600-quater, comma primo, cod. pen. la disponibilità di “file” di contenuto pedopornografico

  • 600-quater, comma primo, cod. pen. la disponibilità di “file” di contenuto pedopornografico
  • La Terza Sezione penale, in tema di delitti contro la persona, ha affermato che integra la detenzione penalmente rilevante ai sensi dell’art. 600-quater, comma primo, cod. pen. la disponibilità di “file” di contenuto pedopornografico archiviati sul “cloud storage” di una “chat” di gruppo nello spazio Telegram e accessibili, per il tramite delle proprie credenziali, da parte di ogni componente del gruppo che abbia consapevolmente preso parte ad esso.

  • Il concetto di detenzione, seppur derivante dall’istituto civilistico nel quale indica,quanto meno nell’accezione originaria, il potere di gestione su una res in capo a chi ne abbia il godimento con la consapevolezza che si tratti, a differenza del possesso che si identifica nell’esercizio di un potere di fatto corrispondente al diritto di proprietà o altro diritto reale, di un bene altrui (animus detinendi),
  • è stato mutuato dal legislatore penale con riferimento al solo elemento materiale ovverosia, prescindendo integralmente dall’animus, nella mera accezione della disponibilità materiale di un bene, e dunque in termini della sua sostanziale fruibilità.
  • Ciò nondimeno anche in campo civilistico i concetti di possesso e di detenzione hanno subito una progressiva trasformazione con la crescente divulgazione, attraverso il web e grazie all’impatto delle nuove tecnologie sul mercato, dei beni cd. immateriali che, se nell’impianto codicistico originario erano limitati alla sola energia elettrica, equiparata a tutti gli effetti ad una res e, come tale, suscettibile di apprensione ed in termini analoghi considerata dal Codice Rocco come oggetto di furto, si è estesa a macchia di leopardo al fine di regolamentare soprattutto i nuovi fenomeni propri della cd. realtà virtuale: basti pensare in via soltanto esemplificativa al mercato delle criptovalute, quale forma di finanza parallela, o nel campo delle opere artistiche agli NFT (“not fungible token” riferiti alla copia digitale dell’opera acquistata) o, ancora, alle onde elettromagnetiche o ai canali di trasmissione dei programmi radiotelevisivi.
  • Muovendo dalla constatazione che i beni immateriali non sono per la loro stessa natura suscettibili dell’uso esclusivo sui cui si fonda la disciplina della detenzione e del possesso, è invalsa la tesi, patrocinata dalla dottrina civilistica prevalente, che, nella convinzione che anche per essi sia nella realtà fenomenica configurabile il loro godimento ed utilizzazione, rifiuta l’assimilazione dei diritti assoluti su beni immateriali ai diritti reali, ritenendone ammissibile il possesso se utilizzati da soggetto che, pur non essendo degli stessi titolare, si comporti semplicemente come tale.
  • Spostando i termini della questione nel campo strettamente penale, va osservato che i file, lungi dal poter essere definiti entità astratte attesa la loro consistenza fisicamente tangibile sol che si consideri l’unità di misura che li contraddistingue, volta a quantificare lo spazio fisicamente occupato all’interno di un server, condividono tuttavia con i beni immateriali la caratteristica di poter essere utilizzati da più soggetti anche contemporaneamente senza che l’esercizio dell’uno impedisca quello degli altri.
  • Deriva da queste stesse premesse la necessità di ampliare, in conformità all’evoluzione delle tecnologie e delle correlate condotte correnti, il concetto di detenzione sganciandolo dalla relazione materiale con la res intesa in termini strettamente fisici e spostandone, invece, il fulcro su quella che ne è la sua

  • La Corte di Cassazione, probabilmente consapevole del fatto che una decisione di tale portata si porti dietro il rischio di punire anche utenti ignari, ha provato a mettere una toppa a quella che però appare essere una voragine. Infatti, il Giudice Nomofilattico ha stabilito che l’elemento che distingue la rilevanza penale della detenzione di materiale pedopornografico (così come delineata in sentenza) dalla situazione nella quale un utente, per caso fortuito o per mera curiosità, si trovi ad accedere ad una chat di condivisione di contenuti illeciti, è la consapevolezza con la quale si estrinseca la partecipazione alla chat stessa.
  • Una volta ricondotta la detenzione penalmente rilevante nell’alveo della libera fruibilità della res (e, dunque, al di là della relazione materialmente tangibile tra la persona fisica e il bene) – si legge nella pronuncia – «non vi è alcuna differenza tra un’operazione di download dei file fatta sul proprio cellulare o su altro dispositivo e l’accesso incondizionato ad un archivio condiviso tra i partecipanti ad una chat: in entrambi i casi l’agente ha piena ed incondizionata possibilità di fruire del materiale archiviato, indipendentemente dal fatto che sia stato lui stesso o altri ad aver effettuato l’operazione di salvataggio».
  • Tale consapevolezza (il cui vaglio processuale non è certamente agevole) sarebbe desumibile da indici esteriori della condotta (quali, ad esempio, il titolo della chat) che dovrebbero condurre il Giudice a valutare se ci sia o meno, da parte dell’imputato, la piena cognizione dell’operato altrui all’interno di una chat.

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