SEPARAZIONE BOLOGNA !) TRADIMENTO SUFFICIENTE PER ADDEBITO SEPARAZIONE BOLOGNA !) TRADIMENTO SUFFICIENTE PER ADDEBITO ?ritenersidi regolacircostanza sufficiente a determinare l’intollerabilità della prosecuzione della convivenza ed a giustificare l’addebito della separazione al coniuge responsabilesempre che non si constati la mancanza di nesso causale tra infedeltà e crisi coniuga

SEPARAZIONE BOLOGNA !) TRADIMENTO SUFFICIENTE PER ADDEBITO ?

l’inosservanza dell’obbligo di fedeltà coniugale rappresenta una violazione particolarmente grave, che deve ritenersi, di regola, circostanza sufficiente a determinare l’intollerabilità della prosecuzione della convivenza ed a giustificare l’addebito della separazione al coniuge responsabile, sempre che non si constati la mancanza di nesso causale tra infedeltà e crisi coniugale, mediante un accertamento rigoroso ed una valutazione complessiva del comportamento di entrambi i coniugi, tale che ne risulti la preesistenza di una crisi già irrimediabilmente in atto, in un contesto caratterizzato da una convivenza meramente formale

Occorre premettere che secondo consolidata giurisprudenza: a) l’inosservanza dell’obbligo di fedeltà coniugale rappresenta una violazione particolarmente grave, che deve ritenersi, di regola, circostanza sufficiente a determinare l’intollerabilità della prosecuzione della convivenza ed a giustificare l’addebito della separazione al coniuge responsabile, sempre che non si constati la mancanza di nesso causale tra infedeltà e crisi coniugale, mediante un accertamento rigoroso ed una valutazione complessiva del comportamento di entrambi i coniugi, tale che ne risulti la preesistenza di una crisi già irrimediabilmente in atto, in un contesto caratterizzato da una convivenza meramente formale (Cass. 7 dicembre 2007, n. 25618; ed ancora, più di recente, Cass., ord. 14 agosto 2015, n. 16859; n. 917 del 2017); b) la relazione di un coniuge con estranei rende addebitabile la separazione ai sensi dell’art. 151 c.c. quando, in considerazione degli aspetti esteriori con cui è coltivata e dell’ambiente in cui i coniugi vivono, dia luogo a plausibili sospetti di infedeltà e, quindi, anche se non si sostanzi in un adulterio, comporti offesa alla dignità e all’onore dell’altro coniuge. (Cass. n. 15557 del 2008; n. 8929 del 2013; n. 21657 del 2017); c) grava sulla parte che richieda, per l’inosservanza dell’obbligo di fedeltà, l’addebito della separazione all’altro coniuge l’onere di provare la relativa condotta e la sua efficacia causale nel rendere intollerabile la prosecuzione della convivenza, mentre, è onere di chi eccepisce l’inefficacia dei fatti posti a fondamento della domanda, e quindi dell’infedeltà nella determinazione dell’intollerabilità della convivenza, provare le circostanze su cui l’eccezione si fonda, vale a dire l’anteriorità della crisi matrimoniale all’accertata infedeltà (Cass. 14 febbraio 2012, n. 2059).

RICONOSCIMENTO PATERNiTA’ ATTENZIONE AVVOCATO ESPERTO BOLOGNA OBBLIGHI AVVOCATO ESPERTO Per quanto attiene dunque alla violazione degli obblighi
RICONOSCIMENTO PATERNiTA’ ATTENZIONE AVVOCATO ESPERTO BOLOGNA OBBLIGHI AVVOCATO ESPERTO Per quanto attiene dunque alla violazione degli obblighi
SEPARAZIONI BOLOGNA DIVORZI BOLOGNA SEPARAZIONI PROVINCIA DI BOLOGNA
ASEPARAZIONI BOLOGNA DIVORZI BOLOGNA SEPARAZIONI PROVINCIA DI BOLOGNA

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SESTA CIVILE SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente – Dott. SAMBITO Maria Giovanna Concetta – rel. Consigliere –

Svolgimento del processo
Il Tribunale di Napoli ha pronunciato la separazione personale dei coniugi S.G. e M.M., addebitandola al marito, ha assegnato alla moglie la casa coniugale e previsto un contributo per il mantenimento della figlia minore A., affidata ad entrambi i genitori e con domicilio prevalente presso la madre. La Corte d’appello di Napoli con sentenza del 10.6.2016, ha addebitato la separazione anche alla moglie, che ha proposto ricorso, sulla base di tre motivi, con cui deduce, rispettivamente la violazione degli artt. 2697, 143 e 151 c.c., ed omesso esame di un punto decisivo. Il

  1. non ha svolto difese.

