Guida al divorzio breve con un avvocato matrimonialista di Bologna

Guida al divorzio breve con un
avvocato matrimonialista di BolognaGuida al divorzio breve con un
avvocato matrimonialista di Bologna

Guida al divorzio breve con un

avvocato matrimonialista di Bologna

Il “divorzio breve” è una procedura più rapida rispetto al divorzio tradizionale, introdotta in Italia nel 2015 con la legge 55/2015, nota anche come legge sulle unioni civili. Questa legge ha semplificato il procedimento di divorzio per le coppie senza figli o con figli maggiorenni o emancipati, consentendo loro di divorziare senza dover attendere la separazione legale obbligatoria di alcuni anni.

Tuttavia, è importante notare che le procedure legali possono variare da una città all’altra, e potrebbero esserci delle modifiche o interpretazioni locali delle leggi. Pertanto, se stai cercando informazioni specifiche sul “divorzio breve” a Bologna o in qualsiasi altra città italiana, ti consiglio di consultare un avvocato ESPERTO  in diritto di famiglia .

avvocato per separazione
avvocato per separazione

Nel 2015 nel nostro Paese è stato introdotto l’istituto del divorzio breve, che ha messo a disposizione l’opportunità di concludere il vincolo matrimoniale dopo soli 6 mesi di separazione.

Grazie alla riforma messa in atto tramite la legge n. 55 del 2015, prima della quale c’era bisogno di almeno 12 mesi di separazione per arrivare al divorzio. Il funzionamento del divorzio breve può essere spiegato facilmente da un avvocato matrimonialista di Bologna o di qualunque altra città italiana: una panoramica completa sulle procedure da seguire e sui costi può, comunque, risultare utile per chi si sta approcciando per la prima volta a questa realtà.

AVVOCATO A BOLOGNA di Diritto di Famiglia, di Diritto Civile  dell’Assistenza Legale per le Coppie di Fatto in ordine alla Compilazione dei Contratti di Convivenza,
 AVVOCATO A BOLOGNA dell’Assistenza Legale nelle Pratiche di Separazione Consensuale e Giudiziale, di Divorzio Congiunto e Giudiziale (dal 26 Maggio in poi, con la entrata in vigore del Divorzio Breve –

DIVORZIO nuovi termini:

A)la domanda di divorzio potrà essere presentata a sei mesi dalla comparizione dei coniugi di fronte al presidente del Tribunale f.f., se consensuale,

B)se giudiziale ad un anno dalla comparizione dei coniugi di fronte al presidente del Tribunale f.f. semprechè sia stata emessa relativa sentenza (anche parziale, passata in giudicato)),

 AVVOCATO A BOLOGNA di Revisione delle Condizioni di Separazione e di Divorzio,
 AVVOCATO A BOLOGNA di Richiesta dell’Assegno di Mantenimento e/o del Contributo al Mantenimento per i Figli Minori e/o Maggiorenni non ancora economicamente autosufficienti, dell’Assegnazione della Casa Familiare, AVVOCATO A BOLOGNA della Richiesta di Addebito della Separazione e/o Richiesta di Risarcimento per i Danni Endo-Familiari nei casi previsti dalla legge,

Cosa bisogna sapere sul divorzio breve

  1. Come si è detto, il divorzio breve in Italia è arrivato nel 2015, e in particolare con la legge n. 55 del 6 maggio di quell’anno, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 107 dell’11 maggio. La novità ha cambiato in modo significativo l’impianto normativo del divorzio, ma anche dello scioglimento della comunione dei beni, della separazione giudiziaria e della separazione consensuale. Non tutti i coniugi, però, possono ricorrere al divorzio breve: è previsto, infatti, che lo stesso sia disponibile unicamente nei casi di separazione consensuale; di conseguenza i coniugi che si sono separati in via giudiziale dovranno aspettare i 12 mesi canonici per chiedere il divorzio.[wpforms id=”21592″ title=”true” description=”true”]

2.  In sostanza, in caso di separazione consensuale la durata del periodo di separazione dei coniugi necessaria per richiedere il divorzio non è più di 3 anni, ma è scesa a 6 mesi, a questo a prescindere dalla presenza o meno di figli. Nulla vieta, comunque, che una separazione contenziosa si possa trasformare in una separazione consensuale: in ogni caso il termine che deve essere calcolato inizia dalla data in cui i coniugi compaiono di fronte al presidente del tribunale. Anche nel caso di separazione giudiziale, però, è stata prevista una riduzione delle tempistiche: si è scesi, infatti, da 3 anni a 1 anno.

