BANCAROTTA FRAUDOLENTA PENA PRESCRIZIONE BOLOGNA RAVENNA VICENZA CHIAMPO

BANCAROTTA FRAUDOLENTA PENA PRESCRIZIONE BOLOGNA RAVENNA VICENZA CHIAMPO

BANCAROTTA FRAUDOLENTA PENA PRESCRIZIONE BOLOGNA RAVENNA VICENZA CHIAMPO
BANCAROTTA FRAUDOLENTA PENA PRESCRIZIONE BOLOGNA RAVENNA VICENZA CHIAMPO

LR PENE SONO MOLTO PESANTI E ANCHE LE PENE O SANZIONI ACCESSORIE

L’articolo 216 della Legge Fallimentare 

È punito con la reclusione da tre a dieci anni, se è dichiarato fallito, l’imprenditore, che:

1) ha distratto, occultato, dissimulato, distrutto o dissipato(1) in tutto o in parte i suoi beni ovvero, allo scopo di recare pregiudizio ai creditori, ha esposto o riconosciuto passività inesistenti;

2) ha sottratto, distrutto o falsificato, in tutto o in parte, con lo scopo di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto o di recare pregiudizi ai creditori, i libri o le altre scritture contabili o li ha tenuti in guisa da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari(2).

La stessa pena si applica all’imprenditore, dichiarato fallito, che, durante la procedura fallimentare, commette alcuno dei fatti preveduti dal n. 1 del comma precedente ovvero sottrae, distrugge o falsifica i libri o le altre scritture contabili.

È punito con la reclusione da uno a cinque anni il fallito, che, prima o durante la procedura fallimentare, a scopo di favorire, a danno dei creditori, taluno di essi, esegue pagamenti o simula titoli di prelazione(3).

Salve le altre pene accessorie, di cui al capo III, titolo II, libro I del codice penale, la condanna per uno dei fatti previsti nel presente articolo importa per la durata di dieci anni l’inabilitazione all’esercizio di una impresa commerciale e l’incapacità per la stessa durata ad esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa(4).

BANCAROTTA FRAUDOLENTA PENA PRESCRIZIONE BOLOGNA RAVENNA VICENZA CHIAMPO
BANCAROTTA FRAUDOLENTA PENA PRESCRIZIONE BOLOGNA RAVENNA VICENZA CHIAMPO

È punito con la reclusione da sei mesi a due anni, se è dichiarato fallito, l’imprenditore, che, fuori dai casi preveduti nell’articolo precedente:

1) ha fatto spese personali o per la famiglia eccessive rispetto alla sua condizione economica (1);

2) ha consumato una notevole parte del suo patrimonio in operazioni di pura sorte o manifestamente imprudenti (2);

3) ha compiuto operazioni di grave imprudenza per ritardare il fallimento (3);

4) ha aggravato il proprio dissesto (4), astenendosi dal richiedere la dichiarazione del proprio fallimento o con altra grave colpa;

5) non ha soddisfatto le obbligazioni assunte in un precedente concordato preventivo o fallimentare.

La stessa pena si applica al fallito che, durante i tre anni antecedenti alla dichiarazione di fallimento ovvero dall’inizio dell’impresa, se questa ha avuto una minore durata, non ha tenuto i libri e le altre scritture contabili prescritti dalla legge o li ha tenuti in maniera irregolare o incompleta.

Salve le altre pene accessorie di cui al capo III, titolo II, libro I del codice penale [28 ss. c.p.], la condanna importa l’inabilitazione all’esercizio di un’impresa commerciale e l’incapacità ad esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa fino a due anni.

 decreta che l’imprenditore dichiarato fallito commette il reato di bancarotta nei casi in cui:

BANCAROTTA FRAUDOLENTA PENA PRESCRIZIONE BOLOGNA RAVENNA VICENZA CHIAMPO
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effettua per sé o per la famiglia spese eccessive rispetto alla sua condizione economica

consuma parte del suo patrimonio in operazioni imprudenti

compie atti gravemente imprudenti per ritardare il fallimento

aggrava il proprio dissesto non presentando la richiesta di fallimento 

non soddisfa le obbligazioni assunte in un precedente concordato preventivo o fallimentare

Commette lo stesso reato l’imprenditore, poi dichiarato fallito, che non ha tenuto in ordine o le ha tenute in maniera incompleta le scritture contabili nei 3 anni precedenti alla dichiarazione di fallimento.

Dispositivo dell’art. 216 Legge fallimentare

È punito con la reclusione da tre a dieci anni, se è dichiarato fallito, l’imprenditore, che:

1) ha distratto, occultato, dissimulato, distrutto o dissipato(1) in tutto o in parte i suoi beni ovvero, allo scopo di recare pregiudizio ai creditori, ha esposto o riconosciuto passività inesistenti;

2) ha sottratto, distrutto o falsificato, in tutto o in parte, con lo scopo di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto o di recare pregiudizi ai creditori, i libri o le altre scritture contabili o li ha tenuti in guisa da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari(2).

La stessa pena si applica all’imprenditore, dichiarato fallito, che, durante la procedura fallimentare, commette alcuno dei fatti preveduti dal n. 1 del comma precedente ovvero sottrae, distrugge o falsifica i libri o le altre scritture contabili.

È punito con la reclusione da uno a cinque anni il fallito, che, prima o durante la procedura fallimentare, a scopo di favorire, a danno dei creditori, taluno di essi, esegue pagamenti o simula titoli di prelazione(3).

Salve le altre pene accessorie, di cui al capo III, titolo II, libro I del codice penale, la condanna per uno dei fatti previsti nel presente articolo importa per la durata di dieci anni l’inabilitazione all’esercizio di una impresa commerciale e l’incapacità per la stessa durata ad esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa(4).

Le condotte distrattive compiute prima dell’ammissione al concordato preventivo di una società poi dichiarata fallita integrano il delitto di bancarotta fraudolenta patrimoniale anche nel caso in cui l’agente abbia ottenuto l’ammissione al concordato preventivo, si sia adoperato per il buon esito della procedura, e questo non sia stato conseguito per fatti indipendenti dalla sua volontà, in quanto, laddove si verifichi il fallimento, ai fini della configurabilità del dolo, è sufficiente la consapevole volontà di dare al patrimonio sociale una destinazione diversa da quella di garanzia delle obbligazioni contratte.

(Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 33268 del 28 luglio 2015)

Cass. pen. n. 31703/2015

In tema di bancarotta fraudolenta patrimoniale, la distrazione di un ramo di azienda è configurabile solo in caso di cessione avente ad oggetto, unitariamente, oltre che i singoli beni e rapporti giuridici, anche l’avviamento riferibile a tale autonoma organizzazione produttiva. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto corretta l’ordinanza del Tribunale del riesame che aveva annullato il sequestro preventivo di un intero complesso aziendale, che si ipotizzava costituisse l’oggetto di una cessione fittizia, rilevando come nella specie, pur essendovi una distrazione di veicoli, dei dipendenti, di denaro e di locali della società cedente successivamente fallita, non potesse configurarsi, in assenza della cessione dell’avviamento, una distrazione dell’intera azienda).

(Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 31703 del 21 luglio 2015)

Cass. pen. n. 26458/2015

In tema di bancarotta fraudolenta documentale, la soppressione, a seguito della modifica dell’art. 2478 c.c. recata dall’art. 18 del D.L. n. 185 del 2008 conv. nella l. n. 2 del 2009, dell’obbligo per le società a responsabilità limitata di tenere il libro dei soci, non incide sulla configurabilità del reato in relazione alle condotte tenute nel periodo precedente alla modifica normativa, posto che l’art. 216, comma primo n. 2, della l. fall. punisce la sottrazione, distruzione e falsificazione dei libri e delle scritture che il fallito è obbligato a tenere secondo la normativa vigente al momento della gestione della impresa, nel periodo antecedente al fallimento, al fine di consentire la ricostruzione del suo patrimonio e dei fatti gestionali a tutela del soddisfacimento degli interessi dei creditori, e che, quindi, le disposizioni del c.c. costitutive degli obblighi contabili si pongono esclusivamente come elemento normativo della fattispecie.

(Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 26458 del 23 giugno 2015)

Cass. pen. n. 24324/2015

In caso di fallimento, integra il delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione l’appropriazione indebita da parte dell’amministratore di somme di spettanza della società, ancorché l’amministratore vanti un credito nei confronti della società stessa, poiché la compensazione e, quindi, la eventuale sussistenza della bancarotta preferenziale, può essere invocata solo in presenza di un debito nei confronti della società maturato per cause lecite.

(Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 24324 del 5 giugno 2015)

Cass. pen. n. 17084/2015

Il termine di prescrizione del reato di bancarotta preferenziale prefallimentare decorre dal momento in cui interviene la sentenza dichiarativa di fallimento.

In tema di bancarotta fraudolenta documentale, per la configurazione delle ipotesi di reato di sottrazione, distruzione o falsificazione di libri e scritture contabili previste dall’articolo 216, primo comma n. 2 prima parte, l. fall. è necessario il dolo specifico, consistente nello scopo di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto o di recare pregiudizio ai creditori.

In tema di bancarotta fraudolenta per distrazione, la restituzione del bene distratto a seguito di richiesta del curatore non esclude la sussistenza dell’elemento materiale del reato, essendosi questo già perfezionato al momento del distacco del bene dal patrimonio del fallito.

Cass. pen. n. 44886/2015

L’oggetto del reato di bancarotta fraudolenta documentale può essere rappresentato da qualsiasi documento contabile relativo alla vita dell’impresa, dal quale sia possibile conoscere i tratti della sua gestione, diversamente da quanto previsto per l’ipotesi di bancarotta semplice documentale, in relazione alla quale l’oggetto del reato è individuato nelle sole scritture obbligatorie.

(Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 44886 del 9 novembre 2015)

Cass. pen. n. 33268/2015

 (Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 17084 del 23 aprile 2015)

Cass. pen. n. 15951/2015

In tema di bancarotta fraudolenta patrimoniale post-fallimentare impropria, la condotta distrattiva, non potendo essere compiuta interamente dall’amministratore, ad eccezione dei casi in cui la disponibilità dei beni dell’impresa fallita è conservata dallo stesso, si manifesta, di regola, nella forma del concorso di persone nel reato, poiché è necessario il contributo dei soggetti che, in quanto titolari di funzioni nella procedura concorsuale, sono in grado di adottare gli atti dispositivi dei beni del fallimento o di consentire il compimento della azioni distruttive. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto immune da vizi la sentenza che aveva affermato il concorso nel reato dell’amministratore della società fallita, del curatore fallimentare e del giudice delegato, in relazione ad una transazione, autorizzata da quest’ultimo, con la quale, realizzandosi effetti pregiudizievoli per i creditori, erano state alienate l’azienda e gli immobili dell’impresa a due società gestite dallo stesso amministratore della fallita).

(Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 15951 del 16 aprile 2015)

Cass. pen. n. 5317/2015

a bancarotta fraudolenta per dissipazione richiede, per la sua configurabilità, sotto il profilo oggettivo, l’incoerenza assoluta, nella prospettiva delle esigenze dell’impresa, delle operazioni poste in essere e, sotto il profilo soggettivo, la consapevolezza dell’agente di diminuire il patrimonio dell’impresa per scopi a questa del tutto estranei.

La vendita sottocosto o, comunque, in perdita, di beni aziendali in tanto può costituire reato di bancarotta fraudolenta per distrazione in quanto abbia connotazioni di continuità e sistematicità.

(Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 5317 del 4 febbraio 2015)

Cass. pen. n. 52077/2014

In tema di bancarotta fraudolenta per distrazione, posto che la penale rilevanza della distrazione per effetto di condotte riparatorie può essere esclusa solo a condizione che queste ultime si collochino in data successiva a quella della dichiarazione di fallimento, deve ritenersi che non si verifichi tale condizione qualora (come avvenuto nella specie), essendosi stipulato, prima del fallimento, un preliminare di compravendita vendita avente ad oggetto un bene immobile dell’impresa poi dichiarata fallita, con fittizio versamento, da parte del soggetto che figurava come promissario acquirente, di una somma a titolo di caparra, il curatore del fallimento abbia poi optato per l’esecuzione del contratto ed abbia quindi ottenuto la corresponsione dell’intero prezzo dell’immobile compravenduto.

(Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 52077 del 15 dicembre 2014)

Cass. pen. n. 48739/2014

Il termine di prescrizione del reato di bancarotta preferenziale prefallimentare decorre dal momento in cui interviene la sentenza dichiarativa di fallimento.

(Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 48739 del 24 novembre 2014)

Cass. pen. n. 42257/2014

In tema di bancarotta impropria da reato societario, il dolo presuppone una volontà protesa al dissesto, da intendersi non già quale intenzionalità di insolvenza, bensì quale consapevole rappresentazione della probabile diminuzione della garanzia dei creditori e del connesso squilibrio economico. (Fattispecie relativa alla esposizione di fatti materiali non rispondenti al vero circa la situazione economica e finanziaria della società con conseguente dissesto della medesima ed induzione in errore dei creditori).

(Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 42257 del 9 ottobre 2014)

Cass. pen. n. 32352/2014

Ai fini della sussistenza del reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale non è necessaria l’esistenza di un nesso causale tra i fatti di distrazione ed il successivo fallimento.

(Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 32352 del 22 luglio 2014)

Cass. pen. n. 30830/2014

In tema di bancarotta fraudolenta per distrazione, anche l’esercizio di facoltà legittime, comprese nel contenuto di diritti riconosciuti dall’ordinamento, può costituire uno strumento di frode in danno dei creditori, in quanto la liceità di ogni operazione che incide sul patrimonio dell’imprenditore dichiarato fallito può essere affermata solo all’esito di un accertamento in concreto, in relazione alle conseguenze prodotte sulle ragioni del ceto creditorio. (Fattispecie in cui il titolare di una impresa individuale, prima della dichiarazione di fallimento, esercitando il diritto di recesso con riferimento a quote di partecipazione ad una società, di cui egli era titolare, ne aveva di fatto disposto il trasferimento alla moglie).

(Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 30830 del 11 luglio 2014)

Cass. pen. n. 26399/2014

Sussiste la responsabilità, a titolo di concorso nel reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale, del presidente del collegio sindacale qualora sussistano puntuali elementi sintomatici, dotati del necessario spessore indiziario, in forza dei quali l’omissione del potere di controllo – e, pertanto l’inadempimento dei poteri doveri di vigilanza il cui esercizio sarebbe valso ad impedire le condotte distrattive degli amministratori – esorbiti dalla dimensione meramente colposa per assurgere al rango di elemento dimostrativo di dolosa partecipazione, sia pure nella forma del dolo eventuale, per consapevole accettazione del rischio che l’omesso controllo avrebbe potuto consentire la commissione di illiceità da parte degli amministratori. (Nella specie la S.C. ha ritenuto elementi significativi le circostanze che l’imputato fosse, 1) espressione del gruppo di controllo della società, 2) avesse rilevante competenza professionale, e 3) avesse omesso, malgrado la situazione critica della società, ogni minimo controllo).

(Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 26399 del 18 giugno 2014)

Cass. pen. n. 24051/2014

È configurabile il reato di bancarotta fraudolenta per distrazione quando il denaro oggetto della condotta é pervenuto alla società, poi dichiarata fallita, con sistemi illeciti, e conserva la sua tracciabilità, perché lo stesso, in quanto bene fungibile, si confonde con il patrimonio del fallito, è oggetto dello spossessamento previsto dall’art. 42 della l. fall., e, in relazione a tale “res”, l’originario titolare può vantare esclusivamente un diritto di credito azionabile a norma degli artt. 93 e ss. della legge fallimentare. (Fattispecie relativa a somme pervenute alla società fallita in pagamento di fatture emesse per operazioni inesistenti).

(Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 24051 del 9 giugno 2014)

Cass. pen. n. 19896/2014

In materia di bancarotta fraudolenta la prova della distrazione o dell’occultamento dei beni della società dichiarata fallita può essere desunta dalla mancata dimostrazione ad opera dell’amministratore della destinazione dei beni suddetti, ma l’affermazione dell’imputato di aver impiegato i beni per finalità aziendali o di averli restituiti all’avente diritto, in assenza di una chiara smentita emergente dagli elementi probatori acquisiti, non può essere ignorata dal giudice che, in tal caso, non può limitarsi a rilevare l’assenza dei beni nel possesso del fallito. (Fattispecie relativa a beni concessi in “leasing” in relazione ai quali la società concedente non si era insinuata nel passivo fallimentare).

(Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 19896 del 14 maggio 2014)

Cass. pen. n. 16989/2014

Integra il reato di bancarotta fraudolenta impropria patrimoniale l’affitto d’azienda al quale non consegua l’incasso dei canoni pattuiti da parte della società fallita, senza che sia addotta alcuna giustificazione in proposito.

(Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 16989 del 16 aprile 2014)

Cass. pen. n. 15712/2014

Ai fini della configurabilità del reato di bancarotta preferenziale è necessaria la violazione della “par condicio creditorum” nella procedura fallimentare (elemento oggettivo) e il dolo specifico costituito dalla volontà di recare un vantaggio al creditore soddisfatto, con l’accettazione della eventualità di un danno per gli altri (elemento soggettivo), con la conseguenza che la condotta illecita non consiste nell’indebito depauperamento del patrimonio del debitore ma nell’alterazione dell’ordine, stabilito dalla legge, di soddisfazione dei creditori. Pertanto, nel caso in cui il fallito provveda al pagamento di crediti privilegiati, la configurabilità del reato di bancarotta preferenziale presuppone il concorso di altri crediti con privilegio di grado prevalente o eguale rimasti insoddisfatti per effetto dei pagamenti “de quibus” e non già di qualsiasi altro credito.

In tema di bancarotta fraudolenta patrimoniale, nel caso in cui alla ammissione alla procedura di concordato preventivo segua la dichiarazione di fallimento, la prescrizione decorre dalla sentenza dichiarativa di fallimento e non dalla ammissione al concordato preventivo, stante la disuguaglianza tra le due procedure che non consente di intravedere nella successione delle vicende concorsuali la medesima connotazione e quella uniformità che può consentire l’assorbimento cronologico della seconda nella prima.

(Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 15712 del 8 aprile 2014)

Cass. pen. n. 11796/2014

In tema di bancarotta fraudolenta documentale, il deposito nella procedura fallimentare delle scritture contabili in copia non è sufficiente ad evitare l’addebito di sottrazione delle stesse.

(Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 11796 del 11 marzo 2014)

Cass. pen. n. 11793/2014

Ai fini della sussistenza del reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale non è necessaria l’esistenza di un nesso causale tra i fatti di distrazione ed il successivo fallimento.

(Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 11793 del 11 marzo 2014)

Cass. pen. n. 5264/2014

In tema di bancarotta fraudolenta documentale, il reato previsto dall’art. 216, comma primo n. 2, della legge fallimentare richiede il dolo generico, costituito dalla consapevolezza nell’agente che la confusa tenuta della contabilità potrà rendere impossibile la ricostruzione delle vicende del patrimonio, non essendo, per contro, necessaria la specifica volontà di impedire quella ricostruzione.

(Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 5264 del 3 febbraio 2014)

Cass. pen. n. 5237/2014

Il reato di bancarotta fraudolenta documentale, di cui alla seconda ipotesi dell’art. 216, comma primo n. 2, L. fall. richiede il dolo generico, ossia la mera consapevolezza che la confusa tenuta della contabilità può rendere impossibile la ricostruzione delle vicende del patrimonio.

(Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 5237 del 3 febbraio 2014)

Cass. pen. n. 5186/2014

In tema di reati fallimentari, l’amministratore che si ripaghi di propri crediti verso la società fallita risponde di bancarotta preferenziale – non di bancarotta fraudolenta patrimoniale – specificamente connotata dall’alterazione della “par condicio creditorum”, essendo, invece irrilevante, ai fini della qualificazione giuridica del fatto, la specifica qualità di amministratore della società, se del caso censurabile in sede di commisurazione della sanzione.

(Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 5186 del 3 febbraio 2014)

Cass. pen. n. 2812/2014

In tema di bancarotta fraudolenta documentale, l’imprenditore non è esente da responsabilità nel caso in cui affidi la contabilità dell’impresa a soggetti forniti di specifiche cognizioni tecniche in quanto, non essendo egli esonerato dall’obbligo di vigilare e controllare le attività svolte dai delegati, sussiste una presunzione semplice, superabile solo con una rigorosa prova contraria, che i dati siano trascritti secondo le indicazioni fornite dal titolare dell’impresa.

(Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 2812 del 21 gennaio 2014)

Cass. pen. n. 1706/2014

In tema di concorso in bancarotta fraudolenta documentale, il dolo dell'”extraneus” nel reato proprio dell’amministratore consiste nella volontarietà della propria condotta di sostegno a quella dell'”intraneus”, con la consapevolezza che essa determina un depauperamento del patrimonio sociale ai danni del creditore, non essendo, invece, richiesta la specifica conoscenza del dissesto della società.

(Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 1706 del 16 gennaio 2014)

Cass. pen. n. 592/2014

In tema di bancarotta, la prescrizione inizia a decorrere dalla data della declaratoria di fallimento o dello stato di insolvenza e non dal momento della consumazione delle singole condotte poste in essere in precedenza.

L’elemento soggettivo del delitto di bancarotta preferenziale è costituito dal dolo specifico che è ravvisabile ogni qualvolta l’atteggiamento psicologico del soggetto agente sia rivolto a favorire un creditore, riflettendosi contemporaneamente, anche secondo lo schema tipico del dolo eventuale, nel pregiudizio per altri.

(Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 592 del 9 gennaio 2014)

Cass. pen. n. 11257/2013

In tema di bancarotta fraudolenta, la pena accessoria dell’inabilitazione all’esercizio di un’impresa commerciale e dell’incapacità di esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa ha la durata fissa ed inderogabile di dieci anni.

(Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 11257 del 11 marzo 2013)

Cass. pen. n. 10201/2013

In tema di bancarotta impropria patrimoniale, in caso di scissione mediante costituzione di nuova società, l’assegnazione a quest’ultima di rilevanti risorse non costituisce di per sé un fatto di distrazione qualora la società scissa venga successivamente dichiarata fallita, dovendosi invece tenere conto dell’effettiva situazione debitoria in cui versava la stessa al momento della scissione, nonché del fatto che tale condotta non è necessariamente idonea a porre in pericolo gli interessi dei suoi creditori, atteso che ai medesimi è attribuito il potere di opporsi al progetto di scissione e che i loro diritti sono comunque salvaguardati dalla disposizione di cui all’art. 2506 quater, comma terzo, cod. civ. che stabilisce la responsabilità solidale, nei limiti dell’attivo trasferito, della nuova società per i debiti di quella scissa non ancora soddisfatti al momento della scissione.

(Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 10201 del 4 marzo 2013)

Cass. pen. n. 7556/2013

In tema di bancarotta per distrazione, non è configurabile la responsabilità dell’amministratore di una società diversa da quella fallita nel reato proprio, ex art. 40, comma secondo, c.p., la quale, integrata dalla posizione di garanzia, ex art. 2392 c.c., è invocabile solo con riferimento agli atti di gestione della società amministrata e non può invece estendersi ad atti compiuti da amministratori di società terze. Ne consegue che l’amministratore di una società diversa da quella fallita può concorrere quale “extraneus” nel reato solo mediante una partecipazione attiva.

(Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 7556 del 15 febbraio 2013)

Cass. pen. n. 7545/2013

Ai fini della sussistenza del reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale non è necessaria l’esistenza di un nesso causale tra i fatti di distrazione ed il successivo fallimento.

(Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 7545 del 15 febbraio 2013)

Cass. pen. n. 3817/2013

In tema di bancarotta fraudolenta, non è suscettibile di distrazione l’avviamento commerciale dell’azienda se, contestualmente, non sia stata oggetto di disposizione anche l’azienda medesima o quanto meno i fattori aziendali in grado di generare l’avviamento, potendo peraltro quest’ultimo rappresentare da solo l’oggetto materiale della distrazione in caso di assenza di adeguata contropartita. (In motivazione la Corte ha precisato che l’avviamento può essere oggetto autonomo della condotta di distruzione).

(Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 3817 del 24 gennaio 2013)

Cass. pen. n. 18962/2012

Il delitto di bancarotta fraudolenta documentale è configurabile anche quando le violazioni o le irregolarità contabili sono state commesse per occultare altri fatti costituenti reato, non potendosi invocare al riguardo l’effetto scriminante del diritto di difesa.

(Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 18962 del 17 maggio 2012)

Cass. pen. n. 10778/2012

Integra il reato di bancarotta fraudolenta impropria patrimoniale la cessione di un ramo d’azienda che renda non più possibile l’utile perseguimento dell’oggetto sociale senza garantire contestualmente il ripiano della situazione debitoria della società.

(Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 10778 del 19 marzo 2012)

Cass. pen. n. 8607/2012

In tema di bancarotta semplice, l’imputato che, ai sensi dell’art. 479 c.p.p., richieda la sospensione del dibattimento, in attesa della definizione del processo instaurato contro la dichiarazione di fallimento, è tenuto – allo scopo di consentire al giudice penale di valutare la opportunità dell’esercizio del proprio potere discrezionale sul punto – a fornire allegazioni non solo in ordine alla esistenza della procedura in sede civile, ma anche in ordine alla serietà della questione sollevata, atteso che costituisce presupposto, normativamente postulato, della invocata sospensione la complessità del giudizio instaurato in sede civile o amministrativa.

(Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 8607 del 5 marzo 2012)

Cass. pen. n. 1843/2012

Cass. pen. n. 21872/2010

La chiusura del fallimento per sopravvenuta mancanza del passivo non esclude la legittimità e l’efficacia della sentenza dichiarativa di fallimento e non fa venir meno sul piano oggettivo il reato di bancarotta fraudolenta documentale (In motivazione la S.C. ha affermato che su tale reato incide solo la revoca del fallimento pronunciabile in caso di insussistenza dello stato di insolvenza al momento della dichiarazione di fallimento).

(Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 21872 del 8 giugno 2010)

Cass. pen. n. 21251/2010

In tema di bancarotta fraudolenta per distrazione, deve ricomprendersi fra le operazioni distrattive anche l’utilizzazione di somme disponibili per effetto di un’apertura di credito ottenuta da un istituto bancario per le finalità aziendali, che invece vengano destinate a scopo diverso e distolte dal patrimonio della impresa senza corrispettivo. (Nella specie, le somme prelevate erano utilizzate, senza contropartita economica, per sanare i debiti di altra società del gruppo).

(Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 21251 del 4 giugno 2010)

Cass. pen. n. 16579/2010

In tema di concorso in bancarotta fraudolenta per distrazione, il dolo dell’extraneus nel reato proprio dell’amministratore consiste nella volontarietà della propria condotta di apporto a quella dell’intraneus, con la consapevolezza che essa determina un depauperamento del patrimonio sociale ai danni del creditore, non essendo, invece, richiesta la specifica conoscenza del dissesto della società. Ne consegue che ogni atto distrattivo assume rilievo ai sensi dell’art. 216 l.fall. in caso di fallimento, indipendentemente dalla rappresentazione di quest’ultimo, il quale non costituisce l’evento del reato che, invece, coincide con la lesione dell’interesse patrimoniale della massa, posto che se la conoscenza dello stato di decozione costituisce dato significativo della consapevolezza del terzo di arrecare danno ai creditori ciò non significa che essa non possa ricavarsi da diversi fattori, quali la natura fittizia o l’entità dell’operazione che incide negativamente sul patrimonio della società.

(Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 16579 del 29 aprile 2010)

Cass. pen. n. 13588/2010

In tema di bancarotta fraudolenta per distrazione, la liceità del finanziamento a un partito politico non esclude la possibilità di qualificare l’erogazione come distrattiva, qualora l’amministratore non dimostri di avere comunque agito nell’interesse della società e non nel proprio esclusivo interesse personale.

(Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 13588 del 12 aprile 2010)

Cass. pen. n. 11899/2010

L’integrazione del reato di bancarotta fraudolenta per distrazione non richiede l’esistenza di un nesso causale tra i fatti di distrazione e il pregiudizio dei creditori, in quanto, una volta intervenuta la dichiarazione di fallimento, detti fatti assumono rilevanza penale in qualsiasi tempo siano stati commessi e, quindi, anche quando l’impresa non versava ancora in condizioni di insolvenza.

(Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 11899 del 26 marzo 2010)

Cass. pen. n. 11279/2010

La mancata presentazione della dichiarazione dei redditi non integra il reato di bancarotta fraudolenta documentale, che è configurabile in relazione all’omessa tenuta di una scrittura contabile, e tale non può essere definita la dichiarazione dei redditi, solo qualora si dimostri che scopo dell’omissione sia quello di recare pregiudizio ai creditori. (In motivazione, la S.C. ha affermato che la dichiarazione dei redditi è rappresentativa di dati contabili accorpati e finalizzati alla tutela degli interessi fiscali dello Stato e non di fatti relativi all’organizzazione interna dell’impresa).

(Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 11279 del 24 marzo 2010)

Cass. pen. n. 9672/2010

In tema di bancarotta fraudolenta, la durata della pena accessoria dell’inabilitazione all’esercizio di un’impresa commerciale ed all’incapacità ad esercitare uffici direttivi di cui all’art. 216, u.c., l. fall., deve essere determinata in misura uguale a quella della pena principale inflitta.

(Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 9672 del 10 marzo 2010)

Cass. pen. n. 49642/2009

Integra il concorso dell'”extraneus” nel reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale, il soggetto che agevoli il titolare della società fallenda nella costituzione di una società di cui assuma l’amministrazione e con cui la prima stipuli un contratto di locazione connotato da un canone sensibilmente inferiore a quelli di mercato al fine di mantenere la disponibilità materiale dell’immobile locato alla famiglia del titolare della società fallenda.

(Cassazione penale, Sez. V, sentenza n

Cass. pen. n. 47040/2011

La fattispecie di bancarotta fraudolenta per dissipazione si distingue da quella di bancarotta semplice per consumazione del patrimonio in operazioni aleatorie o imprudenti, sotto il profilo oggettivo, per l’incoerenza, nella prospettiva delle esigenze dell’impresa, delle operazioni poste in essere e, sotto il profilo soggettivo, per la consapevolezza dell’autore della condotta di diminuire il patrimonio della stessa per scopi del tutto estranei alla medesima.

(Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 47040 del 20 dicembre 2011)

Cass. pen. n. 44933/2011

Il delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione è reato di pericolo ed è pertanto irrilevante che al momento della consumazione l’agente non avesse consapevolezza dello stato d’insolvenza dell’impresa per non essersi lo stesso ancora manifestato.

(Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 44933 del 2 dicembre 2011)

Cass. pen. n. 44103/2011

In tema di reati fallimentari, la mancata estensione della dichiarazione di fallimento non preclude, di per sé, la responsabilità del socio accomandante che abbia violato il divieto di immissione nell’attività amministrativa, a titolo di concorso nel delitto di bancarotta fraudolenta ascritto all’accomandatario, essendo sufficiente ai fini della lesione del bene giuridico tutelato dall’art. 216 l. fall. lo svolgimento di attività amministrativa, anche attraverso i contatti con i clienti dell’impresa, che implica inevitabilmente la gestione delle attività aziendali.

(Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 44103 del 29 novembre 2011)

Cass. pen. n. 4551/2011

In tema di bancarotta fraudolenta, non integra fatto nuovo ai sensi dell’art. 518 c.p.p., la individuazione, nel corso dell’istruzione dibattimentale, di diverse modalità della condotta illecita ovvero di ulteriori condotte di distrazione o, comunque, di difformi condotte integrativa della violazione dell’art. 216 R.D., trattandosi di fatto che non può generare ‘novità’ dell’illecito, ma soltanto l’integrazione della circostanza aggravante (e non la modifica del fatto tipico), in virtù della peculiare disciplina dell’illecito fallimentare – connaturato alla c.d. unitarietà del reato desumibile dall’art. 219, comma secondo, n. 1 R.D., che deroga alla disciplina della continuazione – e della peculiarità della norma incriminatrice che non assegna alle condotte di distruzione, occultamento, distrazione, dissipazione e dissimulazione, previste dall’art. 216, n. R.D., natura di fatto autonomo, bensì fattispecie penalmente tra loro equivalenti, e cioè modalità di esecuzione alternative e fungibili di un unico reato.

(Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 4551 del 8 febbraio 2011)

Cass. pen. n. 3115/2011

In tema di bancarotta fraudolenta documentale, la norma incriminatrice ingloba in sé ogni ipotesi di falsità, anche ideologica, in quanto è preordinata a tutelare l’agevole svolgimento delle operazioni della curatela e a proscrivere ogni manipolazione documentale che impedisca o intralci una facile ricostruzione del patrimonio del fallito o del movimento dei suoi affari, considerato che a questo risultato si frappone non solo la falsità materiale dei documenti, ma anche e soprattutto quella ideologica che fornisce un’infedele rappresentazione del dato contabile.

(Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 3115 del 28 gennaio 2011)

Cass. pen. n. 3114/2011

In tema di bancarotta fraudolenta documentale, la parziale omissione del dovere annotativo integra la fattispecie di cui all’art. 216, comma primo, n. 2, R.D., in quanto rientra nell’ambito della norma incriminatrice anche la condotta di falsificazione dei dati realizzata attraverso la rappresentazione dell’evento economico in modo incompleto e distorto in ordine alla gestione di impresa e agli esiti della stessa.

(Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 3114 del 28 gennaio 2011)

Cass. pen. n. 1901/2011

Integra il delitto di bancarotta per distrazione la condotta dell’amministratore che occulti con artifici contabili l’ammanco dalle casse della fallita di somme ingenti (Nella fattispecie, la Corte ha precisato altresì che, in tal caso, non è configurabile il delitto di bancarotta preferenziale, in quanto, affinchè si possano considerare le somme dovute a titolo di retribuzione, è necessario che lo statuto della società fallita contempli espressamente la retribuzione dovuta all’amministratore e ne quantifichi l’ammontare ovvero, in subordine, che la corresponsione delle suddette retribuzioni sia riportata in bilancio).

(Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 1901 del 21 gennaio 2011)

Cass. pen. n. 45602/2010

In tema di continuazione tra reati di bancarotta fraudolenta, ai fini dell’individuazione della contiguità cronologica quale indice della sussistenza della medesima identità del disegno criminoso, assume rilievo la data di commissione della condotta.

(Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 45602 del 29 dicembre 2010)

Cass. pen. n. 43340/2010

In tema di bancarotta fraudolenta, ai fini della prova della disponibilità, in capo alla società fallita, della somma oggetto della distrazione imputata all’amministratore, l’iscrizione nel libro giornale della società debitrice dell’avvenuto pagamento della somma stessa può costituire solo un indizio del saldo del debito, da valutarsi secondo i criteri dettati dall’art. 192, comma secondo, c.p.p.

(Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 43340 del 6 dicembre 2010)

Cass. pen. n. 42235/2010

In tema di bancarotta fraudolenta, è legittimo il sequestro preventivo sulle giacenze di conto corrente acceso dall’indagato presso una banca quando si sospetti che siffatta ricchezza costituisca il provento di distrazioni fraudolente commesse in pregiudizio di società fallite; né, a tal fine, rileva la confusione con il personale patrimonio qualora il cespite sequestrato rappresenti il prodotto o il profitto del reato della distrazione fraudolenta in pregiudizio della fallita società, quale risultato della condotta criminosa, con la conseguenza che esso mantiene una sua intrinseca pericolosità che non si esaurisce nella confusione patrimoniale.

(Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 42235 del 29 novembre 2010)

Cass. pen. n. 37920/2010

Non viola il principio di correlazione con l’accusa la sentenza che condanni l’imputato del reato di bancarotta fraudolenta per una delle condotte alternativamente previste dalla norma incriminatrice e diverse da quella indicata in imputazione, purché quest’ultima contenga la descrizione, anche sommaria, del comportamento addebitato.

(Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 37920 del 25 ottobre 2010)

Cass. pen. n. 37298/2010

Non sussiste il concorso formale dei reati di bancarotta fraudolenta ed appropriazione indebita (nella specie con riferimento a beni oggetto di locazione finanziaria), quando oltre ad esservi perfetta identità della cosa su cui si sono concentrate le rispettive attività criminose e simultaneità delle attività stesse, unica risulti la destinazione data dal soggetto attivo ai beni da lui appresi indebitamente, in quanto la condotta dell’apprensione di beni di cui il fallito abbia la disponibilità, pur essendo astrattamente riconducibile alle due distinte ipotesi delittuose in questione, ricade sotto la previsione dell’art. 84 c.p., con la conseguenza che il reato meno grave di appropriazione indebita è assorbito da quello di bancarotta fraudolenta.

(Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 37298 del 19 ottobre 2010)

Cass. pen. n. 36551/2010

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  • Cass. pen., Sez. V, Sent., (data ud. 15/03/2022) 04/05/2022, n. 17794Inizio modulo

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    REPUBBLICA ITALIANA

    IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

    LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

    SEZIONE QUINTA PENALE

    Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

    Dott. PALLA Stefano – Presidente –

    Dott. PEZZULLO Rosa – Consigliere –

    Dott. CANANZI Francesco – Consigliere –

    Dott. MOROSINI Elisabetta M. – Consigliere –

    Dott. BRANCACCIO Matilde – rel. Consigliere –

    ha pronunciato la seguente:

    SENTENZA

    sul ricorso proposto da:

    S.P., nato a (OMISSIS);

    avverso la sentenza del 27/11/2020 della CORTE APPELLO di TORINO;

    visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

    udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. MATILDE BRANCACCIO;

    udito il Sostituto Procuratore Generale Dr. DI LEO GIOVANNI, che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso.

    udito il difensore delle parti civili, l’Avv. VITTORIO MARIA ROSSINI, che si associa al PG e deposita conclusioni e nota spese alle quali si riporta;

    udito, altresì, il difensore dell’imputato, l’avv. CATERINA BIAFORA, la quale si riporta ai motivi di ricorso e insiste per l’accoglimento dello stesso.

    Svolgimento del processo

    1. Viene in esame la sentenza della Corte d’Appello di Torino con cui, in parziale riforma della pronuncia del Tribunale di Torino del 15.2.2017, sono state ridotte, nei confronti di S.P. le pene accessorie disposte ai sensi dell’art. 216, u.c. L. Fall. in misura corrispondente alla pena principale, confermata in due anni di reclusione (esclusa l’aggravante del danno patrimonialedi ingente rilevanza e la recidiva contestata), in relazione alla sua condanna per il delitto di bancarotta fraudolenta documentaleed al fallimento della società cooperativa “Costruire Insieme” in liquidazione coatta amministrativa (insolvenza dichiarata con sentenza del 17.4.2014), società della quale l’imputato era presidente del consiglio di amministrazione e liquidatore.

    Sono state, altresì, confermate le statuizioni civili disposte in favore delle parti civili R.G., R.V. e B.L., per i danni subiti dalla mancata possibilità di stipulare i rogiti per abitazioni in costruzione che avevano regolarmente pagato; mentre sono state revocate le statuizioni civili relative alla società cooperativa in liquidazione coatta, stante la revoca della costituzione.

    1. Avverso la sentenza ha proposto ricorso l’imputato, tramite il difensore, deducendo tre motivi distinti.

    2.1. La prima eccezione che propone il ricorrente contesta l’affermazione di responsabilità per il reato di bancarotta fraudolenta documentale, sotto il profilo sia del vizio di violazione di legge che di motivazione carente, perchè pedissequamente ricalcata sulle argomentazioni del giudice di primo grado, nonostante la specificità dei motivi d’appello, soprattutto quelli riferiti alla mancanza del dolo ed alla situazione di gravissimo disagio familiare sopportata dall’imputato nel periodo in contestazione, per la malattia tumorale della moglie; si evidenzia anche la sottovalutazione del conferimento con finanziamenti personali effettuato dall’imputato in favore della società tra il 2009 e il 2010, che il ricorrente aveva opposto in appello proprio per sostenere l’assenza del dolo necessario di arrecare un danno o pregiudizio ai creditori ovvero di procurare a sè o ad altri un ingiusto profitto.

    2.2. Il secondo motivo di ricorso deduce vizio di motivazione illogica e carente in relazione alla richiesta di derubricazione del reato in bancarotta semplice documentale, che è solo implicitamente deducibile dalle argomentazioni della sentenza impugnata con cui si è confermata la qualificazione giuridica della condotta secondo la contestazione.

    2.3. Con un terzo argomento difensivo, infine, si eccepisce vizio di motivazione in relazione alla provvisionale disposta, sia in relazione alla sua quantificazione che alla sua esecutività. Secondo la Corte costituzionale, rammenta il ricorrente, la provvisoria esecuzione delle statuizioni civili non deve considerarsi automatica ma deve essere motivata, a differenza di quanto accaduto nel caso di specie, in cui sono del tutto assenti i necessari “giustificati motivi” per disporla (si richiama la sentenza n. 94 del 1996).