Motivi della decisione
1. Il Collegio ha deliberato la redazione della motivazione in forma

semplificata.

  1. I motivi, attinenti tutti alla ricorrenza del nesso eziologico tra violazione del dovere di fedeltà (che si afferma non provato in maniera puntuale) ed intollerabilità della prosecuzione della convivenza, sono inammissibili. Occorre premettere che secondo consolidata giurisprudenza: a) l’inosservanza dell’obbligo di fedeltà coniugale rappresenta una violazione particolarmente grave, che deve ritenersi, di regola, circostanza sufficiente a determinare l’intollerabilità della prosecuzione della convivenza ed a giustificare l’addebito della separazione al coniuge responsabile, sempre che non si constati la mancanza di nesso causale tra infedeltà e crisi coniugale, mediante un accertamento rigoroso ed una valutazione complessiva del comportamento di entrambi i coniugi, tale che ne risulti la preesistenza di una crisi già irrimediabilmente in atto, in un contesto caratterizzato da una convivenza meramente formale (Cass. 7 dicembre 2007, n. 25618; ed ancora, più di recente, Cass., ord. 14 agosto 2015, n. 16859; n. 917 del 2017); b) la relazione di un coniuge con estranei rende addebitabile la separazione ai sensi dell’art. 151 c.c. quando, in considerazione degli aspetti esteriori con cui è coltivata e dell’ambiente in cui i coniugi vivono, dia luogo a plausibili sospetti di infedeltà e, quindi, anche se non si sostanzi in un adulterio, comporti offesa alla dignità e all’onore dell’altro coniuge. (Cass. n. 15557 del 2008; n. 8929 del 2013; n. 21657 del 2017); c) grava sulla parte che richieda, per l’inosservanza dell’obbligo di fedeltà, l’addebito della separazione all’altro coniuge l’onere di provare la relativa condotta e la sua efficacia causale nel rendere intollerabile la prosecuzione della convivenza, mentre, è onere di chi eccepisce l’inefficacia dei fatti posti a fondamento della domanda, e quindi dell’infedeltà nella determinazione dell’intollerabilità della convivenza, provare le circostanze su cui l’eccezione si fonda, vale a dire l’anteriorità della crisi matrimoniale all’accertata infedeltà (Cass. 14 febbraio 2012, n. 2059).
  2. Tali principi risultano osservati dalla Corte territoriale laddove, nel valutare le risultanze processuali (puntuali e circostanziate annotazioni contenute nel diario della ricorrente, telefonate e “squilli” durante le giornate) ha ritenuto provata nel senso sub b) la relazione della moglie, ed ha affermato che la separazione non è stata determinata dalla mediocrità della storia coniugale ma da tale relazione – qualificata come un evento recente ed emotivamente duro, intervenuto mentre il marito ancora tentava in modo grossolano approcci con la moglie – oltre che dalle inammissibili aggressioni fisiche del marito, in ragione delle quali la separazione gli era stata, correttamente, addebitata già dal Tribunale.
  3. Le censure della ricorrente, volte a negare il nesso causale tra presunto tradimento e crisi del rapporto coniugale ed a sottolineare la gravità della condotta del M., sotto le mentite spoglie di denunce di violazione di legge, attingono, quindi, inammissibilmente, al merito, dovendo, in conclusione, ribadirsi che la condotta violenta di un coniuge non può esser mai giustificata da comportamenti dell’altro, ma che tale condotta

 (qui non in discussione) non vale, a sua volta, a giustificare la violazione dei doveri che sorgono dal matrimonio.

  1. Non va provveduto sulle spese, in assenza di attività difensiva dell’intimato.

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara che sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis. In caso di diffusione del presente provvedimento, dispone omettersi le generalità e gli altri dati identificativi delle parti, a norma del D.Lgs. n.

