AVVOCATO MALASANITA’ TREVISO ,SENTENZA TRIBUNALE TREVISO Risarcimento danni – Danno biologico – Criteri per la liquidazione del danno – Riferimento alle Tabelle del Tribunale di Milano

AVVOCATO MALASANITA’ TREVISO ,SENTENZA TRIBUNALE TREVISO Risarcimento danni – Danno biologico – Criteri per la liquidazione del danno – Riferimento alle Tabelle del Tribunale di Milano

 

La norma contrasta apertamente la ricostruzione giurisprudenziale oramai consolidatasi in punto di responsabilità da contatto sociale del medico, qualificando esplicitamente detta responsabilità come extracontrattuale.

AVVOCATO MALASANITA’ TREVISO ,SENTENZA TRIBUNALE TREVISO Risarcimento danni - Danno biologico - Criteri per la liquidazione del danno - Riferimento alle Tabelle del Tribunale di Milano
AVVOCATO MALASANITA’ TREVISO ,SENTENZA TRIBUNALE TREVISO Risarcimento danni – Danno biologico – Criteri per la liquidazione del danno – Riferimento alle Tabelle del Tribunale di Milano

Per la verità, già l’art. 3, comma 1, D.L. 13 settembre 2012, n. 158, convertito con modificazioni dalla L. 8 novembre 2012, n. 189 (cosiddetta legge “B.”), abrogato dalla L. n. 24 del 2017, prevedeva che “l’esercente la professione sanitaria che nello svolgimento della propria attività si attiene a linee guida e buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica non risponde penalmente per colpa lieve”, fermo in tali casi “l’obbligo di cui all’art. 2043 c.c.”. Questa innovazione legislativa era stata però ritenuta espressiva solo della preoccupazione del legislatore di escludere l’irrilevanza della colpa lieve in ambito extracontrattuale e non anche dell’intenzione di prendere posizione in ordine alla qualificazione della responsabilità del medico (Cass. sent. n. 8940/2014; n. 4030/2013).

L’ultima riforma invece colloca definitivamente la responsabilità del sanitario nel perimetro della responsabilità aquiliana, pur prevedendo una clausola di salvezza per l’ipotesi in cui si accerti l’assunzione (diretta) di un’obbligazione del medico nei confronti del paziente.

La disciplina che a detta qualificazione normativa consegue (specie in punto di onere probatorio e di prescrizione) non può essere ritenuta applicabile ai fatti – quale è quello in esame – verificatisi prima dell’1 aprile 2017.

Trova invero applicazione la regola generale prevista dall’art. 11 delle disposizioni sulla legge in generale. E vale la considerazione, ripetutamente svolta dalla giurisprudenza di legittimità, secondo la quale l’applicazione retroattiva di una nuova legge ai fatti, agli status ed alle situazioni esistenti o sopravvenute alla data della sua entrata in vigore, ancorché conseguenti ad un fatto trascorso, è consentita solo allorquando essi, ai fini della disciplina disposta dalla nuova legge, debbano essere presi in considerazione in sé stessi, prescindendosi totalmente dal collegamento con il fatto che li ha generati, in modo che resti escluso che, attraverso tale applicazione, sia modificata la disciplina giuridica del fatto generatore (Cass. Civ. sent. n. 166620/2013; sent. n. 1579/1971).

Ciò posto e considerato che l’applicazione dell’art. 7, comma 3, della L. n. 24 del 2017 a fatti già verificatisi ed a rapporti già esauritisi prima della sua entrata in vigore inciderebbe negativamente sul fatto generatore del diritto alla prestazione, ledendo, cosi, in maniera peraltro del tutta ingiustificata, il legittimo affidamento riposto dalla generalità dei consociati in ordine al regime contrattuale della responsabilità del medico, deve ritenersi che tali fatti e rapporti continuino ad essere disciplinati dai principi del previgente quadro normativo e giurisprudenziale.

