COMPRARE CASA CON VIZI ATTENTI ALLE FREGATURE

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AVVOCATO SERGIO ARMAROLI ESPERTO CAUSE IMMOBILIARI E VIZI IMMOBILI DANNI

VIZI DELLA CASA QUANDO SI COMPRA AVVOCATO BOLOGNA

VIZI COSA VENDUTA  PER INTERRUZiUìONE PRESCRIZIONE BASTA DENUNCIA STRAGIUDIZIALE

COMPRARE CASA CON VIZI ATTENTI ALLE FREGATURE I Avvocato a Bologna Sergio Armaroli
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– assistenza a progetti di sviluppo immobiliare e di finanziamento di fabbricati, complessi residenziali, strutture alberghiere– redazione di contratti di locazione di immobili residenziali, commerciali, industriali;

 

 

– assistenza e consulenza nelle fasi di criticità dei rapporti di compravendita

 

 

– assistenza nelle cause immobiliari più ricorrenti ( fallimenti, responsabilità costruttore/venditore, vizi dell’immobile, appalti e subappalti, agibilità, abusi e reati edilizi, amianto, contestazione utilizzo immobile in contrasto con il regolamento condominiale);

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SENTENZE VIZI IMMOBILE
REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE ORDINARIO di BOLOGNA

SECONDA SEZIONE CIVILE

Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. Mariacolomba Giuliano ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 15766/2005 promossa da:

XX

con il patrocinio dell’avv. Barbara Iannuccelli; elettivamente domiciliata in via de’ Poeti, 5 40124 Bologna, presso il difensore avv. Barbara Iannuccelli

ATTRICE

contro

‘A.B.’ SNC di YY e JJ

YY in proprio

JJ in proprio

tutti con il patrocinio dell’avv. Massimo Brugioni presso l’avv. Lucio Strazziari via D’Azeglio 27 40123 Bologna; tutti elettivamente domiciliati in via D’Azeglio 27 40123 Bologna, presso il difensore avv. Massimo Brugioni

Arch. WW

con il patrocinio dell’avv. Claudia Domenichini e dell’avv. Luca Esposito (c.f. …omissis…) piazza Sacrati, 11 44121 Ferrara; elettivamente domiciliato in Strada Maggiore 42 40125 Bologna, presso il difensore avv. Claudia Domenichini

CONVENUTI

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con atto di citazione notificato il 25.10.2005 XX conveniva in giudizio la ‘A.B.’ di YY e JJ S.n.c. nonché il YY ed il JJ in proprio quali soci illimitatamente responsabili onde ottenerne la condanna ex art. 1669 c.c. al risarcimento dei danni, pari a Euro (Euro) 58.821,00, conseguenti ai gravi vizi costruttivi presenti nel fabbricato di sua proprietà, posto in (omissis), recte : località in provincia di Bologna ; NdRedattore , via (omissis) n. (omissis), oggetto di lavori di ristrutturazione e trasformazione da rurale a residenziale, appaltati alla ‘A.B.’ S.n.c. con contratto del 21.10.2000; l’attrice citava altresì WW, architetto, affinché rispondesse in solido con gli altri convenuti in relazione al ruolo di progettista e direttore lavori.

L’arch. WW si costituiva chiedendo il rigetto della domanda attorea, infondata, essendo stata peraltro raggiunta fra le parti in data 1.7.2003 una transazione in merito alla ristrutturazione dell’immobile.

Gli altri convenuti si costituivano chiedendo il rigetto della domanda attorea, infondata, richiamato il disposto deli artt. 1665 e 1667 c.c. in tema, rispettivamente, di vizi conosciuti o comunque riconoscibili, e di vizi occulti.

Acquisito il fascicolo relativo all’ATP svolto ante causam su ricorso della XX, consistito nell’espletamento di CTU affidata all’ing. Dorigo, con ordinanza del 3.4.2006 l’attrice veniva autorizzata a procedere a sequestro conservativo nei confronti della ‘A.B.’ S.n.c. sino alla concorrenza di Euro (Euro) 45.000,00, sequestro che, con ordinanza dell’8.10.2007, veniva revocato ex art. 684 c.p.c. previo versamento di cauzione di Euro (Euro) 58.821,00 a mezzo di libretto bancario.

La causa, istruita documentalmente, con l’escussione di testimoni e mediante CTU affidata all’ing. Pini, veniva posta in decisione sulle conclusioni di cui in epigrafe all’udienza dell’ 11.7.2013 .

La convenuta si costituiva tempestivamente chiedendo il rigetto della domanda attorea, infondata non potendo i vizi qualificarsi gravi, eccepita preliminarmente la prescrizione dell’azione in relazione alla denuncia effettuata nel 2002.

Acquisito il fascicolo relativo all’ATP ed espletata CTU affidata all’ing. Gianluca Morselli, la causa veniva posta in decisione sulle conclusioni di cui in epigrafe all’udienza del 6.6.2013.

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La domanda attorea merita accoglimento nei limiti di cui appresso.

È opportuno premettere che la natura e l’entità delle opere appaltate alla ‘A.B.’ snc, finalizzate al cambio di destinazione d’uso del fabbricato, è tale da far assimilare la ristrutturazione alla realizzazione dell’immobile con caratteristiche destinate a garantirne la lunga durata, da ciò derivando la configurabilità della responsabilità del venditore-costruttore ai sensi dell’art. 1669 c.c..

Sempre in via preliminare si rileva che non sono conferenti con la fattispecie di responsabilità extracontrattuale ex art. 1669 c.c., in relazione alla quale la XX ha agito, le eccezioni relative alla responsabilità negoziale stabilite, in tema di appalto, dall’art. 1665 c.c. (che esclude la garanzia per i vizi non occulti in caso di accettazione dell’opera) e dall’art. 1667 c.c. (che stabilisce a pena di decadenza la denuncia dei vizi occulti entro due mesi dalla loro scoperta).

Orbene, dalla CTU dell’ing. Pini e dalla successiva integrazione peritale, relazioni immuni da vizi logici o giuridici ed esaustivamente motivate anche con puntuale risposta alle osservazioni dei CTP, è emerso che, dei vizi lamentati dall’attrice, sussistono e sono imputabili ai lavori eseguiti dalla ‘A.B.’ S.n.c. soltanto la mancanza di sfiati per i servizi igienici sfocianti oltre il manto di copertura, per l’esecuzione dei quali va prevista la spesa di Euro (Euro) 525,00, e le infiltrazioni provenienti dalla copertura, per l’eliminazione delle quali sono necessari i lavori meglio specificati in perizia, del costo complessivo, ai valori della CTU, di Euro (Euro) 15.165,00; la somma dei costi relativi alle due problematiche (Euro (Euro) 525,00 + (Euro) 15.165,00) è, pari con l’IVA, ad Euro (Euro) 19.141,80.

È risultata quindi confermata la presenza di vizi imputabili alla esecuzione non a regola d’arte della costruzione tali da configurare responsabilità extracontrattuale della convenuta ai sensi dell’art. 1669 c.c., ricordandosi che, secondo il costante insegnamento della S.C., il “difetto di costruzione” che, a norma dell’art.1669 c.c., legittima l’azione di risarcimento danni dei committente nei confronti dell’appaltatore e, come in ispecie, dell’impresa venditrice-costruttrice, può consistere in una qualunque alterazione, conseguente ad una insoddisfacente realizzazione dell’opera, che, pur non riguardando parti essenziali della stessa (e perciò non determinandone la rovina o il pericolo di rovina) bensì quegli elementi secondari o accessori, quali impermeabilizzazione, rivestimenti, infissi, pavimentazione, impianti, che ne consentono l’impiego duraturo cui è destinata, incide negativamente e in modo considerevole sulla abitabilità o sulla funzionalità dell’immobile medesimo, indipendentemente dal fatto che i difetti siano emendabili a mezzo di interventi di straordinaria oppure ordinaria manutenzione (v. ex multis Cass. 2238/2012, 8140/2004, 81/2000 e 456/1999).

Detta responsabilità va vieppiù affermata alla luce dell’orientamento più volte espresso dalla S.C. nella materia, laddove si è ravvisata la fattispecie di cui all’art. 1669 c.c. in ipotesi di infiltrazioni dal manto di copertura e di umidità (fra le tante, Cass. 11740/2003117/2000) e nella presenza di vizi anche di limitata localizzazione (Cass. 8140/2004).

L’importo suindicato di Euro (Euro) 19.141,80, inerendo a obbligazione risarcitoria e pertanto a debito di valore, va svalutato dalla data della perizia (agosto 2011) alla data della domanda e quindi rivalutato dalla domanda ad oggi (Euro (Euro) 17.030,07); per lo stesso arco temporale, esso va poi aumentato degli interessi legali maturati secondo la rivalutazione annuale, a titolo di risarcimento del danno da ritardo nell’adempimento dell’obbligazione risarcitoria (Cass. 1712/1995). Si ottiene così la somma di Euro (Euro) 23.416,04 sulla quale decorreranno gli interessi legali dalla pubblicazione della presente sentenza al saldo.

L’ing. Pini ha invece correttamente escluso la sussistenza dei vizi lamentati dalla XX relativi alla mancanza di fermaneve, all’ancoraggio dei coppi, al pettine fermaneve, ai distacchi della tinteggiatura esterna (semplicemente mal eseguita, ma da parte di impresa diversa dalla convenuta), e alla presenza di crepe.

Correttamente lo stesso perito ha poi osservato che non costituisce un vizio né una difformità, tanto meno integrante in sé grave vizio costruttivo rilevante agli effetti dell’art. 1669 c.c., la mera realizzazione del tetto con le caratteristiche di ventilazione previste nella tavola n. 8 allegata alla concessione edilizia. Il tetto effettivamente realizzato, come da tavola n. 15, di costo molto inferiore a quello di un tetto ventilato e come tale pagato secondo l’elenco prezzo sottoscritto dalle parti, è dunque conforme alle previsioni negoziali, che riservavano peraltro all’arch. WW la possibilità di fornire all’impresa indicazioni relative alle dimensioni e alle caratteristiche dei particolari costruttivi singole opere. Ma se anche così non fosse, l’azione riservata alla committente per ottenere l’esatta realizzazione dell’opera come appaltata sarebbe un’azione contrattuale di adempimento, affatto diversa da quella extracontrattuale e risarcitoria per gravi vizi costruttivi esercitata in questo giudizio.

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Va invece respinta la domanda proposta dall’attrice nei confronti dell’arch. WW avendo il CTU accertato che non è allo stesso imputabile, con riferimento ai vizi riscontrati, alcun inadempimento nell’esecuzione delle prestazioni a lui demandate quale progettista e quale direttore dei lavori.

Quanto alla conversione ex art. 684 c.p.c. del sequestro conservativo, nulla deve provvedersi dovendo trovare applicazione la disciplina generale in tema di sequestro conservativo, essendo stata semplicemente sostituita la somma versata nei libretti custoditi in Cancelleria all’oggetto originario del sequestro.

Le spese di lite, comprese quelle relative al procedimento di ATP (Euro (Euro) 1.000,00 per diritti e onorari, oltre ad anticipazioni) nonché quelle relative al procedimento cautelare incidentale, liquidate unitariamente come da dispositivo, seguono la soccombenza secondo i criteri di cui al D.M. n. 140 del 2012 tenuto conto della somma effettivamente riconosciuta all’attrice e dell’importo della domanda come proposta nei confronti dell’arch. WW.

Le spese relative alla CTU svolta in sede di ATP vanno definitivamente poste a carico dell’attrice per il 50% e della ‘A.B.’ S.n.c., del YY e del JJ per il restante 50%; quelle della CTU, pagate, in via provvisoria dall’attrice, dall’attrice, dall’arch. WW e dagli altri convenuti un terzo per ciascuno, vanno definitivamente poste a carico della XX per due terzi e della ‘A.B.’ S.n.c., del YY e del JJ per il restante terzo; le spese di CTP rimangono a carico di ciascuna delle parti che le ha anticipate.

P.Q.M.

Il Giudice, definitivamente pronunciando sulle domande proposte da XX nei confronti della ‘A.B.’ di YY e JJ S.n.c. nonché di YY e JJ in proprio quali soci illimitatamente responsabili, e dell’arch. WW, disattesa e respinta ogni contraria istanza ed eccezione, così provvede:

condanna in solido la ‘A.B.’ di YY e JJ S.n.c. nonché YY e JJ a pagare alla XX Euro 23.416,04 oltre interessi legali dalla pubblicazione della presente sentenza al saldo;

rigetta la domanda proposta dalla XX nei confronti dell’arch. WW.

Pone le spese di CTU svolte nell’ATP definitivamente a carico della XX per il 50% e, per il restante 50%, a carico della ‘A.B.’ S.n.c., del YY e del JJ; pone le spese della CTU svolta in questo giudizio definitivamente a carico della XX per due terzi e della ‘A.B.’ S.n.c., del YY e del JJ per il restante terzo.

Condanna la ‘A.B.’ di YY e JJ S.n.c. nonché YY e JJ a rifondere all’attrice le spese di lite che liquida in Euro 1.393,66 per anticipazioni (comprese quelle dell’ATP ed il 50% della CTU svolta in ATP) ed Euro 4.200,00 per compensi, oltre a CPA ed IVA come per legge.

Condanna la XX a rifondere all’arch. WW le spese di lite che liquida in Euro 4.500,00 per compensi, oltre a CPA ed IVA come per legge, oltre, per anticipazioni, quanto dall’arch. WW corrisposto al CTU ing. Pini.

Conclusione

Così deciso in Bologna, il 29 gennaio 2014.

Depositata in Cancelleria il 7 febbraio 2014.

EPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE ORDINARIO DI BOLOGNA

SECONDA SEZIONE CIVILE

Il Tribunale, in composizione monocratica nella persona di:

dott. Vittorio Serra

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa civile di primo grado iscritta al n. r.g. 9105/03 promossa da:

Condominio via M. 11 R. di P., con il patrocinio dell’avv. Valerio Cavallari, come da mandato in atti;

attore

contro

  1. s.r.l., con il patrocinio dell’avv. Francesca Romana Gori, come da mandato in atti;

convenuta

con l’intervento di

F.F., con il patrocinio dell’avv. Carlo Gubellini, come da mandato in atti;

terzo chiamato

in punto a: appalto

Svolgimento del processo

I

Con atto di citazione notificato in data 13.6.2003 il Condominio via M. ll R. di P. conveniva in giudizio R. s.r.l..

