ACCERTAMENTO PATERNITA’BOLOGNA

ACCERTAMENTO PATERNITA’ BOLOGNA TRIBUNALE, COME FARE ? COSA FARE?  BOLOGNA ACCERTAMENTO PATERNITA’

COME FARE ? COSA FARE?BOLOGNA ACCERTAMENTO PATERNITA’-ACCERTAMENTO PATERNITA’ BOLOGNA 

Ai sensi dell’art. 250 c.c., il riconoscimento del figlio infraquattordicenne nato fuori dal

matrimonio deve avvenire previo consenso dell’altro genitore che abbia già effettuato il

riconoscimento; detto consenso non può essere rifiutato se risponde all’interesse del figlio.

Dal punto di vista sostanziale la norma qui in esame realizza una doppia tutela,

garantendo sia l’interesse del genitore ad esercitare la propria responsabilità genitoriale sia

il diritto del minore a sperimentare la bigenitorialità: ed invero, se riconoscimento del

figlio infraquattordicenne già riconosciuto da un genitore costituisce oggetto di un diritto

soggettivo dell’altro genitore, costituzionalmente garantito dall’art. 30 Cost. entro i limiti

stabiliti dalla legge cui la stessa norma costituzionale rinvia; al contempo, anche il minore

ha diritto all’identità personale nella sua precisa ed integrale dimensione socio psicofisica,

costituendo un passaggio necessario per la formazione della personalità dell’individuo

l’acquisizione di notizie sulla propria nascita e la scoperta della vera identità dei propri

genitori.

Il punto di equilibrio individuato dal legislatore per il bilanciamento delle due posizioni

soggettive coinvolte è costituito proprio dall’ “interesse del figlio”, che, peraltro, non si pone

in termini di contrapposizione con il diritto del genitore, ma ne costituisce misura ed

elemento di definizione.

La giurisprudenza, da anni ormai, ha inteso affermare il principio secondo cui “anche alla

luce degli artt. 3 e 7 della Convenzione sui diritti del fanciullo, fatta a New York il 20 novembre

1989 (resa esecutiva con la legge 27 maggio 1991, n. 176), il mancato riscontro di un interesse

effettivo e concreto del minore non costituisce ostacolo all’esercizio del diritto del genitore ad ottenere

il riconoscimento, nel caso di opposizione del genitore che per primo ha proceduto al riconoscimento,

in quanto detto interesse va valutato in termini di attitudine a sacrificare la genitorialità,

riscontrabile soltanto qualora si accerti l’esistenza di motivi gravi ed irreversibili che inducano a

ravvisare la forte probabilità di una compromissione dello sviluppo del minore, che giustifichi il

sacrificio totale del diritto alla genitorialità” (così Cass. 21088/2004; conf. Cass. n.

11949/2003; Cass. n. 2878/2005; Cass. n. 12984/2009).

In sostanza, il giudice – e prima ancora il genitore che si oppone al riconoscimento – non

può subordinare il consenso al previo accertamento che il secondo riconoscimento risulti

in concreto vantaggioso per il minore: ciò comporterebbe l’inaccettabile conseguenza di

ritenere legittimo il rifiuto ogniqualvolta non si ravvisi alcun vantaggio per il figlio,

creandosi, di fatto, una disparità di trattamento tra i due genitori in relazione al diverso

momento in cui operano il riconoscimento.

Invero, il diritto del genitore che effettua successivamente il riconoscimento può essere

sacrificato solo in casi di grave pregiudizio per il minore, ovvero nel caso in cui per il

minore si configuri il concreto pericolo di un danno gravissimo per il suo sviluppo psico-

fisico, correlato alla pura e semplice attribuzione della genitorialità (cfr., da ultimo, Cass.

  1. 2645/2011).