AVVOCATO MALASANITA’ TREVISO ,SENTENZA TRIBUNALE TREVISO Risarcimento danni - Danno biologico - Criteri per la liquidazione del danno - Riferimento alle Tabelle del Tribunale di Milano
AVVOCATO MALASANITA’ TREVISO ,SENTENZA TRIBUNALE TREVISO Risarcimento danni – Danno biologico – Criteri per la liquidazione del danno – Riferimento alle Tabelle del Tribunale di Milano

E venendo a questi, va considerato, innanzitutto e con riferimento alla posizione della struttura sanitaria, che l’accettazione del paziente all’interno di essa, per un ricovero o per una visita ambulatoriale, comporta la conclusione di un contratto atipico a prestazioni corrispettive, definito come contratto di spedalità, avente ad oggetto una prestazione complessa ed articolata (cosiddetta assistenza sanitaria), che include sia la prestazione medica principale sia le prestazioni alberghiere, la messa a disposizione del personale medico ausiliario e paramedico, la predisposizione di medicinali, strumenti e attrezzature (Cass. sent. n. 18610/2015; n. 10616/2012; n. 2334/2011). La responsabilità conseguente all’inadempimento delle obbligazioni nascenti dal contratto ha natura contrattuale.

Quanto poi alla posizione del medico operante all’interno della struttura, deve considerarsi, alla luce dell’orientamento inaugurato dalla Cassazione con la sentenza n. 589/1999, che in capo al medico grava una responsabilità da inadempimento (avente anch’essa natura contrattuale), che trova fondamento non in un contratto stipulato tra due soggetti, ma nel contatto sociale che si instaura nel momento della presa in cura del paziente da parte del medico e che genera, ex art. 1173 c.c., un obbligo di protezione del secondo nei confronti del primo (Cass. sent. n. 25292/2015; n. 11642/2012).

Attesa la qualificazione della responsabilità sia della struttura sia del medico come responsabilità contrattuale, il paziente deve ritenersi gravato dell’onere di provare il titolo costitutivo della domanda (contratto di spedalità e, rispettivamente, contatto sociale), di allegare l’inadempimento e di dimostrare il nesso causale tra l’inadempimento ed il danno

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE DI TREVISO

PRIMA SEZIONE CIVILE

Il Tribunale di Treviso, nella persona del Giudice Clarice Di Tullio, ha pronunziato la seguente

SENTENZA

nella controversia iscritta al numero 11608/2014 R.G.,

tra

(…), rappresentata e difesa dall’Avv. Gr.Co. ed elettivamente domiciliata presso il suo studio

ATTRICE

e

(…) e (…) s.r.l., difesi e rappresentati dall’Avv. Ch.Te. ed elettivamente domiciliati presso il suo studio

CONVENUTI

(…) s.p.a., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’Avv. Ma.Ar. ed elettivamente domiciliata presso il suo studio

TERZA CHIAMATA IN CAUSA

RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE

  1. Premessa.

L’attrice (…), premettendo di essere stata sottoposta, nel maggio 2007, ad un intervento di mastoplastica additiva eseguito da (…) presso la struttura sanitaria gestita dalla (…) s.r.l. ed allegando l’imperizia e la negligenza del (…) nell’esecuzione dell’intervento chirurgico e dei trattamenti sanitari successivamente posti in essere nonché la mancanza, da parte del sanitario, di un’adeguata informazione in ordine alle complicanze ed alla natura degli interventi praticati, ha citato in giudizio (…) e la (…) s.r.l., domandando la risoluzione del contratto di prestazione d’opera per grave inadempimento dei convenuti, la loro condanna alla restituzione della somma di Euro 8.300,00 versata in esecuzione del contratto nonché al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali subiti in conseguenza degli errori professionali degli stessi.

L’attrice, richiamando le valutazioni espresse dal dott. (…) nella perizia depositata nel procedimento ex artt. 696 e 606 bis c.p.c. promosso ante causam, ha in particolare imputato al (…) di non avere correttamente eseguito l’intervento chirurgico e di avere tentato di correggere le complicanze derivatene (tra tutte, la roteazione delle due protesi) con ben dodici successivi interventi, inidonei ad ottenere il risultato sperato: tra l’altro, l’intervento posto in essere nel marzo 2008, di collocazione di protesi rotonde di 450 c.c., non sarebbe stato nemmeno acconsentito dalla paziente né comunque congruo in relazione alle sue condizioni. Il sanitario inoltre non avrebbe eseguito alcun approfondimento microbiologico sulle secrezioni prodotte dalle protesi e così omesso la somministrazione della opportuna terapia antibiotica.

