MANTENIMENTO FIGLI : ASSEGNO VERSATO INFERIORE

MANTENIMENTO FIGLI : ASSEGNO VERSATO

INFERIORE

MANTENIMENTO FIGLI:ASSEGNO VERSATO INFERIORE
MANTENIMENTO FIGLI:ASSEGNO VERSATO INFERIORE

Se l’ex marito continua a

contribuire, seppure in misura

ridotta, al mantenimento del

figlio, è da escludere il dolo

del delitto di cui all’art. 570-bis

c.p.

Questo è quanto emerge dalla sentenza 7 febbraio 2020,

n. 5236 (testo in calce) della Sesta Sezione Penale della

MANTENIMENTO FIGLI:ASSEGNO VERSATO INFERIORE
MANTENIMENTO FIGLI:ASSEGNO VERSATO INFERIORE

Corte di Cassazione.

SEZIONE VI PENALE

Sentenza 11 dicembre 2019 – 7 febbraio 2020, n. 5236

Se è pacifico che le intese patrimoniali che siano state eventualmente raggiunte dalle parti in sede di separazione non incidono sulla determinazione dell’assegno di divorzio ai sensi della L. n. 898 del 1970, art. 5, modificato dalla L. n. 74 del 1987, art. 10, data la diversità delle discipline sostanziali, della natura, struttura e finalità dei relativi trattamenti, correlate e diversificate situazioni, presupponendo l’assegno divorzile lo scioglimento del matrimonio (così, tra le altre, Cass. Civ., Sez. 1, n. 25010 del 30/11/2007, Rv. 600620), è anche vero che nella giurisprudenza civile di legittimità si è riconosciuta la liceità delle intese economiche raggiunte dalle parti dopo la presentazione della domanda di divorzio, poichè gli accordi si riferiscono ad un divorzio che le parti hanno già deciso di conseguire e non semplicemente prefigurato (Cass. civ., Sez. 1, n. 5244 del 11/06/1997, Rv. 505124): con la conseguenza che tale parametro esegetico debba valere, a maggior ragione, quando la sentenza di divorzio sia già intervenuta e gli accordi tra gli ex coniugi abbiano ad oggetto una modifica delle statuizioni patrimoniali contenute in quella decisione.

E’ ragionevole, infatti, stimare che queste intese non possano produrre effetti vincolanti tra le parti solo laddove dovessero contenere clausole chiaramente lesive degli interessi dei beneficiari dell’assegno di mantenimento oppure condizioni contrarie all’ordine pubblico: in mancanza di tali circostanze, non si vede perchè un accordo transattivo non possa produrre effetti obbligatori per le parti, anche prima e indipendentemente dal fatto che il suo contenuto sia stato recepito in un provvedimento dell’autorità

giudiziaria. In questo senso si è espressa anche la Cassazione civile, per la quale l’accordo transattivo relativo alle attribuzioni patrimoniali, concluso tra le parti ai margini di un giudizio di separazione o di divorzio, ha natura negoziale e produce effetti senza necessità di essere sottoposto al giudice per l’omologazione (Cass. civ., Sez. 3, n. 24621 del 03/12/2015, Rv. 637914).

Dalla lettura della motivazione del provvedimento gravato si evince che, nei mesi in contestazione, l’imputato effettuò il versamento di 770 Euro mensili, cioè di un importo sostanzialmente quasi pari a quello di 800 Euro che, nel marzo del 2012, le parti avevano concordato con atto stragiudiziale dover costituire la somma che mensilmente l’uomo avrebbe dovuto versare alla ex moglie a titolo di assegno di mantenimento divorzile.

 

 

Alla luce dell’indicato criterio interpretativo deve considerare ininfluente, ai fini della valutazione da compiere in sede penale, la circostanza che quell’accordo transattivo non fosse stato poi omologato dal tribunale in quanto l’imputato non era comparso all’udienza di comparizione fissata dal giudice civile.

Va, dunque, affermato il principio di diritto secondo il quale “non è configurabile il reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare in caso di separazione o di scioglimento del matrimonio di cui all’art. 570 bis c.p., qualora l’agente si sia attenuto agli impegni assunti con l’ex coniuge per mezzo di un accordo transattivo, non omologato dall’autorità giudiziaria, modificativo delle statuizioni sui rapporti patrimoniali contenute in un precedente provvedimento giudiziario”.

