CONSULENTE FINANZIARIO RADIAZIONE FIRENZE BOLOGNA VICENZA TREVISO PADOVA
AVVOCATO ESPERTO BOLOGNA OPERA IN TUTTA ITALIA
Cassazione civile sez. II, 17/04/2024, n.10341
La sanzione disciplinare della radiazione dall’albo è applicabile anche al consulente finanziario abilitato all’offerta fuori sede che abbia commesso una violazione di particolare gravità
Orbene, premesso che le circostanze sopra indicate sono oggettive, né la opponente ha potuto smentirle, la stessa ha invocato a propria scusante la sostanziale natura di liberalità della dazione di denaro da parte della Va.Il. in favore della Bo.Ad.. Il primo assegno, quello intestato alla Ma.Ma., infatti, a detta della stessa, sarebbe servito per il pagamento delle prestazioni sanitarie tese in favore della anziana madre della opponente presso la casa di cura Mater Dei presso cui era solita curarsi anche la Va.Il. Gli altri due, invece, sarebbero transitati direttamente sul c-c della Bo.Ad., pur se cointestato con la Ma.Ma. per mera comodità”. Sennonché, osserva la sentenza, “al di là delle mere asserzioni della Ma.Ma., non vi è traccia della effettiva volontà di liberalità della Va.Il. nei confronti della signora Bo.Ad., non potendola del resto ricavare dai rapporti instaurati nel corso del tempo tra le famiglie. Fatto sta che tutti e tre gli assegni sono finiti sul c-c di cui era cointestataria anche la Ma.Ma. che ne poteva tranquillamente disporre. Il fatto che poi una parte della somma possa essere staro anche utilizzata, in misura minore, per le cure mediche e per la assistenza sanitaria della di lei madre (la quale comunque ben poteva essere aiutata dalla Ma.Ma. che, unitamente al proprio marito godeva certamente di una capacità reddituale di non poco conto), non giustifica certo la grave condotta della odierna opponente che ha palesemente violato il disposto degli artt. 107 e 108 TUB, configuranti illeciti di mera condotta che prescindono finanche dal verificarsi dell’evento dannoso, essendo preposti a tutela della diligenza, correttezza e trasparenza che sono posti a garanzia della attività della intermediazione finanziaria. Ciò detto, ai sensi dell’art. 110 comma 2 del Reg. Consob, in presenza di siffatte violazioni come contestate alla Ma.Ma. si imponeva necessariamente la più grave delle sanzioni, ovvero la radiazione, non apparendo possibile applicare sanzione meno gravosa come pure invocato dalla predetta”.
- Il primo motivo del ricorso di Ma.Ma. denuncia la violazione o errata applicazione dell’art. 195 del D.Lgs. n. 58 del 1998 e del Regolamento Consobn. 18750 del 2013, nonché l’omesso esame di un fatto decisivo. La censura assume che il fatto oggetto della contestazione disciplinare del 19 novembre 2015 sarebbe stato accertato, a seguito del completamento delle indagini, già in data 29 aprile 2015, dal quale doveva perciò decorrere il termine di centottanta giorni di cui al citato art. 195. La Corte d’appello di Roma nell’ordinanza del 24 novembre 2017, richiamata in sentenza, ha invece individuato quale dies a quo l’esaurimento dell’attività istruttoria coincidente con l’acquisizione della nota del Credit Suisse del 23 settembre 2015, nella quale la banca intermediaria forniva ulteriori informazioni sulle operazioni di incasso degli assegni emessi dalla signora Va.Il. La ricorrente sostiene che questa nota del 23 settembre 2015 nulla avesse aggiunto rispetto a quanto già contenuto nella nota del 9 marzo 2015 proveniente dal medesimo Credit Suisse.
Rigetta, CORTE D’APPELLO ROMA, 15/11/2018
Sanzioni amministrative – Applicazione – — Consulente finanziario – Abilitazione all’offerta fuori sede ex art. 31 del d.lgs. n. 58 del 1998 – Violazioni previste dall’art. 110, comma 2, lett. a) del reg. consob n. 16190 del 2007 – Conseguenze – Radiazione dall’albo – Fondamento.