Così deciso in Roma, il 16 gennaio 2018. Depositato in Cancelleria il 19 febbraio 2018

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SEPARAZIONE BOLOGNA !) TRADIMENTO SUFFICIENTE PER ADDEBITO ?

l’inosservanza dell’obbligo di fedeltà coniugale rappresenta una violazione particolarmente grave, che deve ritenersi, di regola, circostanza sufficiente a determinare l’intollerabilità della prosecuzione della convivenza ed a giustificare l’addebito della separazione al coniuge responsabile, sempre che non si constati la mancanza di nesso causale tra infedeltà e crisi coniugale, mediante un accertamento rigoroso ed una valutazione complessiva del comportamento di entrambi i coniugi, tale che ne risulti la preesistenza di una crisi già irrimediabilmente in atto, in un contesto caratterizzato da una convivenza meramente formale

Occorre premettere che secondo consolidata giurisprudenza: a) l’inosservanza dell’obbligo di fedeltà coniugale rappresenta una violazione particolarmente grave, che deve ritenersi, di regola, circostanza sufficiente a determinare l’intollerabilità della prosecuzione della convivenza ed a giustificare l’addebito della separazione al coniuge responsabile, sempre che non si constati la mancanza di nesso causale tra infedeltà e crisi coniugale, mediante un accertamento rigoroso ed una valutazione complessiva del comportamento di entrambi i coniugi, tale che ne risulti la preesistenza di una crisi già irrimediabilmente in atto, in un contesto caratterizzato da una convivenza meramente formale (Cass. 7 dicembre 2007, n. 25618; ed ancora, più di recente, Cass., ord. 14 agosto 2015, n. 16859; n. 917 del 2017); b) la relazione di un coniuge con estranei rende addebitabile la separazione ai sensi dell’art. 151 c.c. quando, in considerazione degli aspetti esteriori con cui è coltivata e dell’ambiente in cui i coniugi vivono, dia luogo a plausibili sospetti di infedeltà e, quindi, anche se non si sostanzi in un adulterio, comporti offesa alla dignità e all’onore dell’altro coniuge. (Cass. n. 15557 del 2008; n. 8929 del 2013; n. 21657 del 2017); c) grava sulla parte che richieda, per l’inosservanza dell’obbligo di fedeltà, l’addebito della separazione all’altro coniuge l’onere di provare la relativa condotta e la sua efficacia causale nel rendere intollerabile la prosecuzione della convivenza, mentre, è onere di chi eccepisce l’inefficacia dei fatti posti a fondamento della domanda, e quindi dell’infedeltà nella determinazione dell’intollerabilità della convivenza, provare le circostanze su cui l’eccezione si fonda, vale a dire l’anteriorità della crisi matrimoniale all’accertata infedeltà (Cass. 14 febbraio 2012, n. 2059).

RICONOSCIMENTO PATERNiTA’ ATTENZIONE AVVOCATO ESPERTO BOLOGNA OBBLIGHI AVVOCATO ESPERTO Per quanto attiene dunque alla violazione degli obblighi
RICONOSCIMENTO PATERNiTA’ ATTENZIONE AVVOCATO ESPERTO BOLOGNA OBBLIGHI AVVOCATO ESPERTO Per quanto attiene dunque alla violazione degli obblighi
SEPARAZIONI BOLOGNA DIVORZI BOLOGNA SEPARAZIONI PROVINCIA DI BOLOGNA
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SESTA CIVILE SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente – Dott. SAMBITO Maria Giovanna Concetta – rel. Consigliere –

Svolgimento del processo
Il Tribunale di Napoli ha pronunciato la separazione personale dei coniugi S.G. e M.M., addebitandola al marito, ha assegnato alla moglie la casa coniugale e previsto un contributo per il mantenimento della figlia minore A., affidata ad entrambi i genitori e con domicilio prevalente presso la madre. La Corte d’appello di Napoli con sentenza del 10.6.2016, ha addebitato la separazione anche alla moglie, che ha proposto ricorso, sulla base di tre motivi, con cui deduce, rispettivamente la violazione degli artt. 2697, 143 e 151 c.c., ed omesso esame di un punto decisivo. Il

  1. non ha svolto difese.

Motivi della decisione
1. Il Collegio ha deliberato la redazione della motivazione in forma

semplificata.