REPUBBLICA ITALIANA ACCERTAMENTO PATERNITA’ BOLOGNA In nome del popolo italiano Il Tribunale Ordinario di Bologna – PRIMA SEZIONE in persona dei magistrati dott.ssa Matilde Betti Presidente dott.ssa Sonia Porreca Relatore dott.ssa Silvia Migliori Componente ha pronunciato la seguente SENTENZA promossa da X, rappresentato e difeso dall’Avvocato DE RONZO FABIOLA del Foro di Bologna contro con l’intervento del PM presso il Tribunale ordinario OGGETTO: Riconoscimento di figlio naturale (art. 250 c.c.) nella causa di primo grado iscritta al n. 1465 del Ruolo Generale degli affari contenziosi per l’anno 2017 Y, rappresentata e difesa dall’Avvocato SEMERARO MARIA TERESA del Foro di attore convenuto Bologna CONCLUSIONI DELLE PARTI: come in verbale di udienza in data 8 febbraio 2018: “- accertare e dichiarare ex art. 250 c.c. che G. nata a Bologna l’11.10.2015 è figlia del signor X; – ordinare la modifica del nome di G. Y in G. Y X; – affidare la minore in via condivisa ad entrambi i genitori ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 337 ter c.c. con collocazione prevalente della stessa presso la madre; – disporre che la minore coltivi il rapporto col padre secondo le modalità liberamente adottate dai genitori di comune accordo e, comunque, due pomeriggi alla settimana dalle ore 16,30 alle ore 18,30 anche presso la casa del padre e, a settimane alterne, la domenica dalle ore 10,00 alle ore 18,30; – disporre che il pernottamento della minore presso il padre possa avvenire con gradualità dopo il compimento dei tre anni e dopo che il padre sarà in grado di garantire che all’interno della casa in cui abita vi siano spazi capaci di consentire un agevole pernottamento della bambina; – disporre che il padre trascorra una settimana di vacanza con la figlia a partire dall’estate 2020; – disporre che il padre trascorra cinque giorni consecutivi durante il periodo delle vacanze natalizie a partire dal 2020 e pasquali a partire dal 2021; – porre a carico del padre l’obbligo di versare a titolo di mantenimento della figlia la somma di € 200,00 mensile oltre rivalutazione ISTAT con primo scatto di aumento dal mese di febbraio 2019 base mese di febbraio 2018; – disporre che il padre concorra in misura del 50% alle spese straordinarie così come indicato nel protocollo sottoscritto l’8.8.2017 tra il Tribunale di Bologna e l’Ordine degli Avvocati di Bologna da considerarsi qui trascritto e sottoscritto dalle parti; – spese di giudizio compensate”.

ACCERTAMENTO PATERNITA’ BOLOGNA : E DIRITTO Con ricorso depositato il 31.10.2017 X chiedeva ex art. 250 c.c. di essere autorizzato a riconoscere la minore G., nata a (omissis) l’11 ottobre 2015 e riconosciuta dalla sola madre, Il ricorrente narrava di aver avuto una relazione sentimentale con Y , durante la quale scopriva che la stessa era rimasta incinta; pur avendo deciso, a quel punto, di interrompere il rapporto personale, il ricorrente spiegava di non aver mai negato alla donna il proprio sostegno, sia durante la gravidanza sia dopo la nascita della bambina, fino a quando e nei limiti in cui gli era stato permesso da lei e dalla famiglia di lei; di aver sempre manifestato il proprio desiderio di riconoscere la bambina di cui era padre, dovendo far fronte, tuttavia, all’opposizione della madre, che aveva da sempre negato il proprio consenso; di essere stato, quindi, costretto ad agire giudizialmente con il ricorso qui in esame per poter dare corso al proprio riconoscimento, attribuire alla figlia minore il proprio cognome, e ottenere ogni provvedimento necessario alla piena esplicazione della propria genitorialità. Con comparsa depositata il 9.6.2017 si costituiva in giudizio Y dichiarando espressamente di non opporsi al riconoscimento da parte del sig. X, padre della figlia minore G., nata a Bologna l’11.10.2015. La convenuta negava, tuttavia, ogni addebito che le era stato rivolto dalla controparte in merito ad asseriti ostacoli posti al riconoscimento paterno, rimarcando, anzi, come era stato proprio il sig. X a mostrare inaffidabilità e disinteresse verso la nascitura durante la gravidanza, partecipando, solo per sua inadeguatezza, in modo occasionale e discontinuo alla vita della piccola nei mesi successivi alla nascita, senza, peraltro, minimamente contribuire sotto il profilo economico alle necessità della bambina. All’udienza del 6.7.2017 le parti, personalmente presenti, davano atto che erano in corso serie trattative per la definizione conciliata della presente vertenza. Alla successiva udienza dell’8 febbraio 2018 il sig. X ribadiva a verbale la propria intenzione di riconoscere la figlia G., riconoscimento cui la sig.ra Y dichiarava espressamente di non opporsi; i difensori precisavano le conclusioni congiunte di cui in epigrafe, relative anche all’acquisizione del cognome paterno, all’affido e alla gestione della figlia minore della coppia, con rinuncia ai termini ex art. 190 c.p.c. La causa veniva, quindi, rimessa al Collegio per la decisione e discussa nella camera di consiglio del 13 febbraio 2018.