Al consulente finanziario abilitato all’offerta fuori sede ex art. 31 del d.lgs. n. 58 del 1998 che abbia commesso una delle violazioni contemplate dall’art. 110, comma 2, lett. a) del reg. Consob n. 16190 del 2007 si applica la sanzione disciplinare della radiazione dall’albo, avendo tale previsione regolamentare operato una tipizzazione degli illeciti e collegato la sanzione della radiazione a dette specifiche figure di illeciti ritenute di particolare gravità
Cassazione civile sez. II, 17/04/2024, (ud. 06/03/2024, dep. 17/04/2024), n.10341
Massime
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FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE
- Ma.Ma. ha proposto ricorso articolato in quattro motivi avverso la sentenza n. 7177-2018 della Corte d’appello di Roma, depositata il 15 novembre 2018.
La CONSOB – Commissione Nazionale per le Società e la Borsa, resiste con controricorso.
- La trattazione del ricorso è stata fissata in camera di consiglio, a norma degli artt. 375,comma 2, 4-quater, e 380 bis.1 c.p.c.
Le parti hanno depositato memorie.
- La Corte d’appello di Roma ha rigettato l’opposizione spiegata da Ma.Ma. contro il provvedimento emesso dalla CONSOBin data 2 settembre 2016, che ne ha deliberato la radiazione dall’albo dei consulenti finanziari, a seguito di procedimento disciplinare iniziato il 16 novembre 2015. Alla dottoressa Ma.Ma. sono state contestate più condotte di violazione degli artt. 107, comma 1, e 108, comma 2, del Regolamento recante norme di attuazione del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, in materia di intermediari, adottato dalla Consobcon delibera n. 16190 del 29 ottobre 2007 e successivamente modificato. In particolare, le violazioni delle regole generali di comportamento e delle regole di presentazione e comportamento nei confronti dei clienti o dei potenziali clienti imposte ai consulenti finanziari abilitati all’offerta fuori sede oggetto di lite sarebbero consistite nell’acquisizione della disponibilità di somme e valori di pertinenza di due clienti mediante la ricezione di assegni di conto corrente secondo modalità non consentite.
- La Corte di Roma, dopo aver superato, fra l’altro, le eccezioni di decadenza, richiamando sul punto quanto sostenuto in sede di rigetto dell’istanza dì inibitoria con provvedimento del 24 novembre 2017, ha ritenuto estranea la Ma.Ma. alle contestazioni mosse dalla CONSOBcon riguardo ai rapporti intercorsi tra la signora Va.Il., presidente dell’Ente Cristiana Opera di Riconforto, e l’ingegnere Te.An., marito della ricorrente. La sentenza impugnata ha invece ritenuto “inconfutabilmente provata la piena responsabilità della Ma.Ma. con riferimento agli assegni ricevuti dalla signora Va.Il., tutti di pari importo di Euro 15,000,00 ciascuno, ed in particolare uno di cui diretta beneficiaria è risultata essere in proprio la Ma.Ma. e gli altri due di cui beneficiaria è risultata essere la signora Bo.Ad., madre anziana appunto della Ma.Ma.”.
Proseguendo, ha affermato la Corte d’appello: “Orbene, premesso che le circostanze sopra indicate sono oggettive, né la opponente ha potuto smentirle, la stessa ha invocato a propria scusante la sostanziale natura di liberalità della dazione di denaro da parte della Va.Il. in favore della Bo.Ad.. Il primo assegno, quello intestato alla Ma.Ma., infatti, a detta della stessa, sarebbe servito per il pagamento delle prestazioni sanitarie tese in favore della anziana madre della opponente presso la casa di cura Mater Dei presso cui era solita curarsi anche la Va.Il. Gli altri due, invece, sarebbero transitati direttamente sul c-c della Bo.Ad., pur se cointestato con la Ma.Ma. per mera comodità”. Sennonché, osserva la sentenza, “al di là delle mere asserzioni della Ma.Ma., non vi è traccia della effettiva volontà di liberalità della Va.Il. nei confronti della signora Bo.Ad., non potendola del resto ricavare dai rapporti instaurati nel corso del tempo tra le famiglie. Fatto sta che tutti e tre gli assegni sono finiti sul c-c di cui era cointestataria anche la Ma.Ma. che ne poteva tranquillamente disporre. Il fatto che poi una parte della somma possa essere staro anche utilizzata, in misura minore, per le cure mediche e per la assistenza sanitaria della di lei madre (la quale comunque ben poteva essere aiutata dalla Ma.Ma. che, unitamente al proprio marito godeva certamente di una capacità reddituale di non poco conto), non giustifica certo la grave condotta della odierna opponente che ha palesemente violato il disposto degli artt. 107 e 108 TUB, configuranti illeciti di mera condotta che prescindono finanche dal verificarsi dell’evento dannoso, essendo preposti a tutela della diligenza, correttezza e trasparenza che sono posti a garanzia della attività della intermediazione finanziaria. Ciò detto, ai sensi dell’art. 110 comma 2 del Reg. Consob, in presenza di siffatte violazioni come contestate alla Ma.Ma. si imponeva necessariamente la più grave delle sanzioni, ovvero la radiazione, non apparendo possibile applicare sanzione meno gravosa come pure invocato dalla predetta”.