Esponeva il Condominio che:

– R. aveva acquistato un fabbricato sito in via E.M. n. ll nel Comune di P., frazione di R.; aveva demolito l’edificio e poi lo aveva ricostruito; aveva quindi venduto i singoli appartamenti nel corso del 2001 e successivamente;

– in data 14/6/2002 l’amministratore del condominio aveva segnalato a R. una serie di inconvenienti alle parti comuni dell’edificio;

– successivamente, dopo specifici accertamenti tecnici, era emerso che i vizi e difetti della costruzione riguardavano:

  1. a) il giardino pensile, che aveva evidenziato infiltrazioni d’acqua nei sottostanti corsello e box autorimessa;
  2. b) la pavimentazione del lastrico solare, per la totale mancanza di pendenza di fuga tra le piastrelle e per la mancanza di giunti di dilatazione;

– questi ultimi vizi erano stati denunciati con raccomandata ricevuta da R. in data 13/1/2003;

– successivamente erano state riscontrate ulteriori infiltrazioni d’acqua nella muratura contro terra che al piano interrato separava il corridoio cantine e due cantine dal terreno;

– era stata anche accertata l’esistenza di un probabile vizio occulto riguardante il muro contro terra esterno, che pareva non avesse alcuna protezione contro le infiltrazioni d’acqua del terreno;

– anche tali vizi erano stati denunciati con raccomandata ricevuta in data 27/3/2003;

– i vizi denunciati costituivano gravi difetti ai sensi dell’articolo 1669 c.c.;

– per eliminare i vizi erano necessari interventi il cui costo poteva essere quantificato in Euro 78.000 oltre i.v.a..

Ciò premesso il condominio chiedeva che:

  1. a) la società convenuta fosse condannata a risarcire il danno derivato dai vizi e difetti delle parti comuni dell’immobile nella misura di Euro 78.000,00, oltre i.v.a..

II

Si costituiva in giudizio R. s.r.l..

Esponeva la società convenuta che:

– i vizi denunciati non erano riconducibili all’ipotesi prevista dall’articolo 1669 c.c.;

– i vizi, ove esistenti, sarebbero comunque stati di modestissima entità;

– erano decorsi i termini di prescrizione e di decadenza previsti dall’articolo 1495 c.c;

– la costruzione dell’immobile era stata affidata in appalto all’Impresa F. geom. F. ed era interesse della convenuta chiamare l’appaltatore in causa.

Ciò premesso, la società convenuta chiedeva che, previa chiamata in causa del F.:

  1. a) fossero respinte tutte le domande proposte dall’attore;

in subordine chiedeva che:

  1. b) fosse dichiarato che l’Impresa F. geom. F. era obbligata a tenere R. indenne da tutte le domande svolte nei suoi confronti dall’attore e che di conseguenza l’Impresa F. fosse condannata a rimborsare tutte le somme che la convenuta avesse dovuto corrispondere all’attore.

III

Con atto di citazione notificato in data 4/11/2003 R. s.r.l.chiamava in giudizio l’Impresa F. geom. F..

La società chiamante esponeva i fatti di causa e concludeva come in comparsa di costituzione risposta.

IV

Si costituiva in giudizio F.F..

Esponeva il chiamato che:

– R. era decaduta dall’azione di regresso, per inosservanza del termine di sessanta giorni previsto dall’art. 1670 c.c., essendo stata l’impresa F. messa in mora solo in data 7.10.2002, pur avendo la convenuta ricevuto la prima denuncia dei vizi in data 14.6.2002;

– i vizi denunciati non erano riconducibili alle previsioni di cui all’art. 1669 c.c.;

– erano decorsi i termini di prescrizione e di decadenza del diritto azionato avverso R.;

– i vani interrati interessati dalle infiltrazioni provenienti dal giardino pensile appartenevano ai condomini Giusti e Rapolla ed ogni questione era stata definita all’esito di un procedimento di accertamento tecnico preventivo anteriore alla causa, in cui era stato autorizzato il c.t.u. a far eseguire i lavori necessari all’eliminazione dei difetti;

– i presunti lastrici erano in realtà balconi ad uso esclusivo degli appartamenti di pertinenza, completamente coperti dal tetto dello stabile;

– non vi era comunque responsabilità dell’impresa appaltatrice, in quanto fin dai particolari di progetto di costruzione vi erano incongruenze tra gli spessori della sezione complessiva del fabbricato e quella dei particolari costruttivi.

Ciò premesso, il F. chiedeva che:

  1. a) fosse dichiarata la carenza di legittimazione attiva del condominio e tutte le domande dallo stesso proposte fossero respinte per difetto di interesse e con ciò fosse dichiarata cessata la materia del contendere;
  2. b) fosse dichiarata l’intervenuta decadenza di R. da ogni azione nei confronti dell’Impresa F. e fossero respinte tutte le domande dalla stessa avanzate;
  3. c) fossero respinte tutte le domande proposte dal condominio nei confronti R..

V

La causa era istruita con prove documentali e mediante c.t.u. ed all’udienza del 20.10.2011 era posta in decisione sulle conclusioni riportate in epigrafe.

Motivi della decisione

  1. Preliminarmente deve essere respinta l’eccezione di nullità della c.t.u., su cui il Condominio ha insistito in sede di precisazione delle conclusioni, dal momento che la partecipazione del F. alle operazioni peritali, nella veste di consulente tecnico di se stesso, non viola il principio della “parità delle armi processuali”.
  2. Nel merito, la domanda del Condominio è parzialmente fondata.

2.1. In primo luogo occorre rilevare che, secondo l’orientamento della giurisprudenza, l’acquirente dell’immobile ha azione ai sensi dell’art. 1669 ce. nei confronti del venditore-costruttore, anche quando quest’ultimo abbia interamente affidato a terzi la realizzazione dell’opera (cfr. Cass. 3146/98).

2.2. Sempre secondo la giurisprudenza, costituiscono gravi difetti ai sensi dell’art. 1669 c.c. quei vizi dell’opera che, pur non riguardando elementi essenziali ma accessori o secondari, pregiudicano in modo considerevole il godimento dell’immobile e, tra questi, devono essere ricompresi quei difetti che determinano infiltrazioni di acqua e umidità (cfr. Cass. 3301/96).

Nel caso in esame, alla luce della c.t.u. effettuata deve ritenersi provato che l’immobile presenta vizi e difetti in più punti e precisamente sfaldature ai mattoni della pensilina di accesso pedonale; corrosione dei tubi del gas; scarsa pendenza dei pavimenti di lastrici e terrazze; infiltrazioni d’acqua causate dalla non corretta funzionalità delle lattonerie di facciata; infiltrazioni alle soglie di tre portefinestre; infiltrazioni dai muri controterra a livello dei box; infiltrazioni dai muri controterra del vano scale.

I vizi denunciati dal Condominio devono quindi ritenersi idonei ad integrare l’ipotesi prevista dall’art. 1669 c.c..

2.3. Essendo infondate, alla luce della disciplina prevista dal citato articolo 1669 c.c., le eccezioni di decadenza e di prescrizione sollevate dalla società convenuta, occorre concludere che il Condominio abbia diritto ad essere risarcito dei costi necessari all’eliminazione dei difetti.

Secondo il consulente, tali costi possono essere stimati in Euro 14.300,00.

Le conclusioni del c.t.u. devono essere integralmente condivise.

Non possono invero trovare accoglimento le contestazioni del Condominio, secondo cui dovrebbero essere quantificati anche futuri intereventi di ripristino e dovrebbe essere valorizzato il pregiudizio costituito dalla scarsa pendenza della pavimentazione dei lastrici e delle terrazze.

Non è allo stato possibile una stima razionale del grado di probabilità di nuove manifestazioni dei problemi già emersi, della loro frequenza e della loro intensità, e non vi è prova che i “localizzati ristagni” di acqua sui terrazzi – di cui il c.t.u. dà atto – siano di ampiezza tale da cagionare apprezzabile disagio ai condomini.

La società convenuta deve pertanto essere condannata a pagare la somma sopra indicata, oltre interessi dalla domanda al saldo.

  1. L’azione di regresso del venditore-costruttore nei confronti dell’appaltore che abbia realizzato l’opera è soggetta ai termini di cui all’art. 1670c.c.. (cfr. Cass. 8109/97).
  2. ha ricevuto la prima denuncia dei vizi in data 14.6.2002, ma solo in data 7.10.2002 ha dato comunicazione al F. della denuncia ricevuta.

Essendo quindi la comuncazione all’appaltatore successiva alla scadenza del termine di sessanta giorni previsto dall’art. 1670 c.c., la domanda proposta da R. nei confronti del F. è inammissibile.

  1. Considerato l’esito della causa, è equo compensare per metà le spese di lite tra il Condominio e R., ponendo a carico della convenuta le rimanenti, che si liquidano per tale frazione in complessivi Euro 4050,00, di cui per spese 250,00, per diritti 1800,00 e per onorari 2000,00, oltre spese generali, c.p.a. ed i.v.a. come per legge.

Le spese sostenute dal F., regolate secondo il criterio della soccombenza, devono essere poste a carico della convenuta, e si liquidano in complessivi Euro 6664,00, di cui per spese 51,00, per diritti 2613,00 e per onorari 4000,00, oltre spese generali, c.p.a. ed i.v.a. come per legge.

Le spese di c.t.u., come già liquidate, devono essere definitivamente poste a carico di R..

P.Q.M.

il tribunale, ogni diversa istanza, eccezione e domanda disattesa, definitivamente pronunciando nella causa tra

Condominio via M. 11 R. di P.

contro

  1. s.r.l.

con l’intervento di

F.F.

così provvede:

– dichiara tenuta e condanna R. s.r.l. al pagamento in favore di Condominio via M. 11 R. di P. della somma di Euro 14.300,00, oltre interessi legali dalla domanda al saldo;

– dichiara inammissibile la domanda proposta da R. s.r.l. nei confronti di F.F.;

– compensa per metà le spese di giudizio tra Condominio via M. 11 R. di P. e R. s.r.l. e condanna quest’ultima al pagamento delle rimanenti, che liquida per tale frazione in complessivi Euro 4050,00, di cui per spese 250,00, per diritti 1800,00 e per onorari 2000,00, oltre spese generali, c.p.a. ed i.v.a. come per legge;

– dichiara tenuta e condanna R. s.r.l. al pagamento delle spese di giudizio sostenute da F.F., che liquida in complessivi Euro 6664,00, di cui per spese 51,00, per diritti 2613,00 e per onorari 4000,00, oltre spese generali, c.p.a. ed i.v.a. come per legge;

– pone le spese di c.t.u., come già liquidate, definitivamente a carico di R. s.r.l..

Conclusione

Così deciso in Bologna, il 4 maggio 2012.

Depositata in Cancelleria il 15 maggio 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE CIVILE DI BOLOGNA – SEZIONE SECONDA

nella persona del giudice unico Dott. Anna Maria ROSSI

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa civile di I Grado iscritta al N. 17105/2000 R.G. promossa da:

A.A. elettivamente domiciliato in VIA DE” FALEGNAMI, 5 – BOLOGNA, presso e nello studio dell’avv. RIDOLFI RENZO che lo rappresenta e difende;

ATTORE

N.N. elettivamente domiciliato in STRADA MAGGIORE, 29 – BOLOGNA, presso e nello studio dell’avv. SARDINI VITTORIO che lo rappresenta e difende;

CONVENUTO

CONDOMINIO “A.” VIA omissis – SAN BENEDETTO VAL DI SAMBRO (BOLOGNA) elettivamente domiciliato in VIA GARIBALDI, 7 – BOLOGNA, presso e nello studio dell’avv. SCIRE” LETTERIO che lo rappresenta e difende;

CHIAMATO IN CAUSA

in punto a:

“140999 – Altri contratti tipici ed obbligazioni non rientranti nelle altre materie”

CONCLUSIONI

Il procuratore dell’attore chiede e conclude:

“Voglia l’Ill.mo Tribunale, ogni contraria istanza ed eccezione disattesa:

accertare e verificare l’esistenza dei vizi esposti in narrativa che rendono l’immobile in questione inidoneo all’uso cui è destinato;

dichiarare conseguentemente la risoluzione del contratto preliminare stipulato in data 27.9.1999 per inadempimento del promittente venditore, sig. N.N.;

condannare il sig. N.N. alla restituzione della somma di Lire 30.000.000 versata al sig. N.N. al momento della stipula del preliminare.

Con vittoria di spese, competenze ed onorari del presente giudizio e del precedente giudizio di accertamento tecnico preventivo.”

Il procuratore del convenuto chiede e conclude:

Voglia l’Ill.mo Tribunale, ogni contraria istanza, domanda ed eccezione disattesa.

In via preliminare

Autorizzare la chiamata in causa del Condominio “A.” via “M.” n. 1000 San Benedetto Val di Sambro (Bologna) nella persona dell’amministratore pro tempore, per essere dal medesimo manlevato di ogni eventuale conseguenza pregiudizievole che dovesse derivare a parte convenuta dal presente giudizio, ciò sul presupposto che i vizi denunciati dall’attore, se accertati, possono essere solo di esclusiva responsabilità del condominio;

In via principale

Respingere ogni domanda formulata dall’attore in quanto destituita di fondamento in diritto. Con vittoria delle spese della lite.

In via riconvenzionale principale

Disporre, per gli effetti dell’art. 2932 c.c., l’acquisto dell’immobile sito in San Benedetto Val di Sambro (Bologna), via “M.” n. 1000 in capo al sig. A.A. e conseguentemente

Condannare il sig. A.A. a corrispondere a parte convenuta il prezzo pari a Lire 40.000.000 oltre interessi e rivalutazione monetaria.

Con vittoria delle spese di giudizio.

In via riconvenzionale subordinata

Nella denegata ipotesi che l’Ill.mo Tribunale adito ritenesse di accogliere la domanda di risoluzione formulata dall’attore, si chiede che nella determinazione del quantum da restituirsi da parte del sig. N.N. al sig. A.A. si tenga conto dei fattori enunciati al punto 4) del presente atto, i cui importi verranno documentati in corso di causa, con conseguente compensazione e conguaglio delle somme.

Con compensazione delle spese di giudizio.

Il procuratore del terzo chiamato chiede e conclude:

piaccia all’Ill.mo Giudice:

in via preliminare

dichiarare la carenza di legittimazione passiva del condominio convenuto.

Respingere la domanda proposta nei confronti del condominio per assoluta indeterminatezza del petitum e della causa petendi, determinata dalla mancata esposizione e specificazione delle ragioni di diritto poste a fondamento della domanda nonché dalla sua mancata determinazione.

Nel merito respingere la domanda svolta nei confronti del condominio perché infondata in fatto ed in diritto.

Con vittoria di spese, competenze ed onorari.”

Svolgimento del processo

Con domanda notificata il 7.12.2000 A.A. lamentava che nella sua abitazione si erano verificati gravi fenomeni di infiltrazione di umidità e di trasudamento d’acqua e di condensa tali da rendere l’appartamento sito in via “M.’, n. 1000, a San Benedetto Val di Sambro (Bologna), invivibile ed insalubre. Tale appartamento era stato promesso in vendita all’attore con contratto preliminare di compravendita stipulato con il promittente alienante N.N. in data 27.9.1999, per il prezzo di Lire 70.000.000. Il sig. A.A. corrispondeva a titolo di caparra confirmatoria ed acconto prezzo Lire 30.000.000. Preso possesso dell’immobile riscontrava i vizi sopra descritti.