La negoziazione assistita con avvocato

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Nel caso in cui si opti per un accordo di negoziazione assistita, è necessario che i due coniugi richiedano l’assistenza di due legali differenti: uno stesso avvocato matrimonialista di Bologna, insomma, non può assistere sia il marito che la moglie. Questo tipo di accordo può riguardare non solo la separazione, ma anche il divorzio o semplicemente una modifica delle condizioni. Si tratta di una soluzione alternativa rispetto alla via giudiziale consensuale. Va ricordato che l’accordo è un titolo esecutivo e, in quanto tale, va trasmesso al pubblico ministero. Il pm verifica se l’accordo in questione salvaguarda gli interessi dei figli minori, se presenti; in assenza di prole, invece, applica semplicemente un controllo formale. Nel caso di esito negativo, entro 5 giorni l’accordo è trasmesso al presidente del tribunale; dopodiché i legali delle parti devono inoltrare entro 10 giorni l’atto all’ufficiale di stato civile del Comune di residenza.

I costi di un divorzio breve

Guida al divorzio breve con un avvocato matrimonialista di Bologna

Per conoscere nel dettaglio i costi di un divorzio breve il consiglio è quello di rivolgersi allo Studio legale dell’Avvocato Sergio Armaroli, fermo restando che non è possibile prevedere delle spese fisse, dal momento che le stesse variano a seconda del professionista a cui ci si affida. Chiaramente, ci sono anche casi in cui non serve l’assistenza di un avvocato per divorziare: in tali circostanze la sola spesa a cui pensare è rappresentata dai costi amministrativi previsti dal Comune. Il divorzio senza avvocato, infatti, è una delle novità che sono state introdotte con la legge sul divorzio breve. Esso permette di separarsi o di divorziare semplicemente di fronte al sindaco: la decisione di ricorrere alla tutela dei legali è libera. Attenzione, però, perché questa opportunità non è ammessa nei casi di trasferimenti patrimoniali o se sono coinvolti dei figli minori di 18 anni o dei figli – anche maggiorenni – che necessitano di tutela.

La normativa precedente, identificata dall’articolo 191 del Codice Civile, stabiliva che una delle ragioni che potevano consentire lo scioglimento della comunione era la separazione personale; la comunione veniva sciolta quando la sentenza di separazione passava in giudicato. Tale articolo, con la nuova legge, è stato integrato con un comma che prevede che la comunione possa essere sciolta quando nella separazione giudiziale i coniugi ricevono dal presidente del tribunale l’autorizzazione a vivere separati. In pratica lo scioglimento viene anticipato e si concretizza in sede di udienza di comparizione. Diverso il discorso per le separazioni consensuali: la comunione viene sciolta quando viene firmato il verbale di separazione.

La Corte ha chiarito che sarà necessario non considerare un unico fattore ma più componenti che, volendo in qualche modo schematizzare, possono essere indicati in: età del coniuge (da cui deriva in modo sottile la propria capacità ad essere autosufficiente economicamente); durata del matrimoniocapacità di reddito di ciascun coniuge. L’utilizzo di tali criteri permetterà la ricostruzione della storia familiare da considerare e del valore da attribuirsi all’assegno stesso.

In tale ottica l’assegno di divorzio assume la fondamentale  funzione assistenziale ma, allo stesso tempo, anche una funzione compensativa e perequativa. Resta fermo infatti il principio secondo cui al coniuge più debole debbano essere sempre assegnati adeguati mezzi: ma per la valutazione dell’adeguatezza sarà considerato l’apporto fornito dall’ex coniuge nella gestione e nello sviluppo della attività endofamiliare considerata nella sua totalità.

La pronuncia avutasi lo scorso 11 luglio, di cui si attende il deposito del testo integrale della sentenza , accoglie dunque il ricorso della donna la quale aveva impugnato la sentenza della Corte di Appello che – aderendo all’orientamento affermatosi a seguito della nota sentenza Grilli– le negava il diritto di percepire l’assegno divorzile, essendo la stessa economicamente autosufficiente.

 

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