- Il primo motivo del ricorso di Ma.Ma. denuncia la violazione o errata applicazione dell’art. 195 del D.Lgs. n. 58 del 1998 e del Regolamento Consobn. 18750 del 2013, nonché l’omesso esame di un fatto decisivo. La censura assume che il fatto oggetto della contestazione disciplinare del 19 novembre 2015 sarebbe stato accertato, a seguito del completamento delle indagini, già in data 29 aprile 2015, dal quale doveva perciò decorrere il termine di centottanta giorni di cui al citato art. 195. La Corte d’appello di Roma nell’ordinanza del 24 novembre 2017, richiamata in sentenza, ha invece individuato quale dies a quo l’esaurimento dell’attività istruttoria coincidente con l’acquisizione della nota del Credit Suisse del 23 settembre 2015, nella quale la banca intermediaria forniva ulteriori informazioni sulle operazioni di incasso degli assegni emessi dalla signora Va.Il. La ricorrente sostiene che questa nota del 23 settembre 2015 nulla avesse aggiunto rispetto a quanto già contenuto nella nota del 9 marzo 2015 proveniente dal medesimo Credit Suisse.
5.1. Il primo motivo di ricorso è infondato.
Non sussiste la violazione o falsa applicazione dell’art. 195 del D.Lgs. n. 8 del 1998 e del Regolamento Consob n. 18750 del 2013.
La sentenza della Corte d’appello di Roma, facendo sul punto rinvio per relationem all’ordinanza del 24 novembre 2017, resa in corso di giudizio sull’istanza dì inibitoria con provvedimento, ha considerato la complessità degli accertamenti posti in essere dalla Commissione e le particolarità del caso concreto, anche con riferimento al contenuto e alle date delle operazioni, ed ha richiamato come atto terminale dell’attività istruttoria l’acquisizione della nota del Credit Suisse del 23 settembre 2015, ritenuta rilevante per la contestazione dell’illecito. I giudici del merito hanno così dimostrato una corretta applicazione alla fattispecie di causa del consolidato principio interpretativo, affermato da questa Corte, secondo cui, in materia di sanzioni amministrative previste per la violazione delle norme che disciplinano l’attività di intermediazione finanziaria, la decorrenza del termine da rispettare per la contestazione degli illeciti va individuata nel giorno in cui la CONSOB in composizione collegiale, dopo l’esaurimento dell’attività ispettiva e di quella istruttoria, è in grado di adottare le decisioni di sua competenza, senza che si possa tenere conto di ingiustificati ritardi, derivanti da disfunzioni burocratiche o artificiose protrazioni nello svolgimento dei compiti assegnati ai suddetti organi. Il momento dell’accertamento, dal quale decorre il termine di decadenza per la contestazione degli illeciti da parte della Consob, non deve, perciò, essere fatto coincidere, necessariamente e automaticamente, né con il giorno in cui l’attività ispettiva è terminata, né con quello in cui è stata depositata la relazione dell’indagine, né con quello in cui la Commissione si è riunita per prenderla in esame, poiché la “constatazione” dei fatti non comporta di per sé il loro “accertamento”. Ne consegue che occorre individuare, secondo gli elementi indicatori della situazione concreta, il momento in cui ragionevolmente la constatazione avrebbe potuto essere tradotta in accertamento, momento dal quale deve farsi decorrere il termine per la contestazione stessa (Cass. Sez. Unite, n. 5395 del 2007; Cass. n. 8687 del 2016; n. 9254 del 2018; n. 11961 del 2019; n. 21171 del 2019; n. 9022 del 2023). La ricostruzione e la valutazione delle circostanze di fatto inerenti ai tempi occorrenti per la raccolta e per l’esame degli elementi istruttori necessari a dimostrare la sussistenza degli elementi oggettivi e soggettivi della violazione, e per la successiva contestazione, così come la stima della congruità del tempo utilizzato dalla CONSOB per l’accertamento in relazione alla maggiore o minore difficoltà del caso, sono, tuttavia, rimessi al giudice del merito, con apprezzamento incensurabile in sede di legittimità per violazione o falsa applicazione di norme di diritto.
