Stalking, circostanze aggravanti, strumenti telematici, social media, whatsapp,  

 

 

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FATTO

. Con sentenza del 27/04/2017 il Tribunale di Verbania ha applicato, ai sensi dell’art. 444 c.p.p., a D.L.D. la pena di sei mesi di reclusione, in relazione al reato di cui all’art. 612 bis c.p., rilevando: a) che la circostanza aggravante dell’uso del mezzo informatico, in ragione dell’impiego di whatsapp, faceva parte del contenuto descrittivo dell’imputazione e doveva essere ritenuta subvalente rispetto alle concordate circostanze attenuanti generiche; b) che l’imputato doveva essere condannato alla rifusione delle spese di assistenza e di rappresentanza, liquidate in Euro 2.300,00 per compensi, oltre accessori di legge.

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Con sentenza del 27/04/2017 il Tribunale di Verbania ha applicato, ai sensi dell’art. 444 c.p.p., a D.L.D. la pena di sei mesi di reclusione, in relazione al reato di cui all’art. 612 bis c.p., rilevando: a) che la circostanza aggravante dell’uso del mezzo informatico, in ragione dell’impiego di whatsapp, faceva parte del contenuto descrittivo dell’imputazione e doveva essere ritenuta subvalente rispetto alle concordate circostanze attenuanti generiche; b) che l’imputato doveva essere condannato alla rifusione delle spese di assistenza e di rappresentanza, liquidate in Euro 2.300,00 per compensi, oltre accessori di legge

MODIFICA CONDIZIONI DIVORZIO:CAMBIO REGIONE DELLA MADRE COLLOCATARIA :TRIBUNALE BOLOGNA
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SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE

SEZIONE V PENALE

Sentenza 11 ottobre 2018 – 28 gennaio 2019, n. 3989

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PEZZULLO Rosa – Presidente –

Dott. SETTEMBRE Antonio – Consigliere –

Dott. MICHELI Paolo – Consigliere –

Dott. DE MARZO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. BORRELLI Paola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

D.L.D., nato a (OMISSIS);

avverso la sentenza del 27/04/2017 del GIP TRIBUNALE di VERBANIA;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere GIUSEPPE DE MARZO;

udito il Procuratore Generale, in persona del dott. PASQUALE FIMIANI, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.

Svolgimento del processo

  1. Con sentenza del 27/04/2017 il Tribunale di Verbania ha applicato, ai sensi dell’art. 444 c.p.p., a D.L.D. la pena di sei mesi di reclusione, in relazione al reato di cui all’art. 612 bis c.p., rilevando: a) che la circostanza aggravante dell’uso del mezzo informatico, in ragione dell’impiego di whatsapp, faceva parte del contenuto descrittivo dell’imputazione e doveva essere ritenuta subvalente rispetto alle concordate circostanze attenuanti generiche; b) che l’imputato doveva essere condannato alla rifusione delle spese di assistenza e di rappresentanza, liquidate in Euro 2.300,00 per compensi, oltre accessori di legge.
  2. Nell’interesse dell’imputato è stato proposto ricorso per cassazione, affidato ai seguenti motivi.

2.1. Con il primo motivo si lamentano vizi motivazionali e violazione di legge, rilevando: a) che la motivazione adoperata dal giudice in sentenza, per giustificare l’ammissione della parte civile, non era coerente con quella contenuta nell’ordinanza; b) che, in particolare, in quest’ultima si rilevava che la somma di Euro 1.500,00 non risultava che fosse stata versata ad integrale risarcimento del danno subito; c) che peraltro la parte civile, oltre a non esporre le ragioni giustificative della domanda, non aveva quantificato il danno nell’atto di costituzione nè aveva argomentato in ordine all’inadeguatezza della somma sopra indicata a ristorare il pregiudizio subito; d) che, quanto alle argomentazioni sviluppate in sentenza, la parte civile non può intervenire sulla congruità della pena o sulla concedibilità della sospensione condizionale della pena.

2.2. Con il secondo motivo si lamentano vizi motivazionali e violazione di legge in relazione alla liquidazione delle spese di assistenza e di rappresentanza della parte civile, non sorretta da alcuna argomentazione, tanto più necessaria, in quanto, nella specie, l’entità della somma non corrispondeva all’attività svolta secondo le voci e le tariffe di cui al D.M. n. 55 del 2014.

2.3. Con il terzo motivo si lamentano vizi motivazionali e violazione di legge, per avere il Tribunale pronunciato la sentenza, nonostante l’assenza di consenso dell’imputato all’applicazione della pena in relazione ad un’imputazione modificata e resa più grave dal P.M. per effetto della contestazione di una circostanza aggravante, peraltro del tutto insussistente, non potendo essere qualificata la messaggistica telefonica tra solo due utenti come mezzo informatico.

Motivi della decisione

  1. Il terzo motivo, da esaminare preliminarmente per ragioni di ordine logico, è infondato, dal momento che, come puntualmente rilevato dalla sentenza impugnata, nel caso di specie, non vi è stata alcuna modifica della fattispecie contestata, ma la mera esplicitazione, rispetto al fatto specificamente descritto nel capo di imputazione, della necessità di considerare la circostanza aggravante dell’uso del mezzo informatico – quale puntualmente ritenuto l’impiego del sistema di messaggistica whatsapp – come subvalente, in modo da conservare il risultato sanzionatorio concordato dalle parti.
  2. Il primo motivo è, nel suo complesso, infondato.

Il provvedimento che ammette la costituzione di parte civile è inoppugnabile e preclude ogni contestazione in ordine alla legitimatio ad processum, restando solo la possibilità di esaminare la legitimatio ad causam e, in particolare, la configurabilità e sussistenza del diritto sostanziale azionato dalla parte civile nel giudizio penale (Sez. 2, n. 17108 del 22/03/2011, Muscariello, Rv. 250326).

In ogni caso, in tema di costituzione di parte civile, l’indicazione delle ragioni che giustificano la domanda risarcitoria è funzionale esclusivamente all’individuazione della pretesa fatta valere in giudizio, non essendo necessaria un’esposizione analitica della causa petendi, sicchè per soddisfare i requisiti di cui all’art. 78 c.p.p., lett. d), è sufficiente il mero richiamo al capo di imputazione descrittivo del fatto, allorquando il nesso tra il reato contestato e la pretesa risarcitoria azionata risulti con immediatezza (Sez. 6, n. 32705 del 17/04/2014, Coccia, Rv. 260325).

In siffatta cornice di riferimento, la contestazione della sussistenza di un diritto risarcitorio, per effetto della idoneità della somma versata in favore della persona offesa a riparare il danno, è del tutto generica e non riesce a superare il rilievo motivazionale per cui la dazione neppure risultava essere stata effettuata a titolo di integrale ristoro del pregiudizio arrecato.

  1. Il secondo motivo è infondato, dal momento che la critica del ricorrente, ancorata ai parametri del D.M. n. 55 del 2014, fa riferimento ai compensi medi previsti per la fase istruttoria (Euro 810,00) e alla fase introduttiva (Euro 720,00), ma trascura del tutto la voce concernente la partecipazione alla fase decisionale (Euro 1.350,00), che, sia pure con riguardo allo specifico apporto che può essere fornito dalla parte civile, non può essere semplicisticamente ed immotivatamente disconosciuta.
  2. Alla pronuncia di rigetto consegue, ex art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

In caso di diffusione del presente provvedimento, si omettano le generalità e gli altri dati identificativi, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52.

Così deciso in Roma, il 11 ottobre 2018.

Depositato in Cancelleria, il 28 gennaio 2019.

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