La (…) ha allegato che il grave inadempimento professionale, oltre a legittimare la pronuncia di risoluzione del contratto e quella conseguente restitutoria, avrebbe cagionato sia il danno patrimoniale emergente per le spese occorrenti per gli interventi riparativi sia il danno non patrimoniale biologico oltre ché il pregiudizio conseguente alla violazione dell’autodeterminazione. La convenuta (…) S.r.l. ha dedotto il difetto della propria legittimazione passiva, allegando che l’attività da essa svolta non ha natura sanitaria e che quindi gli obblighi assunti nei confronti della (…) esulerebbero dall’esecuzione di prestazioni medico – professionali.

Il convenuto (…) ha dedotto di avere correttamente eseguito il primo intervento e di avere gestito al meglio le successive complicanze; ha contestato il quantum debeatur e chiesto il rigetto della domanda e, per il caso di accoglimento della stessa, di essere tenuto indenne dalla (…) s.p.a., assicuratrice della propria responsabilità civile.

La (…) s.p.a. ha eccepito l’inoperatività della polizza ex art. 2 e, in subordine, ex art. 8 delle condizioni particolari e chiesto il rigetto della domanda di garanzia. In subordine, ha chiesto che il proprio obbligo sia contenuto nei termini e limiti derivanti dalle condizioni del contratto, compresi massimali e scoperti.

La causa è stata istruita mediante l’acquisizione del fascicolo del procedimento di accertamento tecnico preventivo e mediante supplemento della c.t.u. medica ed è stata trattenuta in decisione all’udienza del 10.04.2018 sulle conclusioni delle parti riportate in premessa.

  1. Domande principali. An debeatur.

In punto di diritto, giova premettere quanto segue.

I fatti di causa risalgono agli anni 2007-2009.

In data 1 aprile 2017, è, come noto, entrata in vigore la L. 8 marzo 2017, n. 24 (cosiddetta legge “(…)”), il cui art. 7 (comma 3) statuisce che l’esercente la professione sanitaria risponde del proprio operato ai sensi dell’art. 2043 c.c., salvo che abbia agito nell’adempimento di un’obbligazione contrattuale assunta con il paziente.

La norma contrasta apertamente la ricostruzione giurisprudenziale oramai consolidatasi in punto di responsabilità da contatto sociale del medico, qualificando esplicitamente detta responsabilità come extracontrattuale.

Per la verità, già l’art. 3, comma 1, D.L. 13 settembre 2012, n. 158, convertito con modificazioni dalla L. 8 novembre 2012, n. 189 (cosiddetta legge “B.”), abrogato dalla L. n. 24 del 2017, prevedeva che “l’esercente la professione sanitaria che nello svolgimento della propria attività si attiene a linee guida e buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica non risponde penalmente per colpa lieve”, fermo in tali casi “l’obbligo di cui all’art. 2043 c.c.”. Questa innovazione legislativa era stata però ritenuta espressiva solo della preoccupazione del legislatore di escludere l’irrilevanza della colpa lieve in ambito extracontrattuale e non anche dell’intenzione di prendere posizione in ordine alla qualificazione della responsabilità del medico (Cass. sent. n. 8940/2014; n. 4030/2013).

L’ultima riforma invece colloca definitivamente la responsabilità del sanitario nel perimetro della responsabilità aquiliana, pur prevedendo una clausola di salvezza per l’ipotesi in cui si accerti l’assunzione (diretta) di un’obbligazione del medico nei confronti del paziente.

La disciplina che a detta qualificazione normativa consegue (specie in punto di onere probatorio e di prescrizione) non può essere ritenuta applicabile ai fatti – quale è quello in esame – verificatisi prima dell’1 aprile 2017.

Trova invero applicazione la regola generale prevista dall’art. 11 delle disposizioni sulla legge in generale. E vale la considerazione, ripetutamente svolta dalla giurisprudenza di legittimità, secondo la quale l’applicazione retroattiva di una nuova legge ai fatti, agli status ed alle situazioni esistenti o sopravvenute alla data della sua entrata in vigore, ancorché conseguenti ad un fatto trascorso, è consentita solo allorquando essi, ai fini della disciplina disposta dalla nuova legge, debbano essere presi in considerazione in sé stessi, prescindendosi totalmente dal collegamento con il fatto che li ha generati, in modo che resti escluso che, attraverso tale applicazione, sia modificata la disciplina giuridica del fatto generatore (Cass. Civ. sent. n. 166620/2013; sent. n. 1579/1971).