Neppure sussiste l’omesso esame di fatto, ex art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., in quanto il ricorso non indica un “fatto” storico, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia), limitandosi, in realtà, ad auspicare un diverso e più favorevole esame di elementi istruttori inerenti a fatti comunque presi in considerazione dai giudici del merito. In particolare, la censura non evidenza contenuti rilevanti delle diverse note del 9 marzo, del 31 luglio e del 23 settembre 2015 che, se esaminati dalla Corte d’appello, avrebbero determinato un esito diverso in ordine alla individuazione del momento dell’accertamento degli illeciti ai fini della decorrenza del termine per la contestazione.
- Il secondo motivo di ricorso denuncia la violazione o errata applicazione degli artt. 194-bis e 196 del D.Lgs. n. 8 del 1998, in relazione al Regolamento Consobn. 16190 del 2007, nonché l’omesso esame di un fatto decisivo. La censura attiene alla eccessività della sanzione della radiazione confermata dalla Corte d’appello nonostante la ritenuta estraneità della ricorrente alle contestazioni mosse dalla CONSOBcon riguardo ai rapporti intercorsi tra la signora Va.Il., presidente dell’Ente Cristiana Opera di Riconforto, e l’ingegnere Te.An. La censura tocca anche altri punti: la mancata considerazione della qualifica professionale della Ma.Ma., che è consulente finanziaria e non intermediaria, sicché non erano applicabili nella specie gli artt. 107 e 108 del Regolamento Consob n. 16190 del 2007; la mancata considerazione degli elementi di cui all’art. 194-bis del D.Lgs. n. 8 del 1998; la necessità di rivalutare la congruità della sanzione inflitta dalla Consob alla luce del ridimensionamento dell’importo degli assegni effettivamente ricevuti dalla ricorrente (da Euro 268.000,00 ad Euro 45.000,00); la limitata durata delle condotte.
Il terzo motivo di ricorso denuncia la violazione o errata applicazione degli artt. 196 del D.Lgs. n. 8 del 1998, 107, 108 e 110 del Regolamento Consob n. 16190 del 2007, ed ancora l’omesso esame di fatto decisivo. Si assume l’estraneità delle condotte acclarate (la ricezione di tre assegni per complessivi Euro 45.000,00 dalla cliente Va.Il.) agli artt. 107 e 108 del Regolamento n. 16190 del 2007, essendo piuttosto applicabile l’art. 110, comma 2, lett. b), punto 7 di tale regolamento (“percezione di compensi o finanziamenti in violazione dell’articolo 108, comma 6”), ipotesi sanzionata con la sospensione dall’albo di cui all’articolo 196, comma 1, lettera c), del Testo Unico.
Il quarto motivo di ricorso denuncia, infine, l’omesso esame di fatti decisivi, avendo la Corte d’appello confermato la sanzione della radiazione inflitta dalla Consob, la quale aveva fatto però riferimento all’entità degli importi sottratti ai clienti, alla durata ed alle modalità delle condotte, fattori tutti da riconsiderare alla luce degli esiti del giudizio di opposizione.
6.1. Secondo, terzo e quarto motivo di ricorso, per come esposti, vanno esaminati congiuntamente.
Tali censure rivelano profili di inammissibilità ove allegano questioni di diritto e di fatto che non risultano affrontate nella sentenza impugnata, non venendo indicato, agli effetti dell’art. 366, comma 1, n. 6, c.p.c., in quale atto del pregresso giudizio di merito tali questioni fossero state ritualmente dedotte e oggetto di discussione tra le parti.
