TRIBUNALE BOLOGNA AVVOCATO ESPERTO SEPARAZIONI

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AVVOCATO SEPARAZIONI BOLOGNA AVVOCATO DIVORZISTA

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051 6447838 

La separazione è la prima fase. Con la separazione, marito e moglie diventano “coniugi separati” e, di conseguenza, non ci sono più doveri coniugali come la fedeltà, l’obbligo di abitare nella stessa casa, l’assistenza morale e l’aiuto materiale dell’altro.
Questo però non implica lo scioglimento del matrimonio e, quindi, non è possibile sposarsi di nuovo. Non si parla quindi di ex marito e di ex moglie.

La fase della separazione è obbligatoria se si vuole raggiungere il divorzio. Non esiste divorzio senza separazione. Invece, può esistere la separazione, senza il divorzio.

La separazione è dunque quella fase transitoria nella quale si può decidere anche di riconciliarsi senza dover effettuare nuovamente il rito del matrimonio.

Separazione a Bergamo

Quando non vi è accordo tra i coniugi sulla decisione di separarsi o sulle questioni relative alla separazione, ciascuno dei coniugi può chiedere la separazione giudiziale.
In questo caso è il giudice che stabilisce le principali condizioni della separazione: aspetti patrimoniali, eventuale mantenimento di uno dei coniugi, affidamento dei figli, diritto di visita, mantenimento dei figli e assegnazione della casa coniugale.
Quanto dura la procedura di separazione tramite tribunale?

DURA COME UNA CAUSA ORDINARIA QUINDI ANNI 

Tribunale Bologna, Sez. I, 18/02/2014, n. 569

In merito alla domanda di separazione personale giudiziale proposta dai coniugi stranieri residenti in Italia ed entrambi aventi nazionalità e cittadinanza del Bangladesh – escluso il difetto di giurisdizione del giudice italiano adito in ragione della residenza di entrambi i coniugi nel territorio dello Stato Italiano, nel contempo – quanto alla legge applicabile al caso di specie, posto il principio stabilito dalle norme di diritto internazionale privato dell’ “applicazione della legge nazionale comune ai coniugi al momento della proposizione della domanda”, va esclusa l’applicabilità della legge del Bangladesh, in quanto, consentendo la modificazione di posizioni giuridiche soggettive senza possibilità, per la parte nei cui confronti dovranno attuarsi, di contro-dedurre, viola le regole – sancite dalla Costituzione, e quindi – fondamentali, del contraddittorio e del diritto di difesa, ed è, come tale, contraria al principio di ordine pubblico interno (italiano). Deve perciò farsi luogo – a seguito dell’esclusione così affermata e motivata del criterio legale considerato – alla posizione dell’ulteriore principio “dell’applicazione della legge del luogo ove i coniugi hanno stabilito prevalentemente (o radicato) la loro vita matrimoniale”, e quindi, essendo i coniugi stessi stabilmente residenti nel territorio dello Stato Italiano, ivi svolgendo attività lavorativa ed ivi avendo anche avuto prole, dovrà trovare applicazione, nella disciplina della separazione personale dei coniugi stranieri, la legge italiana.

TRIBUNALE BOLOGNA AVVOCATO ESPERTO SEPARAZIONI

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AVVOCATO SEPARAZIONI BOLOGNA VELOCI?

Tribunale Bologna, Sez. I, 18/02/2014, n. 569

In merito alla domanda di separazione personale giudiziale proposta dai coniugi stranieri residenti in Italia ed entrambi aventi nazionalità e cittadinanza del Bangladesh – escluso il difetto di giurisdizione del giudice italiano adito in ragione della residenza di entrambi i coniugi nel territorio dello Stato Italiano, nel contempo – quanto alla legge applicabile al caso di specie, posto il principio stabilito dalle norme di diritto internazionale privato dell’ “applicazione della legge nazionale comune ai coniugi al momento della proposizione della domanda”, va esclusa l’applicabilità della legge del Bangladesh, in quanto, consentendo la modificazione di posizioni giuridiche soggettive senza possibilità, per la parte nei cui confronti dovranno attuarsi, di contro-dedurre, viola le regole – sancite dalla Costituzione, e quindi – fondamentali, del contraddittorio e del diritto di difesa, ed è, come tale, contraria al principio di ordine pubblico interno (italiano). Deve perciò farsi luogo – a seguito dell’esclusione così affermata e motivata del criterio legale considerato – alla posizione dell’ulteriore principio “dell’applicazione della legge del luogo ove i coniugi hanno stabilito prevalentemente (o radicato) la loro vita matrimoniale”, e quindi, essendo i coniugi stessi stabilmente residenti nel territorio dello Stato Italiano, ivi svolgendo attività lavorativa ed ivi avendo anche avuto prole, dovrà trovare applicazione, nella disciplina della separazione personale dei coniugi stranieri, la legge italiana.

