convivenza “more uxorio” – consorzio familiare – casa

convivenzamore uxorio” – consorzio familiare – casa

diritti spettanti ai terzi sul bene immobile, non trovando applicazione, ratione temporis, alla fattispecie la norma della L. 20 maggio 2016, n. 76, art. 1, comma 42, che conferisce al convivente superstite un diritto di abitazione temporaneo (non oltre i cinque anni) modulato diversamente in relazione
diritti spettanti ai terzi sul bene immobile, non trovando applicazione, ratione temporis, alla fattispecie la norma della L. 20 maggio 2016, n. 76, art. 1, comma 42, che conferisce al convivente superstite un diritto di abitazione temporaneo (non oltre i cinque anni) modulato diversamente in relazione

diritti spettanti ai terzi sul bene immobile, non trovando applicazione, ratione temporis, alla fattispecie la norma della L. 20 maggio 2016, n. 76, art. 1, comma 42, che conferisce al convivente superstite un diritto di abitazione temporaneo (non oltre i cinque anni) modulato diversamente in relazione

QUALI DIRITTI AL CONVIVENTE

IN CASO DI MORTE DEL COMPAGNO SULLA CASA ?

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la convivenza “more uxorio“, quale formazione sociale che dà vita ad un autentico consorzio familiare, determina, sulla casa di abitazione ove si svolge e si attua il programma di vita in comune, un potere di fatto basato su di un interesse proprio del convivente ben diverso da quello derivante da ragioni di mera ospitalità,

 tale da assumere i connotati tipici di una detenzione qualificata, che ha titolo in un negozio giuridico di tipo familiare, con la conseguenza che l’estromissione violenta o clandestina dall’unità abitativa, compiuta da terzi e finanche dal convivente proprietario in danno del convivente non proprietario, legittima quest’ultimo alla tutela possessoria, consentendogli di esperire l’azione di spoglio (cfr. Corte Cass. Sez. 2, Sentenza n. 7214 del 21/03/2013; id. Sez. 2, Sentenza n. 7 del 02/01/2014).

Tale situazione giuridica non immuta, tuttavia, al regime legale della detenzione del bene, in quanto riconducibile ad un diritto personale di godimento che viene acquistato dal convivente in dipendenza del titolo giuridico individuato dall’ordinamento nella comunanza di vita attuata anche mediante la coabitazione, ossia attraverso la destinazione dell’immobile all’uso abitativo dei conviventi, sicchè, in tanto la detenzione qualificata del convivente non proprietario nè possessore, è esercitabile ed opponibile ai terzi, in quanto permanga il titolo da cui deriva e cioè in quanto perduri la convivenza “more uxorio”,

Ne segue che una volta venuto meno il titolo, per cessazione della convivenza, dovuta a libera scelta delle parti ovvero in conseguenza del decesso del convivente proprietario-possessore, si estingue anche il diritto avente ad oggetto la detenzione qualificata sull’immobile, sicchè la protrazione della relazione di fatto tra il bene ed il convivente (già detentore qualificato) superstite, potrà ritenersi legittima soltanto in base: a) alla eventuale istituzione del convivente superstite come coerede o legatario dell’immobile in virtù di disposizione testamentaria; b) alla costituzione di un nuovo e diverso titolo di detenzione da parte degli eredi del convivente proprietario.

SEPARAZIONE DIVORZIO FIGLI BOLOGNA PROVINCIA AVVOCATO BOLOGNA SERGIO ARMAROLI
SEPARAZIONE DIVORZIO FIGLI BOLOGNA PROVINCIA AVVOCATO BOLOGNA SERGIO ARMAROLI

La rilevanza sociale e giuridica che riveste la convivenza di fatto, non incide infatti, salvo espressa disposizione di legge (come nel caso della L. 27 luglio 1978, n. 392, art. 6, comma 3, secondo la interpretazione additiva della Corte costituzionale sentenza in data 7.4.1988 n. 404) sul legittimo esercizio dei diritti spettanti ai terzi sul bene immobile, non trovando applicazione, ratione temporis, alla fattispecie la norma della L. 20 maggio 2016, n. 76, art. 1, comma 42, che conferisce al convivente superstite un diritto di abitazione temporaneo (non oltre i cinque anni) modulato diversamente in relazione alla durata della convivenza ed alla presenza di figli minori o disabili, ma riverbera piuttosto sul piano del canone di buona fede e di correttezza “dettato a protezione dei soggetti più esposti e delle situazioni di affidamento” che impone al soggetto che legittimamente intende rientrare, in base al suo diritto, nella esclusiva disponibilità del bene, di concedere all’ex convivente un termine congruo per la ricerca di una nuova sistemazione abitativa (Corte Cass. n. n. 7214/2013, cit., in motivazione, punto 2.5).

Nè appare configurabile una lesione del principio di pari trattamento di situazioni identiche nella omessa estensione anche al convivente more uxorio del diritto di abitazione e di uso previsto dall’art. 540 c.c., avendo ritenuto il Giudice delle leggi infondata la questione in considerazione del differente presupposto della successione mortis causa cui si ricollega l’applicazione di tale norma: “i diritti di abitazione sulla casa adibita a residenza familiare e di uso sui mobili che la corredano, attribuiti al coniuge dall’art. 540 c.c., comma 2, sono oggetto di una vocazione a titolo particolare collegata alla vocazione (a titolo universale) a una quota di eredità, cioè presuppongono nel legatario la qualità di legittimario al quale la legge riserva una quota di eredità.

 Tale collegamento, per cui i detti diritti formano un’appendice della legittima in quota, si spiega sul riflesso che oggetto della tutela dell’art. 540, comma 2, non è il bisogno dell’alloggio (che da questa norma riceve protezione solo in via indiretta ed eventuale), ma sono altri interessi di natura non patrimoniale, riconoscibili solo in connessione con la qualità di erede del coniuge, quali la conservazione della memoria del coniuge scomparso, il mantenimento del tenore di vita, delle relazioni sociali e degli status symbols goduti durante il matrimonio, con conseguente inapplicabilità, tra l’altro, dell’art. 1022 cod. civ., che regola l’ampiezza del diritto di abitazione in rapporto al bisogno dell’abitatore”. (cfr. Corte costituzionale, sentenza 26.5.1989 n. 310).