Al fine di far accertare lo stato dei luoghi e le condizioni dell’immobile, il sig. A.A. depositava avanti il Tribunale di Bologna ricorso ex art. 696 c.p.c., R.G. n. 3733/2000. In tale sede conveniva in giudizio il proprietario dell’immobile promesso in vendita che a sua volta chiamava in manleva il condominio di Via “M.’, in persona del suo amministratore pro tempore. Il procedimento si concludeva con deposito della perizia del CTU geom. M. in data 4.9.2000.

Successivamente, il sig. A.A. proponeva domanda, per cui è causa, di risoluzione del contratto preliminare per inadempimento del promittente venditore, sig. N.N., previo accertamento dell’esistenza dei vizi dovuti a fenomeni di infiltrazione e umidità che rendono l’immobile inidoneo all’uso pattuito e di condanna alla restituzione della somma di Lire 30.000.000 versata al sig. N.N. al momento della stipula del preliminare.

Si costituiva in giudizio con comparsa di costituzione e risposta depositata in data 01.03.20001 il sig. N.N. chiedendo preliminarmente l’autorizzazione alla chiamata in causa del Condominio per essere dal medesimo manlevato da ogni conseguenza pregiudizievole, sull’assunto che i vizi, qualora esistenti, dovessero essere imputati al Condominio.

In via principale il sig. N.N. chiedeva il rigetto della domanda attrice perché infondata e in via riconvenzionale principale la pronuncia di sentenza costitutiva ai sensi dell’art. 2932 c.c. con conseguente condanna del sig. A.A. a corrispondergli il residuo prezzo di Lire 40.000.000, oltre interessi e rivalutazione monetaria.

In via subordinata, nella denegata ipotesi di accoglimento della domanda attorea, chiedeva la determinazione del quantum da restituirsi da parte dell’attore, comprensivo del canone locativo e dei costi per il ripristino dell’appartamento nelle condizioni in cui si trovava al momento della consegna.

In data 29.5.2001 si costituiva in giudizio anche il condominio, contestando le domande svolte nei suoi confronti perché infondate in fatto e in diritto ed eccependo in via preliminare la propria carenza di legittimazione passiva nonché la nullità della domanda proposta nei suoi confronti per indeterminatezza della causa petendi e del petitum.

La causa veniva istruita mediante l’espletamento di prove per testi e CTU richiesta dal convenuto ad integrazione di quanto emerso nell’ATP, il cui fascicolo veniva acquisito d’ufficio agli atti di causa.

All’udienza di precisazione delle conclusioni del 25.10.2007, i difensori delle parti precisavano le conclusioni, come da atto di citazione e da comparsa di costituzione e risposta. All’esito dei termini massimi di legge ai sensi dell’art. 190 c.p.c. la causa veniva trattenuta in decisione.

Motivi della decisione

Ai fini della pronuncia sulla domanda attorea di risoluzione del contratto preliminare di compravendita vanno innanzitutto presi in considerazione i vizi dedotti, relativi alle manifestazioni di umidità e alle infiltrazioni, dei quali va accertata l’esistenza e la gravità. Segnatamente, tali vizi giustificano la risoluzione del contratto se viene data la prova che hanno assunto obiettiva rilevanza e consistenza in modo da ostacolare la salubrità di vita delle persone che occupavano l’alloggio in questione, incidendo sull’ordinario godimento dell’unità immobiliare e se tali vizi, taciuti dal promittente alienante e non facilmente riconoscibili dal promissario acquirente, sono preesistenti al momento della stipulazione del contratto preliminare.

L’esistenza dei gravi vizi risulta sufficientemente provata dall’attore per i motivi si seguito enunciati.

Nella propria relazione peritale in sede di ATP, il geom. M. ha riscontrato vizi causati da umidità: “vaste porzioni di parete sono umide, con conseguente formazione di macchie di muffa, sgretolamento delle tinteggiature e danneggiamento dell’intonaco. Le macchie di umidità sono ascritte essenzialmente a due tipi di cause: “a fenomeni di risalita per capillarità di acqua presente nel terreno (umidità saliente) e da condensa di umidità nelle zone fredde alle pareti”. La risalita di umidità è dovuta alla mancanza di una barriera impermeabile al livello del terreno, che la impedisca, e di un vespaio, con funzione isolante, ed è notevolmente aggravata dall’accentuata inclinazione del marciapiede che determina un accumulo di acqua. Inoltre, la condensa dell’umidità interna è dovuta all’inadeguatezza del sistema di isolamento in sede di esecuzione dell’edificio.

Le conclusioni del CTU appaiono pienamente condivisibili, in quanto la relazione è accurata e completa sotto ogni profilo, in relazione alla descrizione dell’immobile, all’individuazione dei vizi e alla determinazione delle loro cause e l’iter motivazionale seguito appare congruo alla natura del quesito, sorretto da precise argomentazioni tecniche e immune da qualsivoglia vizio logico.

Orbene, l’esistenza dei vizi, oggettivi e strutturali, così come accertata dal ctu, non è pressoché contestata dalle parti costituite. Le difese del convenuto si appuntano invece su tre diversi elementi: 1) sulla sopravvenienza di tali vizi in un momento successivo alla stipula del preliminare; 2) sulla loro imputabilità alla condotta del promissario acquirente e/o del condominio; 3) sulla scarsa incidenza sulle condizioni di vita nell’immobile.

Quanto al primo punto, si osserva che l’inizio dei lavori da parte del consulente, fissato per giugno del 2000, è di pochi mesi posteriore all’immissione dell’attore nel godimento dell’immobile e che le cause dei difetti accertati dal consulente non sono ravvisabili in circostanze estemporanee ma trovano spiegazione in carenze strutturali, per lo più originarie, e coessenziali alla struttura dell’immobile, ovvero che difficilmente avrebbero potuto insorgere in un breve lasso di tempo. Non valgono a inficiare queste conclusioni le testimonianze rese nell’interesse del convenuto: esse si riferiscono alla non immediata percettibilità delle infiltrazioni, (che consente di ritenere il vizio occulto e la contestazione tempestiva) in ipotesi ascrivibile ad una continua e particolarmente accurata manutenzione del proprietario, ma non valgono a contraddire la CTU in relazione all’esistenza di difetti strutturali nella realizzazione del condominio, che si pongono come antecedente causale dei vizi e dei danni denunciati dall’attore, evidenziatisi poco dopo la promessa vendita all’interno dell’appartamento oggetto del negozio.

Anche a voler diversamente opinare, dal complesso delle testimonianze non si evince comunque in maniera certa l’inesistenza di fenomeni di muffa e infiltrazione nel periodo antecedente alla stipulazione del preliminare: l’agente immobiliare sig.ra L.L. riferisce infatti di aver visitato l’appartamento unicamente nel corso del 1999, dopo il conferimento dell’incarico di vendita da parte del sig. N.N., presumibilmente dopo che l’immobile era stato tinteggiato (cfr. testimonianza sig.ra B.B., moglie dell’attore, in regime di separazione dei beni). Anche le altre testimonianze del figlio del convenuto, sig. M.M., che dichiara di non aver visitato l’appartamento nel 1999, e della sig. S.S. che riferisce di sue visite all’appartamento limitate fino al 1997, non permettono di provare in modo univoco che anteriormente al settembre 1999 lo stato dell’immobile fosse del tutto alieno da fenomeni quali quelli riscontrati dall’attore.

Appare piuttosto più plausibile che durante la stagione invernale dell’anno 1999 si siano manifestate in tutta la loro gravità macchie di muffa, prima rimaste non visibili per la recente tinteggiatura dei vani e per le più favorevoli condizioni meteorologiche. Dalla testimonianza della sig. B.B. risulta, a conferma di ciò, che le prime infiltrazioni e macchie di muffa si sono manifestate a novembre, proprio in concomitanza con le prime nevicate.

A completamento del quadro istruttorio, si collocano le testimonianze dei due elettricisti: il sig. C.C., intervenuto a seguito di chiamata del sig. A.A., ha dichiarato che l’impianto elettrico dell’appartamento era non adeguato e in cattive condizioni e che buona parte delle prese elettriche presenti nell’immobile erano ossidate dall’umidità, aggiungendo di avere scollegato, per evitare il cortocircuito, due dei termosifoni presenti nell’abitazione. In precedenza, nell’ottobre 1998, quando ancora l’appartamento era abitato dal sig. N.N., era intervenuto il sig. Davide D., che in sede di testimonianza ha dichiarato di non aver visto macchie di umidità e di muffa, ma solo di condensa agli angoli.

Quanto al secondo punto, il convenuto deduce che le macchie di umidità sono state causate da una condotta colposa ascrivibile al sig. A.A. che ha eliminato l’impianto termico e apposto doppi infissi con telaio in alluminio. Tali censure sono infondate: il CTU M. esplicitamente riconosce che tali due condotte possono essere valutati come elementi aggravanti ma non determinanti la formazione delle macchie. Con riferimento alla disattivazione di alcuni corpi scaldanti da parte del sig. A.A. si osserva inoltre che tale riduzione dei caloriferi è stata determinata dall’inadeguatezza dell’impianto elettrico, che creava dei cortocircuiti. Pertanto in tale condotta non può essere ravvisato un concorso di colpa del sig. A.A.. Quanto invece alla realizzazione dei doppi infissi, la circostanza che siano stati apposti dal sig. A.A. è solo allegata e non provata dal convenuto.

Infine, riguardo ai rapporti tra promittente alienante e condominio, sui quali si tornerà in prosieguo di motivazione, si evince dalla relazione del CTU la sussistenza di un nesso di causa-effetto tra i vizi riscontrati nell’appartamento da una parte e l’assenza di impermeabilizzazione nella parete esterna del condominio e la mancanza di una barriera impermeabile a livello del terreno dall’altro, che non comporta peraltro alcun addebito in capo al condominio, in relazione all’oggetto della presente controversia, per quanto più avanti si dirà.

Sul piano contrattuale, infatti, dei vizi accertati nell’immobile promesso in vendita risponde oggettivamente il promittente venditore, per il solo fatto della loro esistenza, a prescindere da ogni profilo di colpa. Il rimedio generale della risoluzione del contratto è infatti valevole per il contratto preliminare e può essere esperito dal promissario acquirente anticipatamente immesso nella disponibilità materiale del bene che risulti affetto da vizi non considerati nel momento della stipula del preliminare, in quanto l’obbligo assunto dal promittente venditore è quello di trasferire l’immobile esente da vizi che lo rendano inidoneo o ne diminuiscano in modo apprezzabile il valore (Cass. civ. n. 3383/2007).

Ne discende la piena applicabilità anche al preliminare della disciplina sulla garanzia per i vizi come prevista in materia di compravendita, che opera oggettivamente.

Venendo al terzo punto, vale invece anche in questa fattispecie il limite generale della non scarsa importanza dell’inadempimento: rilevanti sono pertanto i vizi che diminuiscono in modo apprezzabile il valore del bene o lo rendono inidoneo all’uso cui è destinato.

Nel caso di specie, i vizi rilevati – come sopra ricordato si tratta di formazione di macchie di muffa, sgretolamento della tinteggiatura, danneggiamento dell’intonaco – sono tali da rendere l’immobile non del tutto idoneo all’uso abitativo: risulta di tutta evidenza che non è in linea con gli attuali standard abitativi un immobile le cui pareti sono interessate da una continua formazione di macchie di muffa e da infiltrazioni, sia per motivi estetici, sia per la gravosa incidenza sulla manutenzione dello stesso, richiedendo il fenomeno una serie costante di interventi, prima dell’effettuazione delle necessarie opere di ripristino sulle pareti esterne che non sono nella disponibilità dell’attore, sia per l’insalubrità dello stesso.

Va pertanto accolta la domanda di risoluzione proposta dall’attore, ricorrendone tutti gli elementi costitutivi, e per l’effetto condannato, il convenuto alla restituzione nei confronti dell’attore di Lire 30.000.000 ricevuti a titolo di caparra e acconto sul prezzo, e l’attore al rilascio dell’immobile; per quanto consta dagli atti di causa, invero, l’attore permane nel godimento dell’immobile oggetto di causa.

Ne consegue l’implicito rigetto della domanda riconvenzionale avanzata dal convenuto, di trasferimento dell’immobile ai sensi dell’art. 2932 c.c.

Per contro, va invece accolta la domanda riconvenzionale subordinata del convenuto e, accertato il credito convenuto nei confronti dell’attore, si dichiara interamente compensata la somma di Lire 30.000.000 versata dal A.A. a titolo di acconto del prezzo di vendita e alla cui restituzione è stato condannato il N.N. come effetto della dichiarata risoluzione del preliminare con la somma dovuta dal A.A. per i canoni locativi e i costi di ripristino.

Al riguardo, si osserva preliminarmente che la domanda dell’attore di restituzione è limitata al capitale di Lire 30.000.000, e non è estesa agli interessi, che non possono essere attribuiti d’ufficio. Per costante orientamento giurisprudenziale, in tema di obbligazioni pecuniarie, gli interessi hanno fondamento autonomo rispetto al debito al quale accedono, sicché gli stessi possono essere attribuiti, in applicazione degli artt. 99 e 112 cod. proc. civ., soltanto su espressa domanda della parte (Cass. civ. n. 4423/04).

D’altro canto il convenuto avanza sola domanda di compensazione e non anche di condanna per l’eventuale eccedenza del proprio credito.

Passando al merito della domanda riconvenzionale, dalla CTU esperita in corso di giudizio risulta che l’importo di Lire 30.000.000 dovuto dal N.N. per l’effetto dell’accoglimento della domanda di risoluzione e della conseguente domanda di restituzione proposta dal sig. A.A., era già ampiamente raggiunto per i lavori di ripristino quantificati in Euro. 1.750,00 IVA esclusa e per i canoni locativi dovuti dal 27.9.1999 ad aprile 2006, stimati dal geom. M. secondo un valore locativo medio di Euro 200,00 in un totale di Euro 17.550,00.

Non ci sono ragioni per discostarsi dal calcolo effettuato dal CTU, che ha tenuto conto di un valore medio tra Euro 120,00 di canone mensile per il 1999 e Euro 280,00 per l’anno 2006, anche in ragione dei parametri relativi ad immobili simili per ubicazione, dimensione, livello di finiture.

L’attore lamenta, da un lato che le modifiche apportate all’immobile rispetto alle quali il CTU calcola il costo dei ripristini non sono sufficientemente provate, dall’altro che il CTU ha erroneamente computato nel calcolo del canone un’autorimessa non ricompresa nell’oggetto del contratto preliminare: anche a voler dare spazio a tali doglianze, con conseguente riduzione dell’importo complessivo come sopra calcolato, esso risulta comunque superiore a Lire 30.000.000, atteso che il canone locativo va computato fino alla data dell’odierna pronuncia.

Quanto infine alla domanda avanzata dal N.N. nei confronti del condominio terzo chiamato, essa è da respingere.

