mentre i cosiddetti prossimi congiunti della vittima del sinistro stradale mortale sono sicuramente legittimati a chiedere i danni, gli altri parenti dovranno provare uno stretto legame affettivo con la persona deceduta.

Ognuno di questi parenti potrà agire anche singolarmente per ottenere la sua parte di risarcimento del danno per l’incidente stradale mortale, oppure i parenti potranno agire tutti insieme.

 

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In caso di incidente mortale, il procedimento penale inizia d’ufficio (cioè automaticamente). Il presunto responsabile viene quindi imputato di lesioni personali colpose lievi, gravi o gravissime o di omicidio colposo (a seconda della gravità dei casi) verso la vittima dell’incidente stradale.

Il risarcimento a causa di un incidente stradale mortale in favore dei prossimi congiunti, conviventi e altri soggetti sono molteplici e comprende:

1)I danni non patrimoniali, o morali, quando previsti dalla legge, e per coloro che siano legittimati, per un reale perturbamento subito causato da incidente stradale mortale.(Es. genitori, moglie,marito, figli,fratelli, zii, ecc.)

2) I danni patrimoniali: comprendono sia i danni emergenti (spese funerarie ed altre tipologie di danno) sia il lucro cessante e/o il mancato guadagno del defunto al bilancio familiare.

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La morte di un parente costituisce un evento che può, in determinate circostanze, far venir meno il sostegno economico-assistenziale fornito al danneggiato dal defunto. Gli esempi, che si possono avere nella realtà di tutti i giorni, sono molteplici: si pensi al mantenimento di un figlio minore gravemente compromesso dal sopraggiungere della morte di uno dei genitori, all’obbligo assistenziale che i figli hanno verso un genitore, agli obblighi di assistenza materiale e morale derivanti dal matrimonio, ai rapporti di convivenza etc. Il defunto, che di volta in volta può ricoprire la veste del marito o della moglie, del figlio o del genitore, del nipote o del nonno, del fratello o della sorella, con la sua scomparsa non può, ovviamente, più contribuire con il suo reddito al mantenimento di quelle persone che, con lui avevano, un particolare rapporto parentale o di convivenza affettiva. 

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Cass., sez. III, 07-11-2002, n. 15641
I genitori di persona minore d’età, deceduta in conseguenza dell’altrui atto illecito, ai fini della liquidazione del danno patrimoniale futuro provocato dal venir meno della aspettativa degli stretti congiunti ad un contributo economico da parte del familiare prematuramente scomparso, hanno l’onere di allegare e provare che il figlio deceduto avrebbe verosimilmente contribuito ai bisogni della famiglia.

 

 La morte dei genitori ha provocato un pregiudizio patrimoniale non a carico dei figli (le cui esigenze di vita sono state completamente assicurate dai nonni materni), ma dei detti nonni materni che hanno dovuto far fronte a tutte le spese del caso.

Cass., sez. III, 28-02-2002, n. 2962
Il diritto al risarcimento del danno patrimoniale subito dai genitori di un minore deceduto in conseguenza di un fatto illecito si sostanzia nel venir meno delle aspettative di un contributo economico che, secondo un criterio di normalità, la vittima avrebbe destinato a loro beneficio; a tal fine non rileva che i genitori stessi dispongano, al momento dell’evento, di fonti di reddito tali da rendere inutile qualsiasi contributo del figlio, salvo che la valutazione complessiva non consenta di presumere, al riguardo, l’assenza di mutamenti del quadro nel corso degli anni.

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Per danno biologico terminale si intende quella particolare forma di danno non patrimoniale rappresentato dal patimento d’animo e dalle sofferenze che la vittima ha patito nel lasso di tempo intercorrente tra il fatto (in questo caso un incidente stradale) e la morte. La liquidazione avviene in via equitativa ma è necessario, appunto, che sia intercorso un lasso di tempo sufficiente tra i due eventi, tale per cui la sofferenza sia prolungata e rappresenti di fatto lesione al bene della vita.

 

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