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Tribunale Bologna, Sez. I, 18/02/2014, n. 569

In merito alla domanda di separazione personale giudiziale proposta dai coniugi stranieri residenti in Italia ed entrambi aventi nazionalità e cittadinanza del Bangladesh – escluso il difetto di giurisdizione del giudice italiano adito in ragione della residenza di entrambi i coniugi nel territorio dello Stato Italiano, nel contempo – quanto alla legge applicabile al caso di specie, posto il principio stabilito dalle norme di diritto internazionale privato dell’ “applicazione della legge nazionale comune ai coniugi al momento della proposizione della domanda”, va esclusa l’applicabilità della legge del Bangladesh, in quanto, consentendo la modificazione di posizioni giuridiche soggettive senza possibilità, per la parte nei cui confronti dovranno attuarsi, di contro-dedurre, viola le regole – sancite dalla Costituzione, e quindi – fondamentali, del contraddittorio e del diritto di difesa, ed è, come tale, contraria al principio di ordine pubblico interno (italiano). Deve perciò farsi luogo – a seguito dell’esclusione così affermata e motivata del criterio legale considerato – alla posizione dell’ulteriore principio “dell’applicazione della legge del luogo ove i coniugi hanno stabilito prevalentemente (o radicato) la loro vita matrimoniale”, e quindi, essendo i coniugi stessi stabilmente residenti nel territorio dello Stato Italiano, ivi svolgendo attività lavorativa ed ivi avendo anche avuto prole, dovrà trovare applicazione, nella disciplina della separazione personale dei coniugi stranieri, la legge italiana.

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AVVOCATO SEPARAZIONI BOLOGNA VELOCI?

Tribunale Bologna, Sez. I, 24/02/2014, n. 619

In esito alla pronunzia dichiarativa della separazione personale dei coniugi, nonostante sia stata ritenuta fondata ed accolta la domanda di addebito in ragione della violazione del dovere di fedeltà – peraltro incontroverso in quanto non contestato -, e per quanto tale condotta, in violazione dei doveri coniugali, sia stata accertata quale causa unica della frattura dell’unione coniugale, l’istanza, proposta dal coniuge cui non sia addebitabile la separazione, a fini di corresponsione di un assegno a titolo di mantenimento può non trovare accoglimento (ed il diritto in tal senso esercitato andare così incontro ad una pronunzia di reiezione) qualora entrambi i coniugi risultino essere, all’attualità, in stato di disoccupazione e quindi nessuna sperequazione reddituale in favore del coniuge fedifrago sia in concreto accertabile.

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Tribunale Bologna, Sez. I, 24/02/2014, n. 619

In esito alla pronunzia dichiarativa della separazione personale dei coniugi, nonostante sia stata ritenuta fondata ed accolta la domanda di addebito in ragione della violazione del dovere di fedeltà – peraltro incontroverso in quanto non contestato -, e per quanto tale condotta, in violazione dei doveri coniugali, sia stata accertata quale causa unica della frattura dell’unione coniugale, l’istanza, proposta dal coniuge cui non sia addebitabile la separazione, a fini di corresponsione di un assegno a titolo di mantenimento può non trovare accoglimento (ed il diritto in tal senso esercitato andare così incontro ad una pronunzia di reiezione) qualora entrambi i coniugi risultino essere, all’attualità, in stato di disoccupazione e quindi nessuna sperequazione reddituale in favore del coniuge fedifrago sia in concreto accertabile.

