COOPERATIVA IMPRESA DI COSTRUZIONI CHE FALLISCE fallimento costruzioni-
cooperativa costruzioni bologna – COOPERATIVA IMPRESA DI COSTRUZIONI CHE FALLISCE
fallimento costruttore dopo rogito
COOPERATIVA DI COSTRUZIONI CHE FALLISCE RESPONSABILITA’
Secondo la definizione contenuta nell’art. 1382, c. 1°, c.c., con la clausola penale si conviene che, in caso di inadempimento o di ritardo nell’adempimento, uno dei contraenti è tenuto ad una determinata prestazione.
Alcuni autori escludono la natura penale dell’istituto, sostenendo che essa abbia unicamente funzione risarcitoria.
Anzitutto si utilizza un argomento logico; si è notato, infatti, che la penale si deve pagare anche se l’inadempimento è incolpevole, e quindi quando non c’è alcunché da sanzionare.
Quanto al suo rapporto con il risarcimento del danno, il legame è evidente, essendo nient’altro che un modo forfetario di liquidare il danno.
CLAUSOLA PENALE FUNZIONI-COOPERATIVA IMPRESA DI COSTRUZIONI CHE FALLISCE
infatti, è duplice: permette di liquidare il danno in modo più aderente a quello che è l’apprezzamento soggettivo del creditore e consente di evitare l’azione di risoluzione, permettendo di adire direttamente il debitore per l’ammontare prestabilito.
Essa ha l’effetto di limitare il risarcimento del danno derivante dall’inadempimento (cfr. art. 1218 c.c.) alla prestazione promessa, se non è stata convenuta la risarcibilità del danno ulteriore 1.
La funzione della clausola è pertanto e soprattutto quella di far risparmiare al contraente-creditore, che chieda il risarcimento alla controparte, debitore inadempiente, la prova dell’ammontare del danno. Non solo, ma la clausola esonera addirittura dalla prova sull’esistenza del danno, poiché il c. 2° dello stesso art. 1382 dice che essa è dovuta indipendentemente da detta prova. La clausola dunque opera a favore del contraente creditore, che può pretendere la determinata prestazione anche se dall’inadempimento sia derivato un danno di valore inferiore o addirittura se non sia derivato alcun danno; ma, se non sia stata convenuta la risarcibilità del danno ulteriore, può risolversi in favore della parte inadempiente giacché il danno effettivo può essere superiore alla prestazione convenuta (vedi infra, § 2).
La stessa funzione di liquidazione preventiva del danno caratterizza la caparra confirmatoria, prevista nell’art. 1385 c.c. e di cui si dirà tra breve (§ 13). Questa esercita però una maggiore funzione di stimolo all’adempimento poiché il contraente non inadempiente, anziché ritenere la caparra ricevuta o pretendere il doppio della caparra data, può pretendere l’esecuzione o la risoluzione del contratto, ed in tal caso il risarcimento del danno è regolato dalle norme generali, ossia dagli artt. ed in tal caso il risarcimento del danno è regolato dalle norme generali, ossia dagli artt.
Assai diversa è invece la funzione della caparra penitenziale, di cui al successivo art. 1386 (infra, § 17). Questa, a differenza della clausola penale e della caparra confirmatoria, non rafforza il vincolo contrattuale ma lo indebolisce2 poiché accede ad una pattuizione del diritto potestativo di recesso: la caparra viene perduta, se fu data, o viene restituita nella misura del doppio, se fu ricevuta, dal recedente, il quale esercita così il diritto di pentirsi della stipulazione del contratto (ius poenitendi, da cui il nome di caparra penitenziale).
Preliminare alla decisione sull’ambito soggettivo di responsabilità ex art. 1669 c.c., è stabilire se le disposizioni relative alla responsabilità del venditore-costruttore si applichino allorquando tale veste sia ricoperta da una società cooperativa.
Nel caso di specie tale possibilità è stata negata da parte della società convenuta e non esplicitamente definita dal giudice di appello, sebbene debba credersi che la soluzione adottata implicasse necessariamente la soluzione positiva.
Questo profilo, che rileva per la rilevanza e decisività del motivo, va quindi espressamente affrontato, come sollecita il ricorso.
La Corte reputa sufficiente richiamare quanto altre volte affermato.
Non v’è infatti motivo per discostarsi dal seguente insegnamento:
‘Ai fini dell’applicazione del regime di responsabilità previsto dall’art. 1669 cod. civ. riveste la qualità di costruttore-venditore la cooperativa edilizia che ha assegnato ai soci prenotatari unità immobiliari di un complesso condominiale, realizzandosi in tal caso un trasferimento della proprietà a titolo oneroso nonostante l’equivalenza del corrispettivo al prezzo della costruzione e l’assenza di profitto della cooperativa’. (Cass. 16202/07).
3) In disparte la questione, testè risolta, della configurabilità di responsabilità ex art. 1669, in capo alla Cooperativa che abbia assegnato gli immobili ai soci, il ricorso sostiene che la responsabilità dell’appaltatore debba essere estesa al soggetto proprietario che sia ritenuto costruttore.
Ciò si verificherebbe allorquando il committente, pur avendo appaltato a terzi l’esecuzione dell’opera, abbia conservato il potere di impartire direttive ovvero il potere di sorveglianza sullo svolgimento dell’altrui attività, di guisa che l’opera, come precisa il quesito di diritto, sia a lui riferibile. La censura principale è fondata.