Ai sensi dell’art. 250 c.c., il riconoscimento del figlio infraquattordicenne nato fuori dal matrimonio deve avvenire previo consenso dell’altro genitore che abbia già effettuato il riconoscimento; detto consenso non può essere rifiutato se risponde all’interesse del figlio. Dal punto di vista sostanziale la norma qui in esame realizza una doppia tutela, garantendo sia l’interesse del genitore ad esercitare la propria responsabilità genitoriale sia il diritto del minore a sperimentare la bigenitorialità: ed invero, se riconoscimento del figlio infraquattordicenne già riconosciuto da un genitore costituisce oggetto di un diritto soggettivo dell’altro genitore, costituzionalmente garantito dall’art. 30 Cost. entro i limiti stabiliti dalla legge cui la stessa norma costituzionale rinvia; al contempo, anche il minore ha diritto all’identità personale nella sua precisa ed integrale dimensione socio psicofisica, costituendo un passaggio necessario per la formazione della personalità dell’individuo l’acquisizione di notizie sulla propria nascita e la scoperta della vera identità dei propri genitori. Il punto di equilibrio individuato dal legislatore per il bilanciamento delle due posizioni soggettive coinvolte è costituito proprio dall’ “interesse del figlio”, che, peraltro, non si pone in termini di contrapposizione con il diritto del genitore, ma ne costituisce misura ed elemento di definizione. La giurisprudenza, da anni ormai, ha inteso affermare il principio secondo cui “anche alla luce degli artt. 3 e 7 della Convenzione sui diritti del fanciullo, fatta a New York il 20 novembre 1989 (resa esecutiva con la legge 27 maggio 1991, n. 176), il mancato riscontro di un interesse effettivo e concreto del minore non costituisce ostacolo all’esercizio del diritto del genitore ad ottenere il riconoscimento, nel caso di opposizione del genitore che per primo ha proceduto al riconoscimento, in quanto detto interesse va valutato in termini di attitudine a sacrificare la genitorialità, riscontrabile soltanto qualora si accerti l’esistenza di motivi gravi ed irreversibili che inducano a ravvisare la forte probabilità di una compromissione dello sviluppo del minore, che giustifichi il sacrificio totale del diritto alla genitorialità” (così Cass. 21088/2004; conf. Cass. n. 11949/2003; Cass. n. 2878/2005; Cass. n. 12984/2009). In sostanza, il giudice – e prima ancora il genitore che si oppone al riconoscimento – non può subordinare il consenso al previo accertamento che il secondo riconoscimento risulti in concreto vantaggioso per il minore: ciò comporterebbe l’inaccettabile conseguenza di ritenere legittimo il rifiuto ogniqualvolta non si ravvisi alcun vantaggio per il figlio, creandosi, di fatto, una disparità di trattamento tra i due genitori in relazione al diverso momento in cui operano il riconoscimento. Invero, il diritto del genitore che effettua successivamente il riconoscimento può essere sacrificato solo in casi di grave pregiudizio per il minore, ovvero nel caso in cui per il minore si configuri il concreto pericolo di un danno gravissimo per il suo sviluppo psico- fisico, correlato alla pura e semplice attribuzione della genitorialità (cfr., da ultimo, Cass.

  1. 2645/2011).