Del tutto estranea è la posizione del condominio rispetto all’oggetto della causa, se solo si considera che non si fa in questa sede questione delle opere di esecuzione necessarie per porre rimedio ai vizi strutturali delle parti comuni del condominio, incidenti sulle porzioni di proprietà esclusiva, né si fa valere nei confronti del condominio una responsabilità ai sensi dell’art. 2051 c.c. per danni cagionati da beni di proprietà condominiale. L’oggetto della causa riguarda il contratto preliminare stipulato tra il sig. N.N. e il sig. A.A., che costituisce res inter alios acta rispetto al condominio e pertanto nessuna responsabilità può essere imputata al condominio per la risoluzione del contratto stipulato dall’attore e dal convenuto. Il condominio può certamente essere ritenuto responsabile ai sensi dell’art. 2051 c.c. per i danni arrecati alle singole unità immobiliari se conseguenti a difetti delle parti comuni dell’edificio, ma non può viceversa farsi carico della mancata conclusione del contratto di compravendita dell’immobile, rispetto al quale è rimasto estraneo. Né il convenuto ha dimostrato di avere sollecitato il condominio, (costituitosi a seguito della compiuta edificazione dell’edificio, e quindi certamente immune da responsabilità, rispetto alle scelte costruttive a cui il ctu ha attribuito i problemi di infiltrazioni), nelle dovute sedi, affinché eseguisse le opere necessarie a conferire salubrità alla unità di sua proprietà, così da ritenerlo responsabile per colpevole inerzia della condizione attuale dell’immobile.

Le spese di lite tra attore e convenuto (comprensive delle spese di ATP e CTU) vanno compensate in ragione della reciproca soccombenza, mentre nei rapporti tra convenuto e terzo chiamato, sempre in forza del criterio della soccombenza, il sig. N.N. viene condannato a rifondere al condominio “A.” le spese del giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale di Bologna, definitivamente pronunciando sulla domanda proposta con atto di citazione ritualmente notificato da A.A. nei confronti di N.N. e sulle domande riconvenzionali proposte da costui nei confronti di A.A., nonché sulla domanda proposta da N.N. nei confronti del terzo chiamato Condominio “A.” sito alla via “M.” n. 1000 in San Benedetto Val di Sambro (Bologna) nella persona dell’amministratore pro tempore, ogni ulteriore domanda e/o eccezione disattesa, ha così provveduto:

-dichiara, previo accertamento dei vizi dedotti, la risoluzione del contratto preliminare di compravendita stipulato da A.A. e N.N.;

-dichiara tenuto e condanna N.N. alla restituzione di Lire 30.000.000 nei confronti di A.A.;

-dichiara tenuto e condanna A.A. al rilascio dell’immobile a favore di N.N., libero da cose o persone;

-dichiara tenuto e condanna A.A. al pagamento della indennità di occupazione, e alla rifusione delle spese di ripristino, fino a concorrenza della somma di Lire 30.000.000 nei confronti di N.N. e per l’effetto dichiara integralmente compensati i rispettivi crediti;

-respinge la domanda proposta da N.N. nei confronti del condominio “A.”;

-compensa le spese tra A.A. e N.N.;

-condanna N.N. a rifondere le spese di lite al condominio “A.”, che liquida in Euro 1.841,04 per diritti, Euro 2.800,00 per onorari, Euro 177,19 per spese vive, oltre spese generali, IVA e CPA.

Cosi” deciso in data 31.3.2008 dal TRIBUNALE CIVILE DI BOLOGNA.

il Giudice Dott. Anna Maria ROSSI

Depositata in Cancelleria il 6 MAGGIO 2008

Tribunale Bologna, Sez. II, Sent., 13/05/2014

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Sentenza

Massime (1)

Codici (1)

IntestazioneSvolgimento del processo – Motivi della decisioneP.Q.M.Conclusione

OBBLIGAZIONI E CONTRATTI › Recesso
OBBLIGAZIONI E CONTRATTI › Risoluzione del contratto per inadempimento

Intestazione

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale civile e penale di Bologna, Sezione II civile, in persona del giudice unico dott.ssa Paola Matteucci, ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa civile promossa con atto di citazione notificato in data 16 febbraio 2006

da:

XX nato a Bologna l'(omissis) (omissis) 1962, c.f. …omissis…

rappresentato e difeso, giusta mandato in calce all’atto di citazione, dall’avv. Pierpasquale Monea ed elettivamente domiciliato presso il suo studio in Bologna, Piazza Trento e Trieste 4

– attore –

nei confronti di:

YY nata a (omissis) (Bologna) il (omissis) (omissis) 1953, c.f. …omissis… rappresentata e difesa, giusta mandato in calce alla copia notificata dell’atto di citazione, dall’avv. Lucio Strazziari ed elettivamente domiciliata presso il loro studio in Bologna, Via d’Azeglio 27

– convenuta –

in punto a: risoluzione / annullamento di contratto preliminare di compravendita.

Causa trattenuta in decisione all’udienza dell’ 11 giugno 2013 sulle seguenti

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

A)

  1. – Il giudizio di cognizione.

XX con atto di citazione notificato in data 16 febbraio 2006 conveniva YY avanti al Tribunale intestato, esponendo:

– di avere stipulato in data 30 giugno 2005 con la YY un contratto preliminare di compravendita, mediante il quale la YY si impegnava a vendergli un appartamento con accessori sito in Bologna, Via (omissis) n. 10;

– di avere versato Euro 75.000 a titolo di caparra;

– di essere entrato in possesso, nell’ottobre 2005, per il tramite dell’amministratore dello stabile geom. V(omissis) S(omissis) autorizzato dalla YY, di alcune perizie redatte sul bene promesso in vendita, dalle quali emergevano gravi problemi di natura statico-strutturale dell’immobile che avrebbero comportato la necessità di procedere ad interventi di sottofondazione profonda;

– che la situazione dell’immobile, taciuta dalla YY in occasione della visita del 12 maggio 2005 e in occasione della stipula del preliminare, era dalla stessa ben conosciuta sin dal 1995 quando essa aveva acquistato l’immobile giusta atto a ministero Notaio M(omissis) di Bologna n. (omissis) Rep. (ove la YY quale parte acquirente dava atto che lo stato di fatto e di diritto dell’immobile le era “ben noto … con particolare riferimento alla situazione statica complessiva del fabbricato condominiale”);

– che, visto che la YY nonostante ogni sollecito non forniva adeguati ragguagli, il XX decideva di recedere dal preliminare con atto stragiudiziale notificato in data 18 gennaio 2006, esigendo il pagamento della somma di Euro 150.000 pari al doppio della caparra versata.

In diritto parte attrice deduceva:

– che il contratto preliminare doveva ritenersi annullabile ex art. 1439 c.c. in quanto la YY aveva dolosamente omesso di informarlo dello stato dell’immobile;

– che doveva ritenersi comunque violato l’obbligo di informazione in sede precontrattuale e di esecuzione del contratto preliminare, in violazione dei principi di correttezza e buona fede; che sussisteva comunque una causa di risoluzione del contratto preliminare stante l’inadempimento della YY;

– di avere legittimamente receduto dal contratto, stante il comportamento della convenuta.

Parte attrice concludeva quindi chiedendo l’annullamento o la risoluzione del preliminare, con condanna della YY al pagamento del doppio della caparra versata.

La convenuta YY si costituiva tempestivamente in data 4 maggio 2006, contestando ogni assunto avverso ed evidenziando:

– che era il XX a doversi ritenere inadempiente, non essendosi reso disponibile alla stipulazione del rogito entro il termine stabilito del 14 dicembre 2005 (adducendo questioni connesse alla statica dell’edificio);

– di avere inviato al XX diffida ad adempiere in data 22 dicembre 2005, ai sensi e per gli effetti dell’articolo 1454 c.c., indicando per la stipulazione del rogito la data del 18 gennaio 2006 presso lo studio del Notaio S(omissis) in Bologna, segnalando che in caso di mancato adempimento il contratto sarebbe stato ritenuto risolto;

– che il XX non si presentava per la stipula del rogito ed anzi in data 18 gennaio 2006 inviava alla YY atto stragiudiziale con il quale dichiarava dì recedere dal contratto;

– di avere pertanto comunicato a mezzo legale al XX, in data 8 febbraio 2006, che il contratto doveva intendersi risolto di diritto ex art. 1454 c.c.

Esponeva inoltre la YY:

– di non avere sottaciuto alcunché al XX, non essendovi da comunicargli nulla di più di quanto egli stesso aveva potuto verificare in occasione delle visite in loco;

– di avere autorizzato l’amministratore del condominio, non appena ne ebbe ricevuto richiesta dal XX, a consegnare a quest’ultimo tutta la documentazione riguardante l’appartamento e l’intero stabile condominiale;

– che la frase estrapolata dal rogito del 1995 costituisce mera clausola di stile, e “fa riferimento alla conoscenza che la acquirente aveva della “situazione statica complessiva del fabbricato condominiale”, e non, e non sicuramente, di possibili problematiche che a quella situazione fossero correlate”;

– che la situazione dell’edificio non poteva dirsi compromessa, come si evince dalle perizie R(omissis) e O(omissis)i e anche dalla perizia 2 febbraio 2006 redatta dal perito incaricato dalla convenuta, dott. ing. L(omissis) B(omissis).

La convenuta concludeva quindi chiedendo:

– il rigetto di ogni domanda avversa;

– in via riconvenzionale, che fosse dichiarata la piena legittimità del recesso operato, con riconoscimento del proprio diritto di ritenere la caparra versata ai sensi dell’articolo 1385 c.c.

In occasione dell’udienza ex art. 180 c.p.c. tenutasi in data 25 maggio 2006 venivano assegnati termini per il deposito di comparse e repliche ex artt. 170180 c.p.c.

Esperito tentativo di conciliazione che dava esito negativo, venivano assegnati termini per il deposito di memorie ex artt. 183 e 184 c.p.c.

Con ordinanza riservata depositata in data 22 settembre 2009 venivano ammesse in parte le prove capitolate dalle parti.

Quindi all’udienza del 21 giugno 2010 la convenuta veniva sottoposta ad interrogatorio formale e venivano esaminati i testi V(omissis) S(omissis) (all’epoca dei fatti amministratore del condominio di Via (omissis) 10), F(omissis) N(omissis) (agente immobiliare incaricato dalla YY all’epoca dei fatti) e R(omissis) F(omissis) (amica del XX).

Infine con ordinanza riservata depositata in data 11 febbraio 2011 veniva fissata udienza di precisazione delle conclusioni.

Acquisito il fascicolo del reclamo n. 8994/2006 R.G., all’udienza dell’ 11 giugno 2013 le parti hanno precisato le rispettive conclusioni come in epigrafe e la causa è stata trattenuta in decisione con assegnazione dei termini massimi ex art. 190 c.p.c. per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica.

Le parti hanno depositato gli scritti difensivi conclusivi entro i termini assegnati.

La parte attrice, che a ciò si era resa disponibile in sede di precisazione delle conclusioni (v. verbale), non ha provveduto a depositare, unitamente alla comparsa conclusionale, la trascrizione integrale del verbale (redatto a mano, poco comprensibile) dell’udienza del 21 giugno 2010 in occasione della quale sono state assunte le prove.

  1. – Il procedimento cautelare in corso di causa.

In data 23 febbraio 2006 parte attrice XX depositava ricorso per sequestro conservativo in corso di causa, chiedendo di essere autorizzato all’esecuzione del sequestro sui beni mobili e immobili della YY sino alla concorrenza di Euro 150.000.

Si costituiva la convenuta YY, chiedendo il rigetto della domanda.

Autorizzata parte ricorrente al deposito di memoria integrativa, con ordinanza riservata depositata in data 15 maggio 2006 il ricorso veniva rigettato sul presupposto del difetto del periculum in mora.

A seguito di reclamo proposto dal XX, il Tribunale in composizione collegiale con ordinanza riservata depositata in data 7 agosto 2006 autorizzava il sequestro conservativo fino alla concorrenza della somma di Euro 150.000.

Il provvedimento veniva notificato al difensore del XX in data 16 agosto 2006, e al difensore della YY in data 28 agosto 2006.

Il XX dava corso ad espropriazione prezzo terzi (Credem), attivando la notifica in data 4 settembre 2006 nel rispetto del termine di gg. 30 dalla comunicazione/notifica della pronuncia, previsto dall’articolo 675 c.p.c. a pena di inefficacia del sequestro (cfr. documento 12 prodotto dal XX all’udienza dell’ 11 giugno 2013).

B)

1.

La convenuta YY in data 15 febbraio 2006 – dunque più o meno in un momento coevo alla notifica dell’atto introduttivo del presente giudizio – ha venduto l’appartamento di Via (omissis) 10 – Bologna (in precedenza promesso in vendita al XX) a tale P(omissis) A(omissis) (documento 2 XX, procedimento cautelare).

Orbene, alla data della compravendita YY-P(omissis) A(omissis):

il XX aveva già operato recesso dal preliminare per cui è causa giusta atto stragiudiziale notificato il 18 gennaio 2006, pretendendo il versamento del doppio della caparra ex art. 1385 co. 2 c.c. (documento 8 attoreo);

la YY aveva già comunicato al XX l’intervenuta risoluzione di diritto del contratto preliminare ai sensi dell’articolo 1454 c.c., stante la diffida in data 22 dicembre 2005 rimasta senza esito, ma non si era resa disponibile alla restituzione di quanto ricevuto a titolo di caparra confirmatoria (documenti 6 attoreo e 5 convenuta).

Dunque, le parti mediante le predette comunicazioni manifestarono chiaramente, seppure per diverse ragioni, il reciproco sopravvenuto disinteresse alla stipula del contratto definitivo.

Peraltro tali comunicazioni non consentono di affermare che il contratto preliminare si sia risolto.

Infatti, a fronte della richiesta del XX, la YY non si è resa disponibile alla restituzione di quanto ricevuto a titolo di caparra confirmatoria (“Qualora un contraente comunichi la dichiarazione di recesso con contestuale richiesta di restituzione della somma versata a titolo di anticipo (o caparra) e di rimborso delle spese sostenute ed il contraente asseritamente inadempiente comunichi anch’esso la volontà di recedere – pur attribuendo l’inadempimento all’altra parte – e la disponibilità alla restituzione delle somme richieste, si verifica la risoluzione del contratto, atteso che le due dichiarazioni di recesso – pur non determinando un accordo negoziale risolutorio, come nell’ipotesi del mutuo consenso, in quanto muovono da premesse contrastanti – sono tuttavia dirette all’identico scopo dello scioglimento del contratto e della restituzione delle somme versate … “: Cass. 16317/2011).

Non resta quindi che valutare quale debba essere la sorte della somma di Euro 75.000 versata dal XX alla YY a titolo di caparra confirmatoria, ad oggi trattenuta dalla YY.

2.

La parte attrice XX (le cui domande costituiscono il frutto di un parziale affastellamento, che non ha giovato alla piana comprensione delle pretese fatte valere in causa) tra l’altro ha dedotto la responsabilità precontrattuale, in sede di trattative, della YY, sul presupposto che la stessa abbia sottaciuto l’esistenza di problemi collegati alla statica dell’edificio condominiale di cui fa parte l’appartamento promesso in vendita.