  1. I motivi, attinenti tutti alla ricorrenza del nesso eziologico tra violazione del dovere di fedeltà (che si afferma non provato in maniera puntuale) ed intollerabilità della prosecuzione della convivenza, sono inammissibili. Occorre premettere che secondo consolidata giurisprudenza: a) l’inosservanza dell’obbligo di fedeltà coniugale rappresenta una violazione particolarmente grave, che deve ritenersi, di regola, circostanza sufficiente a determinare l’intollerabilità della prosecuzione della convivenza ed a giustificare l’addebito della separazione al coniuge responsabile, sempre che non si constati la mancanza di nesso causale tra infedeltà e crisi coniugale, mediante un accertamento rigoroso ed una valutazione complessiva del comportamento di entrambi i coniugi, tale che ne risulti la preesistenza di una crisi già irrimediabilmente in atto, in un contesto caratterizzato da una convivenza meramente formale (Cass. 7 dicembre 2007, n. 25618; ed ancora, più di recente, Cass., ord. 14 agosto 2015, n. 16859; n. 917 del 2017); b) la relazione di un coniuge con estranei rende addebitabile la separazione ai sensi dell’art. 151 c.c. quando, in considerazione degli aspetti esteriori con cui è coltivata e dell’ambiente in cui i coniugi vivono, dia luogo a plausibili sospetti di infedeltà e, quindi, anche se non si sostanzi in un adulterio, comporti offesa alla dignità e all’onore dell’altro coniuge. (Cass. n. 15557 del 2008; n. 8929 del 2013; n. 21657 del 2017); c) grava sulla parte che richieda, per l’inosservanza dell’obbligo di fedeltà, l’addebito della separazione all’altro coniuge l’onere di provare la relativa condotta e la sua efficacia causale nel rendere intollerabile la prosecuzione della convivenza, mentre, è onere di chi eccepisce l’inefficacia dei fatti posti a fondamento della domanda, e quindi dell’infedeltà nella determinazione dell’intollerabilità della convivenza, provare le circostanze su cui l’eccezione si fonda, vale a dire l’anteriorità della crisi matrimoniale all’accertata infedeltà (Cass. 14 febbraio 2012, n. 2059).
  2. Tali principi risultano osservati dalla Corte territoriale laddove, nel valutare le risultanze processuali (puntuali e circostanziate annotazioni contenute nel diario della ricorrente, telefonate e “squilli” durante le giornate) ha ritenuto provata nel senso sub b) la relazione della moglie, ed ha affermato che la separazione non è stata determinata dalla mediocrità della storia coniugale ma da tale relazione – qualificata come un evento recente ed emotivamente duro, intervenuto mentre il marito ancora tentava in modo grossolano approcci con la moglie – oltre che dalle inammissibili aggressioni fisiche del marito, in ragione delle quali la separazione gli era stata, correttamente, addebitata già dal Tribunale.
  3. Le censure della ricorrente, volte a negare il nesso causale tra presunto tradimento e crisi del rapporto coniugale ed a sottolineare la gravità della condotta del M., sotto le mentite spoglie di denunce di violazione di legge, attingono, quindi, inammissibilmente, al merito, dovendo, in conclusione, ribadirsi che la condotta violenta di un coniuge non può esser mai giustificata da comportamenti dell’altro, ma che tale condotta

 (qui non in discussione) non vale, a sua volta, a giustificare la violazione dei doveri che sorgono dal matrimonio.

  1. Non va provveduto sulle spese, in assenza di attività difensiva dell’intimato.

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara che sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis. In caso di diffusione del presente provvedimento, dispone omettersi le generalità e gli altri dati identificativi delle parti, a norma del D.Lgs. n.

Così deciso in Roma, il 16 gennaio 2018. Depositato in Cancelleria il 19 febbraio 2018

 

Cass. civ., Sez. I, Ordinanza, 06/09/2021, n. 24050

La separazione personale, a differenza dello scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio, presuppone la permanenza del vincolo coniugale, sicchè i “redditi adeguati” cui va rapportato, ai sensi dell’art. 156 c.c., l’assegno di mantenimento a favore del coniuge, in assenza della condizione ostativa dell’addebito, sono quelli necessari a mantenere il tenore di vita goduto in costanza di matrimonio, essendo ancora attuale il dovere di assistenza materiale, che non presenta alcuna incompatibilità con tale situazione temporanea, dalla quale deriva solo la sospensione degli obblighi di natura personale di fedeltà, convivenza e collaborazione, e che ha una consistenza ben diversa dalla solidarietà post-coniugale, presupposto dell’assegno di divorzio.