Il reato di omessa corresponsione dell’assegno divorzile è procedibile d’ufficio e non a querela della persona offesa, in quanto il rinvio contenuto nell’art. 12 sexies della legge 1° dicembre 1970, n. 898 all’art. 570 c.p. si riferisce esclusivamente al trattamento sanzionatorio previsto per il delitto di violazione degli obblighi di assistenza familiare e non anche al relativo regime di procedibilità.

Nel reato di omessa corresponsione dell’assegno divorzile previsto dall’art. 12 sexies della legge 1 dicembre 1970, n. 898, come modificato dall’art. 21 della legge 6 marzo 1987, n. 74, il generico rinvio, “quoad poenam”, all’art. 570 c.p. deve intendersi riferito alle pene alternative previste dal comma primo di quest’ultima disposizione.

Applicando tale principio al caso di specie, va rilevato che, laddove fosse risultato versato integralmente l’assegno di mantenimento nella misura concordata dalle parti, sarebbe venuto meno uno degli elementi costitutivi oggettivi del reato; essendo stato versato, invece, un importo quasi pari a quello stabilito negozialmente, dunque potendo ragionevolmente ritenere che sia difettato il dolo richiesto dalla norma incriminatrice, la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio con la formula “perchè il fatto non costituisce reato”.[wpforms id=”21592″]

  • In tema di reati contro la famiglia, il reato di omesso versamento dell’assegno periodico per il mantenimento, educazione e istruzione dei figli, previsto dell’art.12-sexies legge 1 dicembre 1970, n. 898 (richiamato dall’art. 3 della legge 8 febbraio 2006 n. 54), è configurabile non solo nel caso di separazione dei genitori coniugati, ovvero di scioglimento, di cessazione degli effetti civili o di nullità del matrimonio, ma anche in quello di violazione degli obblighi di natura economica derivanti dalla cessazione del rapporto di convivenza. (In motivazione, la Corte ha precisato che, alla luce di un’interpretazione sistematica della disciplina sul tema delle unioni civili e della responsabilità genitoriale nei confronti dei figli, introdotta dalla legge 20 maggio 2016, n. 76 e dal d.lgs. 28 dicembre 2013 n. 154, che ha inserito l’art. 337-bis. cod. civ., l’art.4, comma 2, legge n. 54 del 2006, in base al quale le disposizioni introdotte si applicano anche ai procedimenti relativi ai figli di genitori non coniugati, deve essere interpretato con riferimento a tutte le disposizioni previste dalla legge citata, comprese quelle che attengono al diritto penale sostanziale, in quanto una diversa soluzione determinerebbe una diversità di trattamento, accordando una più ampia e severa tutela penale ai soli figli di genitori coniugati rispetto a quelli nati fuori dal matrimonio).
  • Ai fini della configurabilità del reato di cui all’art. 570, comma primo, cod. pen., in caso di omesso versamento dell’assegno di mantenimento fissato dal giudice della separazione in favore del coniuge, il giudice non deve accertare l’esistenza di uno stato di bisogno dell’avente diritto o di una situazione di impossidenza dell’altro coniuge, ma deve verificare se tale inadempimento esprima la·volontà del soggetto obbligato di violare gli obblighi di assistenza inerenti alla qualità di coniuge e non esprima, invece, una difficoltà di ordine economico alle cui conseguenze si sarebbe trovato esposto anche in costanza di matrimonio. (Fattispecie in cui la Corte ha annullato con rinvio la sentenza di condanna del ricorrente in quanto il giudice di merito non aveva valutato l’incidenza sull’esistenza dell’obbligo di reciproca contribuzione dei coniugi della successiva revoca dell’assegno di mantenimento stabilito con l’ordinanza presidenziale, potendo detta circostanza influire sul.tenore della vita coniugale e determinare delle modifiche delle rispettive situazioni reddituali).
  • In tema di violazione degli obblighi di natura economica posti a carico del genitore separato, il disposto di cui all’ art. 12-sexies, legge 1 dicembre 1970, n. 898 (richiamato dall’ art. 3, legge 8 febbraio 2006 n. 54) si applica all’inadempimento dell’obbligo di corresponsione dell’assegno di mantenimento in favore dei figli, minorenni o maggiorenni non indipendenti economicamente, stabilito con l’ordinanza del Presidente del tribunale. (In motivazione la Corte ha escluso che detto principio di diritto possa mutare a seguito dell’entrata in vigore dell’art. 570-bis cod. pen., inserito dall’art. 2, d.lgs. 1 marzo 2018, n. 21, in quanto tale disposizione non ha apportato alcuna modifica rilevante sul tema).

 

Shares