Ciò posto e considerato che l’applicazione dell’art. 7, comma 3, della L. n. 24 del 2017 a fatti già verificatisi ed a rapporti già esauritisi prima della sua entrata in vigore inciderebbe negativamente sul fatto generatore del diritto alla prestazione, ledendo, cosi, in maniera peraltro del tutta ingiustificata, il legittimo affidamento riposto dalla generalità dei consociati in ordine al regime contrattuale della responsabilità del medico, deve ritenersi che tali fatti e rapporti continuino ad essere disciplinati dai principi del previgente quadro normativo e giurisprudenziale.

E venendo a questi, va considerato, innanzitutto e con riferimento alla posizione della struttura sanitaria, che l’accettazione del paziente all’interno di essa, per un ricovero o per una visita ambulatoriale, comporta la conclusione di un contratto atipico a prestazioni corrispettive, definito come contratto di spedalità, avente ad oggetto una prestazione complessa ed articolata (cosiddetta assistenza sanitaria), che include sia la prestazione medica principale sia le prestazioni alberghiere, la messa a disposizione del personale medico ausiliario e paramedico, la predisposizione di medicinali, strumenti e attrezzature (Cass. sent. n. 18610/2015; n. 10616/2012; n. 2334/2011). La responsabilità conseguente all’inadempimento delle obbligazioni nascenti dal contratto ha natura contrattuale.

Quanto poi alla posizione del medico operante all’interno della struttura, deve considerarsi, alla luce dell’orientamento inaugurato dalla Cassazione con la sentenza n. 589/1999, che in capo al medico grava una responsabilità da inadempimento (avente anch’essa natura contrattuale), che trova fondamento non in un contratto stipulato tra due soggetti, ma nel contatto sociale che si instaura nel momento della presa in cura del paziente da parte del medico e che genera, ex art. 1173 c.c., un obbligo di protezione del secondo nei confronti del primo (Cass. sent. n. 25292/2015; n. 11642/2012).

Attesa la qualificazione della responsabilità sia della struttura sia del medico come responsabilità contrattuale, il paziente deve ritenersi gravato dell’onere di provare il titolo costitutivo della domanda (contratto di spedalità e, rispettivamente, contatto sociale), di allegare l’inadempimento e di dimostrare il nesso causale tra l’inadempimento ed il danno.

Nel caso di specie, l’attrice ha assolto tale onere probatorio.

Non è, invero, contestato il fatto che (…) si sia rivolta, nell’aprile 2007, al dott. (…), presso la (…) S.r.l., per poter correggere gli esiti (rilassamento e divaricazione delle mammelle) di un intervento chirurgico precedente eseguito da altro chirurgo estetico; che ella sia stata sottoposta ad un primo intervento chirurgico, nel maggio 2007, consistito nell’impianto retro muscolare di protesi mammarie anatomiche; che sia stata altresì sottoposta agli ulteriori interventi e trattamenti, dettagliatamente descritti in atto di citazione e non specificamente contestati dalle parti convenute.

Tutti questi interventi sono stati eseguiti dal dott. (…) presso la struttura della (…) S.r.l., di cui egli è anche legale rappresentante.

Del pari incontestato è il fatto che l’attrice abbia sostenuto per il primo intervento chirurgico la spesa di Euro 8.300,00 e che tale somma sia stata da lei effettivamente corrisposta.

L’avviso di parcella che si riferisce all’intervento di “mastoplastica additiva” (doc. n. 3 fascicolo attoreo), datato 15.05.2007, è stato emesso dalla (…), in persona del “direttore sanitario dott. (…)”.

Tale ultima circostanza ha indubbio valore probatorio perché è significativa dell’attribuzione, da parte della paziente ed in favore della struttura sanitaria, di un incarico avente ad oggetto (anche) la prestazione chirurgica, in forza del quale proprio la struttura va considerata alla stregua di “debitore originario” della prestazione medica, effettivamente eseguita dal medico operante all’interno della stessa.

Ne consegue che titolare dal lato passivo del rapporto contrattuale dedotto in giudizio è la (…) S.r.l. (la quale risponde dell’operato del (…) ai sensi dell’art. 1228 c.c.) e che la responsabilità del (…) deve essere invece fondata sul contatto sociale determinatosi tra lo stesso e la paziente in conseguenza dell’accettazione di quest’ultima da parte della casa di cura.