 

 

 Comunione legale:

1) Acquisto di beni e/o diritti;

Sez. U, Sentenza n. 22755 del 28/10/2009 (Rv. 610084)

 

Nel caso di acquisto di un immobile effettuato dopo il matrimonio da uno dei coniugi in regime di comunione legale, la partecipazione all’atto dell’altro coniuge non acquirente, prevista dall’art. 179, secondo comma, cod. civ., si pone come condizione necessaria ma non sufficiente per l’esclusione del bene dalla comunione, occorrendo a tal fine non solo il concorde riconoscimento da parte dei coniugi della natura personale del bene, richiesto esclusivamente in funzione della necessaria documentazione di tale natura, ma anche l’effettiva sussistenza di una delle cause di esclusione dalla comunione tassativamente indicate dall’art. 179, primo comma, lett. c), d) ed f), cod. civ., con la conseguenza che l’eventuale inesistenza di tali presupposti può essere fatta valere con una successiva azione di accertamento negativo, non risultando precluso tale accertamento dal fatto che il coniuge non acquirente sia intervenuto nel contratto per aderirvi.

Sez. U, Sentenza n. 22755 del 28/10/2009 (Rv. 610085)

 

Nel caso di acquisto di un immobile effettuato dopo il matrimonio da uno dei coniugi in regime di comunione legale, la dichiarazione resa nell’atto dall’altro coniuge non acquirente, ai sensi dell’art. 179, secondo comma, cod. civ., in ordine alla natura personale del bene, si atteggia diversamente a seconda che tale natura dipenda dall’acquisto dello stesso con il prezzo del trasferimento di beni personali del coniuge acquirente o dalla destinazione del bene all’uso personale o all’esercizio della professione di quest’ultimo, assumendo nel primo caso natura ricognitiva e portata confessoria di presupposti di fatto già esistenti, ed esprimendo nel secondo la mera condivisione dell’intento del coniuge acquirente. Ne consegue che l’azione di accertamento negativo della natura personale del bene acquistato postula nel primo caso la revoca della confessione stragiudiziale, nei limiti in cui la stessa è ammessa dall’art. 2732 cod. civ., e nel secondo la verifica dell’effettiva destinazione del bene, indipendentemente da ogni indagine sulla sincerità dell’intento manifestato.

 

 

 

 Comunione legale:

1) Acquisto di beni e/o diritti;

Sez. U, Sentenza n. 22755 del 28/10/2009 (Rv. 610084)

 

Nel caso di acquisto di un immobile effettuato dopo il matrimonio da uno dei coniugi in regime di comunione legale, la partecipazione all’atto dell’altro coniuge non acquirente, prevista dall’art. 179, secondo comma, cod. civ., si pone come condizione necessaria ma non sufficiente per l’esclusione del bene dalla comunione, occorrendo a tal fine non solo il concorde riconoscimento da parte dei coniugi della natura personale del bene, richiesto esclusivamente in funzione della necessaria documentazione di tale natura, ma anche l’effettiva sussistenza di una delle cause di esclusione dalla comunione tassativamente indicate dall’art. 179, primo comma, lett. c), d) ed f), cod. civ., con la conseguenza che l’eventuale inesistenza di tali presupposti può essere fatta valere con una successiva azione di accertamento negativo, non risultando precluso tale accertamento dal fatto che il coniuge non acquirente sia intervenuto nel contratto per aderirvi.

Sez. U, Sentenza n. 22755 del 28/10/2009 (Rv. 610085)

 

Nel caso di acquisto di un immobile effettuato dopo il matrimonio da uno dei coniugi in regime di comunione legale, la dichiarazione resa nell’atto dall’altro coniuge non acquirente, ai sensi dell’art. 179, secondo comma, cod. civ., in ordine alla natura personale del bene, si atteggia diversamente a seconda che tale natura dipenda dall’acquisto dello stesso con il prezzo del trasferimento di beni personali del coniuge acquirente o dalla destinazione del bene all’uso personale o all’esercizio della professione di quest’ultimo, assumendo nel primo caso natura ricognitiva e portata confessoria di presupposti di fatto già esistenti, ed esprimendo nel secondo la mera condivisione dell’intento del coniuge acquirente. Ne consegue che l’azione di accertamento negativo della natura personale del bene acquistato postula nel primo caso la revoca della confessione stragiudiziale, nei limiti in cui la stessa è ammessa dall’art. 2732 cod. civ., e nel secondo la verifica dell’effettiva destinazione del bene, indipendentemente da ogni indagine sulla sincerità dell’intento manifestato.