Tribunale Bologna, Sez. I, 28/04/2014, n. 1346

La donazione è revocata per ingratitudine qualora, intercorso l’atto di liberalità tra coniugi conviventi, il coniuge donatario – in via di separazione o già separato dal coniuge donante – abbia posto in essere condotte verbali lesive della dignità personale, umana (quale donna) e genitoriale (quale madre), del donante, e ciò sia in occasione di relazioni con terzi sia davanti alla prole in età minore (infra decenne). A tal riguardo il comportamento del donatario non può dirsi giustificato (né tanto meno legittimato) dalla relazione extraconiugale del donante e dalla sopravvenuta separazione, rilevando anzi in pejus – e quindi a scapito del donatario – il fatto che le sue manifestazioni offensive ed irriguardose – verso il donante – siano avvenute non nell’immediatezza o nell’insorgere della crisi coniugale ma successivamente (a distanza di tempo dal sopravvenire di tale vicenda) e a fronte di una ‘soggettiva’ violazione del dovere di fedeltà che non si sia svolta con modalità ingiuriose nei confronti del coniuge donatario, potendo massimamente dare luogo (la condotta del donante) ad una pronunzia di separazione con addebito di colpa – sempreché nella relazione extraconiugale e nell’inottemperanza del donante al dovere matrimoniale di fedeltà tra coniugi si possa ravvisare la causa unica della disaffezione coniugale e della irreparabile insostenibilità della convivenza, mentre, sul piano oggettivo delle condotte e delle loro reciproche valenze rileva, a favore del donante, che la decisione di separarsi dal coniuge corrisponde (secondo il giudice della legittimità) all’esercizio ed all’esplicarsi, in tal modo, di un diritto “di libertà”. Legittima e fondata è dunque la domanda di revocazione per ingratitudine dell’atto di liberalità proposta dal coniuge donante in quanto fatto oggetto di espressioni irriguardose, offensive e quindi ingiuriose da parte del coniuge donatario in ragione della violazione dell’obbligo di fedeltà da parte del donante stesso.

Tribunale Bologna, Sez. I, 13/05/2014, n. 1518

La condotta processuale ed extraprocessuale del genitore, rimasto inadempiente all’obbligo di contribuire al mantenimento del figlio minore, disinteressatosi del tutto del benessere di questi, né preoccupatosi di conoscere e soddisfare i bisogni dello stesso, di comprenderne le effettive esigenze, di rispettarne la sensibilità e le richieste, impone di modificare il regime di affidamento condiviso della prole inizialmente adottato. In applicazione degli artt. 337 ter e 337 quater c.c., deve, pertanto, disporsi l’affidamento esclusivo del figlio unicamente all’altro genitore, con attribuzione a questi dell’esercizio esclusivo della responsabilità genitoriale e del potere di adottare, anche senza l’accordo dell’altro, le decisioni di maggior interesse per il figlio, salvo l’esercizio separato della potestà genitoriale durante il tempo che il figlio trascorra con il genitore non affidatario, in capo al quale, tuttavia, permane il potere-dovere di vigilare su istruzione ed educazione del figlio e di ricorrere al giudice nell’ipotesi di assunzione, da parte del genitore affidatario, di decisioni pregiudizievoli per il minore.

 

Tribunale Bologna, Sez. I, Decreto, 20/12/2018, n. 10412

La figura del coordinatore genitoriale si sovrappone ai Servizi affidatari, duplicando i centri decisionali e di fatto aumentando le possibilità di contrasti. (Nella specie, pur dovendosi sottolineare che le situazioni dei signori X e Y non sono equiparabili, nondimeno entrambi risultano attualmente connotati da gravi criticità, che portano a concludere che allo stato il regime di affidamento maggiormente tutelante per il minore sia quello ai Servizi. E invero, se il signor X è caratterizzato da una scarsa capacità di autocontenimento e da aggressività, la signora Y – alla quale va riconosciuto di avere certamente favorito la facile e buona ripresa dei rapporti tra il padre e il figlio, che non avrebbe avuto luogo senza la collaborazione del genitore con la quale il figlio passa la maggior parte del suo tempo – presenta a sua volta una fragilità emotiva diffusa e controfobica rispetto al resistente, con una visibile alterazione dell’umore e del livello di ansia alla rievocazione degli episodi salienti della relazione con lui. Sebbene questo assetto psicoemotivo della ricorrente sia, secondo il condivisibile giudizio del C.T.U. compatibile con uno stato post-traumatico, allo stato appare maggiormente tutelante per il minore un affidamento ai servizi sociali, anche allo scopo di favorire una normalizzazione dei rapporti tra i genitori, tramite la riduzione delle occasioni di contrasto e l’attribuzione di un ruolo di decisione, di controllo e di vigilanza a un’autorità terza).