La negligenza del (…) nell’esecuzione degli interventi per cui è causa e i danni subiti dalla (…) in dipendenza della stessa possono ritenersi sussistenti alla luce degli accertamenti svolti dal dott. (…) nel procedimento di accertamento tecnico preventivo svoltosi inter partes (n. 651/2012 r.g. Tribunale di Treviso – Sezione distaccata di Castelfranco Veneto).

Il c.t.u. ha analiticamente ricostruito la “singolare” vicenda vissuta dalla (…), sottoposta a ben dodici interventi chirurgici, eseguiti dal (…) al fine di porre rimedio alle complicanze del primo intervento, di sostituzione protesica, del 15.05.2007. Per la relativa descrizione si rinvia integralmente alle pagine da 15 a 22 della c.t.u.

Il dott. (…) ha quindi evidenziato che:

– quantunque la rotazione delle protesi sia una complicanza possibile della mastoplastica additiva, il fatto che, nella specie, si fosse verificata la rotazione di entrambe le protesi alimenti più di un dubbio in ordine alla corretta esecuzione dell’intervento (pag. 19 c.t.u.);

– che non potesse essere condivisa la scelta di impiantare, in occasione dell’intervento dell’aprile 2008, una coppia di protesi di cospicuo volume (450 cc) in una paziente che, come confermato dallo stesso (…) nella propria relazione medica sul caso, si presentava di costituzione magra con scarsa elasticità e scarso spessore dei tessuti tegumentari (pagine 20 e 24);

– che, rispetto alla gestione delle perdite di liquido sieroso (verificatesi sia dopo l’intervento del novembre 2008 sia dopo l’intervento dell’aprile 2009), fosse contestabile la scelta dello specialista di non effettuare tamponi delle secrezioni, allo scopo di sottoporli ad un esame micro – batteriologico e ad indagini colturali, a fronte di un quadro clinico indicativo di un processo infettivo in atto (pagine 21 e 22 della c.t.u.);

– che, in generale, fosse incongrua la scelta dello specialista di effettuare un così elevato numero di interventi “nel contesto di una situazione clinica caratterizzata dalla comparsa di plurime complicanze e nonostante si fossero presentati segni di infezione in atto in più di un’occasione” (pag. 23).

Ne emerge un quadro connotato non solo dalla non corretta esecuzione dell’intervento iniziale, ma anche dalla negligente gestione delle complicanze dello stesso. Aggravata dal fatto che la collocazione delle protesi di 450 cc non risulta sia stata acconsentita dalla (…): i convenuti non hanno, invero, dimostrato di avere ottenuto il consenso della paziente a siffatto intervento (le istanze istruttorie formulate sul punto risultano inammissibili perché generiche e comunque vertenti su circostanze da provare documentalmente).

L’inadempimento degli obblighi rispettivamente assunti dai convenuti è connotato da gravità, non solo in ragione del fatto che la (…) non ha conseguito il risultato in funzione del quale aveva deciso di sottoporti all’intervento di mastoplastica additiva, ma anche in ragione dell’incidenza dell’operato del (…) sul complessivo stato di salute della (…), costretta a continui ricoveri ed interventi protrattisi per un periodo di tempo apprezzabile.

Il c.t.u. ha sul punto ritenuto, nel primo elaborato tecnico ed in ragione del complesso e travagliato iter clinico della (…), che questa abbia vissuto un periodo di inabilità biologica temporanea così dimensionato: 60 giorni di i.t.t., 60 giorni di i.t.p. al 50% e 60 giorni di i.t.p. al 25%.

Ha infine ritenuto che i postumi residuati (dettagliatamente descritti alle pagine 32 e 33 della c.t.u.) incidano sulla complessiva validità biologica dell’attrice nella misura del 15%.

I convenuti non hanno dimostrato che la prestazione sanitaria sia stata resa in modo diligente e che la propria condotta non abbia avuto alcuna incidenza causale sulla produzione del danno così come accertato: sul punto va considerato che, in materia di responsabilità della struttura sanitaria e del medico, grava sulle parti convenute l’onere di dimostrare che nessun rimprovero di negligenza o di imperizia può essere loro mosso o che, pur essendovi stato inesatto adempimento, questo non abbia avuto nessuna incidenza nella produzione del danno (Cass. sent. n. 15993/2011 e n. 975/2009).

La domanda risarcitoria proposta dall’attrice deve essere, quindi, ritenuta fondata.

