Mutuo – consumatore – tasso floor MUTUI TASSI CONSUMATORE: NULLA LA CLAUSOLA FLOOR

Mutuo – consumatore – tasso floor MUTUI TASSI CONSUMATORE: NULLA LA CLAUSOLA FLOOR

Mutuo – consumatore – tasso floor MUTUI TASSI CONSUMATORE: NULLA LA CLAUSOLA FLOOR
Mutuo – consumatore – tasso floor MUTUI TASSI CONSUMATORE: NULLA LA CLAUSOLA FLOOR
Mutuo – consumatore – tasso floor MUTUI TASSI CONSUMATORE: NULLA LA CLAUSOLA FLOOR
Mutuo – consumatore – tasso floor MUTUI TASSI CONSUMATORE: NULLA LA CLAUSOLA FLOOR

La Sentenza n. 2836 pubblicata il 6/09/2022, la Corte d’Appello di Milano ha affermato la vessatorietà della clausola floor convenuta e/o applicata nell’ambito dei contratti di mutuo a tasso variabile conclusi con i consumatori. Tale clausola determina però un significativo squilibrio tra obblighi e diritti tra la banca e cliente.

Una parte della dottrina considerava tale clausola vessatoria e la giurisprudenza è intervenuta più volte per evidenziare le condizioni che devono essere presenti nel contratto affinchè la clausola possa definirsi legittima.

La Corte precisa che  la clausola floor  “determina uno squilibrio giuridico e normativo, consentendo ad una sola parte (la Banca) di trarre pieno beneficio dalle variazioni a sé favorevoli dell’indice e di limitare il pregiudizio derivante dalle variazioni a sé sfavorevoli”.

“La disciplina negoziale derivante dalla clausola floor non incide infatti sulla congruità della remunerazione (che non potrebbe essere oggetto di valutazione in termini di abusività) bensì determina uno squilibrio giuridico e normativo, consentendo ad una sola parte (la Banca) di trarre pieno beneficio dalle variazioni a sé favorevoli dell’indice e di limitare il pregiudizio derivante dalle variazioni a sé sfavorevoli.

Ad avviso del Collegio giudicante, tale tipologia di clausola comporta a carico del consumatore un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto, se non accompagnata da adeguati strumenti di tutela per il consumatore, come, ad esempio, la speculare previsione di un cap.

TALE CLAUSOLA SAREBBE VESSATORIA

 

La corte di Appello di Milano nel richiamare l’art. 33 del Codice del Consumo, la Corte ricorda come debba considerarsi vessatoria quella clausola che, malgrado la buona fede, determina per il consumatore uno squilibrio significativo dei diritti e obblighi discendenti dal contratto. 

Con

 

La sentenza appellata ha quindi accolto la domanda volta ad inibire l’uso della clausola contestata.

Nel caso esaminato la clausola floor inseita nel contratto di mutuo implica infatti che nel caso in cui il parametro di riferimento del tasso (Euribor) avesse assunto valore negativo, lo stesso sarebbe stato considerato pari a zero, con la conseguenza che il tasso globale (pari al parametro di riferimento sommato allo spread) non sarebbe mai stato inferiore allo spread medesimo concordato.

 

 

Mutuo – consumatore – tasso floor – euribor fermo zero – clausola vessatoria

 

Infatti, nell’ipotesi in cui il valore del parametro variabile del tasso dell’operazione divenisse negativo (come si è effettivamente verificato negli ultimi anni in relazione al valore dell’indice euribor), per effetto della clausola floor detto parametro sarebbe sempre pari a zero, obbligando in tal modo il consumatore a rimborsare la somma finanziata sulla base di un tasso di interesse mai inferiore alla componente fissa, ossia al c.d. spread.

Tale meccanismo determinerebbe uno squilibrio giuridico e normativo tra le parti del contratto di finanziamento “…consentendo ad una sola parte (la banca) di trarre beneficio dalla variazioni a sé favorevoli dell’indice e di limitare il pregiudizio derivante dalle variazioni a sé sfavorevoli..”, così violando l’art. 33 del Codice del Consumo.

Alla predetta violazione consegue la nullità ex art. 36 della clausola floor che, in quanto tale, è inefficace e obbliga la banca ad applicare uno spread eventualmente diminuito del valore della componente variabile se negativa.

La clausola floor – conclude la Corte d’Appello di Milano – potrebbe considerarsi efficace solo se nel contratto fosse convenuta la speculare previsione di un CAP, cioè di un limite oltre il quale il tasso dell’operazione non può aumentare.

 

 Nell’ipotesi la conseguenza sfavorevole per il Consumatore di vedere applicato un tasso minimo mai inferiore allo spread sarebbe bilanciato dalla certezza di conoscere il limite massimo, in aumento, del tasso globale di interesse.

 

 

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