2.a.

La questione è mal posta.

Questo giudice infatti intende aderire all’orientamento giurisprudenziale in forza del quale “Non costituisce ipotesi di responsabilità precontrattuale la fattispecie in cui l’accordo tra le parti si è formato, ma a condizioni diverse da quelle che si sarebbero avute se la parte venditrice non avesse tenuto nei confronti degli acquirenti un comportamento contrario alla buona fede, in quanto la configurabilità della responsabilità precontrattuale è preclusa dalla intervenuta conclusione del contratto” (Cass. 2479/2007; v. anche Cass. 7768/2007).

Pertanto nel caso in esame, in cui il contratto preliminare è stato stipulato, la doglianza attorea in punto a responsabilità precontrattuale risulta preclusa.

2.b.

Comunque, anche a volere aderire all’orientamento giurisprudenziale in forza del quale la regola dettata dall’articolo 1337 c.c. (comportamento secondo buona fede) non deve ritenersi riferita alla sola ipotesi della rottura ingiustificata delle trattative in quanto “ha valore di clausola generale, il cui contenuto non può essere predeterminato in modo preciso ed implica il dovere di trattare in modo leale, astenendosi da comportamenti maliziosi o reticenti e fornendo alla controparte ogni dato rilevante, conosciuto o conoscibile con l’ordinaria diligenza, ai fini della stipulazione del contratto”, sicché “la violazione dell’obbligo di comportarsi secondo buona fede nello svolgimento delle trattative e nella formazione del contratto assume rilievo non solo in caso di rottura ingiustificata delle trattative e, quindi, di mancata conclusione del contratto o di conclusione di un contratto invalido o inefficace, ma anche nel caso in cui il contratto concluso sia valido e, tuttavia, risulti pregiudizievole per la parte vittima dell’altrui comportamento scorretto. …” (Cass. 24795/2008), si deve constatare che il promissario acquirente XX si è limitato ad invocare (appunto) la regola di giudizio sulla buona fede, ma non è arrivato ad allegare in modo chiaro e puntuale (né tantomeno ad offrire quantomeno un principio di prova sul punto) se e come egli avrebbe subito un pregiudizio in forza della stipula del preliminare (in conseguenza del comportamento della YY, in tesi reticente e contrario a buona fede).

Ed infatti, è vero che l’edificio condominiale di cui fa parte l’appartamento promesso in vendita dalla YY al XX risulta caratterizzato da un difficoltoso e risalente percorso di verifica e sistemazione di problemi legati alla statica; sul punto è sufficiente rinviare alle varie perizie tecniche redatte sin dagli anni ’80 su incarico del Condominio, prodotte dalle parti.

Tuttavia, con preciso riferimento all’appartamento per cui è causa, il XX a ben vedere non ha allegato l’esistenza di un pregiudizio che egli avrebbe patito in conseguenza della stipula del preliminare, né ha offerto un principio di prova sul punto.

Egli infatti non ha prodotto una relazione di stima del valore dell’appartamento (al fine di dimostrare, ad esempio, che il prezzo pattuito era troppo elevato avuto riguardo alle condizioni complessive dello stabile); né ha chiesto l’espletamento di una CTU a ciò finalizzata (che, nel difetto di una perizia di parte, sarebbe stata comunque inammissibile in quanto esplorativa).

Ne consegue che non si ha traccia concreta di un possibile pregiudizio che (a contratto preliminare concluso) possa avere giustificato la formulazione da parte del XX di una doglianza in punto a inosservanza della clausola generale di buona fede nelle trattative.

Ad ogni buon conto, strettamente, il XX non ha neppure formulato una domanda risarcitoria che possa essere collegata alla dedotta responsabilità precontrattuale.

Infatti non può valere, di per sé, la richiesta di restituzione del doppio della caparra versata, trattandosi di pretesa pertinente unicamente rispetto alla norma dettata dall’articolo 1385 co. 2 c.c. (altro, rispetto alla responsabilità precontrattuale). 3.

Il XX ha altresì chiesto l’annullamento del contratto preliminare, in considerazione della condotta dolosa (per omissione informativa / reticenza rispetto alle problematiche relative alla statica dell’edificio condominiale) a suo dire posta in essere dalla promittente venditrice YY al momento della stipula del preliminare.

La domanda è stata espressamente formulata dall’attore ai sensi dell’articolo 1439 c.c. (dolo determinante).

Ove accolta, tale domanda (in forza degli effetti retroattivi dell’annullamento) porterebbe alla restituzione del versato e quindi della somma di Euro 75.000, non certo al versamento del doppio della caparra (come ventilato dall’attore, che ha affastellato, si ripete, le varie domande).

Tanto chiarito, valga richiamare il seguente principio di diritto: “In tema di vizi del consenso, il dolo, a norma dell’art. 1439 cod. civ., è causa di annullamento del contratto quando i raggiri usati da una parte abbiano determinato la volontà a contrarre del “deceptus”, avendo ingenerato in lui una rappresentazione alterata della realtà, che abbia provocato nel suo meccanismo volitivo un errore essenziale ai sensi dell’art. 1429 cod. civ. In particolare, ricorre il “dolus malus” solo se, in relazione alle circostanze di fatto e personali del contraente, il mendacio sia accompagnato da malizie ed astuzie volte a realizzare l’inganno voluto ed idonee in concreto a sorprendere una persona di normale diligenza e sussista, quindi, in chi se ne proclami vittima, assenza di negligenza o di incolpevole ignoranza” (Cass. 14628/2009).

La fattispecie di cui all’articolo 1439 c.c. va correlata, a fini interpretativi e di valutazione della concreta fattispecie, alla “attigua” fattispecie di cui all’articolo 1440 c.c. (dolo incidente: “In ipotesi di dolo incidente, il contraente il quale, assumendo che, in assenza dei raggiri sofferti avrebbe concluso il contratto a condizioni diverse e che l’altro contraente fu in mala fede, agisce contro costui chiedendo il risarcimento del danno, non deve esercitare anche l’azione di annullamento del contratto, in quanto la suddetta domanda risarcitoria ha come presupposto che i raggiri non abbiano avuto carattere determinante del consenso e che, pertanto, il contratto resti valido (nella specie la Suprema Corte ha cassato con rinvio la sentenza di merito, la quale, invece, aveva ritenuto che la domanda risarcitoria supponesse la proposizione della domanda di annullamento del contratto, che non era stata formulata)”: Cass. 9523/1999).

Nel caso di specie è pacifico che l’attore non ha formulato domanda ex art. 1440 c.c.

Tuttavia il raffronto fra le due fattispecie è utile in quanto consente di comprendere che l’attore, che in questo caso, non ha sufficientemente né idoneamente allegato le proprie ragioni.

Egli infatti in modo sbrigativo ed apodittico sostiene che, se avesse saputo della situazione problematica relativa alla statica dell’edificio condominiale, non avrebbe stipulato il contratto preliminare.

Ma, per quanto già prima esposto con riferimento alla responsabilità precontrattuale, l’attore non ha svolto utili difese sul punto.

Egli cioè non ha spiegato le ragioni per cui (saputo dei problemi di statica) non si sarebbe determinato a stipulare il preliminare.

Egli comunque non ha dedotto che, in forza delle problematiche relative alla statica dell’edificio, il prezzo pattuito fosse eccessivo.

Vero è, invece, che il XX ad un certo punto si è sottratto tout court alla stipula del rogito, pretendendo da controparte la redazione di una ulteriore perizia (non si sa bene se relativa all’intero stabile o soltanto all’appartamento promesso in vendita) e preannunciando una propria perizia di parte.

Si vedano sul punto i documenti 5 e 7 attorei.

Il rifiuto opposto dal XX rispetto alla stipula del rogito – in quanto non supportato da elementi di fatto che consentano di affermare che la YY abbia “strappato” un prezzo eccessivo rispetto a quello effettivo di mercato, in conseguenza delle problematiche di statica, e quindi che il XX giustificatamente non abbia rogitato, a quel prezzo – svuota di significato la pretesa dell’attore e rende infondata la domanda ex art. 1439 c.c.

Tra l’altro si consideri che le problematiche di statica che connotano l’edificio condominiale non necessariamente hanno avuto una concreta ricaduta sull’appartamento per cui è causa (ché di ciò non vi è traccia in atti).

Ad ogni buon conto, come si evince dalle plurime perizie in atti, si trattava di un fenomeno tenuto sotto controllo, e monitorato da decenni senza che si fossero mai determinate situazioni di concreto pericolo.

In ogni caso il supposto minor valore delle parti comuni (in quanto interessate da fenomeni di assestamento, fessurazioni e quant’altro) non è stato neppure dedotto dall’attore, e comunque non può considerarsi un elemento provato in causa.

Giova aggiungere, sempre a riprova della debolezza della tesi attorea ex art. 1439 c.c., che è intercorso un considerevole lasso di tempo tra la sottoscrizione della proposta di acquisto da parte del XX (12 maggio 2005) e la stipula del preliminare (30 giugno 2005). Tale lasso di tempo avrebbe consentito al XX (sol che egli avesse usato la normale diligenza) di attivarsi per acquisire l’atto di provenienza della YY e per svolgere ogni opportuno approfondimento (anche solo contattando i danti causa della YY), valutando se addivenire alla stipula del preliminare.

Ciò è tanto più vero, sol che si consideri che il XX ha insistentemente rimarcato l’esistenza nell’atto di provenienza della YY (1995) di una postilla notarile che faceva comprendere che la YY era stata espressamente informata dai propri danti causa dei problemi di statica dell’edificio.

Ma ciò depone a sfavore dell’attore: infatti egli, se avesse adoperato la normale diligenza, si sarebbe posto nella condizione di “allarmarsi” sulla qualità dell’immobile oggetto della proposta di acquisto, e magari (ma non è dato di saperlo con certezza) non avrebbe sottoscritto il preliminare.

Invece il XX ha ritenuto di sottoscrivere il preliminare, sostanzialmente nulla facendo tra la sottoscrizione della proposta di acquisto e la stipula del preliminare; e solo dopo ha iniziato ad allegare la reticenza della YY (laddove egli, secondo la normale diligenza, aveva, come detto, la possibilità di svolgere approfondimenti in prevenzione).

Essendo egli venuto meno a un comportamento di normale diligenza, non può ex post far ricadere sulla YY una propria leggerezza.

Comunque il XX avrebbe dovuto, quantomeno, attivarsi subito dopo la stipula del preliminare avvenuta il 30 giugno 2005, per acquisire la copia dell’atto di provenienza della YY e il materiale peritale che gli consentisse di approfondire la questione delle problematiche di statica dell’edificio.

Invece egli sin dalle prime difese ha dato atto di essersi attivato ben dopo, visto che egli ha ricevuto dall’amministratore del condominio il materiale peritale solo tra settembre e ottobre 2005.

A tale ultimo proposito va escluso che sia intercorso un notevole lasso di tempo fra la richiesta del XX e la consegna dei documenti da parte dell’amministratore condominiale V(omissis) S(omissis): questi infatti in sede di esame testimoniale, con dichiarazioni che debbono ritenersi immuni da dubbi di attendibilità, ha dichiarato che intercorsero al massimo dieci giorni fra la richiesta dei documenti e la consegna dei medesimi presso l’ufficio del XX.

Addirittura, dopo l’acquisizione di tali documenti, l’attore attese sino all’ 11 dicembre 2005 (documento 5 attoreo), dunque circa due mesi e mezzo, per comunicare alla YY le proprie rimostranze (tra l’altro solamente tre giorni prima della data fissata in preliminare per la stipula del definitivo).

Con la medesima missiva il XX dedusse di avere “incaricato un tecnico di fiducia” per la verifica della situazione; ma nel presente giudizio egli non ha prodotto alcuna perizia redatta da tecnico di sua fiducia, il che significa che tale perizia non è mai venuta ad esistenza.

Tale atteggiamento, esattamente stigmatizzato dalla convenuta, porta a ragionevolmente ritenere che il XX si sia pentito dell’affare, ammantando tale pentimento di questioni che non sono state allegate né provate in modo consono nel presente giudizio.

Il XX avrebbe dovuto munirsi quantomeno di una propria perizia di parte, mediante la quale fornire un principio di prova sull’eventuale grave divario tra prezzo pattuito e prezzo di mercato effettivo dell’appartamento, ma non lo ha fatto.

Tale scelta non può peraltro ricadere sulla YY.

In buona sostanza e conclusivamente, restano dubbi su ciò che il XX avrebbe fatto se avesse saputo, alle soglie della stipula del preliminare, dell’esistenza delle problematiche di statica. Così come restano dubbi sulla concreta ricaduta delle problematiche di statica dell’edificio nel suo complesso, sul valore dello specifico appartamento oggetto del preliminare.

E comunque l’attore non ha fatto uso della normale diligenza, rispetto alle informazioni sull’appartamento che avrebbe potuto acquisire sol che avesse attivato modalità tempestive e solerti.

Tali dubbi, non diradati dalle scarne allegazioni dell’attore (che sono comunque rimaste prive di principio di prova a suo favore), non consentono di ravvisare un dolo determinante quale vizio genetico del contratto preliminare in esame.

Con ciò non si vuole dire che la YY abbia agito in modo encomiabile, laddove ha ritenuto che la visita effettuata in loco dal XX il 12 maggio 2005 gli abbia consentito di capire tutto sull’immobile. E laddove ha ritenuto non necessario prospettargli, in quel momento o comunque prima della stipula del preliminare, le problematiche di statica sviluppatesi nel corso degli anni precedenti.

Si vuole evidenziare, semplicemente, che il XX non ha dedotto né provato le ragioni che lo avrebbero portato a non stipulare il preliminare, se avesse saputo tutto ciò.

In ogni caso le domande formulate dal XX non possono essere forzate al punto da ravvisare nelle sue difese – laddove egli ha dedotto (qua e là) di avere patito un danno – una implicita domanda ex art. 1440 c.c. (la quale consente il rimedio del risarcimento del danno, lasciando intatta la pattuizione).

Se così si facesse, si incorrerebbe in un evidente vizio di ultrapetizione.

Pertanto la domanda di annullamento va rigettata in quanto infondata.

4.

Non resta che valutare le domande mediante le quali ognuna delle parti ha dedotto l’inadempimento dell’altra parte:

– giustificante, secondo il XX, il recesso e il diritto di conseguire il pagamento del doppio della caparra; o comunque la risoluzione del contratto con ogni conseguente obbligo restitutorio del versato (e di nulla più del versato);

– giustificante, secondo la YY, l’intervenuta risoluzione di diritto del preliminare con conseguente diritto di ritenere la caparra ricevuta.

Vi è subito da dire che la parte attrice ha formulato in modo non del tutto felice la domanda in esame.

Il XX infatti pretende il pagamento di una somma pari al doppio della caparra, ma non invoca espressamente il rimedio del recesso ex art. 1385 co. 2 c.c. (ventilato solamente nelle comunicazioni ante causam).