Del pari fondata è la domanda di risoluzione del contratto di spedalità stipulato con la (…) S.r.l. (si veda sul punto Cass. sent. n. 6364/1979: “l’estensione alla sfera contrattuale, con la normativa dell’art. 1228 cod. civ., della disciplina contenuta nell’art. 2049 cod. civ. in ordine alla responsabilità per i fatti dolosi o colposi degli ausiliari, determinando una ipotesi di responsabilità contrattuale e non di responsabilità extracontrattuale per fatto altrui, comporta che il fatto dell’ausiliare costituisce una fattispecie di inadempimento imputabile al debitore e come tale può dare luogo a carico di costui, oltre all’obbligo di risarcimento dei danni, alla risoluzione del contratto nell’ipotesi di cui all’art. 1453 cod. civ.”).

La (…) S.r.l. è conseguentemente condannata alla restituzione, in favore dell’attrice, della somma di Euro 8.300,00 corrisposta in esecuzione del contratto, oltre interessi legali dalla data della domanda al saldo.

  1. Domanda di risarcimento. Quantum debeatur.

In punto di danni risarcibili, l’attrice ha dedotto il danno biologico connesso agli esiti menomativi degli interventi eseguiti dal (…), chiedendo che esso sia liquidato in base alle Tabelle di Milano e che l’importo ottenuto sia personalizzato in funzione della sofferenza soggettiva, del pregiudizio estetico e del danno da violazione del diritto di autodeterminazione, nonché il danno patrimoniale conseguente alle spese sostenute nel procedimento di accertamento tecnico preventivo ed alle spese future per gli interventi riparativi.

In punto di danno biologico, si è già detto delle conclusioni e valutazioni espresse dal dott. (…) nel primo elaborato tecnico.

Va a questo punto considerato che, medio tempore, la (…) è stata sottoposta a due ulteriori interventi chirurgici presso la clinica di chirurgia plastica dell’Ospedale di Udine, che hanno parzialmente attenuato il quadro menomativo già accertato: il dott. (…) ha infatti ritenuto, in sede di integrazione della c.t.u., che, rispetto ai postumi già valutati in sede di accertamento tecnico preventivo, le menomazioni esistenti siano idonee a determinare un danno biologico permanente del 12%.

Le valutazioni e conclusioni del c.t.u. devono essere condivise, in quanto chiaramente esposte, prive di aporie logiche o di inesattezze giuridiche, coerenti con la documentazione clinica prodotta dalla ricorrente e fondate sull’attenta analisi dei dati clinico – documentali ed anamnestici.

Sulla scorta delle stesse, può ritenersi sussistente un danno biologico, inteso come danno non patrimoniale derivante dalla lesione dell’interesse costituzionalmente garantito (ex art. 32 Cost.) all’integrità psico – fisica della persona.

Ai fini della liquidazione del danno biologico, dovrà farsi applicazione delle Tabelle elaborate presso il Tribunale di Milano.

È pur vero che l’art. 7, comma 4, della L. n. 24 del 2017 (norma che, riguardando solo i criteri di liquidazione del danno, è senz’altro applicabile anche ai fatti verificatisi prima della sua entrata in vigore) ha esteso l’applicabilità delle tabelle liquidatorie previste per i danni da circolazione stradale anche ai danni iatrogeni.

Nondimeno, le tabelle relative alla liquidazione delle lesioni macropermanenti non sono state adottate, con la conseguenza che la liquidazione, a questo punto necessariamente equitativa del danno, non può che avvenire in base alle Tabelle di Milano, in uso anche presso questo Tribunale quale criterio di quantificazione del risarcimento, che, in quanto adottato dalla gran parte degli uffici giudiziari italiani, assicura maggiormente esigenze di uniformità decisionale (sul punto si veda Cass. sent. n. 12408/2011 e n. 14402/2011).

Il riferimento è nello specifico è alle tabelle elaborate nell’anno 2018.

Ciò premesso, richiamati sia la c.t.u. in data 21.01.2014 sia il supplemento peritale in data 20.12.2016 ed applicato il valore giornaliero nella misura di Euro 100,00 (in ragione della sofferenza vissuta durante la malattia anche in dipendenza degli interventi chirurgici subiti), il danno biologico viene liquidato nella complessiva somma di Euro 13.750,00 (di cui Euro 7.000,00 per 70 giorni di i.t.t., Euro 4.500,00 per 90 giorni i.t.p. al 50% ed Euro 2.250,00 per 90 giorni di i.t.p. al 25%).