 

 

– Questioni di giurisdizione:

1) Sui provvedimenti “de potestate”;

Sez. U, Sentenza n. 16864 del 02/08/2011 (Rv. 618779)

 

In tema di giurisdizione sui provvedimenti “de potestate”, l’art. 1 della Convenzione dell’Aja dà rilievo unicamente al criterio della residenza abituale del minore, quale determinata in base alla situazione di fatto esistente all’atto dell’introduzione del giudizio, non consentendo, quindi il mutamento della competenza, in ossequio al diverso principio di “prossimità”, poiché questo è evocabile solo in tema di competenza interna; pertanto, in caso di trasferimento di un minore (nella specie dalla Svizzera all’Italia) permane la giurisdizione del giudice di residenza abituale, ancorché l’autorità giudiziaria adita a seguito del trasferimento abbia emesso provvedimenti interinali per ragioni d’urgenza.

Sez. U, Sentenza n. 22238 del 21/10/2009 (Rv. 610006)

In tema di giurisdizione sui provvedimenti “de potestate”, il trasferimento all’estero o il mancato rientro in Italia di minori figli di genitori separati non è qualificabile come illecita sottrazione all’altro genitore, allorché l’allontanamento avvenga ad opera dell’affidatario, con la conseguenza che in tale ipotesi è inapplicabile la Convenzione dell’Aja del 25 ottobre 1980 sugli effetti civili della sottrazione internazionale di minori, resa esecutiva in Italia con la legge n. 64 del 1994; tuttavia, qualora la mobilità internazionale e la mutabilità della residenza abituale sia stata convenzionalmente esclusa dai coniugi nelle condizioni di separazione, trova applicazione l’art. 10 del Regolamento CE n. 2201 del 27 novembre 2003, con la conseguenza che competente a decidere della responsabilità genitoriale resta il giudice della pregressa residenza abituale, finché non sia decorso un anno da quando chi aveva diritto a chiedere il ripristino del diritto di visita o il rientro ha avuto conoscenza del cambio di residenza.

2) Regolamento CE n. 1347 del 2000;

Sez. U, Ordinanza n. 11001 del 12/05/2006 (Rv. 588766)

Proposto ricorso rivolto ad ottenere la separazione personale dal coniuge con addebito al medesimo, una volta che il giudice – ritenuta superata, a seguito della intervenuta sentenza del giudice straniero (nella specie tedesco), la fase della verifica della litispendenza internazionale (in funzione dell’accertamento dell’obbligo, imposto dal regolamento CE 29 maggio 2000, n. 1347, relativo alla competenza, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale, di attenersi alla pronuncia del giudice straniero preventivamente adito, dichiarando la propria incompetenza) – abbia affrontato e risolto la questione di giurisdizione, ravvisando quella del giudice italiano per mancanza del requisito della identità o connessione tra le due cause (e ciò per essere quella proposta in Germania unicamente diretta alla tutela provvisoria dei figli ed alla presa d’atto della separazione di fatto instaurata tra i coniugi), avverso questa pronuncia è proponibile, non già il regolamento di competenza, né il regolamento preventivo di giurisdizione, ma esclusivamente l’impugnazione dinanzi al giudice processualmente sovraordinato, secondo l’ordinario svolgimento del processo.

3) Ubicazione all’estero della residenza;

Sez. U, Sentenza n. 9655 del 06/11/1996 (Rv. 500353)

Con riguardo a giudizio di separazione personale di coniugi entrambi cittadini italiani (introdotto prima dell’entrata in vigore della legge n. 218 del 1995 di riforma del sistema italiano di diritto internazionale privato e al quale, pertanto, non sono applicabili le disposizioni della stessa), sussiste la giurisdizione del giudice italiano, in forza del principio dell’assoggettamento del cittadino alla giurisdizione italiana, senza che rilevi l’ubicazione all’estero della residenza o del domicilio di uno dei coniugi, trattandosi di circostanza influente solo al diverso fine della competenza territoriale del giudice adito. L’indicata giurisdizione non viene meno né per il fatto che siano state formulate, con quella di separazione, domande circa l’affidamento dei figli di cittadinanza straniera, in quanto la giurisdizione va determinata con riferimento ai criteri di collegamento relativi alle parti del giudizio (qualità che la prole non ha nel giudizio di separazione), né per il fatto che sia stata previamente proposta ad un giudice straniero domanda di scioglimento del matrimonio, in quanto tra quest’ultima causa e quella di separazione personale tra i medesimi coniugi, introdotta in Italia non sussiste alcun rapporto di litispendenza o di continenza.

