MACERATA PESARO ANCONA BOLOGNA AVVOCATO ESPERTO DANNO MALASANITA’

MACERATA PESARO ANCORA BOLOGNA AVVOCATO ESPERTO DANNO MALASANITA’

Avvocato a Bologna - Risarcimento Sanitario
Avvocato a Bologna – Risarcimento Sanitario

Secondo la Cassazione, nel caso di specie, comunque, i ricorrenti avrebbero correttamente provato il fatto dannoso e il nesso di causalità giuridica in quanto la loro congiunta “aveva una storia sanitaria complessa… ma non presentava condizioni di alterazione fisica; che all’interno dell’ospedale si verificava una banale caduta da una sedia, sottovalutata nelle sue conseguenze; che dalla caduta derivava un’ampia infiammazione, non immediatamente trattata, e che la paziente veniva effettivamente curata per le conseguenze della caduta; che emergeva in seguito la contrazione di una infezione nosocomiale da stafilococco aureo; che, infine, la terapia antibiotica somministrata non scongiurava la morte della paziente”.

In buona sostanza, concludeva la Suprema Corte sul punto, i Giudici di merito avrebbero compiuto un errore di diritto effettuando “il giudizio controfattuale limitatamente al solo comportamento dei sanitari, senza considerare il dato, obiettivo, della contrazione della infezione in ambito nosocomiale”.

Cass. sez. III, 23/02/2021, n.4864:

In applicazione dei principi sul riparto dell’onere probatorio in materia di responsabilità sanitaria, secondo cui spetta al paziente provare il nesso di causalità fra l’aggravamento della situazione patologica ( o l’insorgenza di nuove patologie) e la condotta del sanitario, mentre alla struttura sanitaria compete la prova di aver adempiuto esattamente la prestazione o la prova della causa imprevedibile ed inevitabile dell’impossibilità dell’esatta esecuzione, con riferimento specifico alle infezioni nosocomiali, spetterà alla struttura provare: 1) di aver adottato tutte le cautele prescritte dalle vigenti normative e dalle leges artis, al fine di prevenire l’insorgenza di patologie infettive; 2) di dimostrare di aver applicato i protocolli di prevenzione delle infezioni nel caso specifico.

Per quanto riguarda i soggetti dell’azienda ospedaliera, secondo la Cassazione il dirigente apicale ha «l’obbligo di indicare le regole cautelari da adottarsi e il potere-dovere di sorveglianza e di verifica (riunioni periodiche/visite periodiche)». Il direttore sanitario ha l’obbligo «di attuarle, di organizzare gli aspetti igienico e tecnico-sanitari, di vigilare sulle indicazioni fornite: obbligo di predisposizione di protocolli di sterilizzazione e sanificazione ambientale, gestione delle cartelle cliniche, vigilanza sui consensi informati». Infine il dirigente di struttura complessa (ex primario), «esecutore finale dei protocolli e delle linee guida, dovrà collaborare con gli specialisti microbiologo, infettivologo, epidemiologo, igienista ed è responsabile per omessa assunzione di informazioni precise sulle iniziative di altri medici o per omessa denuncia delle eventuali carenze ai responsabili».

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Ma non solo. Occorrerà che siano rispettati il criterio temporale (“il numero di giorni trascorsi dopo le dimissioni dall’ospedale“) il criterio topografico (“insorgenza dell’infezione nel sito chirurgico interessato dall’intervento in assenza di patologie preesistenti e di cause sopravvenute eziologicamente rilevanti, da valutarsi secondo il criterio della cd. “probabilità prevalente“) e, infine, il criterio clinico ovvero quali tra le necessarie misure di prevenzione era necessario adottare.