Di recente questa sezione (cfr Cass. 467/2014; 632/14) ha avuto modo di ripensare la materia in esame e ha osservato quanto si riporta:
‘… nel frastagliato quadro giurisprudenziale in materia si rinvengono sentenze che hanno ripetuto che il committente risponde ex art. 1669 c.c. qualora abbia provveduto alla costruzione dell’immobile con propria gestione diretta, ovvero sorvegliando personalmente l’esecuzione dell’opera, si da rendere l’appaltatore un mero esecutore dei suoi ordini (cfr Cass., 1^ sezione, 13158/02).
Il Collegio respinge questa nozione e ritiene preferibile l’orientamento contrario.
Esso muove dalla premessa (felicemente sintetizzata da Cass. 2^ sez., 4622/02, v. anche Cass. 8109/97) che: La denuncia di gravi difetti di costruzione, oltre che dal committente e suoi aventi causa, può essere fatta anche dagli acquirenti dell’immobile, in base al principio che le disposizioni di cui all’art. 1669 cod. civ. mirano a disciplinare le conseguenze dannose di quei difetti che incidono profondamente sugli elementi essenziali dell’opera e che influiscono sulla durata e solidità della stessa, compromettendone la conservazione e configurano, quindi, una responsabilità extracontrattuale, sancita per ragioni e finalità di interesse generale, con la conseguenza che la relativa azione, nonostante la collocazione della norma tra quelle in materia di appalto, è data non solo al committente e suoi aventi causa nei confronti dell’appaltatore, ma anche all’acquirente nei confronti del costruttore venditore.
Perviene poi all’affermazione che il venditore può essere chiamato a rispondere dei gravi difetti dell’opera non soltanto quando i lavori siano eseguiti in economia, ma anche nell’ipotesi in cui la realizzazione dell’opera è affidata a un terzo al quale non sia stata lasciata completa autonomia tecnica e decisionale, in quanto il venditore abbia mantenuto il potere di impartire direttive o di sorveglianza sullo svolgimento dell’altrui attività, sicchè anche in tali casi la costruzione dell’opera è a lui riferibile (Cass. 567/05; 2238/12).
Giunge infine a sancire condivisibilmente che l’azione di responsabilità per rovina e difetti di cose immobili, prevista dall’art. 1669 cod. civ., può essere esercitata anche dall’acquirente nei confronti del venditore che risulti fornito della competenza tecnica per dare direttamente, o tramite il proprio direttore dei lavori, indicazioni specifiche all’appaltatore esecutore dell’opera’.
3.1) Le sentenze del 2014 dianzi citate hanno aggiunto che:
‘Questa linea ermeneutica è coerente con la teoria che ha ricondotto l’art. 1669 c.c. nell’alveo della responsabilità extracontrattuale, al fine di consentire ai danneggiati da gravi difetti (rovina) dell’edificio, una tutela non minore, ma anzi, come vuole il legislatore, rafforzata rispetto a quella che sarebbe loro offerta dall’art. 2043 c.c..
Se così non fosse, i danneggiati si troverebbero paradossalmente preclusa la strada risarcitoria generica proprio da una norma che è stata invece dettata per ampliare gli spazi di tutela’.
Quest’ultima affermazione è stata ribadita, ancor più recentemente, dalle Sezioni Unite, (SU 2284/14), le quali hanno precisato che la previsione dell’art. 1669 c.c., concreta un’ipotesi di responsabilità extracontrattuale, con carattere di specialità rispetto al disposto dell’art. 2043 c.c., fermo restando che – trattandosi di una norma non di favore, diretta a limitare la responsabilità del costruttore, bensì finalizzata ad assicurare una più efficace tutela del committente, dei suoi aventi causa e dei terzi in generale – ove non ricorrano in concreto le condizioni per la sua applicazione (come nel caso di danno manifestatosi e prodottosi oltre il decennio dal compimento dell’opera) può farsi luogo all’applicazione dell’art. 2043 c.c., senza che, tuttavia, (in questo secondo caso) operi il regime speciale di presunzione della responsabilità del costruttore contemplato dall’art. 1669 c.c., atteso che spetta a chi agisce in giudizio l’onere di provare tutti gli elementi richiesti dall’art. 2043 c.c., compresa la colpa del costruttore.
In coerenza e a precisazione di quanto stabilito da Cass. 632/14 va ora ulteriormente chiarito un ulteriore passaggio ordinatore, volto ad ampliare i margini di applicabilità della tutela ex art. 1669 c.c..
E’ convinzione della Corte che la responsabilità sancita da detta norma sia applicabile al committente-venditore che abbia avuto una qualche ingerenza, sorveglianza o influenza nella realizzazione dell’opera, come può avvenire, esemplificativamente, quando egli nomini il direttore dei lavori o designi il progettista dalla cui negligenza dipenda, sia pure in concorso con l’appaltatore, il vizio lamentato.
E’ ovvio che l’aver impartito direttive specifiche per l’esecuzione di una parte dell’opera, poi risultata viziata, la renda per questa parte riferibile al committente.
Tuttavia va anche considerato che proprio questa attività di interferenza o di controllo, così come quella di progettazione, documentano in generale il coinvolgimento del venditore committente e la sua corresponsabilità, salvo che, in ipotesi limite, sia dimostrata la incolpevole estraneità.
Che la sottrazione alla corresponsabilità sia limitata a rari casi, si desume anche dalla considerazione che non può negarsi che il controllo esercitato dal committente tramite il direttore dei lavori sia tale da ricondurre, di regola, anche a omissioni di quest’ultimo (per mancati controlli, trascuratezze, etc.) il verificarsi di danni, rovina o malfunzionamenti derivati dall’esecuzione dell’opera affidata all’appaltatore.
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