    1. Il PG Di Leo Giovanni ha chiesto l’inammissibilità del ricorso con requisitoria scritta.
    2. Il difensore dell’imputato ha chiesto la trattazione orale del processo, venendo ammesso al rito con udienza pubblica ai sensi del D.L. n. 137 del 2020art. 23, comma 8, convertito, con modificazioni, dalla L. 18 dicembre 2020, n. 176, prorogato, quanto alla disciplina processuale, in forza del D.L. 30 dicembre 2021, n. 228art. 16, convertito, con modificazioni, nella legge.
    3. Il difensore delle parti civili costituite ha depositato un’ampia memoria scritta, in vista dell’udienza dinanzi al Collegio, con cui chiede il rigetto del ricorso ed ha depositato, altresì, conclusioni e nota spese in udienza.

    Motivi della decisione

    1. Il ricorso è inammissibile.

    Deve, per chiarezza espositiva, premettersi una sintesi degli accertamenti in fatto sulla vicenda relativa alla cooperativa “Costruire Insieme”, dichiarata insolvente con sentenza del 17 aprile 2014 dal Tribunale di Torino.

    La cooperativa fu costituita nel 2000 da alcune società cooperative diverse, quale consorzio avente tra i propri scopi sociali quello di prestare consulenza e servizi alle cooperative associate e di svolgere anche in proprio la medesima attività, e cioè la costruzione di immobili per civili abitazioni da assegnare pro-quota ai soci delle consorziate.

    L’imputato è stato amministratore della Cooperativa sin dalla sua costituzione ed era amministratore anche di alcune delle cooperative consorziate.

    Alla data della messa in liquidazione della cooperativa, poi insolvente, il consorzio aveva in essere una serie di obbligazioni derivanti dall’unica iniziativa edilizia che aveva assunto, su un terreno acquisito in proprietà, e cioè l’edificazione di un immobile con 12 unità abitative, in favore dei soci della propria associata, Cooperativa edilizia Casa Insieme Carmagnola.

    In ragione di tale edificazione, la cooperativa insolvente aveva contratto un mutuo ipotecario con Banca Intesa per l’importo di Euro 1.400.000 Euro.

    Orbene, pur avendo la cooperativa “Costruire Insieme” incassato gli anticipi dovuti dai soci “prenotatari” delle unità immobiliari, essa non ha utilizzato il denaro per estinguere il mutuo contratto, ma, dopo aver in parte restituito il capitale mutuato, lo ha impiegato per finanziare le cooperative consorziate e, alla fine, non ha più avuto liquidità per pagare gli interessi passivi che periodicamente maturavano sul mutuo residuo (per un importo non soddisfatto complessivamente superiore ad 800.000 Euro).

    Quanto alla condotta specifica contestata all’imputato dopo la dichiarazione di insolvenza, risulta che egli, ad aprile 2013, abbia consegnato al commissario liquidatore una documentazione contabile largamente incompleta poichè sono risultati mancanti, oltre a tutti i documenti fino al 2005, il libro giornale per gli anni 2007 e 2011 e 2012; tutte le schede contabili ad eccezione degli anni 2008 2009 2010; tutte le fatture di vendita ed il registro IVA e vendite ad eccezione dell’anno 2008; le fatture di acquisto per numerosi anni di esercizio e, inoltre, il libro degli inventari, aggiornato solo al 31 dicembre 2008. Di tal che, è stata mossa nei suoi confronti l’accusa di bancarotta fraudolenta documentale, derivata dall’aver reso impossibile la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari, con riguardo, in particolare, all’entità ed alle condizioni dei prestiti che la cooperativa insolvente aveva effettuato a favore delle cooperative consorziate e di altre società riconducibili all’imputato.

    Alla luce di tali premesse è possibile, ora, meglio esaminare i motivi di ricorso.

    1. Il primo motivo di censura è in fatto e manifestamente infondato.

    Il ricorrente non tiene in conto le argomentazioni della sentenza impugnata che ha affrontato puntualmente le questioni proposte con il ricorso.

    La dedotta insussistenza dell’elemento oggettivo del reato contestato elude il confronto effettivo con l’accertata tenuta delle scritture e della documentazione contabile della società poi fallita in modo macroscopicamente carente e lacunoso, con emissione, da parte dell’imputato, di assegni per importi consistenti non attinenti all’attività economica della società poi fallita, privi di documentazione di supporto che spieghi la direzione delle somme fuoriuscite dal patrimonio della cooperative e le causali degli assegni emessi. Analogamente, con riguardo alla sussistenza dell’elemento soggettivo, ragione principale di ricorso, la sentenza impugnata, coerentemente alla decisione di primo grado, ha individuato il dolo specifico del reato di bancarotta fraudolenta documentale, collegandolo alla volontà dell’imputato di non gestire più gli adempimenti contabili per nascondere le condotte fraudolentemente privative di risorse sociali in danno dei creditori; tanto evidente era il dolo, da far sì che i giudici di primo grado abbiano trasmesso gli atti alla Procura della Repubblica competente per le proprie valutazioni in ordine ad eventuali contestazioni di reati di bancarotta fraudolenta distrattiva.

    Invero, la sentenza impugnata ha evidenziato come l’imputato non si sia limitato a non seguire con la dovuta diligenza la gestione contabile della società, omettendo di redigere e conservare le scritture contabili necessarie e indispensabili per la ricostruzione dei movimenti patrimoniali, ma abbia omesso di documentare proprio quelle operazioni patrimoniali dalle quali derivò il dissesto.

    Nell’anno 2007, ovvero quello in relazione al quale manca del tutto la tenuta del libro giornale, le movimentazioni del conto corrente bancario della Cooperativa segnalano l’emissione di assegni per importi consistenti, che non hanno trovato alcuna causale inerente all’attività societaria e sono risultati non imputabili all’estinzione delle rate del mutuo punto.

    Rilevante, poi, ai fini del dolo, è la constatazione che la Cooperativa dichiarata insolvente ha erogato finanziamenti non solo ad alcune delle consorziate ma, come più volte già chiarito, anche ad altre società facenti capo all’imputato, senza che sia stato formalizzato o quantomeno rinvenuto alcun contratto che giustificasse tali erogazioni.

    L’omessa presentazione della documentazione contabile a ciò relativa ha, di fatto, impedito ogni ricostruzione in merito e, conseguentemente, ogni azione eventuale di recupero dei crediti vantati, con evidente pregiudizio per il ceto creditorio.