Egli invoca unicamente il più generale rimedio della risoluzione per inadempimento; ma così si pone all’esterno del meccanismo della preventiva quantificazione del danno (che è proprio della norma dettata dall’articolo 1385 co. 2 c.c.) e fa echeggiare il meccanismo di cui all’articolo 1385 co. 3 c.c. (nell’ambito del quale la prova del danno è governata dalle norme generali, sicché spetta al soggetto che lamenti il maggior danno – cioè il danno maggiore della caparra versata – fornirne la prova).

Ad ogni buon conto, ferme tali aporie, è inevitabile porre a confronto i reciproci inadempimenti prospettati alle parti, per verificare quale di esse debba ritenersi inadempiente.

La risposta, dopo tutto quanto prima esposto, è agevole.

Il soggetto inadempiente è il XX.

Infatti la YY, una volta ricevuta la missiva datata 11 dicembre 2005 (contenente le prime doglianze del XX sulla statica dell’edificio), si è premurata di formulare chiara diffida ad adempiere in data 22 dicembre 2005, consentendo al XX di addivenire alla stipula del definitivo non più in data 14 dicembre 2005 (come pattuito nel preliminare) bensì in data 18 gennaio 2006 (documento 6 attoreo).

Il XX a fronte di ciò si è trincerato dietro le doglianze sulla statica dell’edificio, notificando alla YY i due atti stragiudiziali di cui ai documenti 7 e 8 attorei (con il secondo dei quali ha dichiarato di recedere dal preliminare).

Ma, per le ragioni prima esposte, difetta la prova che il rifiuto del XX di addivenire alla stipula del definitivo o comunque il suo recesso dal preliminare possano dirsi giustificati.

Il suo inadempimento è conclamato e grave in quanto l’unica obbligazione scaturente dal preliminare è appunto quella di rendersi disponibile alla stipula del definitivo.

Scatta dunque la risoluzione di diritto invocata dalla YY la quale – dopo la notifica dei due atti stragiudiziali da parte del XX – ha del tutto coerentemente comunicato al promissario acquirente che il preliminare doveva intendersi risolto di diritto ex art. 1454 c.c. (essendo decorso inutilmente – e senza valide ragioni addotte dal XX – il termine assegnato a quest’ultimo mediante la diffida ad adempiere del 22 dicembre 2005; e dovendosi ritenere che il XX si fosse con ciò reso gravemente inadempiente).

Si veda il documento 5 convenuta.

Vi è a questo punto da dire che la diffida ad adempiere formulata dalla YY (e la intervenuta risoluzione di diritto del contratto) non è incompatibile con la pretesa avanzata dalla YY di vedere accertato il proprio diritto di ritenere la caparra versata, ai sensi e per gli effetti dell’articolo 1385 c.c.

Vale infatti il principio di diritto in forza del quale “La risoluzione di diritto del contratto per diffida ad adempiere, ai sensi dell’art. 1454 cod. civ., non preclude alla parte adempiente, nel caso in cui sia stata contrattualmente prevista una caparra confirmatoria, l’esercizio della facoltà di ottenere, secondo il disposto dell’art. 1385 cod. civ., invece del risarcimento del danno, la ritenzione della caparra o la restituzione del suo doppio, con la conseguenza che, sebbene spetti al giudice di accertare che l’inadempimento dell’altra parte non sia di scarsa importanza, non è poi onere della parte adempiente provare anche il danno nell’ “an” e nel “quantum debeatur” (Cass. 2999/2012).

Pertanto, in accoglimento della domanda riconvenzionale della YY, va dichiarata la risoluzione di diritto del contratto preliminare di compravendita sottoscritto dalle parti in data 30 giugno 2005, e va riconosciuto il diritto della YY di ritenere la caparra confirmatoria di Euro 75.000,00.

5.

La dirimenza degli argomenti esposti determina l’irrilevanza della CTU insistita dalla parte convenuta.

6.

Al rigetto delle domande attoree consegue, ai sensi dell’articolo 669 novies co. 3 c.p.c., la perdita di efficacia del provvedimento cautelare di sequestro conservativo autorizzato con ordinanza collegiale depositata in data 7 agosto 2006 sino alla concorrenza di Euro 150.000.

C)

Secondo il principio della soccombenza, le spese del presente giudizio e del procedimento cautelare in corso di causa vanno poste a carico di parte attrice.

La liquidazione del compenso va effettuata secondo i parametri introdotti dal Decreto del Ministero della Giustizia 20 luglio 2012 n. 140 (entrato in vigore il 23 agosto 2012), e non secondo i parametri dettati dal nuovo Regolamento di cui al Decreto del Ministero della Giustizia 10 marzo 2014, n. 55 (entrato in vigore il 3 aprile 2014), per le seguenti ragioni.

L’articolo 41 del D.M. n. 140 del 2012 è del seguente tenore: “Disposizione temporale – Le disposizioni di cui al presente decreto si applicano alle liquidazioni successive alla sua entrata in vigore”.

Proprio con riferimento a tale norma, la Suprema Corte di Cassazione a Sezioni Unite mediante la sentenza n. 17405/2012 ha chiarito che i nuovi parametri di cui al D.M. n. 140 del 2012, cui vanno commisurati i compensi dei professionisti in luogo delle abrogate tariffe professionali, sono da applicare ogni qualvolta la liquidazione giudiziale intervenga in un momento successivo alla data di entrata in vigore del predetto decreto e si riferisca al compenso spettante ad un professionista che, a quella data, non abbia ancora completato la propria prestazione professionale, ancorché tale prestazione abbia avuto inizio e si sia in parte svolta quando ancora erano in vigore le tariffe abrogate, evocando l’accezione onnicomprensiva di “compenso” la nozione di un corrispettivo unitario per l’opera complessivamente prestata.

Calando tali principi nel caso in esame è possibile rilevare:

– che la liquidazione del compenso viene effettuata in un momento successivo alla data di entrata in vigore del D.M. n. 140 del 2012;

– che il difensore della YY alla data di entrata in vigore del predetto decreto non aveva ancora completato la propria prestazione professionale;

– che il medesimo difensore ha completato la propria prestazione professionale in data 15 ottobre 2013, al deposito della memoria di replica;

– che quindi sussistono entrambi i presupposti che consentono di applicare i parametri di cui al D.M. n. 140 del 2012.

Per converso, difettano i presupposti per applicare i parametri di cui al nuovo D.M. n. 55 del 2014 entrato in vigore in data 3 aprile 2014 in quanto:

– il nuovo D.M. contiene una norma identica a quella del precedente D.M.;

– si fa riferimento all’articolo 28, parimenti denominato “Disposizione temporale”, in forza del quale “Le disposizioni di cui al presente decreto si applicano alle liquidazioni successive alla sua entrata in vigore”;

– atteso l’identico tenore della “Disposizione temporale”, anche con riferimento al nuovo D.M. debbono valere i principi dettati dalla Suprema Corte di Cassazione a Sezioni Unite (non rinvenendosi valide ragioni per discostarsene);

– conseguentemente il nuovo D.M. non si applica alla presente liquidazione: trattasi infatti di liquidazione successiva alla sua entrata in vigore, ma la prestazione del difensore della YY si è completamente esaurita prima del 3 aprile 2014 e dunque sotto il vigore delle precedenti tariffe di cui al D.M. n. 140 del 2012.

Tanto chiarito:

– alla luce della somma accertata come dovuta (Euro 75.000), si applica lo scaglione da Euro 50.001 ad Euro 100.000;

– le fasi da prendere in considerazione sono quelle di studio, introduttiva, istruttoria e decisoria;

– attesa la complessità del caso trattato e in considerazione dell’istruttoria orale svolta, altresì tenuto conto del risultato utile conseguito dalla YY, si stima equo liquidare complessivi Euro 9.000, oltre accessori di legge.

P.Q.M.

Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni diversa e ulteriore istanza, difesa, eccezione e deduzione disattesa, così giudica:

– Rigetta le domande proposte da XX nei confronti di YY.

– In accoglimento della domanda riconvenzionale proposta dalla convenuta YY, dichiara la risoluzione di diritto del contratto preliminare di compravendita sottoscritto dalle parti in data 30 giugno 2005, riconoscendo il diritto della YY di ritenere la caparra confirmatoria di Euro 75.000,00.

– Visto l’articolo 669 novies co. 3 c.p.c., dichiara la perdita di efficacia del provvedimento

cautelare di sequestro conservativo autorizzato con ordinanza collegiale depositata in data 7

agosto 2006 (procedimento n. 8994/2006 R.G.) sino alla concorrenza di Euro 150.000.

– Condanna XX al pagamento in favore di YY delle spese del presente giudizio, che si liquidano in Euro 9.000 per compenso, oltre CPA 4% ed IVA se dovuta.

Conclusione

Così deciso in Bologna, il 19 aprile 2014.

Depositata in Cancelleria il 13 maggio 2014.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE CIVILE DI BOLOGNA – SEZIONE SECONDA

nella persona del giudice unico Dott. Anna Maria ROSSI

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa civile di I Grado iscritta al N. 17105/2000 R.G. promossa da:

A.A. elettivamente domiciliato in VIA DE” FALEGNAMI, 5 – BOLOGNA, presso e nello studio dell’avv. RIDOLFI RENZO che lo rappresenta e difende;

ATTORE

N.N. elettivamente domiciliato in STRADA MAGGIORE, 29 – BOLOGNA, presso e nello studio dell’avv. SARDINI VITTORIO che lo rappresenta e difende;

CONVENUTO

CONDOMINIO “A.” VIA omissis – SAN BENEDETTO VAL DI SAMBRO (BOLOGNA) elettivamente domiciliato in VIA GARIBALDI, 7 – BOLOGNA, presso e nello studio dell’avv. SCIRE” LETTERIO che lo rappresenta e difende;

CHIAMATO IN CAUSA

in punto a:

“140999 – Altri contratti tipici ed obbligazioni non rientranti nelle altre materie”

CONCLUSIONI

Il procuratore dell’attore chiede e conclude:

“Voglia l’Ill.mo Tribunale, ogni contraria istanza ed eccezione disattesa:

accertare e verificare l’esistenza dei vizi esposti in narrativa che rendono l’immobile in questione inidoneo all’uso cui è destinato;

dichiarare conseguentemente la risoluzione del contratto preliminare stipulato in data 27.9.1999 per inadempimento del promittente venditore, sig. N.N.;

condannare il sig. N.N. alla restituzione della somma di Lire 30.000.000 versata al sig. N.N. al momento della stipula del preliminare.

Con vittoria di spese, competenze ed onorari del presente giudizio e del precedente giudizio di accertamento tecnico preventivo.”

Il procuratore del convenuto chiede e conclude:

Voglia l’Ill.mo Tribunale, ogni contraria istanza, domanda ed eccezione disattesa.

In via preliminare

Autorizzare la chiamata in causa del Condominio “A.” via “M.” n. 1000 San Benedetto Val di Sambro (Bologna) nella persona dell’amministratore pro tempore, per essere dal medesimo manlevato di ogni eventuale conseguenza pregiudizievole che dovesse derivare a parte convenuta dal presente giudizio, ciò sul presupposto che i vizi denunciati dall’attore, se accertati, possono essere solo di esclusiva responsabilità del condominio;

In via principale

Respingere ogni domanda formulata dall’attore in quanto destituita di fondamento in diritto. Con vittoria delle spese della lite.

In via riconvenzionale principale

Disporre, per gli effetti dell’art. 2932 c.c., l’acquisto dell’immobile sito in San Benedetto Val di Sambro (Bologna), via “M.” n. 1000 in capo al sig. A.A. e conseguentemente

Condannare il sig. A.A. a corrispondere a parte convenuta il prezzo pari a Lire 40.000.000 oltre interessi e rivalutazione monetaria.

Con vittoria delle spese di giudizio.

In via riconvenzionale subordinata

Nella denegata ipotesi che l’Ill.mo Tribunale adito ritenesse di accogliere la domanda di risoluzione formulata dall’attore, si chiede che nella determinazione del quantum da restituirsi da parte del sig. N.N. al sig. A.A. si tenga conto dei fattori enunciati al punto 4) del presente atto, i cui importi verranno documentati in corso di causa, con conseguente compensazione e conguaglio delle somme.

Con compensazione delle spese di giudizio.

Il procuratore del terzo chiamato chiede e conclude:

piaccia all’Ill.mo Giudice:

in via preliminare

dichiarare la carenza di legittimazione passiva del condominio convenuto.

Respingere la domanda proposta nei confronti del condominio per assoluta indeterminatezza del petitum e della causa petendi, determinata dalla mancata esposizione e specificazione delle ragioni di diritto poste a fondamento della domanda nonché dalla sua mancata determinazione.

Nel merito respingere la domanda svolta nei confronti del condominio perché infondata in fatto ed in diritto.

Con vittoria di spese, competenze ed onorari.”

Svolgimento del processo

Con domanda notificata il 7.12.2000 A.A. lamentava che nella sua abitazione si erano verificati gravi fenomeni di infiltrazione di umidità e di trasudamento d’acqua e di condensa tali da rendere l’appartamento sito in via “M.’, n. 1000, a San Benedetto Val di Sambro (Bologna), invivibile ed insalubre. Tale appartamento era stato promesso in vendita all’attore con contratto preliminare di compravendita stipulato con il promittente alienante N.N. in data 27.9.1999, per il prezzo di Lire 70.000.000. Il sig. A.A. corrispondeva a titolo di caparra confirmatoria ed acconto prezzo Lire 30.000.000. Preso possesso dell’immobile riscontrava i vizi sopra descritti.

Al fine di far accertare lo stato dei luoghi e le condizioni dell’immobile, il sig. A.A. depositava avanti il Tribunale di Bologna ricorso ex art. 696 c.p.c., R.G. n. 3733/2000. In tale sede conveniva in giudizio il proprietario dell’immobile promesso in vendita che a sua volta chiamava in manleva il condominio di Via “M.’, in persona del suo amministratore pro tempore. Il procedimento si concludeva con deposito della perizia del CTU geom. M. in data 4.9.2000.

Successivamente, il sig. A.A. proponeva domanda, per cui è causa, di risoluzione del contratto preliminare per inadempimento del promittente venditore, sig. N.N., previo accertamento dell’esistenza dei vizi dovuti a fenomeni di infiltrazione e umidità che rendono l’immobile inidoneo all’uso pattuito e di condanna alla restituzione della somma di Lire 30.000.000 versata al sig. N.N. al momento della stipula del preliminare.

Si costituiva in giudizio con comparsa di costituzione e risposta depositata in data 01.03.20001 il sig. N.N. chiedendo preliminarmente l’autorizzazione alla chiamata in causa del Condominio per essere dal medesimo manlevato da ogni conseguenza pregiudizievole, sull’assunto che i vizi, qualora esistenti, dovessero essere imputati al Condominio.

