1)affido condiviso 2) affidamento esclusivo 3) affidamento congiunto 4)TRIBUNALE BOLOGNA

1)affido condiviso 2) affidamento esclusivo 3)  affidamento  congiunto 4)TRIBUNALE BOLOGNA
1)affido condiviso 2) affidamento esclusivo 3) affidamento congiunto 4)TRIBUNALE BOLOGNA

1)affido condiviso 2) affidamento esclusivo 3)

affidamento

congiunto 4)TRIBUNALE BOLOGNA

L’affido esclusivo è una eccezione , la regola è l’affido condiviso introdotto dalla legge del 2006.

Secondo la legge l’affidamento si ha quando, in caso di divorzio o separazione, la patria potestà viene data ad entrambi i genitori, che dovranno condividere con cooperazione, le responsabilità principali della prole.

La prassi sull’ affidamento condiviso è stata introdotto nel nostro ordinamento giuridico con la legge N. 54/2006, a seguito della quale è stato introdotto il principio della bigenitorialità.

Fermo il rilevo che l’audizione dei minori, già prevista nell’art. 12 della Convenzione di New York sui diritti del fanciullo, è divenuta un adempimento necessario nelle procedure giudiziarie che li riguardino ed, in particolare, in quelle relative al loro affidamento ai genitori, ai sensi dell’art. 6 della Convenzione di Strasburgo del 25 gennaio 1996, ratificata con la L. n. 77 del 2003, nonchè dell’art. 315-bis c.c. (introdotto dalla L. n. 219 del 2012) e degli artt. 336-bis e 337-octies c.c. (inseriti dal D.Lgs. n. 154 del 2013, che ha altresì abrogato l’art. 155-sexies c.c.), sulle modalità di espletamento del mezzo e, segnatamente, la legittimità dell’ascolto cd. indiretto, si osserva.

L’art. 336-bis c.c., dettato in materia di ascolto del minore nei procedimenti in cui devono essere adottati provvedimenti che lo riguardano, al comma 2 stabilisce che l’ascolto possa essere condotto dal giudice anche avvalendosi di esperti o di altri ausiliari, nella ulteriore precisazione che all’ascolto del minore può procedere direttamente il giudice ovvero, su mandato di questi, un consulente o il personale dei servizi sociali.

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La distinzione operata nella motivazione della sentenza impugnata (p. 4 sentenza ottavo rigo dal basso) tra “colloqui con le parti” e “audizione della sola figlia minore A.”, con la precisazione che, l’altra figlia, ” G. all’epoca aveva solo 4 anni”, dà conto dell’evidenza che i giudici di appello hanno ben potuto riconoscere tra le attività svolte dai nominati esperti (uno psicologo ed uno specialista in neuropsichiatria infantile che hanno operato, nell’apprezzamento della Corte di merito, “con rigore metodologico”) quanto ascrivere all’una piuttosto che all’altra categoria di atti.

In materia di ascolto del minore, di almeno dodici anni e anche di età inferiore ove capace di discernimento, la necessità di una specifica delega del giudice all’esperto nominato per procedere all’espletamento vale a dare conto del rilievo che l’incombente riveste, in quanto diretto a raccogliere le opinioni ed i bisogni effettivi del minore, nel rapporto di strumentalità con il suo diritto alla partecipazione al procedimento che lo riguarda.

L’ascolto indiretto del minore operato su delega del giudice da parte dell’esperto nominato per le modalità di cui all’art. 336-bis c.c., comma 2, non è mai questione terminologica, ma di metodo; il relativo incombente resta pertanto soddisfatto non solo ed esclusivamente se vi sia stato l’utilizzo del termine nel conferimento dell’incarico al tecnico nominato ed il richiamo allo stesso nella svolta relazione, ma per le modalità secondo le quali esso sia stato operato.

La libera e consapevole partecipazione del minore al procedimento è pertanto rispettata attraverso l’ascolto del primo che può dirsi realizzato in quanto sostenuto dalla professionalità dell’esperto nominato che vi proceda e dall’utilizzo che questi faccia, nella redatta relazione, di categorie nominalistiche destinate a definire, tecnicamente, le attività svolte in esecuzione dell’incarico peritale (così per l’uso stesso del termine “ascolto” nel corpo della svolta relazione di ufficio) senza che l’incombente formale demandato dal giudice possa dirsi, per converso, inosservato solo ed in quanto manchi nel conferimento dell’incarico una espressa delega all’ascolto.

E’ in siffatta prospettiva che va intesa la decisione di questa Corte di cassazione per la quale “meri contatti”, non meglio definiti, tra minori ed appartenenti a servizi sociali, non indicativi delle circostanze in cui gli stessi ebbero a maturare, sono violativi del diritto all’ascolto del minore (Cass. 15/05/2013 n. 11687).

