LO SAI CHE L’AFFIDO CONDIVISO E’ LA REGOLA? COME GESTIRLO?L’affidamento condiviso deve essere modulato in maniera tale da corrispondere al superiore interesse del figlio minore.
L’affidamento condiviso deve essere modulato in maniera tale da corrispondere al superiore interesse del figlio minore. È per tale ragione che può prevedersi che, nonostante la condivisione di affidamento tra i genitori, il figlio continui a vivere accanto alla madre, qualora ciò permetta di salvaguardare i suoi equilibri relazionali.
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È per tale ragione che può prevedersi che, nonostante la condivisione di affidamento tra i genitori, il figlio continui a vivere accanto alla madre, qualora ciò permetta di salvaguardare i suoi equilibri relazionali. Su questa linea interpretativa, si può citare
L’affidamento condiviso dei figli minori ad entrambi i genitori costituisce il regime ordinario di affidamento e, tale regime, non è impedito dalla conflittualità dei genitori, a meno che tale regime non sia pregiudizievole negli interessi dei figli, alterando e ponendo in serio pericolo il loro equilibrio e il loro sviluppo psico-fisico“.
Le attività svolte dallo Studio in materia di famiglia riguardano:
Separazione personale dei coniugi, consensuale o giudiziale;
Divorzio, congiunto o contenzioso;
Ricorso per la modifica delle condizioni di separazione e/o di divorzio;
Affidamento dei figli minori, modifica delle condizioni economiche e di visita;
Problematiche riguardanti figli naturali, nati cioè da genitori non coniugati;
Riconoscimento e disconoscimento di paternità;
Interdizioni, inabilitazioni e nomina di amministratore di sostegno.
E’ quanto affermato dalla Cassazione civile, sezione prima, con sentenza n.27/2017 depositata in data 03/01/2017.
Nel quadro della nuova disciplina relativa ai “provvedimenti riguardo ai figli” dei coniugi separali, di cui ai citati artt. 155 e 155 bis c.p.c., come modificativamente e integrativamente riscritti dalla L. n. 54 del 2006, improntata alla tutela del diritto del minore (già consacrato nella Convenzione di New York del 20 novembre 1989 resa esecutiva in Italia con L. n. 176 del 1991) alla cd.
“bigenitorialità” (al diritto, cioè, dei figli a continuare ad avere un rapporto equilibrato con il padre e con la madre anche dopo la separazione), l’affidamento “condiviso” (comportante l’esercizio della potestà genitoriale da parte di entrambi ed una condivisione, appunto, delle decisioni di maggior importanza attinenti alla sfera personale e patrimoniale del minore) si pone non più (come nel precedente sistema) come evenienza residuale, bensì come regola;
rispetto alla quale costituisce, invece, ora accezione la soluzione dell’affidamento esclusivo.
Alla regola dell’affidamento condiviso può infatti derogarsi solo ove la sua applicazione risulti “pregiudizievole per l’interesse del minore”.
Non avendo, per altro, il legislatore ritenuto di tipizzare le circostanze ostative all’affidamento condiviso, la loro individuazione resta rimessa alla decisione del Giudice nel caso concreto da adottarsi con “provvedimento motivato”, con riferimento alla peculiarità della fattispecie che giustifichi, in via di eccezione, l’affidamento esclusivo.
L’affidamento condiviso non può ragionevolmente ritenersi comunque precluso, di per sè, dalla mera conflittualità esistente fra i coniugi, poichè avrebbe altrimenti una applicazione, evidentemente, solo residuale, finendo di fatto con il coincidere con il vecchio affidamento congiunto.
Occorre viceversa, perchè possa derogarsi alla regola dell’affidamento condiviso, che risulti, nei confronti di uno dei genitori, una sua condizione di manifesta carenza o inidoneità educativa o comunque tale appunto da rendere quell’affidamento in concreto pregiudizievole per il minore (come nel caso, ad esempio, di una sua anomala condizione di vita, di insanabile contrasto con il figlio, di obiettiva lontananza …).
Per cui l’esclusione della modalità dell’affidamento esclusivo dovrà risultare sorretta da una motivazione non più solo in positivo sulla idoneità del genitore affidatario, ma anche in negativo sulla inidoneità educativa del genitore che in tal modo si escluda dal pari esercizio della potestà genitoriale e sulla non rispondenza, quindi, all’interesse del figlio dell’adozione, nel caso concreto, del modello legale prioritario di affidamento.
AFFIDO ESCLUSIVO AVVOCATO MATRIMONIALISTA BOLOGNA
La Cass. civ., Sezione I, con sentenza n. 26587 del 17 dicembre 2009, stabilisce:
‘‘l’affidamento esclusivo dei figli ad uno dei genitori doveva considerarsi come una eccezione alla regola dell’affidamento condiviso, da applicarsi rigidamente soltanto nelle ipotesi in cui esista una situazione di gravità tale da rendere detto affidamento condiviso contrario all’interesse dei figli, valutandosi tale contrarietà esclusivamente in relazione al rapporto genitore-figlio e quindi con riferimento a carenze comportamentali di uno dei due genitori, di gravità tale da sconsigliare l’affidamento al medesimo per la sua incapacità di contribuire alla realizzazione di un tranquillo ambiente familiare’’. Conformemente, anche la sentenza n. 16593 del 18 giugno 2008, Corte di Cassazione civile, Sezione I.