    Risulta evidente, quindi, la sussistenza di uno stato delle scritture contabili tale da rendere impossibile la ricostruzione del patrimonio sociale, sì da integrare la materialità di una delle condotte di reato previste dall’art. 216, comma 1, n. 2), L. Fall.. L’elemento soggettivo del reato, in sintesi, è stato poi fondato su tre differenti pilastri motivazionali:

    1. a) l’indicatore di fraudolenza costituito dal confronto tra la corretta tenuta, da parte dell’imputato, delle scritture contabili sino agli anni precedenti alla condotta contestata e la successiva “virata” verso una gestione consapevolmente lacunosa, in corrispondenza con le ingiustificate apprensioni di patrimoniosociale;
    2. b) l’irrilevanza delle gravi vicissitudini familiari del ricorrente, dal momento che egli, nel medesimo periodo nel quale la moglie risultò affetta da una malattia tumorale, ha continuato a gestire non solo la società cooperativa poi insolvente, ma anche le altre società a lui riconducibili, “senza che la comprensibile preoccupazione ne impedisse le iniziative economiche” (cfr. pag. 7 della sentenza d’appello);
    3. c) l’irrilevanza dei finanziamenti disposti dall’imputato in favore della società cooperativa nel 2009 e 2010, i quali, a differenza di quanto sostenuto dalla difesa, non sono tali da escludere la sussistenza dell’elemento soggettivo richiesto dalla norma incriminatrice, poichè la cifra versata in quel periodo è stata, da un lato, parzialmente reincassata dal ricorrente e, d’altra parte, la rimanente somma è risultata del tutto insufficiente a colmare le gravi perdite che hanno condotto la cooperativa alla liquidazione coatta.

    Le ragioni del ricorso non tengono conto di tale puntualizzazione estrema degli argomenti motivazionali e si risolvono in una aspecifica riproposizione dei motivi d’appello.

    In definitiva, posto che, nella specie, il ricorrente neppure contesta di essere stato il reale amministratore della cooperativa, oltre che il titolare dei poteri formali, rivestendo la relativa carica sociale, nei suoi confronti sussiste quella presunzione semplice di conoscenza della situazione contabile che sottende la prova del dolo (così Sez. 5, n. 44666 del 4/11/2021, La Porta, Rv. 282280, in motivazione); prova che, per la fattispecie di bancarotta fraudolenta documentale c.d. “generica” di cui alla seconda parte dell’art. 216, comma 1, n. 2), L. Fall. – che è quella ritenuta nella sentenza impugnata fattispecie a dolo generico, è stata ampiamente raggiunta nel caso del ricorrente.

    Non deve dimenticarsi, infatti, da un lato che l’amministratore formale è il diretto destinatario ex art. 2392 c.c. dell’obbligo relativo alla regolare tenuta e conservazione dei libri contabili (ex multis Sez. 5, Sentenza n. 43977 del 14/07/2017, Pastechi, Rv. 271754; Sez. 5, n. 44666 del 4/11/2021, La Porta, Rv. 282280, in motivazione), sicchè vale il corollario per cui, qualora egli deleghi ad altri in concreto la tenuta della contabilità o comunque consenta che altri assumano di fatto la gestione della società, non è esonerato dal dovere di vigilare sull’operato dei delegati o degli amministratori di fatto e, conseguentemente, dalla responsabilità penale, eventualmente in forza del disposto di cui all’art. 40 c.p., comma 2, se viene meno a tale dovere (ex multis, Sez. 5, Sentenza n. 36870 del 30/11/2020, Marelli, Rv. 280133).

    Dall’altro, che il dolo generico del reato previsto dalla seconda parte dell’art. 216, comma 1, n. 2), L. Fall. è costituito dalla coscienza e volontà dell’irregolare tenuta delle scritture, con la consapevolezza che ciò renda impossibile la ricostruzione delle vicende del patrimonio dell’imprenditore: caratteri dell’atteggiamento psichico pacificamente desumibili nel ricorrente, per quanto sintetizzato sinora in relazione agli “indicatori” dell’elemento soggettivo del reato.

    2.1. Quanto al secondo motivo di ricorso, esso è manifestamente infondato.

    La motivazione impugnata ha mostrato di aver espressamente preso in considerazione la richiesta dell’imputato volta ad ottenere la derubricazione del reato contestato nel meno grave delitto di cui all’art. 217 L. Fall., escludendo tale esito (cfr. pag. 6 della sentenza impugnata), anche e soprattutto perchè incompatibile con le ragioni di sussistenza della fattispecie di bancarotta fraudolenta documentale così ampiamente ripercorse nella sentenza d’appello.

    E, come noto, per la validità della decisione, non è necessario che il giudice di merito sviluppi nella motivazione la specifica ed esplicita confutazione della tesi difensiva disattesa, essendo sufficiente per escludere la ricorrenza del vizio che la sentenza evidenzi una ricostruzione dei fatti che conduca alla reiezione della deduzione difensiva implicitamente e senza lasciare spazio ad una valida alternativa. Sicchè, ove il provvedimento indichi con adeguatezza e logicità quali circostanze ed emergenze processuali si sono rese determinanti per la formazione del convincimento del giudice, sì da consentire l’individuazione dell’iter logico-giuridico seguito per addivenire alla statuizione adottata, non vi è luogo per la prospettabilità del denunciato vizio di preterizione (ex multis, Sez. 2, n. 29434 del 19 maggio 2004, Candiano ed altri, Rv. 229220; Sez. 4, n. 26660 del 13 maggio 2011, Caruso e altro, Rv. 250900; Sez. 6, n. 49970 del 19 ottobre 2012, Muià e altri, Rv. 254107).

    2.2. Anche il terzo motivo di censura è inammissibile.

    Va dato atto della manifesta infondatezza dell’obiezione proposta, alla luce del dato motivazionale di pacifica evidenza, che dimostra come la sentenza impugnata abbia esplicitamente condiviso le argomentazioni del primo giudice in ordine alla condanna al risarcimento dei danni patiti dalle parti civili – le condanne sono state dichiarate provvisoriamente esecutive – ed alla quantificazione di tale risarcimento in relazione al danno di natura morale, consistente – per quanto descritto dalle loro stesse deposizioni in dibattimento – dalla paura di perdere l’abitazione e dall’incertezza esistenziale nella quale sono stati costretti a vivere, non potendo stipulare il rogito degli immobili che pure avevano regolarmente pagato.

    1. Alla declaratoria d’inammissibilità del ricorso segue, ai sensi dell’art. 616c.p.p., la condanna del ricorrente che lo ha proposto al pagamento delle spese processuali nonchè, ravvisandosi profili di colpa relativi alla causa di inammissibilità (cfr. sul punto Corte Cost. n. 186 del 2000), al versamento, a favore della Cassa delle Ammende, di una somma che si ritiene equo e congruo determinare in Euro 3.000.

    3.1. Alla luce delle conclusioni e delle memorie difensive della parte civile, deve essere decisa, altresì, la condanna dell’imputato alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalle parti civili, che possono essere liquidate in complessivi Euro 2.700,00, oltre accessori di legge.

    P.Q.M.

    Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Condanna, inoltre, l’imputato alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalle parti civili che liquida in complessivi Euro 2.700,00, oltre accessori di legge.

    Conclusione

    Così deciso in Roma, il 15 marzo 2022.

    Depositato in Cancelleria il 4 maggio 2022

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