Tanto detto in termini generali, si osserva che nel caso di specie, a fronte della formale richiesta di autorizzazione al riconoscimento ex art. 250 c.c. da parte di X, la madre della minore Eva , costituendosi nel presente giudizio, non ha inteso svolgere alcuna opposizione, sotto alcun profilo, al riconoscimento della minore da parte del padre: non sono allegati né aliunde risultano circostanze che, dunque, possano configurare un gravissimo pregiudizio per lo sviluppo psicofisico della figlia della coppia, tale da impedire il riconoscimento paterno. Il vaglio preliminare cui è chiamato in questa sede il Tribunale, volto ad escludere che sussistano elementi ostativi al diritto del secondo genitore di procedere al riconoscimento del proprio figlio, già riconosciuto dall’altro genitore, deve, dunque, ritenersi compiuto positivamente. Ciò posto, va dato atto del fatto che, sotto il profilo processuale, si sono affermati in giurisprudenza due orientamenti interpretativi del procedimento disciplinato dall’art. 250 c.c. Secondo alcuni Tribunali, infatti, la norma, che testualmente dispone che “con la sentenza che tiene luogo del consenso mancante, il giudice assume i provvedimenti opportuni in relazione all’affidamento e al mantenimento del minore ai sensi dell’art. 315 bis e al suo cognome ai sensi dell’art. 262″, implicherebbe la necessità di una previa pronuncia parziale sull’autorizzazione al riconoscimento, dovendosi differire ogni altra decisione in merito ai provvedimenti da adottare nell’interesse del minore al prosieguo del giudizio, subordinatamente alla prova dell’avvenuto, effettivo riconoscimento da parte del genitore a ciò autorizzato: il procedimento in esame viene, dunque, ricostruito in termini bifasici e la ragione è individuata nella necessità di evitare la definizione del giudizio mediante la pronuncia di una (unica) sentenza che sarebbe necessariamente condizionale, in quanto il contenuto dispositivo e condannatorio relativo all’affidamento, al mantenimento del minore e all’assunzione del cognome verrebbe ad avere efficacia e valenza esecutiva solo dopo e a condizione che il ricorrente, a sua discrezione, proceda effettivamente al riconoscimento per cui è stato autorizzato (in questo senso: cfr. Trib. Milano 16 aprile 2014; Trib. Forlì 26 ottobre 2015). In senso difforme rispetto all’orientamento appena delineato si è pronunciata altra parte della giurisprudenza, per la quale, invece, la pronuncia giudiziale ex art. 250 c.c. sulla meritevolezza della domanda spiegata dal ricorrente non è da intendersi come meramente autorizzativa del riconoscimento ma pienamente sostitutiva dello stesso, con conseguente annotazione del nominativo del (secondo) genitore a margine dell’atto di nascita del figlio (in questo senso: Trib. Roma 14 ottobre 2016; Trib. Roma 26 maggio 2017; Trib. Prato 26 luglio 2017): a sostegno della diversa ricostruzione processuale prospettata viene rimarcato come la norma di cui all’art. 250 c.c. “perderebbe di significato ove si ritenesse che, pronunciata la sentenza che tiene luogo del consenso mancante del genitore che per primo ha riconosciuto, fosse necessario formalizzare il riconoscimento del secondo genitore innanzi all’Ufficiale di Stato Civile, e ciò anche sulla scorta della considerazione per cui solo così ragionando si è in grado di scongiurare le problematiche che potrebbero verificarsi allorché il genitore, pur autorizzato al riconoscimento ex art. 250 c.c., non potesse poi procedere a detto incombente, anche per cause dallo stesso indipendenti” (così Trib. Roma 14 ottobre 2016 cit.). A parere di questo Collegio le argomentazioni da ultimo richiamate paiono obiettivamente convincenti e vanno, quindi, condivise. Ed invero, il riconoscimento paterno è insito nello stesso esercizio dell’azione giudiziale ex art. 250 c.c. e, del resto, la volontà di riconoscere la minore G. è stata più volte ribadita in udienza dallo stesso X di persona (cfr. verbali delle udienze del 6.7.2017 e dell’8.2.2018): la formale dichiarazione fatta dalla parte dinanzi al giudice non può non avere, sussistendone i presupposti di legge, effetto costitutivo del riconoscimento stesso, dichiarazione che, pertanto, va ritenuta in sé sufficiente e non bisognosa di alcuna altra ripetizione dinanzi ad altro pubblico ufficiale. È bene, tuttavia, rimarcare come in questa sede il Tribunale si limiti a dare atto, sussistendone i presupposti di legge, del riconoscimento della paternità della minore effettuato dal padre, senza compiere alcun accertamento giudiziale della paternità: il thema decidendum peculiare del presente procedimento è, infatti, quello della verifica della sussistenza dei presupposti richiesti dall’art. 250 c.c. per dare corso al riconoscimento da parte del genitore che tale si dichiara, mentre rimane profilo del tutto estraneo al giudicato quello della verifica della genitorialità biologica, essendo, nella specie, incontroverso in atti (ed anzi circostanza data per presupposta dalle parti stesse) che G. sia figlia di X. Come detto, l’art. 250 c.c. impone di adottare, con la stessa pronuncia con la quale si dà corso al riconoscimento, gli ulteriori provvedimenti nell’interesse del minore afferenti l’affidamento, il mantenimento e il cognome. Al riguardo, le parti hanno prospettato conclusioni congiunte, nei termini di cui in epigrafe: si tratta di conclusioni che possono essere fatte integralmente proprie dal Tribunale, in quanto non presentano profili di contrarietà all’ordine pubblico o a disposizioni di carattere imperativo, rappresentando l’equo contemperamento delle rispettive posizioni, oltre a rispondere agli interessi morali e materiali della figlia minore della coppia, alla quale è garantito un equo apporto di entrambe le figure genitoriali. Rientra nell’accordo raggiunto tra le parti la compensazione delle spese di lite: anche su tale aspetto il Tribunale decide in conformità, non sussistendo elementi che possano o debbano indurre a diversa valutazione. P.Q.M. definitivamente decidendo sulla causa N.R.G. 1465/2017, ogni diversa domanda ed eccezione disattesa e respinta:

  1. dà atto della sussistenza dei presupposti di legge per dare corso al riconoscimento

parentale richiesto da X e, per l’effetto:

  1. ordina all’Ufficiale di Stato Civile del Comune di Bologna di annotare sull’atto di

nascita della minore G. che X, nato a L’Avana (Cuba) il 20.4.1995, è padre della predetta

  1. , nata a (omissis), l’11.10.2015;

  2. dispone che la minore G. , nata a Bologna, l’11.10.2015, acquisti il cognome paterno

aggiungendolo a quello materno, così da chiamarsi G. Y X;

  1. affida la minore in via condivisa ad entrambi i genitori ai sensi e per gli effetti di cui

all’art. 337 ter c.c. con collocazione prevalente della stessa presso la madre;

  1. dispone che la minore coltivi il rapporto col padre secondo le modalità liberamente

adottate dai genitori di comune accordo e, comunque, due pomeriggi alla settimana dalle ore 16,30 alle ore 18,30 anche presso la casa del padre e, a settimane alterne, la domenica dalle ore 10,00 alle ore 18,30; dispone che il pernottamento della minore presso il padre possa avvenire con gradualità dopo il compimento dei tre anni e dopo che il padre sarà in grado di garantire che all’interno della casa in cui abita vi siano spazi capaci di consentire un agevole pernottamento della bambina; – dispone che il padre trascorra una settimana di vacanza con la figlia a partire dall’estate 2020; – dispone che il padre trascorra con la minore cinque giorni consecutivi durante il periodo delle vacanze natalizie a partire dal 2020 e pasquali a partire dal 2021;

  1. pone a carico del padre l’obbligo di versare a titolo di mantenimento della figlia la

somma di € 200,00 mensile oltre rivalutazione ISTAT con primo scatto di aumento dal mese di febbraio 2019 base mese di febbraio 2018;

  1. dispone che il padre concorra in misura del 50% alle spese straordinarie della figlia così

come indicato nel protocollo sottoscritto l’8.8.2017 tra il Tribunale di Bologna e l’Ordine degli Avvocati di Bologna;

  1. compensa integralmente le spese di lite tra le parti. Così deciso in Bologna nella camera di consiglio della I sezione civile in data 13/02/2018. IL GIUDICE ESTENSORE dott.ssa Sonia Porreca

IL PRESIDENTE dott.ssa Matilde Betti Pubblicazione il 08/03/2018

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