– Richiesta di addebito della separazione;

Sez. U, Sentenza n. 15279 del 04/12/2001 (Rv. 550818)

Nel giudizio di separazione personale dei coniugi, la richiesta di addebito, pur essendo proponibile solo nell’ambito del giudizio di separazione, ha natura di domanda autonoma; infatti, la stessa presuppone l’iniziativa di parte, soggiace alle regole e alle preclusioni stabilite per le domande, ha una “causa petendi” (la violazione dei doveri nascenti dal matrimonio in rapporto causale con le ragioni giustificatrici della separazione, intollerabilità della convivenza o dannosità per la prole) ed un “petitum” (statuizione destinata a incidere sui rapporti patrimoniali con la perdita del diritto al mantenimento e della qualità di erede riservatario e di erede legittimo) distinti da quelli della domanda di separazione; pertanto, in carenza di ragioni sistematiche contrarie e di norme derogative dell’art. 329, secondo comma cod. proc. civ., l’impugnazione proposta con esclusivo riferimento all’addebito contro la sentenza che abbia pronunciato la separazione ed al contempo ne abbia dichiarato l’addebitabilità, implica il passaggio in giudicato del capo sulla separazione, rendendo esperibile l’azione di divorzio pur in pendenza di detta impugnazione.

– Impugnabilità dei provvedimenti di revisione sulla misura dell’assegno;

Sez. U, Sentenza n. 22238 del 21/10/2009 (Rv. 610005)

 

Il decreto emesso in camera di consiglio dalla corte d’appello a seguito di reclamo avverso i provvedimenti emanati dal tribunale sull’istanza di revisione delle disposizioni accessorie alla separazione, in quanto incidente su diritti soggettivi delle parti, nonché caratterizzato da stabilità temporanea, che lo rende idoneo ad acquistare efficacia di giudicato, sia pure “rebus sic stantibus”, è impugnabile dinanzi alla Corte di cassazione con il ricorso straordinario ai sensi dell’art. 111 Cost., e, dovendo essere motivato, sia pure sommariamente, può essere censurato anche per carenze motivazionali, le quali sono prospettabili in rapporto all’ultimo comma dell’art. 360 cod. proc. civ., nel testo novellato dal d.lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, che qualifica come violazione di legge il vizio di cui al n. 5 del primo comma, alla luce dei principi del giusto processo, che deve svolgersi nel contraddittorio delle parti e concludersi con una pronuncia motivata.

– Riconoscimento dell’assegno divorzile e della pensione di reversibilità;

Sez. U – , Sentenza n. 22434 del 24/09/2018 (Rv. 650460 – 01)

Ai fini del riconoscimento della pensione di reversibilità in favore del coniuge nei cui confronti è stato dichiarato lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio, la titolarità dell’assegno di cui all’art. 5 della l. n. 898 del 1970, deve intendersi come titolarità attuale e concretamente fruibile dell’assegno periodico divorzile al momento della morte dell’ex coniuge e non già come titolarità astratta del diritto all’assegno divorzile già definitivamente soddisfatto con la corresponsione in unica soluzione. In quest’ultimo caso, infatti, difetta il requisito funzionale del trattamento di reversibilità, che è dato dal medesimo presupposto solidaristico dell’assegno periodico di divorzio, finalizzato alla continuazione del sostegno economico in favore dell’ex coniuge, mentre nel caso in cui sia stato corrisposto l’assegno “una tantum” non esiste una situazione di contribuzione economica che viene a mancare.

Sez. U – , Sentenza n. 18287 del 11/07/2018 (Rv. 650267 – 01)

Il riconoscimento dell’assegno di divorzio in favore dell’ex coniuge, cui deve attribuirsi una funzione assistenziale ed in pari misura compensativa e perequativa, ai sensi dell’art. 5, comma 6, della l. n. 898 del 1970, richiede l’accertamento dell’inadeguatezza dei mezzi dell’ex coniuge istante, e dell’impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive, applicandosi i criteri equiordinati di cui alla prima parte della norma, i quali costituiscono il parametro cui occorre attenersi per decidere sia sulla attribuzione sia sulla quantificazione dell’assegno. Il giudizio dovrà essere espresso, in particolare, alla luce di una valutazione comparativa delle condizioni economico-patrimoniali delle parti, in considerazione del contributo fornito dal richiedente alla conduzione della vita familiare ed alla formazione del patrimonio comune, nonché di quello personale di ciascuno degli ex coniugi, in relazione alla durata del matrimonio ed all’età dell’avente diritto.