La genericità dei contatti non è infatti capace di dar conto della scientificità e serietà dell’approccio, significativo della primaria importanza assolta dal mezzo nella valutazione dell’interesse del minore stesso, e, quindi ed in via strumentale, dell’adozione di tutte le cautele atte ad evitare interferenze, turbamenti e condizionamenti, ivi compresa la facoltà di vietare l’interlocuzione con i genitori e/o con i difensori, nonchè di sentire il minore da solo, o, ancora, di una delega ad un organo più appropriato e professionalmente più attrezzato (Cass. 26/03/2010 n. 7282).

In tema di protezione dei dati personali, non costituisce violazione della relativa disciplina il loro utilizzo mediante lo svolgimento di attività processuale giacchè detta disciplina non trova applicazione in via generale per il D.Lgs. n. 193 del 2003 (cd. codice della privacy), quando i dati stessi vengano raccolti e gestiti nell’ambito di un processo; in esso, infatti, la titolarità del trattamento spetta all’autorità giudiziaria e in tal sede vanno composte le diverse esigenze di tutela della riservatezza e di corretta esecuzione del processo.[wpforms id=”21592″]

Là dove le esigenze di tutela della riservatezza e di regolare svolgimento del processo non siano coincidenti, sarà il codice di rito a disciplinare le modalità di esercizio del diritto di difesa nel processo e, con le sue forme, a prevalere in quanto contenente disposizioni speciali e, benchè anteriori, non suscettibili di alcuna integrazione su quelle del predetto codice della privacy (Cass. 08/02/2011 n. 3034; in siffatta prospettiva, si vedano, ancora, tra le altre: Cass. 02/08/2012 n. 13914; Cass. 20/09/2013 n. 21612; Cass. 10/05/2018 n. 11322).

L’indicato principio, saldo nella affermazioni di principio di questa Corte di legittimità, vuole che ove il diritto alla privacy venga fatto valere all’interno del processo, esso entra in bilanciamento con le regole proprie del primo e, tra esse, in principalità, con il diritto di difesa ed al contraddittorio per un’opera di contemperamento che resta affidata all’attività del giudice.

Quando in un giudizio avente ad oggetto l’affido di un minore e/o la definizione delle modalità di visita da parte del genitore non collocatario si contesti la distruzione, effettuata nel rispetto della normativa sulla privacy dal nominato c.t.u., dei verbali di ascolto del minore – adempimento curato per termini rispettosi della libera determinazione del primo e della spontanea espressione della sua volontà – in ragione della dedotta violazione del principio di difesa e del contraddittorio, il giudizio di bilanciamento dei contrapposti interessi che il giudice è tenuto ad effettuare resta soddisfatto in ragione della valorizzazione delle modalità attraverso le quali l’indagine tecnica è stata svolta.

Varranno, segnatamente, gli apprezzamenti svolti dal giudice del merito: sulla partecipazione dei tecnici di parte a tutte le operazioni peritali; sulla sottoposizione al tecnico di parte degli esiti degli accertamenti disposti dal consulente di ufficio e la conseguente formulazione delle osservazioni di parte sulle quali si è espresso il tecnico di ufficio; il tutto per una valorizzata ampia e condivisa metodologia di indagine tra tecnici di parte e d’ufficio.

Siffatta ratio spesa nell’impugnata sentenza di appello sostiene, correttamente, il rigetto della deduzione difensiva portata nel grado e, d’altra parte, essa stessa non colta con il ricorso per cassazione sortisce l’effetto di definire di quest’ultimo una ragione di inammissibilità.

Ogni altra censura finalizzata a porre in discussione nel giudizio di legittimità il merito stesso della decisione resta, come tale, anch’essa, non sindacabile in cassazione; è assorbito ogni ulteriore dedotto profilo di censura.

La previsione dell’intervento di supporto psicologico psichiatrico di entrambi i genitori si inserisce in un quadro di sostegno alla genitorialità sviluppato, nella soluzione prescelta dal giudice di primo grado, condivisa dalla Corte di appello ed illustrata nel motivo di ricorso, “per il tempo ritenuto necessario nel solo interesse delle loro figlie”, restando attivato nel presupposto del consenso dei genitori.

L’iniziativa non è imposta come individuale e doverosa ma, involgendo le posizioni di genitori e figlie e risultando espressamente subordinata al consenso dei primi, nella dimensione parentale goduta essa resta compatibile con un sistema volto a tutelare le ragioni delle minori in un quadro di recupero della genitorialità.

La prescrizione non entra pertanto in urto con quanto ritenuto da questa stessa sezione con la sentenza del 01/07/2015 n. 13506 e non vivendo in via autonoma, essa non resta connotata da una finalità estranea al giudizio che è quella di recupero di una bigenitorialità a salvaguardia delle posizioni dei figli minori.