Quanto al danno biologico permanente, applicata la percentuale del 12% e considerato che la (…), all’epoca della stabilizzazione dei postumi (che si è verificata nell’autunno 2015, in conseguenza dei due ulteriori interventi chirurgici ai quali l’attrice è stata sottoposta: cfr. Cass. 2017/3121), aveva 53 anni, si ottiene l’importo di Euro 27.509,00. Tale liquidazione comprende già la sofferenza morale collegata alle lesioni nonché il pregiudizio estetico subìto (considerato dal c.t.u. nella determinazione del grado di inabilità permanente).

La domanda attorea di personalizzare l’importo anzidetto in funzione della violazione del diritto di autodeterminazione non può essere accolta.

La violazione in argomento può essere fonte di un danno non patrimoniale risarcibile ai sensi degli artt. 2 e 32 Cost., che incide su un interesse (la libertà di autodeterminazione) diverso da quello che inerisce al bene – salute. Il danneggiato ha l’onere di allegare il turbamento subìto per le inattese conseguenze della prestazione sanitaria ricevuta, proponendone anche una quantificazione economica seria e coerente con la gravità del suo stato.

Tale onere non è stato assolto dall’attrice e non è ammissibile sopperire a tale lacuna con l’aumento personalizzato previsto in Tabella, che, peraltro, può essere invocato solo ove si alleghi e dimostri, anche in via presuntiva, che le menomazioni fisiche riscontrate hanno prodotto nel caso concreto conseguenze ulteriori e più gravi di quelle che solitamente producono in persone dello stesso sesso e della stessa età della vittima (Cass. ord. n. 3035/2018). Ciò che, a ben vedere, inerisce pur sempre al (diverso) pregiudizio di ordine biologico.

Il danno non patrimoniale è liquidato in complessivi Euro 41.259,00.

Su tale somma, devalutata alla data del 15.05.2007 e anno per anno rivalutata secondo gli indici Istat, spettano gli interessi legali dalla data del 15.05.2007 al saldo.

Spetta, infine, all’attrice la rifusione del danno patrimoniale per le spese sostenute in relazione agli interventi riparativi eseguiti medio tempore, per l’importo, non contestato dai convenuti, di Euro 8.000,00 (doc. n. 35 fascicolo attoreo).

Tale somma va rivalutata dalla data in cui la spesa è stata sostenuta (10.12.2014: Cass. sent. n. 2335/2001): si ottiene così l’importo di Euro 8.208,00.

Su tale importo, devalutato al 10.12.2014 ed anno per anno rivalutato su base Istat, spettano gli interessi compensativi al tasso legale dal 10.12.2014 al saldo.

  1. Domanda di garanzia.

Il convenuto (…) ha proposto domanda di garanzia nei confronti della (…), invocando la polizza n. (…).

La (…) ha eccepito l’inoperatività della polizza assicurativa: trattandosi di polizza “claims made” (art. 2 condizioni particolari), il sinistro dovrebbe ritenersi verificato, ai fini assicurativi, nel momento della ricezione, da parte dell’assicurato, della richiesta di risarcimento.

La prima richiesta di risarcimento sarebbe stata ricevuta in data 17.12.2012, successiva a quella (20.03.2011) di risoluzione del contratto di assicurazione.

L’eccezione è fondata.

In base all’art. 2 delle condizioni particolari di polizza, l’assicurazione vale per le sole richieste di risarcimento presentate per la prima volta all’assicurato nel corso del periodo di validità dell’assicurazione.

È pacifico che il contratto assicurativo si sia risolto con decorrenza dal 20.03.2011.

L’assicurato ha ricevuto dalla (…) l’espressa domanda di risarcimento del danno in data 17.12.2012 e, quindi, all’evidenza quando il contratto assicurativo non era più in corso di validità.

Non può poi che la lettera del 26.05.2010 prodotta dall’attrice come documento n. 13 valga come “richiesta di risarcimento del danno”.

È pur vero che la (…) aveva ivi lamentato le cicatrici e le malformazioni di carattere estetico conseguenti agli interventi eseguiti dal (…), oltre ché la perdita di liquido sieroso.

Nondimeno, con essa, l’odierna attrice si era limitata a chiedere di avere a disposizione tutta la documentazione sanitaria, al fine far valutare l’opera professionale del (…), e si era riservata “all’esito ogni eventuale richiesta di danni patiti e patendi”.