Sez. U – , Sentenza n. 18287 del 11/07/2018 (Rv. 650267 – 02)

All’assegno divorzile in favore dell’ex coniuge deve attribuirsi, oltre alla natura assistenziale, anche natura perequativo-compensativa, che discende direttamente dalla declinazione del principio costituzionale di solidarietà, e conduce al riconoscimento di un contributo volto a consentire al coniuge richiedente non il conseguimento dell’autosufficienza economica sulla base di un parametro astratto, bensì il raggiungimento in concreto di un livello reddituale adeguato al contributo fornito nella realizzazione della vita familiare, in particolare tenendo conto delle aspettative professionali sacrificate.

Sez. U – , Sentenza n. 18287 del 11/07/2018 (Rv. 650267 – 03)

La funzione equilibratrice del reddito degli ex coniugi, anch’essa assegnata dal legislatore all’assegno divorzile, non è finalizzata alla ricostituzione del tenore di vita endoconiugale, ma al riconoscimento del ruolo e del contributo fornito dall’ex coniuge economicamente più debole alla formazione del patrimonio della famiglia e di quello personale degli ex coniugi.

Tribunale Savona, 07/07/2022, n. 610

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L’infedeltà viola uno degli obblighi direttamente imposti dalla legge a carico dei coniugi dall’art. 143, 2° c., c.c., così da minare in radice l’affectio familiae in guisa tale da giustificare, secondo una relazione ordinaria causale, la separazione e l’addebito al coniuge che detta infedeltà ha commesso. La violazione dell’obbligo di fedeltà costituisce quindi la premessa, secondo il cd. id quod plerumque accidit, dell’intollerabilità della prosecuzione della convivenza, per causa non indipendente dalla volontà dei coniugi, e quindi costituisce di per sé sola motivo di addebito.

Cass. civ., Sez. I, Ordinanza, 06/07/2022, n. 21392

I “redditi adeguati” cui va rapportato, ai sensi dell’art. 156 c.c., l’assegno di mantenimento a favore del coniuge, in assenza della condizione ostativa dell’addebito, sono quelli necessari a mantenere il tenore di vita goduto in costanza di matrimonio, essendo ancora attuale il dovere di assistenza materiale, che non presenta alcuna incompatibilità con tale situazione temporanea, dalla quale deriva solo la sospensione degli obblighi di natura personale di fedeltà, convivenza e collaborazione, e che ha una consistenza ben diversa dalla solidarietà post-coniugale, presupposto dell’assegno di divorzio.

 

Cass. civ., Sez. VI – 1, Ordinanza, 01/06/2022, n. 17892

La dichiarazione di addebito della separazione implica la prova che la irreversibile crisi coniugale sia ricollegabile esclusivamente al comportamento volontariamente e consapevolmente contrario ai doveri nascenti dal matrimonio di uno o di entrambi i coniugi, ovverosia che sussista un nesso di causalità tra i comportamenti addebitati ed il determinarsi dell’intollerabilità della ulteriore convivenza. Pertanto, in caso di mancato raggiungimento della prova in relazione al fatto che il comportamento contrario ai predetti doveri tenuto da uno dei coniugi, o da entrambi, sia stato la causa efficiente del fallimento della convivenza, legittimamente viene pronunciata la separazione senza addebito.

 

Tribunale Monza, Sez. IV, Sentenza, 21/01/2022, n. 159

In tema di separazione personale dei coniugi la pronuncia di addebito non può fondarsi sulla sola violazione dei doveri che l’art. 143 c.c. pone a carico dei coniugi, essendo, invece, necessario accertare se tale violazione abbia assunto efficacia causale nella determinazione della crisi coniugale, ovvero se essa sia intervenuta quando era già maturata una situazione di intollerabilità della convivenza e che pertanto, in caso di mancato raggiungimento della prova che il comportamento contrario ai doveri nascenti dal matrimonio tenuto da uno dei coniugi, o da entrambi, sia stato la causa del fallimento della convivenza, deve essere pronunziata la separazione senza addebito.

 

 

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