COSA DEVE

A fronte della dimostrazione resa in via presuntiva da parte del danneggiato circa l’aver contratto l’infezione in ambito ospedaliero, l’ente ospedaliero dovrà dimostrare:

L’indicazione dei protocolli relativi alla disinfezione, disinfestazione e sterilizzazione di ambienti e materiali;

L’indicazione delle modalità di raccolta, lavaggio e disinfezione della biancheria;

L’indicazione delle forme di smaltimento dei rifiuti solidi e dei liquami;

Le caratteristiche della mensa e degli strumenti di distribuzione di cibi e bevande;

Le modalità di preparazione, conservazione ed uso dei disinfettanti;

La qualità dell’aria e degli impianti di condizionamento;

L’attivazione di un sistema di videosorveglianza e di notifica;

L’indicazione dei criteri di controllo e di limitazione dell’accesso ai visitatori;

Le procedure di controllo degli infortuni e delle malattie del personale e le profilassi vaccinali;

L’indicazione del rapporto numerico tra personale e degenti;

La sorveglianza basata sui dati microbiologici di laboratorio;  

La redazione di un report da parte della direzione dei reparti da comunicare alle direzioni sanitarie al fine di monitorare i germi patogeni-sentinella;

L’indicazione dell’orario della effettiva esecuzione delle attività di prevenzione del rischio.”

 PROVAR ELA STRATTURA SANITARTIA:

“alla struttura sanitaria compete la prova di aver adempiuto esattamente la prestazione o la prova della causa imprevedibile ed inevitabile dell’impossibilità dell’esatta esecuzione, con riferimento specifico alle infezioni nosocomiali spetterà alla struttura provare:

di aver adottato tutte le cautele prescritte dalle vigenti normative e dalle leges artis, al fine di prevenire l’insorgenza di patologie infettive

di dimostrare di aver applicato i protocolli di prevenzione nel caso specifico, di tal che la relativa fattispecie non integra un’ipotesi di responsabilità oggettiva”.

La Corte di Cassazione, inoltre, indica in maniera dettagliata le figure sui quali grava l’onere di applicare e provare di aver adottate le misure:

“il dirigente apicale avrà l’obbligo di indicare le regole cautelari da adottarsi ed il potere-dovere di sorveglianza e di verifica (riunioni periodiche/visite periodiche), al pari del CIO;

il direttore sanitario quello di attuarle, di organizzare gli aspetti igienico e tecnico-sanitari, di vigilare sulle indicazioni fornite (art. 5 del DPR 128/1069: obbligo di predisposizione dei protocolli d sterilizzazione e sanificazione ambientale, gestione delle cartelle cliniche, vigilanza sui consensi informati)

il dirigente di struttura complessa (l’ex primario), esecutore finale dei protocolli e delle linee guida, dovrà collaborare con gli specialisti microbiologo, infettivologo, epidemiologo, igienista, ed è responsabile per omessa assunzione di informazioni precise sulle iniziative di altri medici o per omessa denuncia delle eventuali carenze ai responsabili.”

La sentenza in commento, infine, precisa il perimetro delle verifiche a carico del medico legale in sede di CTU:

“questi indagherà sulla causalità tanto generale quanto specifica, da un lato escludendo, se del caso, la sufficienza delle indicazioni di carattere generale in ordine alla prevenzione del rischio clinico, dall’altro evitando di applicare meccanicamente il criterio del post hoc-propter hoc, esaminando la storia clinica del paziente, la natura e la qualità dei protocolli, le caratteristiche del micro organismo e la mappatura della flora microbica presente all’interno dei singoli reparti: al CTU andrebbe, pertanto, rivolto un quesito composito, specificamente indirizzato all’accertamento della relazione eziologica tra l’infezione e la degenza ospedaliera in relazione a situazioni:
di mancanza o insufficienza di direttive generali in materia di prevenzione (responsabilità dei due direttori apicali e del CIO)
di mancato rispetto di direttive adeguate e adeguatamente diffuse (responsabilità del primario e dei sanitari di reparto), di omessa informazione della possibile inadeguatezza della struttura per indisponibilità di strumenti essenziali, e di ricovero non sorretto da alcuna esigenza di diagnosi e cura ed associato ad un trattamento non appropriato”.