Le doglianze inerenti alla qualificazione ed alla sussunzione degli illeciti accertati sono comunque da respingere; né risulta integrato il vizio di cui all’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., non avendo la Corte d’appello di Roma omesso l’esame di circostanze rilevanti ai fini della ricostruzione della “quaestio facti” in funzione dell’esatta qualificazione e sussunzione “in iure” della fattispecie.
6.2. La Corte d’appello ha riconosciuto la responsabilità della Ma.Ma. con riferimento ai tre assegni ricevuti dalla signora Va.Il., di importo di Euro 15,000,00 ciascuno, di cui uno avente quale diretta beneficiaria la ricorrente e gli altri due che vedevano quale beneficiaria la anziana madre della stessa e venivano versati sul conto corrente cointestato a quest’ultima ed alla medesima Ma.Ma.
Tali fatti sono stati riferiti alla ipotesi dell’illecito ex art. 107, comma 1, e ex art. 108, comma 5, lett. a) del Regolamento Consob n. 16190 del 2007, secondo cui, rispettivamente:
“i consulenti finanziari abilitati all’offerta fuori sede devono comportarsi con diligenza, correttezza e trasparenza. Essi devono osservare le disposizioni legislative e regolamentari relative alla loro attività e a quella della categoria del soggetto abilitato per conto del quale operano (…)”;
“il consulente finanziario abilitato all’offerta fuori sede può ricevere dal cliente o dal potenziale cliente, per la conseguente immediata trasmissione, esclusivamente:
- a) assegni bancari o postali, assegni circolari o vaglia postali intestati o girati al soggetto abilitato per conto del quale opera ovvero al soggetto i cui servizi e attività di investimento, strumenti finanziari o prodotti sono offerti, muniti di clausola di non trasferibilità”.
La risposta sanzionatoria è stata individuata nell’art. 110 del Regolamento Consob n. 16190 del 2007, il quale fa riferimento all’art. 196, comma 1, lettere a), b), c) e d) del Testo Unico, con riguardo alla formulazione operante ratione temporis (antecedente alle modifiche apportate dapprima dalla L. n. 208 del 2015 e poi dal D.Lgs. n. 129 del 2017, non trovando applicazione nella specie l’art. 194-bis del D.Lgs. n. 58 del 1998, introdotto dal D.Lgs. n. 72 del 2015), e poi, al comma 2, prevede che “la Consob: a) dispone la radiazione in caso di: (…) 4) acquisizione, anche temporanea, della disponibilità di somme o di valori di pertinenza del cliente o del potenziale cliente”. La previsione della sola più grave sanzione della radiazione per tali specifiche ipotesi è giustificata dal disvalore che la legge riconnette alle relative fattispecie di illecito, con scelta che non appare censurabile neppure sotto il profilo della proporzionalità in senso stretto: la radiazione, invero, interferisce in maniera assai gravosa con i diritti fondamentali del soggetto che ne è colpito, ma gli lascia la possibilità di intraprendere altra professione.
6.3. Va quindi conclusivamente affermato il principio secondo cui è applicabile, nei confronti del consulente finanziario abilitato all’offerta fuori sede, che si sia reso responsabile di una delle violazioni contemplate dall’art. 110, comma 2, lett. a), del Regolamento Consob n. 16190 del 2007, la sanzione della radiazione dall’albo (così già Cass. n. 21131 del 2020; si veda anche n. 30772 del 2021), avendo tale previsione del Regolamento operato una tipizzazione degli illeciti e collegato la sanzione tipica della radiazione a dette specifiche figure di illeciti ritenute evidentemente di particolare gravità.
- Il ricorso va perciò rigettato, con condanna della ricorrente a rimborsare alla controricorrente le spese del giudizio di cassazione nell’importo liquidato in dispositivo.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento – ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 -, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto.
PQM
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso principale e condanna la ricorrente a rimborsare alla controricorrente le spese sostenute nel giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 5.700,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre a spese generali e ad accessori di legge.
Ai sensi dell‘art. 13, comma 1-quater del D.P.R. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 2 Sezione civile della Corte suprema di cassazione, il 6 marzo 2024.
Depositato in Cancelleria il 17 aprile 2024
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