In via principale il sig. N.N. chiedeva il rigetto della domanda attrice perché infondata e in via riconvenzionale principale la pronuncia di sentenza costitutiva ai sensi dell’art. 2932 c.c. con conseguente condanna del sig. A.A. a corrispondergli il residuo prezzo di Lire 40.000.000, oltre interessi e rivalutazione monetaria.

In via subordinata, nella denegata ipotesi di accoglimento della domanda attorea, chiedeva la determinazione del quantum da restituirsi da parte dell’attore, comprensivo del canone locativo e dei costi per il ripristino dell’appartamento nelle condizioni in cui si trovava al momento della consegna.

In data 29.5.2001 si costituiva in giudizio anche il condominio, contestando le domande svolte nei suoi confronti perché infondate in fatto e in diritto ed eccependo in via preliminare la propria carenza di legittimazione passiva nonché la nullità della domanda proposta nei suoi confronti per indeterminatezza della causa petendi e del petitum.

La causa veniva istruita mediante l’espletamento di prove per testi e CTU richiesta dal convenuto ad integrazione di quanto emerso nell’ATP, il cui fascicolo veniva acquisito d’ufficio agli atti di causa.

All’udienza di precisazione delle conclusioni del 25.10.2007, i difensori delle parti precisavano le conclusioni, come da atto di citazione e da comparsa di costituzione e risposta. All’esito dei termini massimi di legge ai sensi dell’art. 190 c.p.c. la causa veniva trattenuta in decisione.

Motivi della decisione

Ai fini della pronuncia sulla domanda attorea di risoluzione del contratto preliminare di compravendita vanno innanzitutto presi in considerazione i vizi dedotti, relativi alle manifestazioni di umidità e alle infiltrazioni, dei quali va accertata l’esistenza e la gravità. Segnatamente, tali vizi giustificano la risoluzione del contratto se viene data la prova che hanno assunto obiettiva rilevanza e consistenza in modo da ostacolare la salubrità di vita delle persone che occupavano l’alloggio in questione, incidendo sull’ordinario godimento dell’unità immobiliare e se tali vizi, taciuti dal promittente alienante e non facilmente riconoscibili dal promissario acquirente, sono preesistenti al momento della stipulazione del contratto preliminare.

L’esistenza dei gravi vizi risulta sufficientemente provata dall’attore per i motivi si seguito enunciati.

Nella propria relazione peritale in sede di ATP, il geom. M. ha riscontrato vizi causati da umidità: “vaste porzioni di parete sono umide, con conseguente formazione di macchie di muffa, sgretolamento delle tinteggiature e danneggiamento dell’intonaco. Le macchie di umidità sono ascritte essenzialmente a due tipi di cause: “a fenomeni di risalita per capillarità di acqua presente nel terreno (umidità saliente) e da condensa di umidità nelle zone fredde alle pareti”. La risalita di umidità è dovuta alla mancanza di una barriera impermeabile al livello del terreno, che la impedisca, e di un vespaio, con funzione isolante, ed è notevolmente aggravata dall’accentuata inclinazione del marciapiede che determina un accumulo di acqua. Inoltre, la condensa dell’umidità interna è dovuta all’inadeguatezza del sistema di isolamento in sede di esecuzione dell’edificio.

Le conclusioni del CTU appaiono pienamente condivisibili, in quanto la relazione è accurata e completa sotto ogni profilo, in relazione alla descrizione dell’immobile, all’individuazione dei vizi e alla determinazione delle loro cause e l’iter motivazionale seguito appare congruo alla natura del quesito, sorretto da precise argomentazioni tecniche e immune da qualsivoglia vizio logico.

Orbene, l’esistenza dei vizi, oggettivi e strutturali, così come accertata dal ctu, non è pressoché contestata dalle parti costituite. Le difese del convenuto si appuntano invece su tre diversi elementi: 1) sulla sopravvenienza di tali vizi in un momento successivo alla stipula del preliminare; 2) sulla loro imputabilità alla condotta del promissario acquirente e/o del condominio; 3) sulla scarsa incidenza sulle condizioni di vita nell’immobile.

Quanto al primo punto, si osserva che l’inizio dei lavori da parte del consulente, fissato per giugno del 2000, è di pochi mesi posteriore all’immissione dell’attore nel godimento dell’immobile e che le cause dei difetti accertati dal consulente non sono ravvisabili in circostanze estemporanee ma trovano spiegazione in carenze strutturali, per lo più originarie, e coessenziali alla struttura dell’immobile, ovvero che difficilmente avrebbero potuto insorgere in un breve lasso di tempo. Non valgono a inficiare queste conclusioni le testimonianze rese nell’interesse del convenuto: esse si riferiscono alla non immediata percettibilità delle infiltrazioni, (che consente di ritenere il vizio occulto e la contestazione tempestiva) in ipotesi ascrivibile ad una continua e particolarmente accurata manutenzione del proprietario, ma non valgono a contraddire la CTU in relazione all’esistenza di difetti strutturali nella realizzazione del condominio, che si pongono come antecedente causale dei vizi e dei danni denunciati dall’attore, evidenziatisi poco dopo la promessa vendita all’interno dell’appartamento oggetto del negozio.

Anche a voler diversamente opinare, dal complesso delle testimonianze non si evince comunque in maniera certa l’inesistenza di fenomeni di muffa e infiltrazione nel periodo antecedente alla stipulazione del preliminare: l’agente immobiliare sig.ra L.L. riferisce infatti di aver visitato l’appartamento unicamente nel corso del 1999, dopo il conferimento dell’incarico di vendita da parte del sig. N.N., presumibilmente dopo che l’immobile era stato tinteggiato (cfr. testimonianza sig.ra B.B., moglie dell’attore, in regime di separazione dei beni). Anche le altre testimonianze del figlio del convenuto, sig. M.M., che dichiara di non aver visitato l’appartamento nel 1999, e della sig. S.S. che riferisce di sue visite all’appartamento limitate fino al 1997, non permettono di provare in modo univoco che anteriormente al settembre 1999 lo stato dell’immobile fosse del tutto alieno da fenomeni quali quelli riscontrati dall’attore.

Appare piuttosto più plausibile che durante la stagione invernale dell’anno 1999 si siano manifestate in tutta la loro gravità macchie di muffa, prima rimaste non visibili per la recente tinteggiatura dei vani e per le più favorevoli condizioni meteorologiche. Dalla testimonianza della sig. B.B. risulta, a conferma di ciò, che le prime infiltrazioni e macchie di muffa si sono manifestate a novembre, proprio in concomitanza con le prime nevicate.

A completamento del quadro istruttorio, si collocano le testimonianze dei due elettricisti: il sig. C.C., intervenuto a seguito di chiamata del sig. A.A., ha dichiarato che l’impianto elettrico dell’appartamento era non adeguato e in cattive condizioni e che buona parte delle prese elettriche presenti nell’immobile erano ossidate dall’umidità, aggiungendo di avere scollegato, per evitare il cortocircuito, due dei termosifoni presenti nell’abitazione. In precedenza, nell’ottobre 1998, quando ancora l’appartamento era abitato dal sig. N.N., era intervenuto il sig. Davide D., che in sede di testimonianza ha dichiarato di non aver visto macchie di umidità e di muffa, ma solo di condensa agli angoli.

Quanto al secondo punto, il convenuto deduce che le macchie di umidità sono state causate da una condotta colposa ascrivibile al sig. A.A. che ha eliminato l’impianto termico e apposto doppi infissi con telaio in alluminio. Tali censure sono infondate: il CTU M. esplicitamente riconosce che tali due condotte possono essere valutati come elementi aggravanti ma non determinanti la formazione delle macchie. Con riferimento alla disattivazione di alcuni corpi scaldanti da parte del sig. A.A. si osserva inoltre che tale riduzione dei caloriferi è stata determinata dall’inadeguatezza dell’impianto elettrico, che creava dei cortocircuiti. Pertanto in tale condotta non può essere ravvisato un concorso di colpa del sig. A.A.. Quanto invece alla realizzazione dei doppi infissi, la circostanza che siano stati apposti dal sig. A.A. è solo allegata e non provata dal convenuto.

Infine, riguardo ai rapporti tra promittente alienante e condominio, sui quali si tornerà in prosieguo di motivazione, si evince dalla relazione del CTU la sussistenza di un nesso di causa-effetto tra i vizi riscontrati nell’appartamento da una parte e l’assenza di impermeabilizzazione nella parete esterna del condominio e la mancanza di una barriera impermeabile a livello del terreno dall’altro, che non comporta peraltro alcun addebito in capo al condominio, in relazione all’oggetto della presente controversia, per quanto più avanti si dirà.

Sul piano contrattuale, infatti, dei vizi accertati nell’immobile promesso in vendita risponde oggettivamente il promittente venditore, per il solo fatto della loro esistenza, a prescindere da ogni profilo di colpa. Il rimedio generale della risoluzione del contratto è infatti valevole per il contratto preliminare e può essere esperito dal promissario acquirente anticipatamente immesso nella disponibilità materiale del bene che risulti affetto da vizi non considerati nel momento della stipula del preliminare, in quanto l’obbligo assunto dal promittente venditore è quello di trasferire l’immobile esente da vizi che lo rendano inidoneo o ne diminuiscano in modo apprezzabile il valore (Cass. civ. n. 3383/2007).

Ne discende la piena applicabilità anche al preliminare della disciplina sulla garanzia per i vizi come prevista in materia di compravendita, che opera oggettivamente.

Venendo al terzo punto, vale invece anche in questa fattispecie il limite generale della non scarsa importanza dell’inadempimento: rilevanti sono pertanto i vizi che diminuiscono in modo apprezzabile il valore del bene o lo rendono inidoneo all’uso cui è destinato.

Nel caso di specie, i vizi rilevati – come sopra ricordato si tratta di formazione di macchie di muffa, sgretolamento della tinteggiatura, danneggiamento dell’intonaco – sono tali da rendere l’immobile non del tutto idoneo all’uso abitativo: risulta di tutta evidenza che non è in linea con gli attuali standard abitativi un immobile le cui pareti sono interessate da una continua formazione di macchie di muffa e da infiltrazioni, sia per motivi estetici, sia per la gravosa incidenza sulla manutenzione dello stesso, richiedendo il fenomeno una serie costante di interventi, prima dell’effettuazione delle necessarie opere di ripristino sulle pareti esterne che non sono nella disponibilità dell’attore, sia per l’insalubrità dello stesso.

Va pertanto accolta la domanda di risoluzione proposta dall’attore, ricorrendone tutti gli elementi costitutivi, e per l’effetto condannato, il convenuto alla restituzione nei confronti dell’attore di Lire 30.000.000 ricevuti a titolo di caparra e acconto sul prezzo, e l’attore al rilascio dell’immobile; per quanto consta dagli atti di causa, invero, l’attore permane nel godimento dell’immobile oggetto di causa.

Ne consegue l’implicito rigetto della domanda riconvenzionale avanzata dal convenuto, di trasferimento dell’immobile ai sensi dell’art. 2932 c.c.

Per contro, va invece accolta la domanda riconvenzionale subordinata del convenuto e, accertato il credito convenuto nei confronti dell’attore, si dichiara interamente compensata la somma di Lire 30.000.000 versata dal A.A. a titolo di acconto del prezzo di vendita e alla cui restituzione è stato condannato il N.N. come effetto della dichiarata risoluzione del preliminare con la somma dovuta dal A.A. per i canoni locativi e i costi di ripristino.

Al riguardo, si osserva preliminarmente che la domanda dell’attore di restituzione è limitata al capitale di Lire 30.000.000, e non è estesa agli interessi, che non possono essere attribuiti d’ufficio. Per costante orientamento giurisprudenziale, in tema di obbligazioni pecuniarie, gli interessi hanno fondamento autonomo rispetto al debito al quale accedono, sicché gli stessi possono essere attribuiti, in applicazione degli artt. 99 e 112 cod. proc. civ., soltanto su espressa domanda della parte (Cass. civ. n. 4423/04).

D’altro canto il convenuto avanza sola domanda di compensazione e non anche di condanna per l’eventuale eccedenza del proprio credito.

Passando al merito della domanda riconvenzionale, dalla CTU esperita in corso di giudizio risulta che l’importo di Lire 30.000.000 dovuto dal N.N. per l’effetto dell’accoglimento della domanda di risoluzione e della conseguente domanda di restituzione proposta dal sig. A.A., era già ampiamente raggiunto per i lavori di ripristino quantificati in Euro. 1.750,00 IVA esclusa e per i canoni locativi dovuti dal 27.9.1999 ad aprile 2006, stimati dal geom. M. secondo un valore locativo medio di Euro 200,00 in un totale di Euro 17.550,00.

Non ci sono ragioni per discostarsi dal calcolo effettuato dal CTU, che ha tenuto conto di un valore medio tra Euro 120,00 di canone mensile per il 1999 e Euro 280,00 per l’anno 2006, anche in ragione dei parametri relativi ad immobili simili per ubicazione, dimensione, livello di finiture.

L’attore lamenta, da un lato che le modifiche apportate all’immobile rispetto alle quali il CTU calcola il costo dei ripristini non sono sufficientemente provate, dall’altro che il CTU ha erroneamente computato nel calcolo del canone un’autorimessa non ricompresa nell’oggetto del contratto preliminare: anche a voler dare spazio a tali doglianze, con conseguente riduzione dell’importo complessivo come sopra calcolato, esso risulta comunque superiore a Lire 30.000.000, atteso che il canone locativo va computato fino alla data dell’odierna pronuncia.

Quanto infine alla domanda avanzata dal N.N. nei confronti del condominio terzo chiamato, essa è da respingere.

Del tutto estranea è la posizione del condominio rispetto all’oggetto della causa, se solo si considera che non si fa in questa sede questione delle opere di esecuzione necessarie per porre rimedio ai vizi strutturali delle parti comuni del condominio, incidenti sulle porzioni di proprietà esclusiva, né si fa valere nei confronti del condominio una responsabilità ai sensi dell’art. 2051 c.c. per danni cagionati da beni di proprietà condominiale. L’oggetto della causa riguarda il contratto preliminare stipulato tra il sig. N.N. e il sig. A.A., che costituisce res inter alios acta rispetto al condominio e pertanto nessuna responsabilità può essere imputata al condominio per la risoluzione del contratto stipulato dall’attore e dal convenuto. Il condominio può certamente essere ritenuto responsabile ai sensi dell’art. 2051 c.c. per i danni arrecati alle singole unità immobiliari se conseguenti a difetti delle parti comuni dell’edificio, ma non può viceversa farsi carico della mancata conclusione del contratto di compravendita dell’immobile, rispetto al quale è rimasto estraneo. Né il convenuto ha dimostrato di avere sollecitato il condominio, (costituitosi a seguito della compiuta edificazione dell’edificio, e quindi certamente immune da responsabilità, rispetto alle scelte costruttive a cui il ctu ha attribuito i problemi di infiltrazioni), nelle dovute sedi, affinché eseguisse le opere necessarie a conferire salubrità alla unità di sua proprietà, così da ritenerlo responsabile per colpevole inerzia della condizione attuale dell’immobile.