Corte d’Appello Bologna, Sez. I, Decreto, 26/03/2015

In parziale accoglimento del reclamo proposto alla Corte d’Appello avverso l’ordinanza con cui il Presidente del Tribunale abbia dato i provvedimenti provvisori ed urgenti in merito alla separazione dei coniugi, e con riguardo specifico all’istanza di modifica delle statuizioni economiche rese in quella sede, preso atto della disparità reddituale esistente tra i coniugi, nonché dell’onere di locazione abitativa gravante sul coniuge avente minori risorse – essendo stata la casa familiare (pur in comproprietà) assegnata al coniuge collocatario dei figli minori in regime di affido condiviso -, può disporsi la riduzione del contributo al mantenimento di quest’ultimi stabilito a carico del coniuge non collocatario (ossia la madre) – tenuto conto sia dei tempi di permanenza presso di lei trascorsi dalla prole e sia dei compiti domestici e di cura svolti quotidianamente dalla madre per i figli stessi -, nonché può disporsi l’obbligo di un contributo al mantenimento in suo favore da parte del coniuge collocatario (il marito), benché il coniuge conseguentemente beneficiato da tale statuizione non abbia proposto domanda di addebito della separazione e quindi pur in assenza di una statuizione dell’ordinanza presidenziale che abbia preso posizione relativamente all’addebito della separazione dei coniugi.

Corte d’Appello Bologna, Sez. I, Decreto, 23/02/2015

A fronte del principio per cui i provvedimenti promananti dal Tribunale in base agli articoli 337-bis e seguenti del codice civile e concernenti i figli nati fuori dal matrimonio sono reclamabili avanti la Corte d’Appello, va affermato l’ulteriore principio secondo cui i provvedimenti – quali quelli predetti – che, più particolarmente, si qualifichino come provvisori, in quanto aventi finalità urgente e temporanea, che riguardino precipuamente questioni di affidamento, collocamento e residenza anagrafica nonché di regolamentazione della frequentazione genitore/figlio, che siano stati pronunziati, quindi, in via propriamente interinale e siano destinati, come tali, ad essere successivamente modificati o confermati o revocati, sono privi – per definizione, e per quanto emanati dal Tribunale in composizione collegiale -, del carattere della decisorietà (intesa come statuizione definitoria di controversia in materia di diritti soggettivi o di status) e del carattere della definitività (intesa come pronunzia suscettibile dell’efficacia propria del giudicato) e quindi, come tali, non sono oggetto né di un generale potere di reclamo alla Corte d’Appello, quale previsto ed esperibile avverso i provvedimenti del Tribunale in prime cure a norma dell’articolo 739 del codice di procedura civile, né sono oggetto di uno speciale ed eccezionale potere di reclamo avanti la Corte d’Appello quale quello previsto ed esperibile, a norma dell’articolo 708 del codice di procedura civile, avverso i provvedimenti – per definizione – provvisori ed urgenti emessi dal Presidente del Tribunale nell’ambito dei procedimenti di separazione e di divorzio. Ne consegue che il reclamo che venga egualmente proposto alla Corte d’Appello avverso provvedimenti interinali e strumentali resi dal Tribunale in composizione collegiale e concernenti figli nati fuori dal matrimonio vanno dichiarati inammissibili.

Tribunale Bologna, Sez. I, 09/01/2015, n. 67

Nel contesto delle conclusioni congiunte presentate dai coniugi a fini separazione personale, perseguendo in tal modo lo scopo di dare esaustiva e non controversa definizione ai rapporti parentali e patrimoniali tra loro intercorrenti mediante un regolamento che superi innanzitutto il primo, sostanziale e fondamentale vaglio di legittimità consistente nell’assenza, nella disciplina in concreto adottata, di qualunque possibile motivo o causa di contrarietà all’interesse proprio dei figli minori – il cui affidamento sia già stato stabilito ai Servizi Sociali -, è legittima, valida ed efficace la clausola espressa nelle statuizioni del dispositivo della sentenza con la quale il coniuge e genitore presso il quale stabilmente e prevalentemente risieda la prole ottenga la cessione a titolo gratuito della quota di comproprietà indivisa della casa coniugale da parte dell’altro coniuge e genitore a fronte dell’assunzione dell’obbligo all’integrale mantenimento dei figli con lui conviventi, vertendo, l’estensione del personale ed esclusivo adempimento del coniuge collocatario, sia sulle spese di natura ordinaria sia di natura straordinaria (normalmente poste, quest’ultime, a carico di entrambi i coniugi in parità percentuale). Il coniuge e genitore collocatario assume quindi qualità di cessionario a titolo gratuito della quota del diritto di proprietà sul bene immobile costituito in casa familiare in originaria titolarità dell’altro coniuge e genitore non collocatario, esimendo quest’ultimo, in ragione dell’avvenuta cessione ed in modo pienamente legittimo e valido, da qualunque obbligo quanto a spese – di qualunque natura – ed ai costi – da qualunque causa determinati – necessari alla crescita, all’educazione ed allo sviluppo dei proprii figli.

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