RISOLVI ORA Scioglimento della comunione – Indivisibilità del bene immobile

RISOLVI ORA Scioglimento della comunione – Indivisibilità del bene immobile – Attribuzione dell’intero bene alla quota di uno o più condividenti – Modalità di realizzazione della divisione ereditaria Successioni – Divisione – Ereditaria – Ammissibilità – Giudizio – Supplementare – Azione – Riduzione – Ammissibilità – Allegazione – Tardiva Successioni

“mortis causa” – AVVOCATO ESPERTO BOLogONA Successione necessaria – Reintegrazione della quota di riserva dei legittimariAzione di riduzione (lesione della quota di riserva) – In genere – Azione di divisione ereditaria e azione di riduzione – Diversità di presupposti e di finalità – Conseguenze – Ammissibilità della domanda di riduzione proposta in sede di giudizio di divisione – Regime processuale anteriore alla legge n. 353 del 1990 – Accettazione del contraddittorio – Necessità.

L’azione di divisione ereditaria e quella di riduzione sono fra loro autonome e diverse, perché la prima presuppone la qualità di erede e tende all’attribuzione di una quota ereditaria, mentre la seconda implica la qualità di legittimario leso nella quota di riserva ed è finalizzata alla riduzione delle disposizioni testamentarie o delle donazioni lesive della legittima; ne consegue che la domanda di riduzione non è implicitamente inclusa in quella di divisione, sicché – nel regime anteriore alla riforma di cui alla legge 26 novembre 1990, n. 353 – una volta proposta la domanda di divisione, quella di riduzione è da ritenere nuova e, come tale, inammissibile ove la controparte abbia sul punto rifiutato il contraddittorio nel corso del giudizio di primo grado.

In tema di procedimento civile, laddove il giudizio abbia ad oggetto il mero scioglimento della comunione ereditaria, nulla impedisce che alla divisione dei beni comuni tardivamente indicati si pervenga, previo accertamento, se del caso, della simulazione o della nullità di negozi, all’esito di un giudizio di divisionesupplementare; mentre, laddove si tratti di un giudizio di riduzione, avente natura di accertamento costitutivo e carattere di autonomia dalla divisione ereditaria non vi è ragione di differenziarne il regime processuale da quello di qualunque altro procedimento contenzioso ordinario, consentendo in quel giudizio l’allegazione in ogni momento di fatti costitutivi del diritto potestativo del legittimario pretermesso, che in ogni altro giudizio, se tardiva, non sarebbe ammissibile.

 

In merito alla domanda di scioglimento della comunione, nel caso in cui il bene sia indivisibile, l’attribuzione dell’intero immobile alla quota di uno o più condividenti ai sensi dell‘art. 720 c.c., con addebito dell’eccedenza, altro non è che una modalità di realizzazione della divisione ereditaria; ne consegue che la relativa istanza si risolve in una specificazione di quella, comune a tutti i condividenti, finalizzata a porre fine allo stato di comunione e, se avanzata in replica ad analoga istanza o alla richiesta di vendita all’asta formulata da una altro condividente, configura non una domanda, ma un’eccezione proponibile per la prima volta anche nel giudizio di appello a norma dell‘art. 345 c.p.c.

 

 

In tema di scioglimento della comunione ereditaria, il criterio dell’estrazione a sorte previsto, nel caso di uguaglianza di quote, dall’art. 729 c.c. a garanzia della trasparenza delle operazioni divisionali contro ogni possibile favoritismo, non ha carattere assoluto, ma soltanto tendenziale, e, pertanto, è derogabile in base a valutazioni discrezionali, che possono attenere non soltanto a ragioni oggettive, legate alla condizione funzionale ed economica dei beni, ma anche a fattori soggettivi di apprezzabile e comprovata opportunità, la cui valutazione non è sindacabile in sede di legittimità, se non sotto il profilo del difetto di motivazione, non solo ove il giudice di merito abbia ritenuto di derogare al criterio suddetto, ma anche se abbia scelto di respingere la richiesta di deroga avanzata dalla parte.

Dunque, se la richiesta di attribuzione del bene ex art. 720 c.c. non integra una vera e propria domanda, ma esercizio di un’eccezione connessa a un diritto (quello a ottenere la divisione del bene) già dedotto in giudizio sin dalla domanda introduttiva del processo di primo grado, ad essa non saranno applicabili i limiti preclusivi cui, nel giudizio di cognizione ordinario, sono assoggettate le nuove domande; inoltre, trattandosi di mera modalità attuativa di un diritto già dedotto in giudizio, la stessa non potrà neppure essere qualificata alla stregua di nuova eccezione, inammissibile in appello a norma dell’art. 345 c.p.c. All’opposto, tale iniziativa è da ritenere liberamente esperibile per tutto il corso del giudizio.

D’altra parte, la natura riconosciuta all’istanza di attribuzione ex art. 720 c.p.c. impedisce di riconoscere alla stessa l’idoneità di passare autonomamente in giudicato: essendo una mera modalità di attuazione del giudizio di divisione, essa diventerà immodificabile soltanto nel momento in cui il giudicato verrà a cadere sull’intera vicenda divisoria, con la conseguenza per cui, laddove il capo di domanda sulla divisione sia devoluto alla cognizione del giudice di appello, resterà aperta pure in tal sede la possibilità di esercitare l’eccezione in discorso, anche nel senso – come avvenuto nel caso di specie – di mutare la decisione precedentemente intrapresa, rinunciando tacitamente all’istanza in un primo momento avanzata.

 

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