Le spese di lite tra attore e convenuto (comprensive delle spese di ATP e CTU) vanno compensate in ragione della reciproca soccombenza, mentre nei rapporti tra convenuto e terzo chiamato, sempre in forza del criterio della soccombenza, il sig. N.N. viene condannato a rifondere al condominio “A.” le spese del giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale di Bologna, definitivamente pronunciando sulla domanda proposta con atto di citazione ritualmente notificato da A.A. nei confronti di N.N. e sulle domande riconvenzionali proposte da costui nei confronti di A.A., nonché sulla domanda proposta da N.N. nei confronti del terzo chiamato Condominio “A.” sito alla via “M.” n. 1000 in San Benedetto Val di Sambro (Bologna) nella persona dell’amministratore pro tempore, ogni ulteriore domanda e/o eccezione disattesa, ha così provveduto:

-dichiara, previo accertamento dei vizi dedotti, la risoluzione del contratto preliminare di compravendita stipulato da A.A. e N.N.;

-dichiara tenuto e condanna N.N. alla restituzione di Lire 30.000.000 nei confronti di A.A.;

-dichiara tenuto e condanna A.A. al rilascio dell’immobile a favore di N.N., libero da cose o persone;

-dichiara tenuto e condanna A.A. al pagamento della indennità di occupazione, e alla rifusione delle spese di ripristino, fino a concorrenza della somma di Lire 30.000.000 nei confronti di N.N. e per l’effetto dichiara integralmente compensati i rispettivi crediti;

-respinge la domanda proposta da N.N. nei confronti del condominio “A.”;

-compensa le spese tra A.A. e N.N.;

-condanna N.N. a rifondere le spese di lite al condominio “A.”, che liquida in Euro 1.841,04 per diritti, Euro 2.800,00 per onorari, Euro 177,19 per spese vive, oltre spese generali, IVA e CPA.

Cosi” deciso in data 31.3.2008 dal TRIBUNALE CIVILE DI BOLOGNA.

il Giudice Dott. Anna Maria ROSSI

Depositata in Cancelleria il 6 MAGGIO 2008

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE CIVILE DI BOLOGNA – SEZIONE SECONDA

nella persona del giudice unico Dott. Anna Maria ROSSI

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa civile di I Grado iscritta al N. 8876/2004 R.G. promossa da: XX elettivamente domiciliato in C/O NARDELLA VIA S. GIULIANO, 12 – BOLOGNA, presso e nello studio dell’avv. DI MATTIA GIANFRANCO che lo rappresenta e difende;

ATTORE

YY, elettivamente domiciliato in VIA ARTIERI, 2 – BOLOGNA, presso e nello studio dell’avv. POJANI GIANNUMBERTO che lo rappresenta e difende;

CONVENUTO

in punto a:

“140011 – Vendita di cose immobili”

CONCLUSIONI

Il procuratore dell’attore chiede e conclude: Nel merito in via principale: previo accertamento del grave inadempimento della signora YY, da cui è derivata la mancata stipula dell’atto pubblico di compravendita dell’immobile sito in Bologna, via “Melarancia’, n.30, dare atto della legittimità del recesso operato dall’Ing. XX ex art.1385 2° comma c.c., e per l’effetto condannare la signora YY convenuta al pagamento del saldo della caparra confirmatoria, e quindi a pagare a favore dell’Ing. XX la somma di Euro. 105.000,00 oltre interessi dalla domanda al soddisfo; in via subordinata, dichiarare risolta la promessa di compravendita sottoscritta il 27.11.2003, per grave inadempimento della promissaria acquirente, sig.ra YY, e per l’effetto condannare quest’ultima al pagamento del saldo della caparra confirmatoria di Euro.105.000,00 in virtù di quanto espressamente pattuito, oltre interessi, e al risarcimento di tutti i danni, patrimoniali e non, subiti dagli attori, con interessi e rivalutazione, danni da liquidarsi anche in via equitativa.

In via istruttoria, si chiede l’interrogatorio della convenuta sui capitoli di cui alla citazione

Il procuratore del convenuto chiede e conclude: Piaccia al Tribunale, in via principale respingere tutte le domande così come formulate da parte attrice, in quanto infondate in fatto e in diritto e in via riconvenzionale principalmente condannare l’attore XX a restituire alla signora YY la somma di Euro. 5.000,00 già versata, oltre interessi e rivalutazione dalla data della domanda all’effettivo soddisfo, accertato e ritenuto che il preliminare non si era mai perfezionato, sia per mancanza di volontà del proponente a trasmettere la proposta, o comunque perché ritirata, sia per mancata ricettizietà della accettazione, ed ancora per responsabilità precontrattuale del signor XX, avendo taciuto la esistenza della ipoteca durante la fase delle trattative; in subordine, qualora si ritenga concluso il contratto preliminare, dichiarare risolto per inadempimento del signor XX, per avere taciuto la esistenza della ipoteca, e condannare comunque l’attore alla restituzione della somma di Euro. 5.000,00 già versata, oltre interessi e rivalutazione dalla data della domanda all’effettivo soddisfo.

In via istruttoria chiede di ammettere la prova testimoniale della signora Emilia Testa, sui capitoli della comparsa di risposta.

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con citazione notificata il 26 maggio 2004, XX conveniva in giudizio avanti al Tribunale di Bologna YY, per la udienza del 16.9.2004, esponendo di essere proprietario di un immobile posto in Bologna, via “Melarancia’, n. 30, e di averne affidato la vendita alla agenzia immobiliare “A.D.”; aggiungeva che la Agenzia in data 28.11.2003 gli aveva sottoposto una “proposta d’acquisto con prosieguo di promessa di compravendita”, sottoscritta il 27.11.2003 da YY, che prometteva irrevocabilmente ai sensi dell’art.1329 c.c. di acquistare per sé o persona da nominare l’immobile dell’attore, per il prezzo complessivo di Euro.560.000,00, fissato a corpo e non a misura, versando un acconto di caparra confirmatoria di Euro. 5.000,00 ed impegnandosi a versare il saldo della caparra confirmatoria, pari ad Euro.105.000,00 entro il 30.1.2004, ed il residuo prezzo al momento dell’atto notarile.

L’attore accettava la proposta e invitava la convenuta a versare il saldo della caparra confirmatoria, fissando un termine di 15 giorni, trascorso il quale recedeva dal contratto, intimando il pagamento della caparra; la convenuta, tuttavia, tramite il suo difensore avv. Costa assumeva di non avere avuto mai intenzione di obbligarsi al versamento di una tale caparra, e di essere stata raggirata dalla agenzia immobiliare.

L’attore concludeva come in epigrafe, chiedendo accertarsi la legittimità del recesso, e condannarsi la convenuta al pagamento della caparra, ovvero, in subordine, dichiarare risolta la promessa di compravendita, per inadempimento della promittente acquirente, e di conseguenza condannare quest’ultima al pagamento del saldo della caparra confirmatoria, oltre interessi, e al risarcimento di tutti i danni, patrimoniali e non, subiti dagli attori, con interessi e rivalutazione.

Si costituiva la convenuta, in data 12.7.2004, contestando la pretesa dell’attore; assumeva infatti di avere sottoscritto il modulo predisposto dalla agenzia in base ad informazioni verbali fornitele dall’agente, del tutto difformi dal reale contenuto della “proposta”; in particolare, l’agente le aveva assicurato che si trattava solo di una “prenotazione” che non la impegnava, ma le consentiva di essere preferita ad altri acquirenti, a parità di condizioni; aggiungeva che la proposta non conteneva gli elementi necessari per un preliminare di vendita, atteso che non vi erano indicati i dati catastali del bene, e neppure vi era menzione della ipoteca iscritta sul bene.

Negava che si fosse perfezionato il vincolo obbligatorio anche sotto altro profilo, perché assumeva che la accettazione della proposta non le era pervenuta tempestivamente ed efficacemente, perché entro il termine fissato le era giunta solo tramite il mediatore, non invece dal venditore; contestava, poi, che la somma di Euro. 105.000,00 da versarsi entro il 30 gennaio 2004 fosse qualificabile come caparra confirmatoria, rilevando che ostava a questa qualifica la mancanza di contemporaneità tra la stipula del preliminare (da farsi entro l’8.12.2003) ed il previsto versamento della somma (da farsi entro il 30.12.2003).

Concludeva chiedendo di respingere le domande di parte attrice, e in via riconvenzionale condannare l’attore alla restituzione della somma di Euro.5.000,00 già versata, in ragione del fatto che il preliminare non si era mai perfezionato, ovvero, in subordine, dichiarare risolto per inadempimento il contratto, perché l’attore aveva taciuto la esistenza della ipoteca, e condannare comunque l’attore alla restituzione della somma di Euro.5.000,00 già versata, oltre interessi e rivalutazione.

L’attore contestava la verità dei fatti narrati dalla convenuta, che era invece pienamente consapevole -a suo dire- di essersi impegnata all’acquisto, tanto che aveva fatto inserire nella vendita l’arredamento della cucina e della camera da letto; aggiungeva che la promittente acquirente ben sapeva anche della esistenza del mutuo ipotecario, da estinguersi anticipatamente prima della stipula, utilizzando la caparra che la YY si era impegnata a versare.

La causa veniva istruita con le sole produzioni documentali, e quindi trattenuta in decisione sulle conclusioni precisate alla udienza del 26.6.2008, dopo il deposito delle conclusionali e repliche.

Motivi

La proposta irrevocabile di acquisto in atti è eloquente, e descrive con chiarezza sia la natura dell’atto negoziale che la parte andava a compiere, sia l’oggetto della proposta, il corrispettivo e le modalità di versamento; contiene quindi tutti gli elementi per impegnare la proponente, con un vincolo obbligatorio che una volta accettato deve essere qualificato come preliminare di compravendita.

La proposta è stata rilasciata dalla YY al mediatore il 27.11.2003, ed accettata dal XX il giorno seguente; come risulta dalla stessa esposizione della convenuta quest’ultima ne ha avuto conoscenza tramite il mediatore, (vedi pag.6 della comparsa di costituzione), e non vi è dubbio, a questa stregua, che il contratto si sia perfezionato, atteso che l’art.1326 c.c. prevede espressamente che “il contratto è concluso nel momento in cui chi ha fatto la proposta ha avuto conoscenza della accettazione dell’altra parte”, senza affatto richiedere uno scambio diretto tra le parti di proposta ed accettazione; sono quindi irrilevanti le contestazioni di parte convenuta, circa la mancata spedizione o ricezione diretta della proposta.

Per quanto attiene poi alla domanda di condanna al pagamento del saldo della caparra, si osserva che l’art.1385 c.c. disegna l’istituto della caparra confirmatoria come patto di carattere reale, richiedendo che intervenga la dazione materiale della somma, ivi prevista come elemento di perfezione del patto, accompagnata da una chiara espressione di volontà.

Solo con il concorso di queste condizioni si realizza la fattispecie, che configura un vero e proprio patto accessorio al negozio principale, di carattere reale, in cui la volontà delle parti si esprime modificando la disciplina giuridica applicabile in caso di risoluzione, ed inserendo una preventiva liquidazione del danno, forfettaria (v. art.1385 cc).

Ora, nel caso in esame, solo la somma di Euro. 5.000,00 è stata effettivamente versata, mentre la residua somma, di Euro. 105.000,00, è stata promessa, ma non versata: a questa stregua il patto accessorio non si è perfezionato, tra le parti, che quindi non possono far valere una predeterminazione negoziale del danno da inadempimento, con la conseguente applicazione della norma generale, sulla risoluzione per inadempimento.

Esaminando, quindi la domanda subordinata di parte attrice si rileva che vi è inadempimento certo e grave della parte promittente l’acquisto, che nel termine previsto non ha versato la somma pattuita, di Euro.105.000,00, perdurando nell’inadempimento nonostante la intimazione ad adempiere rivoltale ritualmente dal promittente venditore; non può invece ritenersi inadempiente il promittente venditore, atteso che questi si era obbligato a trasferire il bene libero da iscrizioni al momento del rogito, e non prima, cosicché la esistenza della iscrizione ipotecaria, correlata al mutuo, al momento della proposta di acquisto non costituisce inadempimento del venditore; si rileva, tra l’altro, che la convenuta mai ha richiesto, prima del giudizio, la cancellazione della iscrizione ipotecaria, ovvero ne ha lamentato la esistenza, il che evidenzia che non fu questo il problema che determinò la signora YY a ritrarsi dalla proposta, come d’altro canto la stessa ammette, riferendo, in comparsa, che il giorno dopo avere firmato cambiò idea, dopo essersi consultata con un legale.

L’inadempimento riguarda una somma rilevante, e giustifica la risoluzione del contratto preliminare, e la condanna della promittente acquirente al risarcimento del danno che la controparte ha subìto; poiché sappiamo che il venditore ha venduto l’immobile allo stesso prezzo, con un anno di ritardo, e risulta per tabulas che si era obbligato comunque a versare Euro. 10.000,00 alla agenzia di mediazioni, alla firma del preliminare, il danno si determina nella somma di Euro. 10.000,00 per spese di mediazione, oltre che nella somma maturata in un anno a titolo di interessi legali, che all’epoca erano fissati nel 2.5 % annuo, (percentuale che assorbe la inflazione) pari ad Euro. 14.000,00; sommate queste voci di danno, ed estinto per compensazione il credito, fino a concorrenza della somma ricevuta, di Euro. 5.000,00, il danno risarcibile si determina in Euro. 19.000,00, alla data del 28.2.2005; trattandosi di un debito di valore, da quella data fino al saldo sono dovuti, sulla somma capitale, gli importi maturati a titolo di interessi, secondo il tasso legale, ovvero, se maggiore, il danno da svalutazione, liquidato secondo gli indici istat per la variazione dei prezzi al consumo, fino al saldo.

Le spese della lite seguono la soccombenza, come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale di Bologna, definitivamente pronunciando sulle domande formulate con citazione notificata il 26 maggio 2004, da XX nei confronti di YY, e da quest’ultima in riconvenzionale, ogni ulteriore domanda e/o eccezione disattesa, ha così provveduto:

– dichiara risolta la promessa di compravendita sottoscritta il 27.11.2003, per grave inadempimento della promissaria acquirente, sig.ra YY, e condanna quest’ultima al risarcimento del danno, mediante il pagamento della somma di Euro. 19.000,00 oltre interessi su detta somma, successivi al 28 febbraio 2005, secondo il tasso legale, ovvero, se maggiore, il danno da svalutazione, liquidato secondo gli indici istat per la variazione dei prezzi al consumo, fino al saldo;

– condanna la convenuta all’integrale rifusione in favore dell’attore delle spese, che si liquidano in Euro. 516,50 per anticipazioni, Euro. 1.903,00 per diritti, Euro.4.000,00 per onorari, oltre spese generali, iva e cpa.

Così deciso in data 29 dicembre 2008

Depositata in Cancelleria il 6 FEBBRAIO 2009