Cass. civ., Sezione I, con sentenza n. 24841 del 7 dicembre 2010 ha affermato che “
La regola dell’affidamento condiviso dei figli può essere derogata solo ove la sua applicazione risulti pregiudizievole per l’interesse del minore, con la duplice conseguenza che l’eventuale pronuncia di affidamento esclusivo deve essere necessariamente sorretta da una motivazione non più solo in positivo, sulla idoneità del genitore affidatario, ma anche in negativo sulla inidoneità educativa ovvero manifesta carenza dell’altro genitore ’’.
L’affidamento condiviso non può ragionevolmente ritenersi comunque precluso, di per sé, dalla mera conflittualità esistente fra i coniugi, poiché avrebbe altrimenti una applicazione, evidentemente, solo residuale, finendo di fatto con il coincidere con il vecchio affidamento congiunto. Occorre viceversa, perché possa derogarsi alla regola dell’affidamento condiviso, che risulti, nei confronti di uno dei genitori, una sua condizione di manifesta carenza o inidoneità educativa o comunque tale appunto da rendere quell’affidamento in concreto pregiudizievole per il minore (come nel caso, ad esempio, di una sua anomala condizione di vita, di insanabile contrasto con il figlio, di obiettiva lontananza …). Per cui l’esclusione della modalità dell’affidamento esclusivo dovrà risultare sorretta da una motivazione non più solo in positivo sulla idoneità del genitore affidatario, ma anche in negativo sulla inidoneità educativa del genitore che in tal modo si escluda dal pari esercizio della potestà genitoriale e sulla non rispondenza, quindi, all’interesse del figlio dell’adozione, nel caso concreto, del modello legale prioritario di affidamento.”
Contrariamente a tale orientamento, il Tribunale di Firenze, con sentenza del 21 febbraio 2007, ha disposto l’affidamento condiviso dei figli pur in presenza di rapporti conflittuali tra i minori e la figura paterna, stabilendo che: “va disposto l’affidamento condiviso dei figli, nonostante le difficoltà relazionali di uno dei due con i minori, ad eccezione dei casi in cui siano stati riscontrati segnali di incapacità o di pericolosità effettiva di tale genitori’’. Il Tribunale sottolinea inoltre: “la scarsa presenza relazionale e non oggettiva del padre accanto ai figli, ma ciò non giustifica sanzionare con un affidamento esclusivo la tendenza ad assumersi scarsa responsabilità, perché viceversa in una situazione quale la presente, in cui siano assenti segnali di incapacità o di effettiva pericolosità del padre, l’affidamento condiviso chiama la coppia genitoriale ad identiche assunzioni di doveri nei riguardi della crescita dei figli’’.
COSA PRECISA LA CASSAZIONE:
È stato, infatti, affermato il principio secondo cui (Cass., 10 dicembre 2014, n. 26060; Cass., 29 luglio 2011, n. 16376; Cass., 18 agosto 2006 n. 18187) l’affidamento congiunto dei figli ad entrambi i genitori – previsto dalla legge sul divorzio, art. 6 (1 dicembre 1970, n. 898, come sostituito dalla L. 6 marzo 1987, n. 74, art. 11), analogicamente applicabile anche alla separazione personale dei coniugi – è istituto che, in quanto fondato sull’esclusivo interesse del minore, non fa venir meno l’obbligo patrimoniale di uno dei genitori di contribuire, con la corresponsione di un assegno, al mantenimento dei figli, in relazione alle loro esigenze di vita, sulla base del contesto familiare e sociale di appartenenza, rimanendo per converso escluso che l’istituto stesso implichi, come conseguenza ‘automatica’, che ciascuno dei genitori debba provvedere paritariamente, in modo diretto ed autonomo, alle predette esigenze. È stato altresì precisato che il richiamato principio trova conferma nelle nuove previsioni in tema di affido condiviso di cui alla L. n. 54 del 2006.
L’ulteriore previsione che il giudice possa disporre, ove necessario, la corresponsione di un assegno periodico, al fine di realizzare tale principio di ‘proporzionalità’, esclude che la Corte territoriale abbia violato detta disposizione, in quanto la previsione di un assegno si rivela quantomeno opportuna, se non necessaria, quando, come nella specie, l’affidamento condiviso preveda un collocamento prevalente presso uno dei genitori: assegno da porsi a carico del genitore non collocatario. Del resto il ricordato art. 155 c.c., fornisce indicazioni specifiche sulla determinazione dell’assegno, considerando, tra l’altro, ‘i tempi di permanenza presso ciascun genitore’.
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PRECISAZIONE CORTE
ha per altro precisato (Cass., 4 novembre 2009, n. 23411) che il genitore collocatario, essendo più ampio il tempo di permanenza presso di lui, avrà necessità di gestire, almeno in parte, il contributo al mantenimento da parte dell’altro genitore, dovendo provvedere in misura più ampia alle spese correnti e all’acquisto di beni durevoli che non attengono necessariamente alle spese straordinarie (indumenti, libri, ecc.).
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