Tale ultima espressione, per genericità e ipoteticità, non può in alcun modo equipararsi ad una intimazione o ad una richiesta di pagamento (si veda Cass. sent. n. 3371/2010).

La domanda di garanzia proposta dal (…) è conseguentemente rigettata.

  1. Conclusioni e spese processuali.

Concludendo, le domande attoree sono accolte nei seguenti termini:

– il contratto di spedalità intercorso tra l’attrice e la (…) S.r.l. è risolto per inadempimento di quest’ultima e la (…) S.r.l. è condannata alla restituzione, in favore dell’attrice, della somma di Euro 8.300,00, oltre interessi legali dalla data della domanda al saldo;

– la (…) S.r.l. ed (…) sono solidalmente condannati al pagamento, in favore dell’attrice, della somma di Euro 41.259,00, oltre interessi compensativi al tasso legale su tale somma, devalutata alla data del 15.05.2007 e anno per anno rivalutata secondo gli indici Istat, dalla data del 15.05.2007 al saldo, nonché della somma di Euro 8.208,00, oltre interessi compensativi al tasso legale su tale somma, devalutata al 10.12.2014 ed anno per anno rivalutata su base Istat, dal 10.12.2014 al saldo.

La domanda di garanzia nei confronti di (…) s.p.a. è rigettata.

Le spese processuali seguono la rispettiva soccombenza delle parti.

Le spese di c.t.u., quali liquidate nel corso del procedimento di accertamento tecnico preventivo e nel corso del presente giudizio, sono definitivamente poste a carico solidale delle parti convenute, che sono condannate a restituire all’attrice le somme anticipata, in sede di a.t.p. (ed eventualmente nel presente giudizio), al dott. (…).

P.Q.M.

Il Tribunale di Treviso, definitivamente pronunciando sulle domande proposte da (…) nei confronti di (…) e della (…) S.r.l. nonché sulla domanda proposta da (…) nei confronti della (…) S.p.A., così provvede:

in accoglimento delle domande dell’attrice, risolve il contratto di spedalità intercorso tra (…) e la (…) S.r.l. per inadempimento di quest’ultima;

condanna la (…) S.r.l. alla restituzione, in favore di (…), della somma di Euro 8.300,00, oltre interessi legali dalla data della domanda al saldo;

condanna solidalmente (…) e la (…) S.r.l. al pagamento, in favore di (…), della somma di Euro 41.259,00, oltre interessi compensativi al tasso legale su tale somma, devalutata alla data del 15.05.2007 e anno per anno rivalutata secondo gli indici Istat, dalla data del 15.05.2007 al saldo, nonché della somma di Euro 8.208,00, oltre interessi compensativi al tasso legale su tale somma, devalutata al 10.12.2014 ed anno per anno rivalutata su base Istat, dal 10.12.2014 al saldo;

rigetta la domanda di garanzia proposta da (…) nei confronti della (…) S.p.A.;

condanna (…) e la (…) S.r.l. al pagamento, in favore di (…), delle spese processuali, che liquida, relativamente al procedimento di accertamento tecnico preventivo, in Euro 2.800,00 per compenso professionale, oltre rimborso spese forfetarie nella misura del 15%, iva e cpa come per legge, ed in Euro 6.800,00 per spese di c.t.p. e, relativamente al presente giudizio, in Euro 7.254,00 per compenso professionale, oltre rimborso spese forfetarie nella misura del 15%, iva e cpa come per legge;

condanna (…) alla rifusione, in favore della (…) s.p.a., delle spese processuali, che liquida, relativamente al procedimento di accertamento tecnico preventivo, in Euro 2.800,00 per compenso professionale, oltre rimborso spese forfetarie nella misura del 15%, iva e cpa come per legge, e, relativamente al presente giudizio, in Euro 7.254,00 per compenso professionale, oltre rimborso spese forfetarie nella misura del 15%, iva e cpa come per legge;

pone definitivamente a carico dei convenuti le spese di c.t.u., quali liquidate nel corso del giudizio e nel corso del procedimento di accertamento tecnico preventivo, e li condanna a restituire all’attrice le somme da questa già anticipate al dott. (…).

Così deciso in Treviso il 4 settembre 2018.

Depositata in Cancelleria il 6 settembre 2018.

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